Contribuzione ‘deteriore’: niente neutralizzazione e pensione indiretta ridotta alla moglie

Respinta la richiesta avanzata dalla donna e finalizzata a percepire un importo più alto. I Giudici evidenziano che i contributi versati dall’uomo per il lavoro domestico sono stati fondamentali per raggiungere la pensione.

Sacrosanta la pensione indiretta per la moglie alla morte del marito. Respinta però la sua richiesta di ottenere una cifra più alta, neutralizzando la contribuzione cosiddetta ‘deteriore’ versata dal coniuge per lavoro domestico, che è stata fondamentale per raggiungere il requisito minimo” Cassazione, sentenza n. 25970/2017, Sezione Lavoro, depositata il 31 ottobre 2017 . Contribuzione. Nodo della vicenda è il conteggio della cosiddetta contribuzione deteriore versata dall’uomo per lavoro domestico nell’ultimo anno di vita, trascorso da disoccupato senza i requisiti per la pensione. Secondo la moglie, quei contributi vanno neutralizzati , anche perché essi determinano la liquidazione della pensione indiretta in misura meno favorevole . Per i giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, il principio della ‘neutralizzazione’ non può trovare applicazione quando, come in questo caso, la minore contribuzione ricade nel novero delle settimane utili ad integrare il requisito minimo contributivo . Più in dettaglio, viene evidenziato che le prime diciassette settimane necessarie a raggiungere il requisito minimo contributivo sono necessariamente costituite dai contributi versati per lavoro domestico e pertanto non possono essere neutralizzate . Neutralizzazione. La visione tracciata in Appello, e sfavorevole alla donna, viene confermata e resa definitiva dalla Cassazione. In premessa, i magistrati ricordano che la pensione indiretta è una prestazione simile ma non identica alla pensione di reversibilità, dalla quale si distingue per il solo fatto che il soggetto deceduto non era ancora titolare di pensione ma risultava un semplice lavoratore . Centrale però è il principio secondo cui non è applicabile la neutralizzazione dei periodi contributivi che concorrono ad integrare il requisito necessario per l’accesso al trattamento pensionistico . E in questa vicenda è emerso, osservano i giudici della Cassazione, che l’uomo ha maturato la contribuzione necessaria per percepire la pensione di anzianità con il computo dei periodi di lavoro, ancorché di minore retribuzione, indispensabili per raggiungere i trentacinque anni necessari per conseguire la pensione di anzianità . Di conseguenza, questo ulteriore periodo, quantunque abbia comportato una minore retribuzione, non può essere neutralizzato ai fini del calcolo della pensione , e perciò la pensione indiretta, assegnata alla moglie, deve essere rapportata a quella che avrebbe goduto il coniuge defunto , ed ella non può vantare alcun diritto alla ‘neutralizzazione’ poiché i contributi di minor misura sono stati essenziali per il perfezionamento del requisito minimo per la pensione di anzianità .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 giugno – 31 ottobre 2017, n. 25970 Presidente Mammone – Relatore D’Antonio Considerato in fatto 1.La Corte d’appello di Ancona, confermando la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, ha rigettato la domanda di G.A. di ricalcolo della pensione indiretta goduta,a seguito della morte del coniuge V.M. il , escludendo la contribuzione c.d. deteriore versata dal coniuge dal 1 maggio 1995 al 30 giugno 1996 per lavoro domestico, il cui computo determinava la liquidazione della pensione indiretta in misura meno favorevole. La Corte ha rilevato che il principio della c.d. neutralizzazione non poteva trovare applicazione allorquando la minore contribuzione ricadeva nel novero delle settimane utili ad integrare il requisito minimo contributivo e che nella fattispecie le prime 17 settimane necessarie a raggiungere tale requisito minimo contributivo erano necessariamente costituite dai contributi versati per lavoro domestico e che,pertanto, non potevano essere neutralizzate. 2.Avverso la sentenza ricorre la G. con un articolato motivo ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 cpc. Resiste l’Inps. Ritenuto in diritto 3.La ricorrente denuncia violazione degli art. 9 e 13 RDL n 636/1939, come modificati dall’art. 4 L. n. 222/1984 che fissano i nuovi requisiti contributivi per la pensione ai superstiti 5 anni di cui almeno 3 nel quinquennio precedente il decesso, ovvero 15 anni prescindendo dalla collocazione temporale della contribuzione rispetto all’evento e dell’art. 3, comma 8, L. n. 297/1982 quale risulta dagli interventi della Corte cost. La ricorrente deduce che la pensione ai superstiti rappresenta una categoria autonoma, non riconducibile né alla pensione di vecchia né di anzianità, e che è subordinata alla sussistenza dei requisiti richiesti dagli art. 9 e 13 RDL n 636/1939, come modificati dall’art. 2 della L. n. 218/1952 5 anni di cui almeno 3 nel quinquennio precedente il decesso, ovvero 15 anni prescindendo dalla collocazione temporale della contribuzione rispetto all’evento e tra i requisiti richiesti non vi era quello contributivo previsto per la pensione di anzianità. Ne consegue, secondo la ricorrente, la palese violazione delle norme da parte della Corte d’appello che aveva negato il diritto alla neutralizzazione sul presupposto che i contributi da espungere fossero essenziali ai fini del perfezionamento del requisito previsto per la pensione di anzianità 35 anni ,senza tenere conto che non si trattava di detta prestazione, ma di pensione indiretta e che, pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte,le settimane di minor contribuzione non erano necessarie per raggiungere il requisito contributivo minimo poiché la contribuzione presente superava di gran lunga i 15 anni di contribuzione necessari per il diritto a pensione. Lamenta,inoltre, il rigetto dell’eccezione di incostituzionalità rilevando che dalle varie pronunce della Corte emergeva un principio generale di irriducibilità della prestazione applicabile anche per la pensione indiretta. 4. Il ricorso è infondato. La pensione indiretta è una prestazione simile ma non identica alla pensione di reversibilità, dalla quale si distingue per il solo fatto che il soggetto deceduto non era ancora titolare di pensione, ma risultava un semplice lavoratore. I familiari superstiti hanno diritto alla prestazione previdenziale alla morte del lavoratore sempre che quest’ultimo abbia maturato al momento del decesso almeno a 15 di assicurazione e di contribuzione oppure 780 contributi settimanali oppure b 5 anni di assicurazione e di contribuzione oppure 260 contributi settimanali di cui almeno 3 anni oppure 156 contributi settimanali versati nei 5 anni precedenti il decesso. Secondo la ricorrente essa aveva diritto alla neutralizzazione del periodo 1/5/199530/6/1996 che pregiudicava il quantum della pensione indiretta e che non era necessario per raggiungere il requisito contributivo minimo in quanto la contribuzione del coniuge defunto superava di gran lunga i 780 contributi settimanali pari a 15 anni di contribuzione richiesti per la pensione indiretta. Le argomentazioni della ricorrente si basano sulla confusione tra il requisito minimo contributivo che deve aver maturato il de ciuius perché i superstiti possano ricevere la prestazione indiretta, con il requisito per godere della prestazione di anzianità. Nella specie,infatti, il defunto aveva ben di più di 15 anni di contributi raggiungendo i 35 anni sebbene tenendo conto della retribuzione percepita negli ultimi 5 anni di cui 17 settimane con contributi di minor rilievo e pertanto la prestazione indiretta a questa va commisurata. In sostanza la misura della pensione indiretta va determinata rapportandola alla posizione del de cuius al momento del decesso e la pretesa della ricorrente di tenere conto di solo 15 anni contributivi senza neppure specificare quali, appare priva di fondamento. È opportuno ricordare, con riferimento alla pensione di anzianità che secondo la giurisprudenza di questa Corte In tema di pensioni di anzianità, la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non puo’ tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata, ma tale meccanismo di neutralizzazione è inapplicabile ai periodi contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per l’accesso al trattamento pensionistico Cass. n 10323/2017, Cass. 28/2/2014, n. 4868 v. pure Cass. 25/3/2014, n. 6966 . Si è infatti chiarito che la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo la L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, comma 8, nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio durante l’ultimo quinquennio di contribuzione di attività lavorativa meno retribuita da parte del lavoratore che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’anzianità contributiva minima. Con la successiva sentenza n. 388 del 1995, il Giudice delle leggi, sempre con riguardo alle modalità di liquidazione delle pensioni previdenziali, ha rimarcato che la discrezionalità del legislatore nella scelta, ad esso riservata, del criterio di individuazione del periodo di riferimento della retribuzione pensionabile, incontra un limite intrinseco nella esigenza - fondata sui valori di giustizia e di equità connaturati a principi sanciti dagli artt. 3 e 38 Cost. - che, nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l’ulteriore contribuzione qualunque ne sia la natura obbligatoria, volontaria o figurativa sia destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter produrre l’effetto opposto di compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata in itinere. Da tanto consegue la regula iuris che la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata cfr., ex plurimis, Cass. n. 29903 del 2011 . Dalla portata del suddetto principio è pero’ agevole desumere, a contrariis, l’inapplicabilità della neutralizzazione dei periodi contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per l’accesso al trattamento pensionistico cfr. sia pure con riferimento a fattispecie diversa da quella in esame, Cass. n. 27879 del 2008 . Il che è quanto si è verificato nel caso in esame, ove il de cuius ha maturato la contribuzione necessaria per percepire la pensione di anzianità con il computo dei periodi di lavoro, ancorché di minore retribuzione, indispensabili per raggiungere i trentacinque anni necessari per conseguire la pensione di anzianità. Questo ulteriore periodo, quantunque abbia comportato una minore retribuzione, non può pertanto essere neutralizzato ai fini del calcolo della pensione. La pensione indiretta di cui gode la ricorrente deve essere rapportata a quella che avrebbe goduto il coniuge defunto con la conseguenza che essa non puo’ vantare alcun diritto alla richiesta neutralizzazione non essendo oggetto di censura che i contributi di minor misura erano essenziali per il perfezionamento del requisito minimo per la pensione di anzianità. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato non trovando il diritto vantato dalla ricorrente fondamento neppure nelle pronunce di incostituzionalità citate né si ravvisano profili di costituzionalità Ndr testo originale non comprensibile considerato che la liquidazione della i pensione indiretta e della sua quantificazione deve fare riferimento alla posizione assicurativa del congiunto deceduto. Le spese processuali sono poste a carico della ricorrente soccombente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.