Elemento di novità trascurato dai giudici di merito: critica che non soddisfa i requisiti di specificità

Ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle circostanze attraverso le quali il giudice se ne è discostato.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20559/16, depositata il 12 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta dal dipendente nei confronti di Alitalia S.p.a. intesa a conseguire la revoca delle dimissioni presentate sul rilievo che le stesse, quale atto unilaterale recettizio, non sopportavano l’apposizione di condizioni risolutive e che i vizi della volontà denunciati non erano ravvisabili alla stregua delle generiche deduzioni contenute nell'atto introduttivo. Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte d’appello distrettuale. Ricorre per cassazione il dipendente. Indefettibile elemento di novità. Con l’unico motivo, il ricorrente censura l’interpretazione della l. n. 243/2004, resa dalla Corte territoriale, laddove ha negato che fosse dotata di portata innovativa rispetto alla propria situazione previdenziale e pensionistica. In particolare, fa riferimento al comma 1 dell’art 1 della legge citata, che delega al Governo di apportare successive modifiche al sistema pensionistico, liberalizzando anche l’età pensionabile. Deduce, quindi, che ciò costituirebbe un indefettibile elemento di novità, erroneamente trascurato dai giudici dell’impugnazione. Non soddisfatti i requisiti di specificità. Ma il ricorso deve essere rigettato. Gli approdi ai quali è pervenuta la Corte territoriale sulla questione, corretti sotto il profilo giuridico, non risultano validamente inficiati dalla critica formulata dalla parte ricorrente. Il lavoratore, infatti, fa riferimento al conferimento di delega al Governo per l’approccio di successive modiche al sistema, quale momento innovativo rispetto alla propria situazione pensionistica. Si tratta però, di critica che non soddisfa i requisiti di specificità dei motivi di ricorso per cassazione sanciti dall’art. 366, n. 4 c.p.c posto, infatti, che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, in modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c La Corte respinge pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 luglio – 12 ottobre 2016, numero 20559 Presidente Di Cerbo – Relatore Lorito Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma, con sentenza in data 23/10/2007, rigettava la domanda proposta da N.A. nei confronti di Alitalia s.p.a. intesa a conseguire la revoca delle dimissioni presentate in data 15/6/2004, sul rilievo essenziale che le dimissioni quale atto unilaterale recettizio, non sopportavano l’apposizione di condizioni risolutive e che i vizi della volontà denunciati non erano ravvisabili alla stregua delle generiche deduzioni contenute in atto introduttivo. Detta pronuncia veniva confermata dalla Corte d’Appello distrettuale alla stregua di motivazione solo parzialmente conforme. Il giudice dell’impugnazione, per quel che in questa sede rileva, osservava che le parti, in applicazione del principio generale di libertà negoziale, possono consensualmente stabilire di porre nel nulla le dimissioni, così come verificatosi nella fattispecie. Considerava, tuttavia, che, pur potendosi riconoscere al lavoratore il diritto potestativo anzidetto, non ricorrevano le condizioni cui il diritto stesso era subordinato. Il negozio unilaterale in oggetto, contemplava infatti la possibilità di revoca delle dimissioni nel caso in cui insorgessero nel sistema pensionistico, elementi di novità o modifiche rispetto alla situazione pensionistica attuale, e prima della ultimazione del periodo di preavviso lavorato . Il presupposto giuridico per l’esercizio del diritto non era tuttavia rinvenibile nello specifico, giacché la legge alla quale il lavoratore aveva fatto riferimento, rivendicandone il carattere innovativo sotto il profilo pensionistico, e, segnatamente, l’articolo 1 comma 12 l.243/2004, in realtà era priva di tale requisito, non incidendo sulla posizione previdenziale e pensionistica del lavoratore. La cassazione di tale pronuncia è domandata dal N. con un motivo, resistito con controricorso dalla Alitalia - Linee Aeree Italiane - s.p.a Quest’ultima ha depositato memoria. Motivi della decisione Con unico motivo si denuncia omessa insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio violazione e falsa interpretazione dell’articolo 1 l.243/2004 e dell’articolo 1362 c.c Il ricorrente censura l’interpretazione della legge numero 243/2004, resa dalla Corte territoriale, laddove ha negato che fosse dotata di portata innovativa rispetto alla propria situazione previdenziale e pensionistica. In particolare, fa riferimento al comma primo dell’articolo 1 di detto compendio normativo, che delega al governo di apportare successive modifiche al sistema pensionistico, liberalizzando anche l’età pensionabile. Deduce, quindi, che ciò costituirebbe un indefettibile elemento di novità, erroneamente trascurato dai giudici dell’impugnazione. Premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell’ interpretazione degli atti unilaterali, quale è la lettera di dimissioni, il canone ermeneutico di cui all’articolo 1362, primo comma, cod. civ. impone di accertare esclusivamente l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, ferma l’applicabilità, atteso il rinvio operato dall’articolo 1324 cod. civ., del criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto vedi Cass. sez. lav. 11/1/2011 numero 460, Cass. sez. lav. 14/11/2013 numero 25608, Cass. I sez. civile 6/5/2015 numero 9127 , non può sottacersi che l’attività ermeneutica esplicata dalla Corte distrettuale, sia stata coerente con detti principi. Nel proprio incedere argomentativo, la Corte distrettuale ha rimarcato, in primis, che la comunicazione con cui il lavoratore aveva rassegnato le proprie dimissioni, resa il 23/6/2004, era stata stilata su modulo predisposto dall’Ufficio Personale Alitalia e dall’Ampac, nell’ambito di iniziative che, in presenza di dichiarati esuberi di personale, miravano a sollecitare la risoluzione dei rapporti di lavoro con quei piloti che avessero maturato il diritto a pensione. Ha quindi proceduto alla disamina dell’atto il cui contenuto prevedeva che, in un contesto di particolare situazione di incertezza del sistema pensionistico, il recesso del lavoratore era motivato dalla situazione pensionistica attuale e da quella ipotizzabile nell’immediato futuro di guisa che, solo nel caso in cui insorgessero nel sistema elementi di novità o modifiche rispetto alla suddetta situazione prima della ultimazione del periodo di preavviso lavorato , il dipendente si riservava la possibilità di ritirare le proprie dimissioni e proseguire il rapporto senza oneri e penalità a proprio carico . Come fatto cenno nello storico di lite, il giudice dell’impugnazione ha inoltre provveduto alla disamina dell’articolo 1 l.23/8/2004 numero 243, indagandone la concreta portata normativa, e negando che dalla stessa potessero promanare effetti innovativi rispetto alla posizione previdenziale e pensionistica del dipendente, sì da condizionarne l’esercizio del diritto di opzione, secondo le previsioni contenute nell’atto da lui sottoscritto. Ha infatti osservato che il comma 12 del citato articolo 1. l.243/2004, aveva consentito ai lavoratori che avessero maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento di anzianità, di rinunciare all’ulteriore accredito contributivo, percependo in busta paga la somma corrispondente alla retribuzione che il datore di lavoro non avrebbe più potuto versare all’ente previdenziale. Ha, quindi, rimarcato che il comma 13 di detta disposizione, prevedeva che all’atto del pensionamento, il trattamento liquidato a favore del lavoratore che avesse esercitato la facoltà di cui al comma 12, era pari a quello che sarebbe spettato alla data della prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà, sulla base della anzianità contributiva maturata alla data della medesima scadenza. L’opzione ermeneutica seguita dalla Corte, coerente coi dettami di cui all’articolo 12 preleggi, appare del tutto corretta, giacche evidenzia che il precipitato normativo della disposizione risiede nella cristallizzazione della posizione previdenziale e pensionistica del dipendente, alla data di esercizio dell’opzione. Si tratta di approdi coerenti con i principi enucleati dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui nei commi da 12 a 17 del suddetto articolo 1 sono state dettate nuove regole dirette ad incentivare il posticipo del pensionamento dei lavoratori dipendenti del settore privato, attribuendo loro la facoltà di rinunciare all’accredito dei contributi IVS all’assicurazione generale obbligatoria, ovvero ad un fondo sostitutivo della medesima onde ottenere in busta paga la somma corrispondente non versata all’Ente Previdenziale cfr. in motivazione, Cass. 4/7/2014 numero 15356 . La disposizione di cui al comma 12, coordinata con il successivo comma 13, porta a ritenere, così come asserito dai giudici del gravame, che l’esercizio di detto diritto di opzione - riservato ai lavoratori in possesso dei requisiti per la pensione di anzianità non si traducesse in una modifica della posizione previdenziale del dipendente. Gli approdi ai quali è pervenuta la corte distrettuale sulla delibata questione, del tutto congrui sotto il profilo logico e corretti sul versante giuridico, non risultano validamente inficiati dalla critica formulata da parte ricorrente. Con approccio del tutto generico, in un motivo che vede contestuale denuncia di vizio di insufficiente motivazione e violazione e falsa applicazione di legge, il lavoratore fa, infatti, riferimento al conferimento di delega al governo per l’apporto di successive modifiche al sistema, quale momento innovativo rispetto alla propria situazione pensionistica. Si tratta, all’evidenza, di critica che non soddisfa i requisiti di specificità dei motivi di ricorso per cassazione sanciti dall’articolo 366 numero 4 c.p.c Posto, infatti, che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito, il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’articolo 360 cod. proc. civ., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, vedi Cass. 22/9/2014 numero 19959 . Nello specifico, è bene ribadire, il ricorrente, oltre a mescolare in unico contesto, la deduzione di vizi giuridicamente e logicamente fra loro incompatibili, fonda la propria critica sul generico riferimento a futuri interventi legislativi in materia pensionistica delegati al governo, con approccio, all’evidenza, inidoneo a censurare gli approdi ai quali è pervenuta la Corte di merito. Sotto altro versante, si duole dell’interpretazione dell’atto resa dal giudice del gravame, omettendo di enunciare i criteri legali di interpretazione del contratto, che si assumono violati. Secondo giurisprudenza di legittimità, infatti, ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato cfr. Cass. 13/1/2016 numero 5461 . La denuncia del vizio di motivazione, inoltre, dev’essere effettuata mediante la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento logico svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza. Ne, all’uopo, è sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa e più favorevole interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante per tutte V. Cass. 25/2/2004 numero 3772 e Cass. 22/2/2007 numero 4178, Cass. 6/6/2013 numero 14318 e Cass. 10/2/2015 numero 2465 . Nella specie la critica mossa all’interpretazione dell’atto negoziale per come articolata, è generica in quanto, difettando la allegazione - con riferimento alla violazione dei canoni interpretativi - del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, si sostanzia nella mera allegazione di una diversa e più favorevole interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante. In definitiva, alla stregua delle superiori argomentazioni, il ricorso è respinto. Per il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente nella misura in dispositivo liquidata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.