Anche una lettera “dall’oltretomba” è valida per interrompere la prescrizione

La morte di un lavoratore, causata dalle mansioni da lui svolte, non provoca il risarcimento del danno nei confronti degli eredi, essendo decorso il termine della prescrizione. Un solo atto si è interposto tra la nascita dell’obbligazione e la sua estinzione una lettera dai caratteri un po’ particolari.

Sulla validità della summenzionata lettera si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24116/16 depositata il 28 novembre. Il caso. Gli aventi causa di un lavoratore, deceduto a causa di carcinoma polmonare, chiedevano al datore di lavoro il risarcimento del danno biologico, morale e patrimoniale, ricollegando la patologia del de cuius alle mansioni da lui svolte, senza idonee protezioni, a contatto di sostanze chimiche, vernici a smalto, solventi, polveri di amianto ed altro . Sia in primo che in secondo grado, però, la domanda veniva rigettata per incorsa prescrizione del diritto. La lettera inviata dagli eredi. Secondo il Giudice d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dagli attori, la lettera inviata da questi ultimi alla società per cui lavorava il defunto non presentava i requisiti di specificità e univocità che portassero a ritenere che l’intenzione del mittente fosse quella di richiedere un risarcimento del danno subito. La Corte, infatti, notava come non vi fossero riferimenti che rimandassero ad una precisa richiesta di risarcimento e, per altro, mancava la sottoscrizione. Dal punto di vista soggettivo, inoltre, vi era un’incongruenza logica difficilmente risolvibile l’intestazione della missiva indicava i dati personali del mittente – ovvero il defunto – in modo tanto specifico da ricomprendere anche la data del suo decesso. Era quindi evidente che la lettera non fosse stata scritta da colui che si indicava come sottoscritto”, motivo per cui, tra gli altri, il giudice aveva rigettato la domanda di risarcimento. Gli elementi soggettivo e oggettivo dell’atto interruttivo. Gli aventi causa ricorrevano quindi per Cassazione, ritenendo che, ai fini dell’interruzione della prescrizione, non è richiesto alcun requisito formale né che la richiesta o intimazione sia caratterizzata da uno spiccato carattere di univocità . In tal proposito la Corte richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale un atto, per avere efficacia interruttiva , deve contenere due distinti elementi quello soggettivo, ossia la chiara indicazione del soggetto obbligato , e non necessariamente, quindi, quella del soggetto avente diritto e quello oggettivo, ossia l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento . Ciò che conta è la dimostrazione di una volontà del titolare del credito che sia piena e di segno inequivocabile di far valere il proprio diritto. Per questi motivi, la S.C. accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 settembre – 28 novembre 2016, n. 24116 Presidente Nobile – Relatore Venuti Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione, rigettava la domanda proposta da D.C.A. , D.C.B. e I.M.G. , quali eredi di D.C.N. , dipendente della s.p.a. MET.RO, nei confronti della stessa e della s.p.a. CO.TRA.L., chiamata in causa dalla prima società, volta ad ottenere la loro condanna al risarcimento del danno biologico, morale e patrimoniale subito a seguito del decesso del loro dante causa per carcinoma polmonare, conseguente alle mansioni svolte, senza idonee protezioni, a contatto di sostanze chimiche, vernici a smalto, solventi, polveri di amianto ed altro. Tale decisione, a seguito di impugnazione degli eredi suddetti, veniva confermata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza depositata il 21 dicembre 2010. Ha osservato la Corte anzidetta che la lettera inviata dagli eredi in data 16 maggio 1996 non era idonea ad interrompere la prescrizione, non presentando i requisiti di univocità e specificità necessari per ritenere che, con tale atto, il lavoratore o i suoi eredi intendessero richiedere al datore di lavoro il risarcimento dei danni conseguenti alla malattia professionale del dante causa, insorta nel marzo 1992 ed in seguito alla quale il medesimo decedette nel novembre 1992. Inoltre non vi era alcun riferimento a specifiche richieste di risarcimento dei danni ed era altresì equivoca anche dal punto di vista soggettivo non era firmata e non si evinceva da quale soggetto provenisse, dal momento che essa iniziava con le parole Il sottoscritto D.C.N. nonché con la indicazione dei dati personali relativi al lavoratore deceduto, recando anche la data del suo decesso con un richiamo ai nominativi degli eredi le attuali ricorrenti e risulta inoltre spedita a distanza di quasi quattro anni dal decesso del D.C. . Per la cassazione di questa sentenza ricorrono gli eredi sopra menzionati con un solo motivo. Resistono con controricorso la società ATAC s.p.a., subentrata alla s.p.a. METRO a seguito di fusione, nonché la s.p.a. CO.TRA.L Tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. civ Motivi della decisione 1. Con l’unico motivo del ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2943, comma 4, 1219, comma 1, e 1310 cod. civ. nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia. Si deduce che la prima di dette disposizioni stabilisce inequivocabilmente, quale requisito minimo e sufficiente dell’atto extragiudiziale di interruzione della prescrizione, la manifestazione in forma scritta della volontà di veder soddisfatto il proprio credito. Non è richiesto alcun requisito formale né che la richiesta o intimazione sia caratterizzata da uno spiccato carattere di univocità, essendo sufficiente un atto che comunque manifesti, in coerenza con i principi di buona fede e correttezza, la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento del proprio credito. Nella specie la lettera in questione conteneva i requisiti minimi richiesti ai fini della interruzione della prescrizione, essendo in essa chiaramente manifestata la pretesa delle creditrici di ottenere il risarcimento del danno biologico. La sentenza impugnata era dunque errata, avendo fornito una motivazione del tutto superficiale, parziale ed illogica, anche laddove ha ritenuto che la diffida fosse equivoca dal punto di vista soggettivo. Era infatti assolutamente irrilevante che la copia della lettera prodotta in atti fosse priva della sottoscrizione degli eredi, essendo stata la firma apposta solo sull’originale spedito al destinatario e non anche sulla copia trattenuta dai mittenti. In ogni caso non poteva dubitarsi della riferibilità dell’atto alle creditrici ed, in primo luogo, alla sig.ra I.M.G. , risultando indicato il nome di quest’ultima nell’avviso di ricevimento della raccomandata e considerato che, a norma dell’art. 1310 cod. civ., gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione hanno effetto riguardo agli altri creditori. 2. Il motivo è fondato. Oggetto del contendere è se la lettera in questione - la cui fotocopia è stata inserita nel corpo del ricorso - costituisca atto idoneo ad interrompere la prescrizione. È principio consolidato di questa Corte che, in tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato elemento soggettivo , l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora elemento oggettivo . Quest’ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di Ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto Cass. 3371/10 Cass. n. 24656/10 Cass. 17123/15 . Nella specie la Corte di merito, nel ritenere che detta lettera non presenti i caratteri di univocità e specificità richiesti per la costituzione in mora e che quindi non sia idonea ad interrompere la prescrizione, ha reso una motivazione contraddittoria, carente sotto il profilo della valutazione di taluni elementi di fatto ed insufficiente sotto il profilo logico-giuridico. Ed infatti, dopo aver affermato che la lettera non contiene alcun riferimento a specifiche richieste di risarcimento dei danni oggi pretesi , ha poi aggiunto che con la stessa è stato chiesto che venga riconosciuto il danno biologico ai fini del trattamento economico e pensionistico , ciò che dimostra invece la volontà dei titolari del credito di far valere i loro diritti, volontà manifestata esplicitamente laddove viene fatta espressa richiesta di riconoscimento del danno biologico, sia ai fini pensionistici e sia ai fini economici , aggiungendosi che tale danno va quantificato in base ai tempi di esposizione nei contatti diretti o indiretti con l’amianto nelle varie fasi di lavorazione . Ancora, la Corte territoriale ha ritenuto che la diffida fosse equivoca anche dal punto di vista soggettivo, non essendo stata firmata e non risultando da quale soggetto provenga . Ma, anche qui la motivazione presenta evidenti lacune, non avendo la Corte anzidetta considerato che, unitamente alla lettera in questione, i ricorrenti hanno prodotto il relativo avviso di ricevimento, attestante che essa era pervenuta alla DIREZIONE COTRAL , come risulta dal relativo timbro apposto sulla cartolina di ricevimento, avviso restituito alla signora I.M.G. , odierna ricorrente, coniuge del defunto D.C.N. , indicata nella stessa lettera come uno degli eredi. Quanto alla mancanza della firma - che i ricorrenti sostengono di avere apposto, come avviene sovente, solo sull’originale trasmesso alla CO.TRA.L. - e al suo contenuto, va richiamato il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui, ai fini dell’interruzione della prescrizione, la produzione in giudizio di copia della lettera di costituzione in mora unitamente all’avviso di ricevimento ex adverso della relativa raccomandata implica una presunzione di corrispondenza di contenuto tra la copia prodotta e la missiva ricevuta dalla controparte, salva la prova, a carico del destinatario, di avere ricevuto una missiva di contenuto diverso o un plico privo di contenuto cfr. Cass. 10630/15 Cass. 23920/13 . Nella specie tale prova non è stata offerta, onde opera la presunzione dianzi indicata. Alla stregua di tutto quanto precede il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della impugnata sentenza e rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale, nel decidere la causa, dovrà attenersi ai criteri sopra indicati, provvedendo anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.