Emersione del lavoro nero: l’istanza di regolarizzazione riguarda i lavoratori ancora in servizio

L’esistenza di rapporti di lavoro non rientranti nell’orbita della disciplina legale non può costituire motivo ostativo alla regolarizzazione di tutti gli altri rapporti per i quali esistano le relative condizioni dettate dalla legge.

La Cassazione, con la sentenza n. 24459/2017, depositata il 17 ottobre scorso, si è espressa in materia di regolarizzazione e riallineamento retributivo e contributivo di rapporti di lavoro non risultanti da scritture o da altra documentazione obbligatoria, disciplinato dall’art. 1, commi 1192 e ss., legge n. 296/2006. La fattispecie. In particolare, una s.r.l. si rivolgeva alla Corte di Cassazione adducendo, tra i vari motivi, la falsa applicazione dell’art. 1, comma 1195, legge n. 296/2006 ed in alternativa l’omesso esame di fatto decisivo avendo la Corte di merito errato a sostenere che l’esistenza di posizioni lavorative per le quali non è possibile procedere alla regolarizzazione comporti l’impossibilità di procedere alla regolarizzazione anche di quelle posizioni lavorative per le quali esistano i relativi presupposti. Nel caso di specie, infatti, 2 dei 3 lavoratori interessati dalla vicenda avevano dato le dimissioni precedentemente alla presentazione dell’istanza, mentre il terzo era ancora in servizio ed era stato assunto con la garanzia del mantenimento del posto di lavoro per almeno 24 mesi. La regolarizzazione deve riguardare i lavoratori ancora in servizio. Premesso che, secondo quanto disposto dall’art. 1, comma 1193, legge n. 296/2006, l’istanza di regolarizzazione deve riguardare lavoratori ancora in servizio alla data della relativa istanza per i quali sia possibile conseguire le finalità che ispirano la normativa con l’emersione del lavoro nero e del gettito previdenziale da un lato e dall’altro con l’incremento dell’occupazione , la Cassazione ha ritenuto fondati il secondo e il terzo motivo di ricorso. I motivi di carattere individuale non rilevano ai fini dell’accoglimento dell’istanza. La S.C. ha infatti affermato che l’esistenza di rapporti di lavoro non rientranti nell’orbita della disciplina legale – proprio perché cessati prima dell’istanza - non può certamente costituire motivo ostativo alla regolarizzazione di tutti gli altri rapporti per i quali esistano le relative condizioni dettate dalla legge . Del resto, precisano ulteriormente gli Ermellini, una volta che l’accordo sindacale riguardi tutti i lavoratori che si trovino al momento dell’istanza nella medesima situazione di irregolarità , ai fini dell’accoglimento dell’istanza non rileva che uno o più di tali rapporti non possano essere stabilizzati per motivi di carattere individuale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 giugno – 17 ottobre 2017, n. 24459 Presidente D’Antonio – Relatore Riverso Ritenuto che la Corte d’Appello di Genova con sentenza n. 334/2011 ha rigettato l’impugnazione della GEI Srl avverso la sentenza del tribunale che aveva respinto la sua domanda avente ad oggetto l’ammissione alla procedura di regolarizzazione ex art. 1, commi 1192 e seguenti della legge n. 296/2006, in relazione ai lavoratori L.R. , D.G.D. e V.G. che a fondamento della sentenza la Corte affermava che la concessione delle agevolazioni di cui alla procedura di regolarizzazione indicata fosse subordinata chiaramente al fatto che i lavoratori cui si riferiva l’istanza di regolarizzazione fossero ancora in servizio alla data della medesima istanza posto che lo scopo della disposizione era quello di favorire l’incremento dell’occupazione e del gettito previdenziale, mentre la deroga relativa alle dimissioni ed al licenziamento per giusta causa doveva riferirsi solo alle ipotesi in cui tali eventi intervengano comunque dopo la regolarizzazione anche se prima dei 24 mesi di mantenimento in servizio necessari e non prima che poiché nel caso di specie due lavoratori avevano rassegnato le dimissioni prima dell’accordo sindacale di cui al comma 1193, l’istanza di regolarizzazione non poteva essere accolta neppure per il terzo lavoratore D.G. atteso che secondo il comma 1195 la regolarizzazione doveva operare per tutti i lavoratori per i quali sussistano le medesime condizioni che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la GEI Srl con tre motivi con i quali deduce 1 la violazione dell’articolo 1 comma 1200 della legge 296/2006 in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, la legge non prevede affatto che la regolarizzazione possa essere richiesta solo per i lavoratori in servizio e non anche per tutti gli altri eventuali il cui rapporto sia cessato nel limite dei cinque anni precedenti 2 la falsa applicazione dell’articolo 1, comma 1195 legge 296/2006 ed in alternativa l’omesso esame di fatto decisivo avendo la Corte errato a sostenere che l’esistenza di posizioni lavorative per le quali non è possibile procedere alla regolarizzazione come nel caso di specie per dimissioni precedenti comporti l’impossibilità di procedere alla regolarizzazione anche di quelle posizioni lavorative per le quali esistano i relativi presupposti come per il lavoratore D.G. che era in servizio ed era stato assunto con la garanzia del mantenimento del posto di lavoro per almeno 24 mesi 3 nullità della sentenza per la violazione dell’articolo 112 c.p.c. per non avere pronunciato sulle due domande proposte in via subordinata riguardanti la restituzione delle somme versate a titolo di contributi obbligatori in conseguenza della presentazione dell’istanza di regolarizzazione pari ad Euro 6490,45 e di quella ulteriormente subordinata di compensazione tra quanto versato con quanto eventualmente la società dovesse corrispondere all’Inps che l’INPS ha resistito con controricorso, mentre sono rimasti intimati INAIL e Ministero del lavoro. Considerato che il primo motivo di ricorso è infondato atteso che dalla disciplina prevista dalla legge si desume che l’istanza di regolarizzazione deve riguardare comma 1193 lavoratori ancora in servizio alla data della relativa istanza per i quali sia possibile conseguire le finalità che ispirano la normativa con l’emersione del lavoro nero e del gettito previdenziale da un lato e dall’altro con l’incremento dell’occupazione che in particolare ciò si evince dal comma 1194 il quale prevede che l’accordo sindacale finalizzato all’emersione, da allegare all’istanza, deve disciplinare la regolarizzazione dei rapporti di lavoro mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato e promuove la sottoscrizione di atti di conciliazione individuale ed inoltre dal comma 1200,secondo cui la concessione delle agevolazioni di cui al comma 1196 resta condizionata al mantenimento in servizio del lavoratore per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi dalla regolarizzazione del rapporto di lavoro, salve le ipotesi di dimissioni o di licenziamento per giusta causa che l’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni o licenziamento per giusta causa configura una specifica deroga alla necessità di stabilizzazione per 24 mesi del rapporto in essere e non già una previsione di carattere generale tale da autorizzare una sorta di sanatoria di rapporti, anche se cessati prima della istanza di regolarizzazione che il secondo motivo di ricorso è invece fondato atteso che, per gli stessi motivi logici di cui sopra, l’esistenza di rapporti di lavoro non rientranti nell’orbita della disciplina legale perché appunto cessati prima dell’istanza non può certamente costituire motivo ostativo alla regolarizzazione di tutti gli altri rapporti per i quali esistano le relative condizioni dettate dalla legge. Del resto, una volta che l’accordo sindacale volto all’emersione riguardi tutti i lavoratori che si trovino al momento dell’istanza nella medesima situazione di irregolarità, neppure rileva ai fini dell’accoglimento dell’istanza che uno o più di tali rapporti non possano essere stabilizzati per motivi di carattere individuale che anche il terzo motivo è fondato non avendo la sentenza impugnata pronunciato sulle domande riguardanti la restituzione delle somme versate a titolo di contributi obbligatori in conseguenza della presentazione dell’istanza di regolarizzazione e su quella subordinata di compensazione tra quanto versato e eventualmente la società dovesse corrispondere all’Inps che le considerazioni svolte impongono dunque di rigettare il primo motivo di ricorso riguardante la regolarizzazione di lavoratori cessati dal rapporto di lavoro prima della relativa istanza e di accogliere invece il secondo ed il terzo motivo talché la sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo cassa la sentenza impugnata in relazione motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione.