Bluff sul rimborso della trasferta, il dipendente può evitare il licenziamento

Sotto accusa una donna, a cui è contestato di avere presentato biglietti ferroviari relativi a località non pertinenti con il suo viaggio. La documentazione, però, non è sufficiente per cacciare la dipendente. L’azienda deve dimostrare che ella ha agito consapevolmente in modo scorretto.

Trasferta autorizzata dall’azienda. Sospetta, però, la domanda di rimborso relativa ai titoli di viaggio la tratta indicata è diversa da quella prevista in origine. Questo bluff non è sufficiente, tuttavia, per ritenere giustificato il licenziamento del dipendente Cassazione, sentenza n. 6772/17, sez. Lavoro, depositata oggi . Spese. Ricostruita la vicenda, è emerso che una donna, dipendente di ‘Poste Italiane spa’, ha chiesto il rimborso delle spese di viaggio sostenute su incarico dell’azienda, ma ha messo sul tavolo biglietti ferroviari non pertinenti , cioè relativi a località differenti da quelle previste nell’organizzazione della trasferta . Dura la reazione della società, che sanziona la lavoratrice col provvedimento più drastico, il licenziamento . E questa visione è ritenuta corretta dai giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, alla luce della slealtà mostrata dalla donna. Volontà. Il materiale a disposizione, però, non è sufficiente per cacciare la dipendente, ribattono ora i magistrati della Cassazione. L’azienda non può limitarsi a richiamare la documentazione presentata dalla lavoratrice, ma deve dimostrare la richiesta di rimborso sia stata presentata proprio con l’obiettivo di realizzare un raggiro ai suoi danni. Per concludere, è necessario ora che la società dia la prova, certa e non meramente indiziaria, degli elementi fondanti il licenziamento , ossia la riferibilità alla lavoratrice di quella errata allegazione alla richiesta di rimborso e la connessa volontà di ottenere una somma maggiore di quella a cui aveva diritto. Solo così, cioè solo dimostrando che ci sia stato un comportamento consapevolmente scorretto e sleale, l’azienda potrà vedere riconosciuta la legittimità del licenziamento della lavoratrice.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 dicembre 2016 – 15 marzo 2017, n. 6772 Presidente Bronzini – Relatore De Marinis Svolgimento del processo Con sentenza del 27 maggio 2014, la Corte d'Appello di Torino, investita, quale giudice di rinvio, dell'appello proposto, con ricorso in riassunzione, avverso la decisione resa dal Tribunale di Genova, da T. D. C. nel giudizio promosso nei confronti di Poste Italiane S.p.A., confermava quella decisione e rigettava la domanda della ricorrente avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatole per aver allegato alle richieste di rimborso di spese di viaggio per trasferte biglietti ferroviari non pertinenti o non compiutamente leggibili o riferiti a località diverse da quelle delle trasferte. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto la sussistenza di indizi precisi, univoci e concordanti, idonei ad assurgere a prova piena, attestanti l'addebitata presentazione a rimborso di titoli di viaggio non pertinenti alla trasferta autorizzata e l'idoneità di tale comportamento, improntato a slealtà e scorrettezza, ripetutamente reiterato, a pregiudicare il vincolo fiduciario tra le parti. Per la cassazione di tale decisione ricorre la D. C., affidando l'impugnazione a due motivi cui resiste, con controricorso la Società, che ha poi presentato memoria Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente, nel denunciare nullità dell'impugnata sentenza ex art. 384. comma 2. c.p.c, per non essersi la stessa adeguata ai principi enunciati da codesta Suprema Corte nella sentenza di annullamento e rinvio in ordine alla portata della condotta di presunto rilievo disciplinare ascritta all'odierna ricorrente, ai criteri di prova che presiedono alla medesima ed al riparto, tra le parti, del relativo onere cd. in subordine, ancora la nullità della sentenza per insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio , lamenta l'incongruità del giudizio reso dalla Corte territoriale rispetto al principio di diritto fissato, in sede di rinvio, da parte di questa Corte, per riprodurre l'impugnata sentenza il medesimo rilievo all'epoca assunto a motivo della disposta cassazione per la quale essendo alla domanda di rimborso della D. allegati biglietti per tratta diversa da quella Genova-Chiavari si deve ritenere provata la condotta intenzionalmente elusiva dei doveri inerenti l'incarico e le mansioni dell'odierna ricorrente . Il secondo motivo, rubricato in subordine, nullità della sentenza ex art. 384. comma 2. c.p.c. per violazione dei principi enunciati nella sentenza di annullamento e di rinvio di codesta Suprema Corte in punto gravità dell'inadempimento della lavoratrice giustificativa del licenziamento nonché, in subordine, sullo stesso tema, per insufficiente motivazione o motivazione apparente o comunque illogica , ripropone la medesima censura relativa allo scostamento della Corte territoriale rispetto al principio di diritto enunciato da questa Corte in sede di rinvio con riguardo al giudizio espresso in ordine al profilo della proporzionalità della sanzione irrogata, con specifico riferimento all'elemento intenzionale, alla consistenza del danno, ai precedenti disciplinari. Il primo motivo deve ritenersi fondato atteso che il giudice di rinvio incorre nel medesimo errore censurato da questa Corte nel giudizio rescindente, avendo ritenuto assolto da parte della Società datrice, cui incombeva, l'onere della prova della ricorrenza della giusta causa di recesso semplicemente attraverso la produzione delle richieste di rimborso delle spese per le trasferte presentate e sottoscritte dalla lavoratrice recanti in allegato i biglietti ferroviari per tratta diversa da quella dichiarata e, perciò non pertinenti, con evidente scostamento dai principi enunciati da questa Corte che imponevano al giudice di rinvio di pretendere dalla Società datrice la prova, certa e non meramente indiziaria, degli elementi fondanti l'adottato provvedimento espulsivo, ovvero la riferibilità alla lavoratrice medesima della responsabilità di quella errata allegazione e la volontarietà della stessa, precludendogli la possibilità di desumerla, addirittura affermandone la pienezza ed incontrovertibilità, da una presunzione fondata, non su circostanze gravi precise e concordanti addotte dalla stessa Società datrice, ma sulla ritenuta assenza di riscontro dei fatti giustificativi invocati dalla lavoratrice. Il ricorso, derivando da quanto sopra l'assorbimento del secondo motivo, va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Milano, che provvedere in conformità, disponendo altresì per l'attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità P.Q.M. La Corte accogli il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Milano.