Legittimo l’antagonismo dell’impresa: impossibile parlare di condotta antisindacale

Vacillano le accuse nei confronti di una società finita nel mirino per il trasferimento di tre lavoratrici in una località distante e scomoda. Per i sindacati la scelta dell’azienda è un abuso. Per i giudici la antisindacalità non può coincidere con qualsiasi atteggiamento di mero antagonismo.

Tensione tra azienda e organizzazioni dei lavoratori. Terreno di scontro è il trasferimento di tre dipendenti. Non bastano, però, le obiezioni mosse dai sindacati per condannare l’impresa per condotta antisindacale” Cassazione, sentenza n. 21063/17, sez. lavoro, depositata oggi . Trasferimento. Riflettori puntati su una società impegnata nella gestione e nell’erogazione di servizi integrati alla clientela pubblica e privata, rivolti agli immobili, al territorio e a supporto dell’attività sanitaria . Lo scontro con i sindacati è nato a seguito dell’intenzione manifestata dall’azienda di ridurre l’impegno lavorativo e le retribuzioni dei dipendenti . Fatale la scintilla provocata dal trasferimento di tre lavoratrici . Per i sindacati quest’ultimo atto è inequivocabile la ricollocazione in località distante e scomoda di tre dipendenti modestamente retribuite equivale ad un sostanziale licenziamento . Di conseguenza, tale misura , sempre secondo i sindacati, costituisce una pressione con intento agonistico, esulante dalla corretta dialettica e valutabile come comportamento antisindacale, con danno non soltanto per le dipendenti ma anche per il sindacato , visti i modi e l’occasione del provvedimento e il suo carattere strumentale . Questa visione è ritenuta corretta dai giudici che, prima in Tribunale e poi in Appello, sanzionano la società per comportamento antisindacale . Ma questa certezza non viene condivisa dai magistrati della Cassazione, che ritengono non dimostrato il presunto abuso compiuto dall’azienda. Confronto. In particolare, i giudici del ‘Palazzaccio’ osservano, innanzitutto, che non si può far coincidere la antisindacalità con qualsiasi atteggiamento di mero antagonismo, che è un dato fisiologico del confronto sindacale . Allo stesso tempo, essi sottolineano che, da un lato, non è stato spiegato perché i licenziamenti, considerati l’elemento oggettivo della condotta antisindacale, non erano mai stati dichiarati illegittimi , e, dall’altro, non è stata fornita idonea e congrua spiegazione delle ragioni per cui i trasferimenti contestati andassero valutati come pressione con intento agonistico e in che termini l’intera vicenda fosse stata realmente lesiva dell’esercizio dei diritti sindacali . Per colmare queste lacune, per fare chiarezza, è necessario un nuovo giudizio in Appello. Solo così sarà possibile decidere sulla concretezza della condotta antisindacale lamentata dalle organizzazioni dei lavoratori.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 7 giugno – 11 settembre 2017, n. 21063 Presidente Bronzini – Relatore Cinque Fatti di causa 1. Con la sentenza n. 124/2012 la Corte di appello di Ancona ha respinto l'appello proposto avverso la pronuncia del Tribunale di Ascoli Piceno del 18.2.2011 con la quale era stato parzialmente confermato un decreto x art. 28 St. Lav. che aveva condannato la Manutencoop Facility Management spa per comportamento antisindacale. 2. La Corte distrettuale, premesso che la vicenda dedotta in causa si riferiva ad un conflitto insorto tra la società ed i sindacati per l'intenzione di parte datoriale di ridurre l'impegno lavorativo e la retribuzione dei dipendenti e per la resistenza opposta dai sindacati, precisava che non era possibile dubitare che il trasferimento in località distante e scomoda, per tre lavoratrici modestamente retribuite, equivaleva ad un sostanziale licenziamento e che tale misura costituiva una pressione con intento antagonistico, esulante dalla corretta dialettica e valutabile come comportamento antisindacale, con danno non soltanto per le dipendenti ma anche, come detto, per il sindacato per i modi e l'occasione dell'adottato provvedimento e per il suo carattere strumentale. 3. Avverso questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la Manutencoop Facility Management spa affidato ad un solo motivo. 4. Non hanno svolto attività difensiva la FISASCAT CISL e la FILCMS CGIL. 5. E' stata depositata memoria nell'interesse della società ricorrente. Ragioni della decisione 1. Con l'unico articolato motivo di ricorso la società lamenta la violazione di legge, in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 e n. 5 c.p.c., per errata e falsa applicazione dell'art. 28 St. Lav. anche con riguardo all'art. 2103 c.c. e comunque per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa più punti decisivi della controversia in particolare deduce che la Corte distrettuale ha errato a nel ritenere tutelabili con la procedura di cui all'art. 28 St. lav. la lesione dei diritti individuali dei lavoratori b nel considerare che i trasferimenti adottati fossero illegittimi c nell'avere omesso di dare conto da dove fosse ricavabile la volontà di danneggiare i lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali d nell'avere equiparato i trasferimenti adottati con i licenziamenti e nel non avere valutato e nel non essersi pronunciata sulle circostanze che i trasferimenti in questione non costituissero violazione dell'accordo sindacale siglato nel dicembre del 2009 e ciò a prescindere dal fatto che la violazione di un accordo non costituisce di per sé un comportamento oggettivamente idoneo a screditare il sindacato o a limitare l'esercizio dei diritti sindacali. 2. Il motivo è fondato. 3. La motivazione omessa o insufficiente è configurabile qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando sia evincibile l'obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento in termini Cass. Sez. Un. 25.10.2013 n. 24148 . 4. Inoltre, deve rimarcarsi che, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall'art. 132 2. comma n. 4 c.p.c. e dall'art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nell'indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento, rinviando, genericamente e per relationem al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, né disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito Cass. 21.12.2000 n. 25866 . 5. Nella fattispecie in esame la Corte territoriale non si è attenuta ai principi sopra indicati perché, effettivamente, come indicato in parte del motivo, non ha valutato, in relazione ad una procedura ex art. 28 St. lav., la effettiva sussistenza dell' elemento oggettivo e di quello soggettivo tali da non fare coincidere la antisindacabilità con qualsiasi atteggiamento di mero antagonismo che è un dato fisiologico del confronto sindacale. 6. Non è stato, infatti, spiegato perché i licenziamenti, che secondo l'assunto dei giudici di seconde cure rappresentavano l'elemento oggettivo della condotta antisindacale, non erano stati mai dichiarati illegittimi. 7. Non è stata fornita idonea e congrua spiegazione delle ragioni per cui tali trasferimenti andassero valutati come pressione con intento antagonistico e in che termini la intera vicenda fosse stata realmente lesiva dell'esercizio dei diritti sindacali. 8. Nulla è stato detto, infine, sulla asserita violazione dell'accordo sindacale del dicembre 2009. 9. La mancanza di una analisi dei vari aspetti sopra indicati comporta la radicale inidoneità della pronuncia ad esprimere la ratio deciderteli circa la sussistenza di un comportamento antisindacale, non potendo essere sufficiente un riferimento generico per relationem alla decisione di primo grado e alle prove poste a fondamento della stessa. 10. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata e rinviata ad altro giudice che si individua nella Corte di appello di Bologna che procederà ad un nuovo esame e provvedere anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Bologna cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.