Il duplice indebito trasferimento di denaro gli costa il posto di lavoro in banca

Quali sono i criteri per stabilire l’esistenza o meno di giusta causa del licenziamento? E in che contesto si colloca il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore?

A queste domande risponde la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4453/17 depositata il 21 febbraio. Il caso. Il dipendente di una banca aveva trasferito indebitamente la somma di 640 € dal conto di un cliente a quello proprio tramite un ulteriore passaggio sul conto di un’altra cliente . Per tale motivo era stato licenziato in tronco dal datore di lavoro. La condotta dolosa appena descritta era connotata da speciale concreta gravità, oggettivamente e soggettivamente, tale da ledere il rapporto fiduciario , motivo per il quale la Corte d’appello di Roma rigettava le domande di reintegra nel posto di lavoro. Avverso tale pronuncia il lavoratore ricorreva in Cassazione. La giusta causa di licenziamento e la proporzionalità con la condotta del lavoratore. Il ricorrente lamenta il mancato accertamento in concreto, ad opera del giudice di merito, della gravità della condotta e della proporzionalità della sanzione, essendosi invece limitata a svolgere apprezzamenti sull’attività lavorativa espletata in quel particolare episodio . In realtà, secondo la Corte di Cassazione, la sentenza impugnata ha valutato la proporzionalità sanzionatoria in modo logico e corretto giuridicamente , al netto dell’assenza di precedenti disciplinari. Come si valuta la giusta causa” nel licenziamento. La condotta tenuta dal lavoratore creava insicurezza in ordine alla futura capacità del dipendente di conformarsi ai fondamentali doveri nascenti dal rapporto di lavoro . A tal proposito la Suprema Corte richiama il principio di diritto rinvenibile in sentenza n. 15654/12 , a cui intende dar continuità, secondo cui la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro , tra cui, e in particolare, l’elemento della fiducia. Il giudice deve valutare sia la gravità dei fatti addebitati al lavoratore dal punto di vista oggettivo e soggettivo , sia la proporzionalità tra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare . E, nel caso di specie, l’apprezzamento è sorretto da adeguata e logica motivazione. Per questo, il motivo è sottratto a censure in sede di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 dicembre 2016 – 21 febbraio 2017, n. 4453 Presidente Di Cerbo – Relatore Cinque Svolgimento del processo 1. Con la sentenza n. 8298/2014 la Corte di appello di Roma, in riforma della pronuncia emessa dal Tribunale della stessa città del 24.3.2014, ha rigettato le domande avanzate da Q.F. con le quali era stato impugnato il licenziamento disciplinare in tronco intimatogli il 24.1.2013 da Intesa Sanpaolo spa con la richiesta, altresì, di reintegra nel posto di lavoro ai sensi dell’art. 18 St. lav 2. La Corte territoriale, dopo avere precisato che la condotta sanzionata per il lavoratore, inquadrato nella terza area professionale con mansioni di gestore family, era consistita nel duplice indebito trasferimento della somma di Euro 640,00, dal conto di un cliente della Banca che mai aveva disposto simile operazione a quello di altra cliente in data 3.7.2012 e, poi, da quest’ultimo al proprio in data 27.7.2012 dopo che la seconda cliente gli aveva rappresentato l’erroneità dell’accredito in favore di lei ha precisato che 1 il reclamo in appello era proponibile perché, non essendo stata effettuata correttamente la comunicazione telematica del provvedimento impugnato, nel caso in esame era applicabile - a norma dell’art. 327 cpc - il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza 2 il reclamo incidentale proposto dalla Banca, il cui esame era logicamente prioritario rispetto a quello principale proposto dal lavoratore cui in prime cure era stata riconosciuta la illegittimità del licenziamento ma con la sola indennità risarcitoria e non anche la reintegrazione era fondato perché la condotta dolosa di appropriazione di una somma di denaro si connotava di speciale concreta gravità, oggettivamente e soggettivamente, tale da ledere il rapporto fiduciario ciò a prescindere dall’assenza, in capo al dipendente, di una pregressa storia disciplinare. 3. Per la cassazione propone ricorso, ex art. 1 comma 62 legge n. 92/2012, Q.F. affidato a quattro motivi. 4. Resiste con controricorso la Intesa Sanpaolo spa. 5. Sono state depositate memorie ex art. 378 cpc. Motivi della decisione 6. Con il primo motivo Q.F. lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 18 della legge 20.5.1970 n. 300, come novellato dall’art. 1 comma 42 punto 4 della legge 28.6.2012 n. 92 e degli artt. 2087 e 2119 cc in relazione all’art. 360 1 comma n. 5 cpc. In particolare il ricorrente deduce, dopo avere richiamato le vicende e gli esiti decisori delle varie fasi di giudizio nonché la portata della nuova disposizione di cui all’art. 360 1° comma n. 5 cpc, che la Corte territoriale aveva trascurato di esaminare la produzione documentale riguardante i moduli di valutazione afferenti al servizio prestato negli anni 2009 - 2010 nonché la pacifica assenza di qualsivoglia precedente disciplinare. Il Q. sostiene, inoltre, che la Corte non aveva esaminato come si erano svolti i fatti del 3.7.2012 data in cui si verificò l’involontario errore di accredito dell’importo di Euro 640,00 , tralasciando, altresì, di valutare la problematica di una violazione, da parte della Banca, dell’art. 2087 cc, per non avere fatto quanto avrebbe dovuto per evitare l’insorgenza delle situazioni pericolose a lui accadute e consistite nella circostanza di avere dovuto sostituire altro dipendente alle operazioni di sportello in una situazione aggravata dall’assenza di altri lavoratori. 7. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 2099, 2106 cc nonché dell’art. 44 CCNL del 19 gennaio 2012 che regola i provvedimenti disciplinari, in relazione all’art. 360 1 comma n. 3 cpc. Obietta, a tal proposito, che la Corte di merito, in un rapporto a prestazioni corrispettive regolato da disposizioni sul mancato adempimento e sulla importanza dell’inadempimento, non aveva accertato in concreto la gravità della condotta e la proporzionalità della sanzione, limitandosi a svolgere apprezzamenti sull’attività lavorativa espletata in quel particolare episodio ma non considerando che quella non rappresentava l’esecuzione dei compiti reali richiesti al gestore family e per la quale non aveva mai percepito compensi aggiuntivi per le prestazioni sostitutive inoltre, contesta l’assunto della Corte secondo cui non erano state mosse, da esso dipendente, obiezioni puntuali alle ragioni esposte in punto di fatto nella sentenza reclamata, con riguardo alle circostanze da cui era stato desunto che la seconda movimentazione sul conto corrente fosse stata intenzionale. 8. Con il terzo motivo il ricorrente censura, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 comma 58 della legge n. 92/2012, in relazione all’art. 360 1 comma nn. 3 e 5 cpc, la gravata sentenza perché la Corte di Appello, dopo avere rigettato l’eccezione di intempestività del reclamo principale, non aveva dichiarato inammissibile quello incidentale pur avendo la Banca prestato, nelle more, acquiescenza alla sentenza. 9. Con il quarto motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cpc nonché dell’art. 13 comma 1 quater del DPR n. 115 in relazione all’art. 360 1° comma n. 3 cpc perché i giudici di seconde cure, come conseguenza dell’erronea valutazione dei fatti e delle circostanze, avevano condannato il ricorrente al pagamento delle spese e dei compensi del doppio grado di giudizio nonché al pagamento del doppio del contributo unificato pur a conoscenza che, con la sentenza pronunciata, sarebbe stato spogliato delle somme ricevute nelle precedenti fasi e reso assolutamente improduttivo di reddito. 10. Il primo motivo è inammissibile. 11. Da un lato, infatti, si denuncia la violazione di leggi in difetto, però, della esplicitazione dei requisiti di erronea sussunzione della fattispecie in concreto con quella astratta regolata dalle disposizioni di legge, mediante la specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o della prevalente dottrina Cass. n. 16038/2013 n. 3010/2012 dall’altro, le doglianze sono essenzialmente dirette alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità Cass. n. 27197/2011 n. 6288/2011 . 12. Quanto, poi, all’omesso esame dei moduli di valutazione del pregresso servizio prestato dal ricorrente ovvero delle esatte modalità di come si svolsero effettivamente i fatti il 3.7.2012, non è stato specificato il come e il quando cfr. Cass. Sez. Un. Sent. n. 8053 del 7.4.2014 tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività a fronte comunque di una motivazione della Corte di appello che ha valutato la gravità dei fatti, di per sé, sotto un profilo oggettivo e soggettivo. Infatti, i giudici di seconde cure hanno analizzato il rilievo addebitato rapportandolo alla qualifica relativamente elevata rivestita dal dipendente, al grado di affidamento sotteso alle conseguenti mansioni nonché al tempo protratto di loro esercizio e per la pregnanza dell’elemento volitivo, rivelata dall’intenzionale approfittamento di pregressa condotta negligente e dal successivo intento di banalizzazione e sottovalutazione del complessivo operato. 13. Infine, anche la tematica della violazione da parte della Banca dell’art. 2087 cc è una questione nuova in relazione alla quale il ricorrente non ha dimostrato di averla prospettata nei precedenti gradi di giudizio e, in quanto tale, è preclusa in sede di legittimità la sua valutazione cfr. tra le altre Cass. Sez. 6 - 1 ord. N. 17041 del 9.7.2013 sent. n. 19164 del 13.9.2007 . 14. Il secondo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza. 15. Con riguardo alla inammissibilità, si richiamano le argomentazioni già precisate in relazione al primo motivo circa la violazione dell’art. 360 n. 3 cpc va evidenziato, poi, che non è stata riportata neanche integralmente la disposizione della contrattazione collettiva oggetto della doglianza art. 44 CCNL . 16. Relativamente alla infondatezza, deve sottolinearsi che la Corte di merito ha proceduto, in modo logico e corretto giuridicamente, alla valutazione di proporzionalità della sanzione espulsiva, rispetto alla condotta addebitata al lavoratore, anche considerando sia l’assenza dei precedenti disciplinari, sia la modalità del fatto e ritenendo che la prima circostanza non era in grado di rassicurare in ordine alla futura capacità del dipendente di conformarsi ai fondamentali doveri nascenti dal rapporto di lavoro e che la seconda era di gravità tale da impedire la prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto stesso. 17. I giudici di seconde cure hanno fatto, pertanto, corretta applicazione del principio di diritto cfr. Cass. n. 15654 del 18.9.2012 cui si intende dare in questa sede continuità, secondo cui la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare . 18. Ed essendo l’apprezzamento sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità Cass. sent. n. 144 dell’8.1.2008 . 19. Il terzo motivo è infondato. 20. Va condiviso il principio di questa Corte sent. n. 14609/2014 n. 15483/2008 secondo cui, in base al combinato disposto degli artt. 334, 343 e 371 cpc, è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta nelle citate disposizioni se non quella che l’impugnazione cd. tardiva perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile. 21. La norma di cui all’art. 334 cpc è espressione di un principio generale Cass. n. 8654 del 29.8.1998 e, quindi, è applicabile anche al reclamo ex art. 58 legge n. 92/2012 in assenza di una diversa disciplina prevista da tale disposizione. 22. Alla stregua di tali consolidati principi, pertanto, la circostanza che la Banca abbia prestato acquiescenza alla impugnata sentenza e poi abbia proposto reclamo incidentale, solo a seguito del reclamo principale ex adverso presentato, non rileva ai fini della ammissibilità del suo gravame. 23. Il quarto motivo è parimente infondato. 24. La Corte territoriale ha correttamente applicato il principio della soccombenza in relazione ad una parte processuale che non è risultata vittoriosa per nessun capo della domanda proposta. Né sono state dedotte gravi ed eccezionali ragioni tali da giustificare la compensazione. Al riguardo va ribadito il consolidato orientamento tra le altre Cass. Sent. n. 5386 del 5.4.2003 sent. n. 17220 del 28.8.2004 sent. n. 15317 del 19.6.2013 secondo cui, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che le stesse non possano essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa e che rientra nel potere discrezionale del giudice del merito valutare l’opportunità di compensarle in tutto o in parte. 25. Con riferimento, infine, al pagamento del doppio contributo unificato, deve rilevarsi che in ordine ad esso i giudici dell’impugnazione sono vincolati, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto - senza ulteriori valutazioni decisionali trattandosi di fatti insuscettibili di diversa estimazione - della sussistenza dei presupposti rigetto integrale ovvero inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione per il versamento del suddetto importo Cass. n. 5955 del 14.3.2014 . 26. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere respinto. 27. Al rigetto del ricorso segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, sempre come da dispositivo. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 4.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.