Carcerazione preventiva per il dipendente: assenza obbligata che gli costa il posto

Fatale il fatto che l’uomo abbia avvisato tardi l’azienda. Lui è entrato in carcere il 2 giugno ma ha comunicato le ragioni della propria assenza solo un mese dopo.

Operazione dei Carabinieri. Diverse le persone arrestate. Tra queste anche il dipendente di una società di trasporti. L’uomo viene sottoposto alla carcerazione preventiva e non può presentarsi in azienda. La conseguente lunga e non giustificata assenza, assieme alla tardiva comunicazione fatta alla datrice di lavoro, gli costa il posto Cassazione, sentenza n. 25150, sez. Lavoro, depositata oggi . Carcere. Linea dura, quella adottata prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello è ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare deciso dall’azienda e frutto della mancata tempestiva comunicazione e ingiustificatezza dell’assenza del dipendente. Secondario per i giudici il fatto che l’uomo sia stato sottoposto a carcerazione preventiva . Pronta la replica dell’avvocato del lavoratore, replica che si concretizza nel ricorso in Cassazione. Centrale nell’ottica difensiva è il riferimento al fatto che l’uomo, detenuto , si è trovato nell’impossibilità di chiarire con la direzione aziendale la propria posizione . In sostanza, secondo il legale, un provvedimento restrittivo della libertà personale, che impedisce contatti con l’esterno, deve qualificarsi come causa di impossibilità sopravvenuta temporanea della prestazione lavorativa, in ordine alla quale opera il meccanismo della sospensione del rapporto di lavoro, che rimane in quiescenza finché non cessi l’impedimento o l’azienda non dimostri che sia venuto meno il suo interesse alla prosecuzione del vincolo contrattuale . Comunicazione. L’obiezione proposta in Cassazione appare plausibile, almeno in teoria, ma, secondo i magistrati, non è sufficiente per mettere in discussione il licenziamento deciso dalla società. Nessun dubbio, sia chiaro, sul fatto che la carcerazione preventiva del dipendente non può definirsi assenza arbitraria, né consente, in linea di massima, di avvisare della propria assenza l’azienda . Tuttavia, in questa vicenda, osservano i giudici del Palazzaccio, è emerso che il lavoratore , pur a fronte dell’assenza iniziata il 2 giugno , ha fatto pervenire, tramite il legale, comunicazione dell’assenza solo il 5 luglio . Quel mese trascorso invano rende discutibile la condotta da lui tenuta e poco tempestiva la comunicazione all’azienda. Di conseguenza, emerge ancor di più l’ingiustificatezza dell’assenza , seppur dovuta alla carcerazione preventiva . Tutto ciò, concludono i giudici della Cassazione, fa ritenere legittimo il licenziamento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 13 giugno – 24 ottobre 2017, numero 25150 Presidente Napoletano – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Nu. So. impugnava la sentenza numero 216\13 del Tribunale di Padova con cui venne respinta la sua domanda diretta ad ottenere l'annullamento del licenziamento disciplinare intimatogli dalla APS Holding s.p.a. il 22.6.10 e quindi il 21.7.10 per mancata tempestiva comunicazione ed ingiustificatezza dell'assenza a far data dal 2 giugno 2010 conseguente lo stato di carcerazione preventiva del lavoratore . Resisteva la società. Con sentenza depositata l'8.7.15, la Corte d'appello di Venezia rigettava il gravame. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il So., affidato a quattro motivi. Resiste la società con controricorso. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 1464, 2104, 2119 c.c. dell'articolo 1 L. numero 604\66 dell'articolo 2103 c.c. dell'articolo 45 numero 16 parte seconda e 21 del r.d. numero l48\31 e dell'articolo 69 del c.c.numero l. di categoria. Lamenta che la sentenza impugnata aveva errato nel non considerare che la carcerazione preventiva del lavoratore non poteva essere risolta in base alla disciplina regolante il rapporto degli autoferrotranvieri e segnatamente l'articolo 21 del r.d. numero 148\31, prevedente l'obbligo dell'agente che si trovi nell'impossibilità di attendere al servizio di avvisare senza indugio l'azienda , bensì in base ai principi generali per cui il lavoratore detenuto si trova nell'impossibilità di chiarire con la direzione aziendale la sua posizione, sicché un provvedimento restrittivo della libertà personale, che impedisce contatti personali con l'esterno, deve qualificarsi come causa di impossibilità sopravvenuta temporanea della prestazione lavorativa, in ordine alla quale opera il meccanismo legale della sospensione del rapporto di lavoro, che rimane in quiescenza, finché non cessi l'impedimento o l'azienda non dimostri che sia venuto meno il suo interesse alla prosecuzione del vincolo contrattuale Cass. numero 26115\14, Cass. numero 22536\08 . Il motivo è infondato. Giova premettere che nessun giudicato interno sulla legittimità del primo dedotto licenziamento in tesi del 22.6.10 può ritenersi sussistere nella specie, come eccepito dalla società controricorrente. Ed invero la sentenza impugnata ha valutato solo il secondo licenziamento del 21.7.10, affermando chiaramente che il primo recesso in tesi del 22.6.10 non risultava neppure esaminato dal primo giudice pag. 5 sentenza impugnata , evidenziando peraltro che tale recesso non risultava neppure recapitato al lavoratore ibidem , sicché la questione era estranea all'attuale thema decidendum. Ne consegue che non può essersi formato alcun giudicato interno su tale presunto primo licenziamento, anche per la ragione che l'intera sentenza d'appello non avrebbe potuto statuire su di un licenziamento, il secondo, in realtà inesistente perché intimato allorquando il rapporto di lavoro non era più in essere in forza del preteso giudicato. Ciò premesso occorre considerare che la sentenza d'appello ha risolto la controversia sulla base dell'articolo 45 del r.d. numero 148\31 che sanziona con la destituzione il lavoratore arbitrariamente assente per oltre cinque giorni e dell'articolo 21 del detto r.d., prevedente l'obbligo dell'agente che si trovi nell'impossibilità di attendere al servizio di avvisare senza indugio l'azienda. Osserva la Corte che non v'è dubbio che la carcerazione preventiva del lavoratore non può definirsi assenza arbitraria, né consenta, in linea di massima, all'imputato di avvisare 'senza indugio' l'azienda della sua assenza. Nella specie, tuttavia, la sentenza impugnata ha evidenziato che a fronte dell'assenza iniziata il 2.6.10, il lavoratore, tramite il suo legale, faceva pervenire comunicazione dell'assenza solo il 5.7.10 e dunque non tempestivamente. Sebbene, come detto, possa discutersi se lo stato di carcerazione preventiva consenta al lavoratore di far pervenire senza indugio la comunicazione dell'assenza, ritiene il Collegio che non possa dubitarsi che la comunicazione 5.7.10 sia comunque in contrasto con la disciplina speciale di cui al citato articolo 21 r.d. cit., non essendo stato peraltro dedotto, e tampoco dimostrato, che prima di tale data il So. si trovasse nell'impossibilità di comunicare la sua assenza dal lavoro. Il motivo è dunque infondato. 2.- Con secondo, subordinato, motivo il ricorrente denuncia la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 132 numero 4 c.p.c, 2119 c.c., della legge numero 604\66 e dell'articolo 18 L. numero 300\70. Lamenta in sostanza il ricorrente la mancanza di motivazione in ordine alla riconducibilità del caso di specie ad una impossibilità sopravvenuta della prestazione e non già ad una assenza ingiustificata dal servizio. 3.- Con il terzo, ulteriormente subordinato, motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2119 c.c., 1 legge numero 604\66 e dell'articolo 18 L. numero 300\70. Lamenta che la sentenza impugnata, dopo essere venuta a conoscenza dell'evento impeditivo comunicazione del legale del 28.6.10 , avrebbe dovuto solo valutare la persistenza o meno dell'interesse della datrice di lavoro all'adempimento parziale ex articolo articolo 1464 c.c 4.- Col il quarto, ulteriormente subordinato, motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2106 c.c. e 132 numero 4 c.p.c, lamentando sempre la nullità della sentenza per mancanza di motivazione circa la lamentata sproporzione tra la sanzione adottata ed il fatto contestato, tanto più che il reato contestato non ineriva il rapporto lavorativo ed il So. non aveva mai ricevuto prima alcuna contestazione disciplinare. 5.- I motivi, che possono esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati, basandosi sull'erronea inapplicabilità al rapporto de quo della normativa speciale per gli autoferrotranvieri di cui al r.d. numero l48\31 che invece per le ragioni dette, e nei limiti sopra evidenziati inerenti il caso di specie, deve trovare applicazione. 6.- Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro.200,00 per esborsi ed Euro.4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del D.P.R. numero 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.