Se una lettera è stata recapitata si presume che lo siano stati anche i suoi allegati

I documenti allegati ad una dichiarazione unilaterale si presumono pure essi recapitati con lo stesso plico ai sensi dell’art. 1335 c.c., talché è onere del destinatario provare che la lettera raccomandata non sia pervenuta per causa non imputabile o che non abbia il contenuto che dichiara di avere ovvero che contenga una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente, anche in relazione ai suoi allegati.

Il caso. Un Comune toscano ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Firenze, confermando quanto deciso dal giudice di primo grado, aveva dichiarato la prescrizione del diritto del Comune medesimo alla restituzione di contributi pagati in sede di condono con riserva di ripetizione, a seguito di contestazione elevata in sede ispettiva in relazione ad asseriti rapporti di lavoro subordinati irregolari intervenuti con collaboratori qualificati come lavoratori autonomi. A fondamento di tale decisione la Corte territoriale ha sostenuto che il Comune non aveva provato che l’atto interruttivo della prescrizione, pacificamente ricevuto dall’INPS, fosse idoneo atto di messa in mora, in quanto non era provato che alla missiva fossero allegati la domanda di condono ed il verbale dell’ispettorato, ed inoltre perché tale missiva conteneva diverse imprecisioni in merito agli importi, alle date e ai verbali. La presunzione di identità del contenuto di una missiva affermato dal mittente a quello giunto al destinatario. La Suprema Corte ha concentrato la propria attenzione su quanto previsto dall’art. 1335 c.c. in tema di presunzione di conoscenza da parte del destinatario dell’oggetto della missiva recapitata al proprio indirizzo. Partendo dal dato inequivocabile che l’INPS aveva ricevuto la lettera di messa in mora inviata dal Comune che, seppure caratterizzata da alcuni errori materiali riferiti alle date e all’importo da ripetere, comunque più elevato di quanto effettivamente pagato , la Suprema Corte ha ritenuto che tale missiva era diretta all’INPS al fine inequivoco di ottenere la ripetizione delle somme indebitamente versate con riserva, a titolo di condono previdenziale ai sensi dell’art. 18 Legge n. 724/1994 e dunque conteneva elementi sufficienti per l’identificazione del predetto pagamento, anche in considerazione del fatto che il Comune non aveva effettuato pagamenti diversi da quello in questione. In particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto illogica la motivazione della Corte territoriale laddove, pur dando atto che il Comune non aveva effettuato pagamenti diversi in sede di condono, non ha affermato che l’INPS non poteva confondere la richiesta di restituzione in oggetto e riferirla ad altro titolo o ad altra somma, che in realtà non esistevano dunque, gli errori materiali contenuti nella missiva di messa in mora erano facilmente riconoscibili da parte del destinatario. A questo proposito, considerato che alla lettera di messa in mora erano allegati sia l’istanza di condono sia il verbale ispettivo, la Suprema Corte ha ritenuto che l’INPS ben avrebbe potuto identificare il reale oggetto della lettera stessa, in base alla presunzione di conoscenza da parte del destinatario disciplinata dall’art. 1335 c.c., che pacificamente si estende anche ai documenti allegati ad una dichiarazione unilaterale. Tale principio vale anche in caso di pluralità di destinatari di una medesima dichiarazione, essendo onere del destinatario dimostrare la difformità del contenuto e l’eventuale mancanza degli allegati.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 27 aprile – 1 settembre 2017, n. 20685 Presidente Mammone – Relatore Riverso Ritenuto che la Corte d’Appello di Firenze con sentenza numero 721/2011 respingeva l’appello proposto dal Comune di Prato avverso la pronuncia di primo grado che, per quanto qui interessa, aveva dichiarato la prescrizione del diritto alla restituzione di contributi a titolo di Gescal pagati in sede di condono con riserva di ripetizione, a seguito di contestazione elevata in sede ispettiva in relazione ad asseriti rapporti di lavoro subordinati irregolari intervenuti con collaboratori qualificati come lavoratori autonomi che a fondamento della decisione la Corte territoriale ha sostenuto che il Comune non avesse provato che il preteso atto interruttivo della prescrizione del 29 novembre 1999 fosse idoneo atto di messa in mora perché non era provato che alla missiva fosse allegata la domanda di condono ed il verbale dell’ispettorato, ed inoltre perché conteneva varie imprecisioni in merito agli importi, alle date, ai verbali che contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Prato con due motivi, illustrati da memoria, con i quali ha dedotto 1 la violazione degli artt. 1219, 2697 e 2943 c.comma e la carenza ed insufficienza della motivazione in punto di reiezione dell’eccezione di prescrizione, in relazione all’articolo 360 n. 3 e 5 c.p.c. 2 la violazione degli artt. 112 c.p.comma e 4 legge 689/1981 e l’omessa motivazione in ordine alla non debenza delle somme aggiuntive che l’Inps ha resistito con controricorso col quale ha eccepito unicamente l’inammissibilità del ricorso per tardività che il procuratore generale ha rassegnato le conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso. Considerato che preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso per essere stata la relativa notifica effettuata il 30 marzo 2011 presso il domicilio eletto dall’INPS in sede di costituzione nel giudizio d’appello, in omissis a fronte della notifica della sentenza avvenuta ad opera dell’INPS il 22 settembre 2011 che in realtà una prima notifica del ricorso per cassazione, nulla ma non inesistente, su cui la difesa dell’INPS non parla, era stata effettuata dal Comune di Prato nei termini, il 18 novembre 2011, presso la sede Inps di Prato nei confronti del procuratore domiciliatario del giudizio di primo grado avvocato F.M. e la nullità della notifica è stata quindi sanata in forza della rinnovazione, la quale opera sia quando il ricorrente vi provveda di propria iniziativa, anticipando l’ordine contemplato dall’art. 291 c.p.c., sia quando agisca in esecuzione di esso, senza che rilevi che alla rinnovazione si provveda posteriormente alla scadenza del termine per impugnare in questi termini, Cass. 710/2016, 19702/2011 che nel merito il primo motivo di ricorso tratta dell’idoneità della lettera di messa in mora inviata per raccomandata in data 29 novembre 1999, e reiterata in data 9.11.2004, a costituire idoneo atto interruttivo della prescrizione del diritto alla restituzione delle somme pagate in sede di condono previdenziale, con riserva di ripetizione che i motivo appare fondato in quanto la lettera di messa in mora inviata dal Comune di Prato - a prescindere da alcuni errori materiali riferiti alle date ed all’importo da ripetere comunque più elevato di quello effettivamente pagato - era diretta all’INPS al fine inequivoco di ottenere la ripetizione delle somme indebitamente versate con riserva, a titolo di condono previdenziale ai sensi dell’art. 18 della legge 724/94 e conteneva elementi sufficienti per la identificazione dello stesso pagamento, riferendo che fosse stato effettuato a seguito di contestazioni ispettive derivanti dalla qualificazione come rapporti di lavoro subordinato di una serie di incarichi di lavoro autonomo e professionale per lo più relativi allo svolgimento di attività didattiche che la motivazione della sentenza appare invece illogica laddove, pur dando atto che il Comune di Prato non avesse effettuato - in sede di condono ai sensi dell’art. 18 della legge 724/94 - pagamenti diversi da quello in questione, non ha affermato che l’INPS non potesse confondere la richiesta di restituzione in oggetto e riferirla ad altro titolo od ad altra somma, che in realtà non esistevano talché gli stessi errori che connotavano la richiesta del Comune fossero da ritenere facilmente riconoscibili da parte del destinatario che inoltre dal contenuto della medesima lettera - di cui è documentata la ricezione da parte dell’INPS - risulta l’allegazione dell’istanza di condono docomma 1 e del verbale ispettivo docomma 2 , sulla base dei quali poteva essere pure immediatamente identificato il reale oggetto dell’atto di messa in mora, anche perché al contrario di quanto affermato nella sentenza - che sul punto ha violato l’art. 2697 c.comma – i documenti allegati ad un dichiarazione unilaterale si presumono pure essi recapitati con l stesso plico ai sensi dell’art. 1335 c.comma talché è onere del destinatario provare che la lettera raccomandata non sia pervenuta per causa non imputabile o che non abbia il contenuto che dichiara di avere ovvero che contenga una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente, anche in relazione ai suoi allegati cfr. Cass. 2005/20144 che tale principio vale anche in caso di pluralità di destinatari di una medesima dichiarazione sicché risulta altresì illegittimo affermare il contrario per il fatto che la lettera in questione fosse stata indirizzata contestualmente all’INPS ed all’INAIL, talché può darsi che solo a favore di uno dei due enti sia avventa l’acclusione che risulta altresì fondato il secondo motivo di ricorso in quanto la sentenza non ha pronunciato sulla specifica eccezione sollevata dal Comune riguardo alla non debenza delle somme aggiuntive asserendo di essere esonerato ai sensi dell’art. 4 l. n. 689/1981 in quanto Ente pubblico operante nell’ambito delle attività socio assistenziali esaurite alla data del 31.12.1997 ` che in forza delle precedenti considerazioni il ricorso va integralmente accolto e la sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, per un nuovo esame conformemente ai principi sopraindicati e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.