Pensioni di anzianità e vecchiaia

No al bonus previsto dalla l. n. 243/2004 se il lavoratore ha raggiunto la pensione di vecchiaia.

L'art. 1, comma 12, l. n. 243/2004, in base alla sua interpretazione letterale e logico-sistematica, va intesa nel senso che il bonus ivi previsto consistente nella possibilità, per le categorie di lavoratori indicate, di ottenere in busta paga la somma corrispondente alla complessiva contribuzione per l'assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, che il datore di lavoro è tenuto a versare agli enti previdenziali, previa rinuncia all'ordinario accredito dei contributi stessi non può essere attribuito a coloro che abbiano conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia, in quanto tale beneficio, espressamente finalizzato ad incentivare il posticipo del pensionamento, è destinato a coprire il periodo intercorrente tra il momento in cui l'interessato in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità esercita la facoltà di ottenerlo e quello della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, in cui si ripristina l'obbligo contributivo del datore di lavoro. Lo afferma la Corte di Cassazione sezione lavoro, con la sentenza n. 18663, pubblicata il 27 luglio 2017. Il caso. Un lavoratore dipendente di una società di trasporti domandava il riconoscimento del bonus previsto dal comma 12 dell’art. 1 l. n. 243/2004. Essendo un lavoratore addetto a lavori usuranti, aveva maturato il diritto alla pensione di vecchiaia a 58 anni, ma aveva optato discrezionalmente la prosecuzione del rapporto fino al 65° anno di età. Il Tribunale adito rigettava la domanda. L’attore allora proponeva appello, ma la Corte di Appello lo rigettava. Ricorreva così in Cassazione. Bonus. È espressamente previsto che è possibile beneficiare del bonus previsto dal comma 12 dell’art. 1 l. n. 243/2004 fino al 31 dicembre del 2007 e comunque non oltre al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Il fatto che il ricorrente abbia optato discrezionalmente il proseguo del suo rapporto di lavoro fino ai 65 anni non è rilevante per il rapporto previdenziale che prevede la maturazione dei requisiti di vecchiaia al conseguimento dei 58 anni. La ratio della norma è quella di contenere per il periodo 2004/2007 il ricorso alle pensioni di anzianità ottenendo un duplice beneficio ovvero un contenimento della spesa pubblica differendo la corresponsione delle pensioni e la possibilità per il lavoratore di avere una percezione diretta e immediata della contribuzione previdenziale al momento dell’esercizio del beneficio contenuto dalla norma in oggetto. Per cui la pretesa del lavoratore risulta inammissibile perché contrastante innanzitutto sul piano letterale della norma che prevede che la possibilità di esercitare la facoltà prevista dall’art. 1 comma 12 fino al raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia, quindi dal momento dell’esercizio fino al momento della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia. In secondo luogo è contrastante anche con la ratio della norma che prevede un incentivo per chi opta al posticipo del periodo di pensionamento che non ha ancora acquisito i requisiti. Per questi motivi il ricorso è stato rigettato dal Supremo Collegio, in quanto infondato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 aprile – 27 luglio 2017, numero 18663 Presidente Mammone – Relatore Riverso Fatti di causa Con sentenza numero 3940/2011 la Corte d’Appello di Roma rigettava l’appello avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda proposta a titolo di bonus ex art. 1, comma 12 della L. numero 243 del 2004 da F.E. nei confronti di INPS e Trenitalia SPA. A fondamento della decisione la Corte sosteneva che fosse inammissibile in quanto nuova la denuncia di illegittimità del D.M. 6.10.2004 il quale stabilisce espressamente che la facoltà di optare per il beneficio in argomento ha effetto fino al 31 dicembre 2007 e comunque non oltre il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia . Inoltre, secondo la Corte territoriale, non aveva rilievo che il ricorrente, in quanto addetto a lavori usuranti per l’appartenenza all’area professionale del personale viaggiante di Trenitalia , avesse maturato il diritto a pensione di vecchiaia al 58 anno di età ed avesse optato per la prosecuzione del servizio fino al 65 anno di età, in quanto l’opzione rilevava sul piano del rapporto di lavoro con il datore e non del rapporto previdenziale, legato alla sussistenza dei requisiti minimi previsti dalla legge per la prestazione di vecchiaia. Non era vero in sostanza, secondo la Corte che, come preteso dall’appellante, con l’opzione sarebbe stato rimosso il limite previsto dalla legge nei termini sopraindicati. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.E. con tre motivi resistono con controricorso Trenitalia e l’INPS. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorso deduce la violazione dell’articolo 360 numero 3 e 4 c.p.c. in relazione agli artt. 345, 113, 99 e 112 c.p.c., con riferimento agli artt. 4 e 5 della legge numero 2248 del 1865, allegato E, sulla rilevabilità d’ufficio della disapplicazione del D.M. 6/10/2004, lamentando la mancata disapplicazione anche d’ufficio del summenzionato decreto ministeriale. Violazione dell’art. 360 numero 3 in relazione al contrasto dell’articolo 1, comma 12 e seguenti, della legge 23 agosto 2004 numero 243 con il D.M. 6/10/2004. 2. Il secondo motivo deduce la violazione dell’articolo 360 numero 3 e 4 c.p.c. in relazione all’art. 1, comma 12 e seguenti della legge numero 243/2004 nella parte in cui consente di rimanere in servizio anche oltre il limite di età per il pensionamento di vecchiaia. 3. Il terzo motivo deduce la violazione dell’articolo 360 numero 3 e 4 c.p.c. in relazione al comma 5 dell’articolo 6 della l. 29 dicembre 1990 numero 407 come modificato dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 numero 503, circa l’irrilevanza del raggiungimento del 58 anno di età nel caso di opzione per il regime ordinario. 4. Le censure proposte con i tre motivi di ricorso - da valutare nella loro globalità e connessione - sono infondate per le corrette ragioni compiutamente esposte da questa Corte con la sentenza numero 15356/2014 e poi ribadite dalle sentenze 14948/2016 e 15442/2016, nelle quali si è affermato il seguente principio L’art. 1, comma 12, della legge 23 agosto 2004, numero 243, in base alla sua interpretazione letterale e logico-sistematica, va intesa nel senso che il bonus ivi previsto consistente nella possibilità, per le categorie di lavoratori indicate, di ottenere in busta paga la somma corrispondente alla complessiva contribuzione per l’assicurazione generale obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti, che il datore di lavoro è tenuto a versare agli enti previdenziali, previa rinuncia all’ordinario accredito dei contributi stessi non può essere attribuito a coloro che abbiano conseguito i requisiti per il pensionamento di vecchiaia, in quanto tale beneficio, espressamente finalizzato ad incentivare il posticipo del pensionamento, è destinato a coprire il periodo intercorrente tra il momento in cui l’interessato in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità esercita la facoltà di ottenerlo e quello della maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, in cui si ripristina l’obbligo contributivo del datore di lavoro . 5. Ne consegue che è da escludere qualsiasi illegittimità del D.M. 6/10/2004 a cui l’art. 1, comma 15 della legge 243/2004 demanda le modalità di attuazione nella parte in cui, riaffermando quanto già contenuto nella legge, stabilisce che il diritto al bonus sussiste non oltre il conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia . 6. In base alla lettera ed alla ratio della legge occorre altresì escludere la fondatezza della tesi secondo cui l’esercizio dell’opzione di cui all’art. 6 della legge 407/1990 in base al quale il lavoratore soggetto a lavori usuranti maturava il diritto al pensionamento di vecchiaia a 58 anni, salvo richiesta di posticipo fino al 65 anno di età valevole per tutti i lavoratori dipendenti avrebbe determinato lo slittamento sino al 65 anno di età del termine finale di percezione del bonus. Sul piano letterale occorre infatti rilevare che la legge fissa il limite ultimo per il diritto al bonus alla data di conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia onde a nulla rileva se dopo la maturazione di detto limite il lavoratore soggetto a lavori usuranti abbia deciso discrezionalmente di rimanere in servizio fino al raggiungimento dell’ulteriore termine di 65 anni stabilito per il conseguimento materiale e per il godimento della pensione di vecchiaia, di cui aveva già perfezionato i requisiti. 7.- Sul piano logico è del pari evidente, poi, che anche in tal caso esista la stessa ragione che porta ad individuare il fondamento del limite di godimento del diritto al bonus, per tutti i lavoratori, nel conseguimento dei requisiti per il diritto al pensionamento di vecchiaia, quale che sia la disciplina in base alla quale esso sia stato ottenuto. La ratio legis è quella di contenere, nel periodo 2004/2007, il ricorso alle pensioni di anzianità, con il duplice effetto, per la spesa pubblica, di differire la corresponsione della pensione attraverso il mantenimento in servizio dei dipendenti, incentivato dalla possibilità di ricevere direttamente la contribuzione previdenziale e di cristallizzare l’anzianità contributiva al momento dell’esercizio dell’opzione in favore del beneficio in oggetto. Ne consegue che sia incompatibile con l’anzidetta normativa il riconoscimento del beneficio a coloro che avessero già maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia in quanto una volta venuta meno la possibilità del verificarsi dell’evento che la norma aveva inteso scongiurare - ossia l’anticipazione del momento di collocamento in quiescenza con accesso alla pensione di anzianità con conseguente maggiore aggravio per la finanza pubblica - ed il lavoratore prosegua nel rapporto di lavoro benché avesse maturato il diritto a pensione di vecchiaia riprendono vigenza le disposizioni di carattere generale, senza che si giustifichi l’erogazione di bonus. 8.- La sentenza impugnata si è attenuta ai principi fin qui espressi e non può essere cassata. I motivi di ricorso si rivelano infondati e vanno quindi rigettati. Le spese possono essere compensate in quanto l’orientamento di questa Corte è sopravvenuto alla presentazione del ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e dispone la compensazione delle spese processuali.