Per impugnare il contratto collettivo è necessario depositarlo nella sua interezza

La trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata non è sufficiente a soddisfare l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda.

È quanto affermato dalla S.C. con la sentenza n. 24455/16 del 30 novembre. Il caso. La Corte d’appello dichiarava illegittimo per difetto di proporzionalità tra addebito e sanzioni, il licenziamento disciplinare intimato da una società al lavoratore, cui era contestata la mancata ottemperanza all’ordine datoriale di prestare la propria attività lavorativa presso il reparto evaporazioni”, piuttosto che presso il reparto stampaggi” cui il lavoratore era in precedenza addetto ritenuta condotta di insubordinazione ai superiori di cui all’art. 10, lett. a CCNL, ne era stato intimato il licenziamento. La società ricorre per la cassazione della decisione, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 604/66 e dell’art. 25, lett. a Disciplina generale, sez. III, ora art. 10, lett. a e h CCNL per i dipendenti delle industrie metal meccaniche private e della installazione di impianti inoltre, deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La gravità dell’inadempimento. In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all’illecito commesso – rimesso al giudice di merito – si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l’inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 cc., sicché l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto Cass. n. 25743/07 . I motivi dedotti, però, non concernono la verifica in ordine ai criteri ermeneutici di applicazione dell’art. 1455 c.c., bensì l’accertamento della concreta ricorrenza degli elementi ritenuti dai giudici idonei a integrare il giustificato motivo di licenziamento, integrando quindi una questione di mero fatto non esaminabile in sede di legittimità. Il deposito del CCNL. Inoltre, tutte le censure fanno riferimento all’interpretazione della norma contrattuale collettiva, sicché sono sanzionate ex artt. 366, n. 4 e 369, n. 6, c.p.c., non risultando prodotto per intero il contratto collettivo di riferimento. L’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda [] non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile coni principi generali dell’ordinamento [], ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 c.c. e seguenti e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 c.c., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa Cass. n. 15495/09 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 settembre – 30 novembre 2016, n. 24455 Presidente Nobile – Relatore Esposito Svolgimento dei processo 1.Con sentenza depositata il 7 marzo 2013 la Corte d'appello di Napoli, in riforma della decisione del giudice di primo grado, dichiarò illegittimo, per difetto di proporzionalità fra addebito e sanzione, il licenziamento disciplinare intimato da Denso Thermal System S.p.A. a U.R Al ricorrente era contestata la mancata ottemperanza all'ordine datoriale di prestare la propria attività lavorativa presso il reparto evaporazioni , piuttosto che presso il reparto stampaggi al quale il lavoratore era in precedenza addetto tale condotta era stata considerata integrare l'ipotesi di insubordinazione ai superiori di cui all'articolo 10 lett. a CCNL, idonea a giustificare la sanzione espulsiva. 2.La Corte territoriale rilevò che, ai fini del giudizio in ordine alla proporzionalità della sanzione, era necessaria una valutazione coordinata e unitaria dei dati acquisiti, compresa la considerazione del comportamento del lavoratore sotto il profilo soggettivo dell'intensità dell'elemento volitivo e dei motivi della reazione. Osservò che lo spostamento di reparto, normalmente preceduto da preavviso di almeno due giorni prima, era avvenuto con modalità diverse da quelle della prassi aziendale, a distanza di soli due giorni dalla reintegra dei lavoratore disposta in attuazione dell'ordinanza ex articolo 700 c.p.c., dopo che egli aveva iniziato il proprio turno di lavoro, peraltro in costanza del timore che la variazione preludesse ad una sospensione dell'attività per CIG. Osservò che la parte datoriale non aveva mai chiarito le ragioni determinanti l'improvviso spostamento e che il giorno dopo l'U. aveva ottemperato all'ordine, recandosi nel nuovo reparto, sicché l'inadempimento era circoscritto a un solo giorno lavorativo. In ragione delle suddette circostanze, rilevanti sotto i profili oggettivo e soggettivo, la Corte ritenne che la condotta del lavoratore non integrasse insubordinazione, per la configurabilità della quale sarebbero occorsi ripetuti e ingiustificati atti di inosservanza ai propri doveri, idonei a denotare un atteggiamento di sfida nei confronti del potere datoriale. 3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la società sulla base di unico motivo. Resiste con controricorso il lavoratore. Motivi della decisione 1.Con l'unico motivo il ricorrente deduce articolo 360, co. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 3 l. 604/1966 e dell'articolo 25 lett. A Disciplina generale, sezione III, ora articolo 10 lett. a e h del CCNL per i dipendenti delle industrie metal meccaniche private e della installazione di impianti articolo 360, co. 5 c.p.c. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. 2.11 motivo è inammissibile, in primo luogo per le modalità di redazione della censura, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19959 del 22/09/2014, Rv. 632466 . 3.Quanto all'aspetto contenutistico, va richiamato il principio enunciato da Cass. Sez. L, Sentenza n. 6848 del 22/03/2010, Rv. 612262 In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione all'illecito commesso - rimesso al giudice di merito - si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto, e l'inadempimento deve essere valutato in senso accentuativo rispetto alla regola generale della non scarsa importanza di cui all'articolo 1455 cod. civ., sicché l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto conforme Cass. N. 25743 del 2007, Rv. 601361 . In tale prospettiva, si evidenzia che le critiche svolte con i motivi di ricorso concernono non già la verifica in ordine ai criteri ermeneutici di applicazione della clausola generale di cui all'articolo 1455 c.c., ma, piuttosto, l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi ritenuti dai giudici del merito idonei a integrare il giustificato motivo di licenziamento. Le doglianze, pertanto, ripercorrendo gli elementi emergenti dall'istruttoria, sono rivolte non già nei confronti dei criteri di applicazione della clausola generale, ma piuttosto verso la sussunzione, effettuata dai giudici del merito sulla base delle risultanze istruttorie, della situazione di fatto nei parametri indicati dalla clausola medesima. Di conseguenza, al di là della formulazione delle censure anche in termini di violazioni di legge, le stesse finiscono con l'investire la valutazione delle risultanze istruttorie sulla cui base è stato formulato il predetto giudizio di sussunzione, proponendo a questa Corte questioni di mero fatto non esaminabili in sede di legittimità. Il tutto in regime di nuova formulazione dell'articolo 360 n. 5 c.p.c., che ha ridotto l'ambito dei sindacato in ordine alla motivazione v. Sez. 5, Sentenza n. 25332 del 28/11/2014, Rv. 633335 la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti . 3. Alle svolte argomentazioni si aggiunga che tutte le censure fanno riferimento all'interpretazione della norma contrattuale collettiva, sicché sono sanzionate ai sensi degli artt. 366 n. 4 e 369 n. 6 c.p.c. , non risultando prodotto per intero il contratto collettivo di riferimento. Va richiamato in proposito il principio più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale L'onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda - imposto, a pena di improcedibilità, dall'articolo 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella nuova formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 - non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell'ordinamento e con i criteri di fondo dell'intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ispecie, con la regola prevista dall'articolo 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale dei contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l'interpretazione esaustiva della questione che interessa Sez. L, Sentenza n. 15495 del 02/07/2009. Rv. 609037 . 2. Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso segue la liquidazione delle spese secondo soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di U.R. delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.100,00, di cui € 4.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte det ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso , a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.