Due episodi non bastano per parlare di dipendente insubordinato: niente licenziamento

Respinta la tesi proposta della società, e finalizzata a sostenere che l’uomo si sia dimostrato refrattario alla disciplina aziendale. Sproporzionato, e quindi da annullare, il provvedimento con cui è stato cacciato il lavoratore.

Comportamenti censurabili, quelli tenuti dal lavoratore. Ciò nonostante, essi non sono sufficienti a catalogare il dipendente come negligente” e insofferente alle gerarchie aziendali”. Eccessivo, perciò, il licenziamento Cassazione, sentenza n. 3865/2017, Sezione Lavoro, depositata oggi . Provvedimento. Scontro totale tra azienda – la ‘Fiat’ e – lavoratore. A quest’ultimo sono stati contestai diversi comportamenti negligenti o insubordinati , sufficienti, secondo la società, a giustificarne il licenziamento. Di parere opposto, però, sono stati i giudici, che prima in Tribunale e poi in Appello hanno censurato la visione proposta dall’azienda, ritenendo il licenziamento privo di giusta causa e di giustificato motivo . Questa decisione è ora confermata dalla Cassazione. Respinte tutte le obiezioni mosse dai legali dell’azienda e finalizzate a sostenere la legittimità del provvedimento adottato nei confronti di un lavoratore definito negligente e insofferente alle gerarchie aziendali . Per i magistrati, però, i due episodi contestati al lavoratore, e sanzionati con la sospensione , non possono certo essere sufficienti per parlare di contegno refrattario alla disciplina aziendale . Ciò rende sproporzionato il licenziamento, ora annullato in modo definitivo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 novembre 2016 – 14 febbraio 2017, n. 3865 Presidente Venuti – Relatore De Marinis Svolgimento del processo Con sentenza dell'11 dicembre 2013, la Corte d'Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Avellino, e accoglieva la domanda in primo grado proposta da V. L. C., in via riconvenzionale, a fronte dell'azione di accertamento promossa dalla Società datrice. Fabbrica Motori Automobilistici S.p.A., domanda avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli a motivo di una pluralità di comportamenti negligenti o insubordinati. La decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto, alla luce delle risultanze istruttorie, la condotta non connotata da elementi di natura oggettiva ovvero soggettiva tali da legittimare l'irrogazione di una sanzione espulsiva e. pertanto, il licenziamento privo di giusta causa e di giustificato motivo. Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l'impugnazione a due motivi cui resiste, con controricorso il L. C Motivi della decisione Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. n. 604/1966, nonché degli artt. 2104 e 2106 cc. imputa alla Corte territoriale di aver proceduto ad una valutazione atomistica delle mancanze recidivanti fatti oggetto di contestazione, peraltro non tutti presi in considerazione, che avrebbe impedito alla stessa di cogliere, come ammesso dalla giurisprudenza di questa Corte, il profilo soggettivo di un lavoratore negligente ed insofferente alle gerarchie aziendali. Con il secondo motivo la medesima censura relativa all'omessa considerazione della condotta complessiva tenuta dal lavoratore è riproposta sotto il profilo dell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e della violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. I due motivi, che, in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente risultano infondati alla luce della stessa deduzione della Società ricorrente che riconduce il provvedimento espulsivo adottato alla fattispecie di illecito disciplinare di cui all'art. 25, lett. h del CCNL per gli addetti all'industria metalmeccanica all'epoca vigente, la quale prevede la sanzione del licenziamento con preavviso per recidiva in qualunque delle mancanze contemplate nell'art. 24. quando siano stati comminati due provvedimenti di sospensione di cui all'art. 24 . Tale essendo il parametro normativo di riferimento ai fini del giudizio in ordine alla ricorrenza del giustificato motivo di recesso, parametro indicativo di una reazione disciplinare della Società datrice correlata alla ritenuta configurabilità di una fattispecie tipica rilevante agli effetti della comminatoria della sanzione alla stessa correlata e non rivolta, viceversa, a contrastare e punire un contegno complessivo del lavoratore genericamente considerato refrattario alla disciplina aziendale, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto di dover concentrare la propria valutazione sugli unici due episodi concorrenti nell'inveramento della fattispecie astratta delineata dalla norma contrattuale invocata, ovvero quelli che avevano dato luogo alla comminazione dei due provvedimenti di sospensione legittimanti, alla stregua del parametro normativo assunto a riferimento, il licenziamento per recidiva, trascurando gli ulteriori episodi disciplinarmente rilevanti, pur richiamati nella contestazione, che tuttavia, come si evince dalla stessa contestazione, non si prestavano, in base al predetto parametro, ad alcuna considerazione per essere sfociati, a seguito della loro costante derubricazione in sede di impugnazione, in provvedimenti non eccedenti le tre ore di multa. In questa prospettiva, il giudizio espresso dalla Corte territoriale si sottrae alle censure di incompletezza qui sollevate sotto il profilo della mancata considerazione complessiva dei comportamenti addebitati e dell'omesso esame di alcuni di essi, legittimandosi, altresì, in relazione alla conclusione cui approda, con specifico riferimento alla valutazione negativa della proporzionalità della sanzione irrogata rispetto alle condotte da ritenersi in astratto rilevanti ma, di fatto, rivelatesi inesistenti o notevolmente ridimensionate, valutazione qui neppure fatta oggetto di specifica impugnazione. Il ricorso va dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente. dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.