Ancora in tema di subentro nell’appalto di servizi

Nel caso di subentro in un appalto di servizi, regolato dall’art. 4 del CCNL Multiservizi, la scelta effettuata dal lavoratore per la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con la società subentrante nell’appalto di servizi non implica, di per sé, rinuncia all’impugnazione all’atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l’acquiescenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22121/16, depositata il 2 novembre. Il caso. La Corte d’appello di Venezia, in parziale accoglimento del reclamo proposto ex articolo 1, comma 58, l. n. 92/2012 avverso la sentenza del Tribunale di Padova, dichiarava inefficace il licenziamento intimato a una lavoratrice, a seguito di cessazione di un appalto di pulizia. La Corte territoriale riteneva che, nella fattispecie, nella quale si era realizzato un subentro nell’appalto conferito dal Comune di Padova, l’applicazione dell’articolo 7 d.l. n. 248/2007 convertito nella l. n. 31/2008, esonerasse dal rispetto della procedura prevista per i licenziamenti collettivi dagli artt. 4 e 5 l. n. 223/1991. Per tali ragioni al caso di specie veniva applicata la tutela di cui all’articolo 18, comma 6, Stat. Lav La costituzione di un nuovo rapporto di lavoro con l’impresa subentrante significa sempre rinuncia all’impugnazione del licenziamento? La società che aveva licenziato la propria dipendente in conseguenza della cessazione dell’appalto ha impugnato la sentenza della Corte territoriale sul presupposto che, ove la lavoratrice avesse inteso contestare la legittimità del licenziamento, ella non avrebbe dovuto sottoscrivere alcun contratto di lavoro con l’impresa subentrante, a pena di invalidare l’efficacia dell’impugnazione stessa. Nel ribadire un orientamento già consolidato, la Suprema Corte ha ritenuto infondata tale conclusione, precisando che non vi è alcun automatismo tra l’accettazione di un posto di lavoro da parte del lavoratore licenziato e la rinuncia all’impugnazione del recesso intimato dal precedente datore di lavoro. Infatti, sostengono gli Ermellini, da tale scelta non si può ricavare, in modo univoco, anche se implicito, l’accettazione dell’atto risolutivo, ma solo la comprensibile e meritevole esigenza di reperire tempestivamente un’altra occupazione. L’applicazione delle procedure previste per i licenziamenti collettivi. Anche la lavoratrice ha impugnato la predetta sentenza, nel capo in cui la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile la disciplina dettata per i licenziamenti collettivi, sanzionando però il licenziamento per il mancato rispetto della procedura prevista dall’articolo 7 l. n. 604/1966. L’interesse all’accoglimento di tale impugnazione risiederebbe nella differente tutela invocata nella specie, quella reintegratoria prevista dall’articolo 18, comma 4, Stat. Lav. in luogo di quella meramente risarcitoria prevista dall’articolo 18, comma 6, Stat. Lav., accordata alla lavoratrice con la predetta sentenza . La lavoratrice ha denunciato quindi la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 7, comma 4- bis , d.l. n. 248/2007 convertito nella l. n. 31/2008, nonché degli artt. 4 e 5 l. n. 223/1991 e dell’articolo 4 CCNL Multiservizi in quanto, ai fini dell’applicazione del predetto articolo 7, occorrerebbe l’invarianza delle condizioni dell’intero appalto, con la parità delle condizioni economiche e normative applicate al lavoratore. L’articolo 4 CCNL Multiservizi distingue l’ipotesi in cui il subentro avvenga a parità di condizioni contrattuali, nel qual caso l’impresa subentrante è obbligata ad assumere coloro che siano stati addetti all’appalto per un periodo di almeno quattro mesi prima della sua cessazione, dall’ipotesi nella quale la predetta successione avvenga con modificazione di tali condizioni. Solo nel primo caso l’obbligo di assunzione esonera l’azienda dall’esperire le procedure per il licenziamenti collettivi.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 maggio – 2 novembre 2016, n. 22121 Presidente Di Cerbo – Relatore Ghinoy Svolgimento del processo La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza n. 175 del 2015, in parziale accoglimento del reclamo proposto ex art. 1 comma 58 della L. n. 92 del 2012 avverso la sentenza del Tribunale di Padova, dichiarava inefficace il licenziamento intimato il 14.6.2013 da Team Service, società consortile a r.l. a J.Y. , a seguito di cessazione dell’appalto di pulizia in atto. La Corte territoriale riteneva che alla fattispecie, nella quale si era realizzato un subentro nell’appalto conferito dal Comune di Padova, l’applicazione dell’art. 7 del Dl 248 del 2007, convertito con legge n. 31 del 2008, esonerasse dal rispetto della procedura prevista per licenziamenti collettivi dagli articoli 4 e 5 della L.n. 223 del 1991, né potevano imputarsi al datore di lavoro le condizioni contrattuali contenute nei contratti stipulati dai lavoratori con l’impresa subentrata. Nel caso, tuttavia, sussisteva il vizio procedurale configurato dalla mancata comunicazione alla Direzione territoriale del lavoro ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 7 della L.n. 604 del 1966. Applicava quindi la tutela risarcitoria prevista dall’articolo 18 comma 6 della L.n. 300 del 1970, nel testo vigente, riconoscendo l’indennità nella misura minima di sei mensilità. Per la cassazione della sentenza J.Y. ha proposto ricorso, affidato ad un motivo, cui ha resistito con controricorso Team Service società consortile a r.l La società ha depositato altresì ricorso autonomo, affidato ad un motivo, cui ha resistito con controricorso la lavoratrice. Motivi della decisione Preliminarmente i due ricorsi sono stati riuniti ex articolo 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 1. Il ricorso della lavoratrice attinge la sentenza della Corte territoriale laddove ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie la disciplina dettata per i licenziamenti collettivi dalla legge 223 del 1991. L’interesse all’accoglimento del motivo risiede nel fatto che ad avviso della ricorrente, laddove la Corte avesse correttamente ritenuto applicabile tale procedura, il vizio di omissione della stessa farebbe ricadere il licenziamento illegittimo nella sfera di applicazione dell’articolo 18 comma quattro della L.n. 300 del 1970, nella formulazione che risulta a seguito delle modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012, con la conseguente tutela reintegratoria, in luogo della tutela risarcitoria prevista dall’articolo 18 comma sei della L.n. 300/1970 applicata dalla Corte territoriale. 1.2. J.Y. denuncia quindi violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 comma 4 bis del DI 248 del 2007, convertito con L.n. 31 del 2008 violazione e/o falsa applicazione degli articoli 4 e 5 della L.n. 223 del 1991 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 29 comma 3 del d.lgs n. 276 del 2003 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del CCNL, pulizie multiservizi. Sostiene che ai fini dell’applicazione dell’art. 7 citato occorrerebbe l’invarianza delle condizioni dell’intero appalto, con la parità di condizioni economiche e normative applicate al lavoratore. Riferisce che l’art. 4 del CCNL Multiservizi distingue l’ipotesi in cui il subentro nell’appalto avvenga a parità di condizioni contrattuali, nel qual caso l’impresa subentrante è tenuta ad assumere coloro che siano stati addetti all’appalto per un periodo di almeno quattro mesi prima della sua cessazione, dall’ipotesi nella quale la successione nell’appalto avvenga con modificazioni di tali condizioni, evenienza nella quale non vi è un obbligo assoluto di assunzione, ma dev’essere esperita una procedura sindacale finalizzata ad armonizzare le mutate esigenze tecnico-organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali. 1.3. Il motivo è fondato. L’art. 7 del D.L. 31/12/2007, n. 248, al comma 4-bis, introdotto dalla legge di conversione 28 febbraio 2008, n. 31, ha previsto che Nelle more della completa attuazione della normativa in materia di tutela dei lavoratori impiegati in imprese che svolgono attività di servizi in appalto e al fine di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori, l’acquisizione del personale già impiegato nel medesimo appalto, a seguito del subentro di un nuovo appaltatore, non comporta l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, in materia di licenziamenti collettivi, nei confronti dei lavoratori riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative o a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative . La disposizione ha quindi aggiunto un’ipotesi ulteriore alle eccezioni dall’applicazione della procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991 già individuate dall’art. 24 comma 4 per i casi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e di attività stagionali o saltuarie, relativa al subentro nell’appalto di servizi. Allo scopo, ha però previsto un requisito che i lavoratori impiegati siano riassunti dall’azienda subentrante a parità di condizioni economiche e normative previste dai contratti collettivi nazionali di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, oppure che siano riassunti a seguito di accordi collettivi stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Solo nella ricorrenza di tali presupposti, infatti, la situazione fattuale costituisce sufficiente garanzia per i lavoratori, risultandone la posizione adeguatamente tutelata, ed esonera dal rispetto dei requisiti procedurali richiamati dall’art. 24 della L. n. 223 del 1991. Ciò risulta confermato anche dalle dichiarate finalità della disposizione, di favorire la piena occupazione e di garantire l’invarianza del trattamento economico complessivo dei lavoratori , che concorrono ad individuare l’ambito dell’esonero dal rispetto della procedura collettiva. Nel caso in esame, la Corte territoriale non ha fatto corretta applicazione della norma richiamata, ritenendo che le condizioni contrattuali applicate in concreto dalla società subentrante alla lavoratrice tra le quali, in particolare, il fatto che il contratto di lavoro fosse stato stipulato a tempo parziale anziché a tempo pieno come il precedente non dovessero essere allo scopo valutate, esorbitando dai limiti di gestione del rapporto in capo alla società reclamante, mentre esse dovevano rientrare nella valutazione della sussistenza dei presupposti per la legittimità della procedura di irrogazione del licenziamento. Né rileva il fatto, valorizzato dalla Corte territoriale, che l’art. 4 del CCNL Multiservizi per il caso di cessazione di appalto con modificazione di termini modalità e prestazioni contrattuali demandi ad una successiva trattativa con l’impresa subentrante l’individuazione delle iniziative finalizzate ad armonizzare le mutate esigenze tecnico organizzative dell’appalto con il mantenimento dei livelli occupazionali . La previsione infatti attiene all’individuazione in termini generali della possibile soluzione concordata sindacalmente delle modalità del subentro, e non incide di per sé sulle caratteristiche concrete con le quali si è realizzato il subentro nell’appalto in questione, alle quali occorre avere riguardo. 2. A fondamento del proprio ricorso, la società deduce omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Valorizza il fatto che la lavoratrice il 14 giugno avesse ricevuto la lettera di licenziamento, il 20 giugno avesse firmato il contratto di lavoro con l’impresa subentrante nell’appalto, il 30 giugno fosse cessato il rapporto con Tim service e che dal 1 luglio senza alcuna riserva o contestazione avesse continuato a svolgere le stesse mansioni con la nuova datrice, così formalmente esprimendo la propria volontà di ritenere cessato dal 30 giugno il rapporto di lavoro con Team service. 2.1. Il ricorso della società non è fondato, dovendosi dare continuità al principio già affermato da questa Corte nella sentenza n. 12613 del 29/05/2007, secondo il quale la scelta effettuata dal lavoratore per la costituzione di un nuovo rapporto con la società subentrante nell’appalto di servizi non implica, di per sé, rinuncia all’impugnazione dell’atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l’acquiscenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta, in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l’atto risolutivo. Tale principio conserva validità nel caso in esame, neppure risultando circostanze fattuali ulteriori e significative nel senso voluto dalla società. 3. Segue l’accoglimento del ricorso di J.Y. , il rigetto del ricorso di Tim service s.c.a.r.l., nonché la cassazione della sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che dovrà valutare la fattispecie in applicazione dei principi sopra affermati e decidere sulle questioni conseguenti ed anche sulle spese del giudizio di cassazione. 4. Il rigetto integrale del ricorso di Team Service s.c.a r.l, determina la sussistenza dei presupposti previsti dal primo periodo dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, per il raddoppio del contributo unificato dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso di J.Y. , rigetta il ricorso di Team Service società consortile a r.l Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Team Service s.c.a r.l, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.