Il dirigente sindacale può essere reintegrato se il licenziamento ha carattere discriminatorio

L’art. 4 l. n. 108/1990, nel riconoscere alle cd. organizzazioni di tendenza l’inapplicabilità dell’art. 18 Stat. Lav., fa salva l’ipotesi regolata dall’art. 3 sull’estensione della tutela reale ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori. Ne consegue che, ove il licenziamento sia stato determinato da motivo di ritorsione o rappresaglia, va ordinata, anche nei confronti di dette associazioni, la reintegra del lavoratore, restando privo di rilievo il livello occupazionale dell’ente e la categoria di appartenenza del dipendente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19695/16, depositata il 3 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Trieste ha respinto l’appello proposto da un’associazione sindacale, confermando la sentenza resa dal Tribunale di Trieste che aveva accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato, per aver il lavoratore ricoperto la funzione di dirigente sindacale e responsabile dell’ufficio vertenze, con conseguente condanna al pagamento delle relative differenze retributive. Il giudice di prime cure aveva altresì accertato l’intimazione di un licenziamento nullo, in quanto ritorsivo e discriminatorio, con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro. Con ricorso per cassazione, tra le varie, l’associazione sindacale ha eccepito l’incompatibilità tra l’assunzione di una carica elettiva nell’ambito di un’associazione sindacale e la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l’associazione medesima e l’eletto nonché l’inapplicabilità della tutela reintegratoria nei confronti delle organizzazioni di tendenza, qual è un sindacato. Può un dirigente sindacale svolgere attività di lavoro subordinato? La Suprema Corte ha affermato che l’assunzione di una carica elettiva nell’ambito di un’associazione sindacale è compatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l’associazione medesima e l’eletto, anche se tale carica comporti funzioni dirigenziali e rappresentative, per lo svolgimento di specifiche mansioni affidate al soggetto stesso. In particolare, precisano gli Ermellini, l’indagine in ordine all’effettiva sussistenza o meno del rapporto di lavoro va compiuta, da parte del giudice di merito, tenendo conto del concreto atteggiarsi del rapporto e dell’eventualità che esso, nel corso del tempo, possa modificare la sua natura da autonomo a subordinato o viceversa. Il licenziamento nelle organizzazioni di tendenza. Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire il principio più volte espresso secondo il quale, di regola la tutela reintegratoria non può essere applicata alle organizzazioni di tendenza, fatto salva l’ipotesi disciplinata dall’art. 3 l. n. 108/1990 che estende la tutela reale ai casi di licenziamento nullo in quanto discriminatorio o ritorsivo. La Suprema Corte, infatti, precisa che il privilegio riconosciuto dall’art. 4 l. n. 108/1990 nei confronti delle organizzazioni di tendenza consiste nel conservare la tutela meramente obbligatoria e ciò anche quando il superamento del livello occupazionale stabilito dall’art. 2 della predetta legge comporterebbe l’applicazione della tutela reale a norma dell’art. 1. Tuttavia, detta norma, che serve a regolare gli effetti di un normale licenziamento illegittimo, nulla dice sul diverso problema del licenziamento discriminatorio, in ordine al quale, in ogni caso, non trova applicazione il predetto art. 4. E infatti, l’art. 4 inizia con le parole Fermo restando quanto previsto dall’art. 3 [ ]”, per proseguire con l’indicazione che l’art. 18 Stat. Lav. non si applica alle richiamate organizzazioni di tendenza. Secondo la Corte di Cassazione, se vuol darsi un senso all’incipit dell’art. 4, è evidente che la deroga da tale norma non riguarda i casi di quei licenziamenti considerati dal legislatore dal 1966 in poi particolarmente odiosi e per i quali la conseguenza è l’integrale applicazione dell’art. 18 Stat. Lav. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato che il licenziamento è stato determinato da un motivo discriminatorio, rilevando tale natura dagli elementi probatori acquisiti.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 maggio – 3 ottobre 2016, n. 19695 Presidente Nobile – Relatore Boghetich Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 19.8.2013 la Corte di appello di Trieste ha respinto l’appello principale proposto dalla Unione Generale del Lavoro UGL nonché l’appello incidentale proposto da F.U. confermando le due sentenze rese dal Tribunale di Trieste che ha riconosciuto - per quel che interessa - la sussistenza, tra le parti, di un rapporto di lavoro subordinato da giugno 1988 a maggio 1991 e da ottobre 1991 a dicembre 2006, l’inquadramento del F. nel I livello di cui al CCNL aziende del Terziario, Distribuzione e Servizi, con conseguente condanna al pagamento di differenze retributive, ed ha accertato l’intimazione di un licenziamento nullo con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro. Avverso la sentenza, l’associazione UGL propone ricorso per Cassazione, affidato a cinque motivi seppur erroneamente numerati . Il lavoratore resiste con controricorso e propone ricorso incidentale fondato su sette motivi. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo l’associazione ricorrente deduce violazione dell’art. 2094 c.comma nonché vizio di motivazione in ordine alla natura subordinata del rapporto di lavoro art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. , avendo la Corte territoriale trascurato che il F. si era allontanato dalla sede sindacale da febbraio ad agosto 1995, che lo stesso non prendeva ordini e direttive da nessuno e che ricopriva il ruolo di dirigente sindacale, ruolo incompatibile con la sussistenza del vincolo della subordinazione. 2. Con il secondo motivo non numerato , l’associazione deduce vizio di motivazione avendo, la Corte territoriale, omesso di considerare che il F. , da settembre 1994 a febbraio 1995, aveva svolto l’incarico di segretario provinciale della stessa associazione territoriale a cui chiedeva il riconoscimento come lavoratore subordinato. 3. Con il terzo motivo rubricato come secondo la ricorrente ha denunciato violazione dell’art. 115 c.p.comma avendo la Corte trascurato che lo stesso F. , nei propri atti difensivi, ha dedotto di aver svolto, per l’associazione sindacale, due attività, quella del sindacalista e quella del dipendente nell’ufficio Vertenze e Fiscale. 4. Con il quarto motivo l’associazione ricorrente denuncia violazione degli artt. 2946, 2948, n. 4, 2955, 2956 c.comma nonché vizio di motivazione non avendo tenuto conto, la Corte, ai fini della prescrizione, della sospensione dell’attività lavorativa da febbraio ad agosto 1995. 5. Con il quinto motivo l’associazione denuncia violazione dell’art. 4, comma 1, della legge n. 108 del 1990 avendo, la Corte territoriale, per accertare l’irrogazione di un licenziamento discriminatorio - considerato solamente alcune deposizioni testimoniali, attribuito importanza a un comunicato di natura politico-sindacale rivolto agli Iscritti all’associazione, disposto la reintegrazione nel posto di lavoro nei confronti di un’associazione di tendenza, trascurato che il F. aveva i requisiti per la pensane di anzianità e quindi poteva essere licenziato ex art. 2118 c.c 6. Con il primo motivo di ricorso incidentale, il lavoratore ha dedotto violazione sopravvenuta dei criteri sulla competenza territoriale art. 19 c.p.c. , essendo emerso - nel corso del giudizio di primo grado, a seguito di dichiarazione del legale rappresentante dell’associazione, S.V. - che il licenziamento del F. era stato disposto dalla sede, del sindacato, di XXXX. Il F. lamenta, inoltre, violazioni del diritto di difesa e del contraddittorio, già segnalate al giudice di primo grado mediante consegna di un atto formale di protesta, a futura memoria , non essendogli stato consentito di riferire, in sede di interrogatorio libero, argomenti e fatti nuovi, non inclusi nel ricorso introduttivo del giudizio e peraltro ritenuti rilevanti avendo, i giudici di merito, omesso l’esame di un verbale ministeriale allegato in atti avendo, il giudice di primo grado, omesso nella propria sentenza le ragioni del ricorrente e maturando una propria verità virtuale . 7. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, il lavoratore denuncia violazione dell’art. 2116 c.c., avendo, i giudici di merito, fuorviati dalle informazioni fornite dal CTU, rigettato la domanda di risarcimento del danno per la parziale perdita della prestazione pensionistica senza che fosse stata avanzata domanda di accertamento del diritto a percepire la pensione di anzianità, ed avendo, tale sentenza, indotto successivamente l’INPS a revocare la pensione goduta dal F. . 8. Con il terzo motivo il ricorrente in via incidentale denuncia violazione degli artt. 115 c.p.comma e 2697 c.comma avendo, i giudici di merito, travisato i fatti ed accertato l’interruzione del rapporto di lavoro con l’associazione sindacale per il periodo giugno-settembre 1991 e la conseguente ripresa dell’attività di lavoro con l’impresa CEA s.p.a. a seguito di ordine giudiziale di reintegrazione nel posto di lavoro . 9. Con il quarto motivo il F. ha dedotto violazione degli artt. 115 c.p.comma e 2697 c.comma avendo, l’INPS, annullato la contribuzione figurativa già accreditata a seguito di domanda di aspettativa sindacale presentata dal F. al datore di lavoro CEA s.p.a. sulla base della sentenza emessa dai giudici di merito che hanno accertato la ripresa del rapporto di lavoro, presso la CEA s.p.a., per il periodo giugno-settembre 1991. 10. Con il quinto motivo il F. denuncia violazione dell’art. 36 Cost. avendo la Corte preso, quale parametro di riferimento per la quantificazione del risarcimento del danno conseguente alla nullità del licenziamento nonché per la contribuzione figurativa, i livelli minimi previsti dalla contrattazione collettiva di riferimento. 11. Con il sesto motivo il F. denuncia violazione dell’art. 13 della legge n. 1338 del 1962 e vizio di motivazione avendo, la Corte, assunto una rappresentazione travisata dei fatti riducendo il periodo di lavoro subordinato richiesto nei confronti dell’associazione sindacale e respingendo la domanda di costituzione di una rendita vitalizia. 12. Con il settimo motivo il F. denuncia omesso esame circa un fatto decisivo e controverso del giudizio non avendo, la Corte, riconosciuto la qualifica di dirigente nonostante il F. abbia diretto, coordinato e controllato l’attività degli uffici dell’associazione, compreso l’ufficio Fiscale e Tributario, l’ufficio Vertenze, la sede del patronato Enas di XXXXX come risulta dalle deposizioni del teste P. di cui si riporta ampi stralci , sia stato accreditato in tutti gli uffici pubblici. 13. Preliminarmente, va osservato che la sentenza in esame pubblicata dopo l’11 settembre 2012 ricade, ratione temporis , nel regime risultante dalla modifica dell’art. 360, primo comma, n. 5 , c.p.comma ad opera dell’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, il quale prevede che la decisione può essere impugnata per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti . L’intervento di modifica del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte sentenza n. 8053/2014 , comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto, dovendosi interpretare, la norma, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Ebbene, la sentenza impugnata ha affrontato, con argomenti logici e coerenti, tutti i profili oggetto delle censure avanzate dai ricorrenti in via principale e in via incidentale , rilevando quanto alla sottoposizione a potere direttivo e disciplinare secondo motivo del ricorso principale , che dagli elementi istruttori era emerso come il F. rispettava un orario di lavoro, era stato incaricato dal segretario provinciale di strutturare un servizio di assistenza fiscale , di recarsi ad attività formative in materia e di curare la formazione di coloro che operavano nei vari servizi offerti dall’UGL , l’ utilizzo dei beni strumentali, dei locali dell’associazione quanto alla diversità dei ruoli disimpegnati dal F. , di dirigente sindacale e di lavoratore dipendente, che si è trattato di un rapporto durato circa 18 anni ed avente ad oggetto l’attività di assistenza e di consulenza in materia di lavoro, di previdenza e fiscale con orari di lavoro fissi coincidenti con l’orario di apertura della serie sindacale, con versamento di una cifra fissa mensile che l’UGL afferma essere stata ragguagliata ai minimi contrattuali con inserimento del F. nell’organigramma dell’associazione , l’assegnazione allo stesso di alcuni collaboratori, l’incarico al F. di curare l’attività di assistenza fiscale e l’avvenuto invio dello stesso ad attività formative in materia, fatti tutti questi eloquenti e riferiti da diversi testimoni , l’invito del segretario provinciale di non occuparsi di politica sindacale, la continuità e costanza con cui il ricorrente ed occuparsi del settore vertenze, dati anch’essi significativi, la natura preponderante di tale attività, per tale descritta dai testi, l’obbligo di riferire al segretario provinciale su tale attività, pure descritto dai vari testimoni pagg. 13 e 14 della sentenza impugnata quanto alla sospensione del rapporto di lavoro da febbraio ad agosto 1995 quarto motivo del ricorso principale , che sono stati raccolti, sul punto, elementi contraddittori che non consentono di ritenere provata da UGL, che ne era onerata, detta circostanza. Al riguardo si richiamano, in contrasto con altri dati, le deposizioni del P. , per la continuità del rapporto e il dato che l’attore figurava essere anche in tale periodo in aspettativa sindacale presso l’impresa da cui dipendeva quanto al mancato riconoscimento della qualifica dirigenziale, che fra i profili professionali del I livello del CCNL terziario 14.12.1990 vi era quello del capo ufficio amministrativo tecnico, commerciale e legale evidente risulta ricondurre la gestione dell’ufficio vertenze, pacificamente svolta dal F. , a detta ipotesi pag. 15 della sentenza e che l’istruttoria svolta ha consentito di appurare che i dipendenti della convenuta erano due, l’attore e certa Pa. vedi il punto 33 del ricorso introduttivo di 1^ grado che si occupava della segreteria in genere e che quindi difetta ogni possibilità di individuare i canoni di un ufficio o servizio importante cui si richiama il CCNL, e che tratta vasi di realtà sindacale locale limitata territorialmente ed in notoria fase di declino pluriennale senza quindi addentellato alcuno con realtà produttive importanti e con numerosi addetti pag. 22 della sentenza quanto al periodo di interruzione del rapporto di lavoro con l’UGL, da giugno a settembre 1991 motivi dal terzo in poi del ricorso incidentale , che detto fatto è confermato per tabulas dalle annotazioni di libretto di lavoro del F. , ribadito nello stesso scritto dd. 2.2.2007 del ricorrente docomma 18 di UGL in cui pag. 14 il ricorrente rientrò in servizio presso la CEA, antico suo datore di lavoro, nel giugno e luglio 1991 così interrompendo ogni collaborazione con la resistente, e dai doccomma 5 e 6 della convenuta che confermano tale dato e cioè che il F. riprese, per poco tempo, servizio alla CEA . È, pertanto, rilevabile l’inammissibilità dei motivi nella parte in cui si censura la carenza o contraddittorietà della motivazione, non essendo ravvisabile alcuna anomalia motivazionale come richiesto dalla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5. 14. In ordine alla compatibilità dei due ruoli assunti dal F. nell’ambito dell’associazione sindacale primo e secondo motivo del ricorso principale , I giudici di merito hanno applicato il principio di diritto già affermato da questa Corte secondo cui l’assunzione di una carica elettiva nell’ambito di un’associazione sindacale è compatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l’associazione medesima e l’eletto anche se tale carica comporti funzioni dirigenziali e rappresentative per lo svolgimento di specifiche mansioni affidate al soggetto stesso. L’indagine in ordine alla effettiva sussistenza o meno del suddetto rapporto di lavoro va compiuta, da parte del giudice di merito, tenendo conto del concreto atteggiarsi del rapporto e della eventualità che esso, nel corso del tempo, possa modificare la sua natura da autonomo a subordinato o viceversa cfr. Cass. n. 9043/2000 e n. 14417/2004, citate dalla stessa Corte territoriale nonché, più recentemente, nello stesso senso, Cass. n. 23615/2013 . 15. In ordine alla censura relativa all’applicazione della tutela reintegratoria nei confronti di un’organizzazione di tendenza quale un’associazione sindacale quinto motivo del ricorso principale , l’art. 4 della legge n. 108 del 1990, nel riconoscere alle cosiddette organizzazioni di tendenza l’inapplicabilità dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori, fa salva l’ipotesi regolata dall’art. 3 sull’estensione della tutela reale ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori ne consegue che, ove il licenziamento sia stato determinato da motivo di ritorsione o rappresaglia, va ordinata, anche nei confronti di dette associazioni, la reintegra del lavoratore, restando privo di rilievo il livello occupazionale dell’ente e la categoria di appartenenza del dipendente Cfr., proprio con riferimento al licenziamento di un dirigente sindacale, Cass. n 20500/2008 . Questa Corte ha espressamente affermato che il privilegio riconosciuto dalla norma nei confronti delle c.d. organizzazioni di tendenza consiste nel conservare la tutela meramente obbligatoria e ciò anche quando il superamento del livello occupazionale stabilito dall’art. 2 della legge n. 108 del 1990 comporterebbe l’applicazione della tutela reale a norma dell’art. 1, della stessa legge. Ma detta norma, che serve a regolare gli effetti di un normale licenziamento legittimo, nulla dice sul diverso problema del licenziamento discriminatorio, in ordine al quale l’art. 4 in ogni caso non trova applicazione. In effetti la L. n. 108, art. 4, inizia con le parole fermo restando quanto previsto dall’art. 3 , per proseguire con la indicazione che la L. n. 300 del 1970, art. 18, non si applica alle richiamate organizzazioni di tendenza orbene, se vuol darsi un senso all’incipit dell’art. 4 è evidente che la deroga prevista dall’art. 4 non riguarda i casi di quei licenziamenti considerati dal legislatore dal 1966 in poi particolarmente odiosi e per i quali la conseguenza è l’integrale applicazione dell’art. 18. La Corte territoriale ha accertato che il licenziamento del F. è stato determinato da un motivo discriminatorio rilevando tale natura dagli elementi probatori acquisiti, in particolare dai documenti acquisiti nella loro scansione temporale , dalla confessione stragiudiziale del segretario provinciale S. che ha riferito di aver proceduto al licenziamento del F. dietro indicazione proveniente dalla sede di XXXX del sindacato , dalle contraddizioni contenute nelle difese dell’associazione sindacale che ha negato l’affidamento di incarichi sindacali al F. e, dall’altra, ha riconosciuto allo stesso il ruolo di dirigente sindacale pagg. 19, 20 della sentenza . 17. In ordine alla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della pensione di anzianità ai fini della libera recedibilità dell’associazione dal rapporto di lavoro nonché, con riguardo al ricorso incidentale, al rigetto della domanda di risarcimento del danno per omessa contribuzione, va rilevato che delle questioni non vi è traccia nella sentenza impugnata, ne il ricorrente indica in alcun modo se, con quale atto e in che termini la questione stessa sia stata eventualmente riproposta in grado di appello. In tema questa Corte ha ripetutamente affermato che nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito, a meno che tali questioni o temi non abbiano formato oggetto di gravame o di tempestiva e rituale contestazione nel giudizio di appello v. Cass. 5-7-2002 n. 9812, Cass. 9-12-1999 n. 13819 . Nel contempo è stato anche precisato che nel caso in cui una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, alfine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, indicando altresì in quale atto del giudizio precedente io abbia fatto, cosi da permettere alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa v. Cass 27-8-2013 n. 12571 Cass 22-1-2013, n. 1435 Cass. 28-7-2008, n. 20518 Cass 15-2-2003 n. 2331, Cass. 10-7- 2001 n. 9336 . Peraltro per superare la presunzione di rinuncia e, quindi, la decadenza ex art. 346 c.p.c., è necessario che la parte vittoriosa in primo grado, che abbia però visto respingere taluna delle sue tesi od eccezioni, ovvero taluni dei suoi sistemi difensivi manifesti in maniera esplicita e precisa la propria volontà di riproporre la domanda o le eccezioni respinte v. fra le altre Cass. 17-12-1999 n. 14267, Cass. sez 1 20-72004 n. 13401 . Orbene nel caso in esame l’associazione sindacale lamenta la mancata valutazione del raggiungimento dei requisiti per la pensione di anzianità da parte del F. ai fini dell’applicazione del regime di recesso ad nutum ma nulla specifica in ordine all’allegazione in primo grado e alla riproposizione della relativa questione in appello. Del pari, con riguardo alla domanda di risarcimento del danno per omessa contribuzione da parte dell’UGL, il F. non indica se e in quale misura la questione è stata proposta in appello. 18. In realtà, non può sottacersi che le svolte censure si traducono in critiche ed obiezioni avverso la valutazione delle risultanze istruttorie quale operata dal giudice del merito nell’esercizio del potere di libero e prudente apprezzamento delle prove a lui demandato dall’art. 116 c.p.comma e si risolvono altresì nella prospettazione del risultato interpretativo degli elementi probatori acquisiti, ritenuto dal ricorrente corretto ed aderente alle suddette risultanze, con involgimento, così, di un sindacato nel merito della causa non consentito in sede di legittimità cfr. in motivazione, ex plurimis, Cass. 21 ottobre 2014 n. 22283 . Per consolidato orientamento di questa Corte, invero, tale sindacato è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione In termini, Cass. SS.UU. n. 24148/2013, Cass. SS.UU. 4 n. 26242/2014 . I ricorrenti, nella specie, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza di secondo grado, inammissibilmente perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità sollecitano a questa Corte una nuova valutazione di risultanze di fatto. La valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili , non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. 19. Non merita accoglimento, infine, il primo motivo di ricorso incidentale dovendosi stabilire, nel rito del lavoro, la questione di competenza territoriale con riguardo all’oggetto della domanda ed all’esposizione dei fatti posti a fondamento della stessa nel momento in cui si instaura il contraddittorio tra le parti, ed essendo previsti, dall’art. 413 c.p.c., tre fori speciali alternativi e concorrenti fra loro oltre ad un quarto avente carattere sussidiario lasciati alla scelta di chi propone l’azione, nel caso di specie del F. cfr. Cass. n. 13147/1999 . 20. Il quarto motivo del ricorso incidentale concernente l’annullamento della contribuzione figurativa da parte dell’Inps è inammissibile, concernendo un ente quello previdenziale estraneo al giudizio. 21. In conclusione, il ricorso principale ed il ricorso incidentale vanno rigettati. Le spese di lite sono compensate tra le parti in considerazione della reciproca soccombenza. 22. I ricorsi, principale e incidentale, sono stati notificati rispettivamente il 21.1.2014 e il 10.2.2014, dunque in data successiva a quella 31/1/2013 di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 , che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . Essendo il ricorso in questione avente natura chiaramente impugnatoria integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese di lite. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.