Il danno esistenziale va provato e non presunto

Il danno esistenziale, per poter essere risarcito, deve essere concretamente provato dal lavoratore quest’ultimo, in particolare, deve dimostrare il complessivo peggioramento della qualità della sua vita, nelle relazioni umane e in famiglia. Non basta la mancanza di lavoro a far presumere tale danno.

A stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 18506/17, depositata il 26 luglio. Il fatto. Un dipendete delle Poste agiva in giudizio contestando il rifiuto della società datrice di lavoro di riammetterlo in servizio, a seguito di un infortunio, assegnandolo a mansioni diverse da quelle di prima. Poste Italiane, dal canto suo, sosteneva l’impossibilità di altra utile collocazione dato che – a suo dire – il medico legale aveva stabilito che doveva essere evitata la movimentazione degli arti superiori per questo motivo, il dipendente non poteva nemmeno essere collocato alla sportelleria. La Corte d’Appello di Firenze dava ragione all’uomo, per cui Poste Italiane propone ricorso in Cassazione. Onere della prova a carico del datore di lavoro. La Corte di legittimità parte dal presupposto che, quando un lavoratore chiede di essere assegnato a mansioni diverse per essere divenuto inidoneo a quelle originarie, è il datore di lavoro che deve provare l’indisponibilità di altre posizioni lavorative di utile collocazione Per versare i contributi il nome dei lavoratori non serve. Poste Italiane afferma, però, che il danneggiato non aveva provato il pregiudizio subito e contesta la sentenza per aver ritenuto che dall’inattività lavorativa scaturissero automaticamente il danno non patrimoniale e quello esistenziale. La Suprema Corte concorda su questo aspetto il danno esistenziale, per poter essere risarcito, deve essere concretamente provato dal lavoratore quest’ultimo, in particolare, deve dimostrare il complessivo peggioramento della qualità della sua vita, nelle relazioni umane e in famiglia. Non basta la mancanza di lavoro a far presumere tale danno. Per questo motivo, la Corte cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze perché provveda a un nuovo accertamento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 5 aprile – 26 luglio 2017, n. 18506 Presidente Balestrieri – Relatore Spena Fatti di causa Con ricorso al Tribunale di Lucca del 14.4.2003 R.S., dipendente di Poste Italiane spa con mansioni di addetto al recapito, agiva nei confronti del datore di lavoro per sentire accertare la illegittimità del rifiuto di Poste Italiane a riammetterlo in servizio all’esito della visita di idoneità del 9.7.2002 e fino all’aprile 2003, assegnandolo a mansioni diverse da quelle in precedenza svolte. Agiva altresì per il risarcimento del danno non patrimoniale in misura di Euro 50mila alla data del ricorso, oltre danni ulteriori . Il Giudice del Lavoro, con sentenza del 9.7.2007,accoglieva le domande, liquidando il danno in Euro 22.917,50 a titolo di danno biologico ed esistenziale. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza dell’11 gennaio - 3 febbraio 2011 nr. 24/2011 , rigettava l’appello di Poste Italiane spa nonché l’appello incidentale del lavoratore. La Corte territoriale esponeva che a seguito della visita di idoneità del 9 luglio 2002, dopo un periodo di assenza per infortunio sul lavoro, il R. era stato valutato temporaneamente inidoneo alla mansione assegnata ma idoneo all’impiego in compiti sedentari, non comportanti movimentazione manuale di carichi e sovraccarico funzionale agli arti superiori. Il lavoratore, dopo un periodo di ferie, si era presentato al lavoro in data 30 settembre 2002 ed aveva reiterato la richiesta di impiego in mansioni compatibili con le temporanee capacità lavorative nei successivi mesi di ottobre e di novembre dello stesso anno. Era stato riammesso in servizio soltanto il 15 aprile 2003. Poste Italiane sosteneva la impossibilità di un’ utile collocazione del lavoratore in epoca precedente tale circostanza era contraddetta dalla attività istruttoria teste C. . Del resto Poste Italiane non smentiva la disponibilità di altre posizioni lavorative ma allegava che era opportuno attendere la ultimazione del piano di ristrutturazione in atto per evitare che il R. fosse assegnato ad un ufficio esterno alla filiale di non aveva, tuttavia, dimostrato di avere offerto un posto fuori sede e che il lavoratore lo avesse rifiutato. Non era inoltre sostenibile che la prescrizione di evitare mansioni comportanti movimentazione manuale di carichi e sovraccarico funzionale agli arti superiori fosse ostativa alla assegnazione al servizio di sportelleria. Quanto al danno, il CTU aveva chiarito che il pregiudizio sofferto dal lavoratore derivava tanto dall’infortunio, evento non imputabile al datore di lavoro, che dalla successiva vicenda lavorativa. La quantificazione del Tribunale - seppure inadeguata perché sorretta da un criterio tabellare che non teneva conto del pregiudizio effettivo - poteva essere comunque confermata poiché il maggior danno doveva poi scontare tanto il concorso della causa esterna che l’indennizzo del danno biologico da parte dell’INAIL. Il danno esistenziale, diversamente da quanto assunto da Poste Italiane, si configurava come danno presunto. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società POSTE ITALIANE spa, articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso R.S. , che ha altresì proposto ricorso incidentale, articolato in un unico motivo. Poste Italiane ha resistito con controricorso al ricorso incidentale ed ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la società POSTE ITALIANE ha denunziato - ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc.civ. - violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2697 cod.civ. e dell’art. 414 cod.proc.civ. nonché - ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. - omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. La censura investe la pronunzia di illegittimità della condotta della società datrice di lavoro di mancata assegnazione del R. ad altre mansioni. Poste Italiane ha sostenuto che, pur essendo provata la disponibilità di posti nel settore sportelleria, non era corretta la affermazione della idoneità del R. alla collocazione nel predetto settore, posto che lo svolgimento delle mansioni di sportelleria implicava la movimentazione degli arti superiori per l’intera giornata lavorativa e che mancava qualsiasi acquisizione istruttoria che attestasse detta idoneità. Il mancato accertamento in concreto della idoneità alla nuova mansione configurava un vizio di violazione dell’art. 2087 cod.civ Il lavoratore avrebbe avuto peraltro l’onere di allegare sin dall’atto introduttivo della lite la esistenza di altri posti disponibili e compatibili con la sua idoneità fisica nella fattispecie di causa non solo il R. non aveva svolto alcuna allegazione sul punto ma neppure aveva contestato le difese della società, che aveva dedotto sin dalla memoria difensiva la impossibilità di adibire il ricorrente al servizio interno di sportelleria pagine 3 e 4 della memoria difensiva, punto 15 . Sotto questo profilo la sentenza violava gli artt. 2087, 2697 cod.civ. 414 c.3.e 4 cod.proc.civ Poste Italiane ha da ultimo censurato la affermazione in sentenza dell’onere del datore di lavoro di provare di avere offerto al lavoratore un posto disponibile - anche esterno alla filiale di - ottenendone un rifiuto. Ha dedotto di avere prodotto sin dal primo grado allegato 10 la lettera del 30.9.2002, con la quale il lavoratore chiedeva di essere assegnato alla filiale o al CPO di , così provando la sua preventiva indisponibilità ad essere assegnato ad uffici ubicati fuori dal territorio del suddetto Comune. Il motivo è infondato. La Corte di merito, nell’esercizio del suo potere discrezionale di valutazione delle prove nella specie il certificato di inidoneità temporanea all’esito della visita collegiale del 9.7.2002 , ha accertato che la indicazione medico legale di evitare la movimentazione di carichi o di sovraccaricare gli arti superiori non comportava la incollocabilità del R. alla sportelleria. Tale accertamento di fatto è censurabile in questa sede di legittimità nei limiti della deducibilità del vizio della motivazione ex art. 360 nr. 5 cod.proc.civ., nella formulazione vigente ratione temporis risultante dal d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 che prevede l’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione come riferita ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio . Il ricorrente avrebbe dovuto dunque indicare, con la specificità imposta dall’art. 366 nr. 6 cod. proc.civ., un fatto decisivo non esaminato dal giudice del merito e tale da invalidare la ratio decidendi . Con il motivo Poste Italiane si limita invece a contrapporre al giudizio di idoneità del lavoratore alle mansioni di sportelleria, espresso dal giudice del merito, il proprio convincimento circa la inidoneità alle mansioni di sportello, fondato su una personale valutazione dello stesso documento esaminato dal giudicante il certificato della visita medica collegiale . Con ciò investe questa Corte di un’inammissibile richiesta di riesame della prova. Neppure si ravvisa un vizio di contraddittorietà o insufficienza della motivazione, avendo la Corte di merito fondato il giudizio di idoneità del lavoratore alle mansioni di sportello sulla ragionevole considerazione che la prescrizione precauzionale riguardava soltanto i carichi e, dunque, non era riferibile al servizio di sportelleria. La definitività della statuizione di idoneità del lavoratore alle suddette mansioni rende ultroneo, per difetto di interesse della parte ricorrente, l’esame della ulteriore questione della necessità o meno per Poste Italiane di offrire al R. mansioni esterne al territorio di , essendo pacifica la disponibilità di posizioni di sportelleria presso l’ufficio richiesto dal lavoratore. La censura di violazione dell’art. 2087 cod.civ. è invece inammissibile. La denunzia è articolata sul presupposto di una ricostruzione del fatto diversa ed opposta rispetto a quella compiuta in sentenza, in particolare ipotizzandosi, nell’assunto della società, la inidoneità del R. alle mansioni di sportelleria. Il vizio di interpretazione o falsa applicazione delle norme da parte del giudice del merito deve invece essere verificato rispetto ai fatti accertati in sentenza e non può essere mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. Né coglie nel segno la censura di violazione dell’art. 2697 cod.civ. e dell’art. 414 cod.proc.civ A fonte della richiesta del lavoratore di essere assegnato a mansioni diverse per inidoneità sopravvenuta alle mansioni originarie, è a carico del datore di lavoro l’onere di provare la indisponibilità di altre posizioni lavorative di utile collocazione compatibili con le condizioni di salute del lavoratore senza che tale onere sia in alcun modo condizionato dalla previa allegazione di posizioni specifiche esistenti in azienda, posizioni che il lavoratore non è tenuto a conoscere e che potrebbero, in ipotesi, anche essere estranee alla sua sfera di conoscibilità. In tal senso può essere utilmente richiamata, per identità di ratio , la giurisprudenza più recente di questa Corte Cassazione civile, sez. lav., 11/10/2016, n. 20436 formatasi in tema di ripartizione degli oneri di allegazione e prova della impossibilità di repechage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Neppure può ravvisarsi un onere del lavoratore di contestare in causa la inidoneità, assunta dal datore di lavoro, rispetto alle mansioni disponibili giacché tale onere riguarda i fatti storici rientranti nella sfera di conoscibilità della parte onerata a contestarli e non i giudizi, quale quello di inidoneità alle mansioni. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso di Poste Italiane spa investono la pronunzia di quantificazione del danno. 2. Con il secondo motivo la società Poste Italiane spa ha dedotto - ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. - omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al danno liquidato nonché - ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. – violazione degli artt. 2103, 1218, 1223, 2087, 2059, 2697, 2727, 2729 cod. civ. e degli artt. 115, 116, 421 cod.proc.civ Ha censurato la sentenza per avere ritenuto sussistenti in re ipsa il danno non patrimoniale ed il danno esistenziale quale conseguenza della inattività lavorativa. Ha dedotto che la consulenza tecnica acquisita non poteva sopperire alla mancanza di allegazione e di prova del danno da parte del danneggiato. 3. Con il terzo motivo la società Poste Italiane ha dedotto - ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. - nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ. nonché - ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. - omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla durata del danno da inattività lavorativa. La ricorrente ha esposto che il consulente tecnico nominato in appello aveva analizzato anche periodi successivi a quello di inattività lavorativa del R. . Il periodo rilevante era quello decorrente dal 30 settembre 2002, data della richiesta del lavoratore di rientro in servizio, al 14.4.2003, data di ripresa della prestazione. Il consulente aveva stimato una inabilità temporanea decorrente dal 30 settembre 2002 in misura del 50% per 9 mesi, del 25% per ulteriori 18 mesi, del 15% per ultimi 6 mesi, calcolando così un periodo che andava ben al di là di quello di sospensione della prestazione. La Corte territoriale, recependo l’elaborato del ctu, era incorsa nel vizio di ultrapetizione, non avvedendosi del fatto che il consulente aveva preso in considerazione anche un lasso temporale per il quale non era stata allegata alcuna condotta illegittima del datore di lavoro. 4. Con il quarto motivo la società ricorrente ha dedotto - ai sensi dell’art. 360 nr. 5 copd.proc.civ. - omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativo al danno riconosciuto ed alla sua misura nonché - ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. - violazione degli artt. 2043, 1226, 2087, 2059, 2697 cod.civ., 115, 116, 421 cod.proc.civ Ha censurato la sentenza per avere dato atto della inadeguatezza del criterio tabellare utilizzato dal giudice di prime cure per quantificare il danno ma comunque confermato la liquidazione ciò nonostante le conclusioni del ctu del secondo grado, che aveva accertato la concorrenza causale di un fatto non imputabile al datore di lavoro l’infortunio lavorativo ed inoltre ridotto le percentuali di inabilità temporanea riconosciute dal consulente nominato nel primo grado. Il secondo motivo è fondato. La liquidazione equitativa della componente esistenziale del danno alla persona presuppone la allegazione in concreto e la prova da parte del lavoratore del complessivo peggioramento della qualità della vita, sul piano delle relazioni umane e del contesto familiare sicché non è configurabile un danno implicito nella mancanza di lavoro ma spetta all’interessato allegare precisi elementi di fatto e fornire la prova del danno, anche avvalendosi di presunzioni in termini Cassazione civile, sez. lav., 25/08/2014, n. 18207 . La Corte di merito, affermando che la componente esistenziale del danno non patrimoniale si configura come danno presunto, di cui il lavoratore non deve fornire la prova concreta, non si è attenuta all’indicato principio di diritto. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale e la causa rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, perché provveda ad nuovo accertamento del danno, immune dal vizio di diritto evidenziato. Resta assorbito l’esame del terzo e del quarto motivo del ricorso principale, in quanto relativi allo stesso capo di sentenza nonché del ricorso incidentale del lavoratore, con il quale parimenti si censura la liquidazione del danno seppure nell’interesse opposto ad un nuovo accertamento in aumento della liquidazione . Il giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente grado. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, assorbiti il terzo ed il quarto ed il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione.