Senza apostille, procura nulla

Ai fini della valida rappresentanza processuale, anche la procura alle liti notarile sottoscritta in uno stato estero deve essere munita di apostille, da apporre sull’atto stesso o su un foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla Convenzione dell’Aja del 6 ottobre 1966, con la conseguenza che in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante alle mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18290/2017, depositata il 25 luglio 2017. La procura sottoscritta avanti notaio croato Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione riguarda la validità di una procura alle liti, sottoscritta avanti notaio, all’estero, e specificamente in Croazia, in epoca antecedente il suo ingresso nell’Unione Europea. I giudici di merito italiani avevano considerato tale procura invalida, se non addirittura nulla, in quanto priva di apostille, ossia, priva della formale autenticazione consolare rilasciata dallo Stato di formazione dell’atto. Di conseguenza, le azioni giudiziarie della ricorrente venivano dichiarate inammissibili in rito poiché intentate senza valida procura. La Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri. Con la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1966 la circolazione degli atti pubblici tra i paesi aderenti è stata resa più fluida, nel senso che è stato eliminato l’onere di legalizzazione in capo allo Stato ricevente, a fronte dell’apposizione delle apostille da parte dello Stato di formazione dell’atto. Con le apostille da porre sull’atto o su apposito foglio di allungamento , l’autorità consolare dello Stato di formazione certifica l’autenticità dell’atto pubblico, che, quindi, può circolare senza ulteriori oneri di legalizzazione da parte dello Stato ricevente nel caso di specie l’Italia . Ciò significa che, il requisito della legalizzazione di una procura da parte dell’autorità italiana non è più richiesto ove la procura medesima sia stata conferita a mezzo di notaio in paese aderente alla citata Convenzione e sia stata munita di apostille. In altri termini, la procura alle liti, che è atto di natura sostanziale non necessità di legalizzazione da parte dello Stato ricevente poiché sono sufficienti le apostille formulate dallo Stato di formazione. In ciò consiste il vantaggio introdotto dalla Convenzione. Diritto processuale e diritto pubblico La ricorrente difendeva la validità della propria procura sostenendo l’applicazione della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, in luogo della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1966. La prima, infatti, avrebbe soppresso la legalizzazione degli atti tra i paesi aderenti all’allora Comunità europea. Agli atti pubblici sottoscritti in Croazia, sarebbe, quindi applicabile la Convenzione di Bruxelles e non quella dell’Aja. Secondo la Corte di Cassazione così non è certamente in base all’acquis communautaire, agli atti pubblici redatti in Croazia - dopo il suo ingresso in Unione Europe - si applica la più favorevole Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987. Tuttavia, l’art 12 della legge italiana di diritto internazionale privato e processuale l. 218/1995 prevede che il processo civile che si svolge in Italia sia regolato dalla legge italiana, pertanto la procura alle liti utilizzata in un giudizio italiano, ma rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge italiana sul processo, la quale, laddove consente l’utilizzo di un atto pubblico o di una scrittura privata autentica, rinvia al diritto sostanziale della lex loci. Ciò significa che la validità di una procura è valutata, in Italia, secondo la legge del luogo in cui la procura si è formata, ossia, nel caso di specie, la Croazia. Al momento della formazione dell’atto de quo, la Croazia non era ancora Stato membro dell’Unione Europea, ma Stato aderente alla Convenzione dell’Aja, con conseguente necessaria applicazione di quest’ultima. Si consideri, infatti, che la disciplina dell’attività processuale ha carattere pubblico e, in quanto tale, è permeata dal principio di irretroattività della regola processuale. Ne consegue che, in difetto di previsioni contrarie, la legge processuale sopravvenuta ha effetto solo sugli atti processuali intervenuti dopo la sua entrata in vigore, senza incidere sugli atti compiuti anteriormente, i cui effetti rimangono regolati dal principio generale del tempus regit actum. La procura sottoscritta in Croazia, prima del suo ingresso nell’Unione Europea 1° luglio 2013 , necessità delle apostille per essere validamente utilizzata nell’ambito di un processo estero. La Corte di cassazione, quindi, conferma le decisioni die giudici di merito e rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 marzo – 25 luglio 2017, n. 18290 Presidente Mammone – Relatore Calafiore Rilevato in fatto Che la Corte d’appello di Roma con la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta da M.G.R. nei confronti dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Roma dell’11.02.2010 che aveva dichiarato inammissibile per nullità della procura il ricorso promosso dalla predetta nei confronti dell’INPS per interessi e rivalutazione su ratei di prestazione liquidati in ritardo che la Corte territoriale ha confermato le motivazioni del primo giudice secondo cui la procura alle liti conferita all’estero, come doveva ritenersi nel caso di specie, fosse nulla essendo priva tanto della legalizzazione della firma quanto della formalità della apostille” ed ha dichiarato inammissibile l’appello perché a sua volta promosso sulla base della stessa procura che avverso tale sentenza M.G.R. ricorre per cassazione con tre motivi illustrati da memoria Che l’I.N.P.S. resiste con controricorso e memoria. Che il P.G. non ha depositato richieste. Considerato in diritto che la Corte reputa che il ricorso debba essere rigettato che, in particolare, con i primi due motivi di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 182 cod. proc. civ. e dell’art. 112 cod. proc. civ. dovendosi ritenere vigente ma non applicato dalla Corte territoriale il principio della sanabilità del difetto di procura alle liti peraltro non oggetto di eccezione da parte dell’Inps che tale ultima doglianza non risulta adeguatamente prospettata giacché non è stato riprodotto il contenuto degli atti difensivi dell’INPS in primo grado dai quali trarre la prova della mancanza di eccezione in ordine alla effettiva presenza in Italia della ricorrente al momento dell’autenticazione della procura che la tesi della ricorrente tendente ad affermare l’erroneità della sentenza impugnata per la mancata applicazione del disposto dell’art. 182 con l’effetto di sanare la carenza accertata dai giudici di merito non è accoglibile posto che le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito che il principio secondo cui gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza possono essere ratificati con efficacia retroattiva salvi i diritti dei terzi non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 cod. proc. civ., Cass., S.U., n. 13431 del 2014 Cass. n. 9464 del 2012 che si è precisato che tale regola mantiene valore anche dopo la modifica degli artt. 83 e 182 cod. proc. civ., introdotta dalla L. n. 69 del 2009 che con il terzo motivo di ricorso si sostiene, inoltre, che la Corte territoriale, violando gli artt. 434, 115,116, 83 e 232 cod. proc. civ., abbia errato nel ritenere necessaria la legalizzazione da parte di autorità consolare italiana laddove, come nella specie, la procura sia stata conferita da notaio in paese aderente alla convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 ed altresì che abbia ritenuto nulla la procura sulla base dell’assenza della apostille” che questa Corte, proprio in svariate fattispecie relative a procura rilasciata all’estero al medesimo difensore Cass. 7181/2017 12449/2015 7321/2015 7320/2015 , ha affermato che non rileva che all’estero sia stata rilasciata procura notarile, giacché Cass. n. 27282 del 14/11/2008 Cass. n. 15777 del 2014 ai sensi della Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall’Italia con L. 20 dicembre 1966, n. 1253, la dispensa dalla legalizzazione è condizionata al rilascio, da parte dell’autorità designata dallo Stato di formazione dell’atto, di apposita apostille, da apporre sull’atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla Convenzione, con la conseguenza che, in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero che Cassazione Sez. UU, n. 1244 del 23/01/2004, seguite da Cass. n. 4886/2010 hanno affermato, con riguardo a procura alle liti rilasciata all’estero, che il requisito della legalizzazione da parte di autorità consolare italiana di cui alla L. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 15, oggi sostituita dal d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in tema di documentazione amministrativa , non è richiesto ove la procura medesima sia stata conferita a mezzo di notaio in Paese aderente alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in Italia con la L. 20 dicembre 1966, n. 1253, poiché il relativo atto, di natura sostanziale, rientra tra quelli per i quali detta Convenzione ha abolito l’obbligo della ricordata legalizzazione, nel senso che oggi è sufficiente la formalità della apostille che nel caso di specie, dunque, correttamente la Corte di merito ha ritenuto viziata la procura relativa al ricorso introduttivo posto che la apostille”, lungi dal risultare, come avrebbe dovuto, apposta sull’atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, non era mai stata prodotta che, da ultimo, va osservata l’infondatezza dell’argomentazione addotta nella memoria ex art. 378 c.p.c. relativa ad una asserita efficacia sanante della nullità della procura per effetto dell’ingresso della Croazia fra i paesi dell’Unione Europea, avvenuto il primo luglio 2013, e della convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987 con cui è stata soppressa la legalizzazione degli atti negli stati membri della Comunità Europea che occorre in proposito ricordare che ai sensi dell’art. 12 L. n. 218/1995 il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana e questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui proprio ai sensi della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 12, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all’estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, laddove consente l’utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale quanto alla validità del mandato ed sua alla forma, alla stregua della lex loci Cass., 29 aprile 2005, n. 8933 Cass., Sez. un., 5 maggio 2006, n. 10312 Cass., 25 maggio 2007, n. 12309 . Che la disciplina relativa all’attività processuale strettamente intesa appartiene al diritto pubblico, ha carattere territoriale ed è permeata dal principio di irretroattività della legge processuale, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6099 del 12/05/2000 con la conseguenza che, in difetto di esplicite previsioni contrarie, il principio dell’immediata applicazione della legge processuale sopravvenuta ha riguardo soltanto agli atti processuali successivi all’entrata in vigore della legge stessa, alla quale non è dato incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti restano regolati, secondo il fondamentale principio del tempus regit actum , dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere che in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo in difetto di idonea dichiarazione di esonero sottoscritta dalla parte ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori.