Lavoratori disabili: l’assunzione a termine deve essere giustificata

In caso di assunzione a tempo determinato di un lavoratore disabile ai sensi dell’art. 11 l. n. 68/1999 devono essere indicate nel contratto di lavoro le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzato o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine, come previsto dall’art. 11 d.lgs. n. 368/2001.

Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17867/16, depositata il 9 settembre. La vicenda. La Corte d’appello de L’Aquila rigettava l’appello con il quale un lavoratore disabile chiedeva la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro sottoscritto a seguito di convenzione stipulata dal datore di lavoro con la Provincia competente ai sensi dell’art. 11 l. n. 68/1999. La Corte escludeva detta normativa, introdotta dal legislatore a favore dell’inserimento lavorativo di soggetti disabili, dall’ambito di operatività del d.lgs. n. 368/2001 e riteneva dunque non necessaria l’indicazione delle ragioni che giustificavano l’assunzione a termine. Il lavoratore ricorre in Cassazione lamentando la violazione e l’erronea applicazione della normativa vigente, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Incentivi per l’inserimento di disabili. La Corte di Cassazione non condivide l’argomentazione del giudice di merito e coglie l’occasione per sottolineare che il d.lgs. n. 368/2001 non prevede alcuna deroga per i contratti sottoscritti attraverso convenzioni con enti pubblici a favore dell’assunzione di soggetti disabili. Nessun elemento letterale induce dunque a ritenere che il legislatore abbia inteso sottrarre tali fattispecie ai principi in materia di assunzione a termine. Il sistema di assunzione tramite convenzioni con enti pubblici prevede infatti altri forme di incentivo al reclutamento di personale disabile e non sussistono quindi fondati motivi per aggiungervi anche la sterilizzazione della disciplina dei contratti a termine. Solo avvallando questa interpretazione si evitano potenziali effetti discriminatori da parte del sistema di assunzioni delineato dalla l. n. 68/1999, come sembra invece trasparire dalla sentenza impugnata. Potenziali effetti discriminatori. L’interpretazione proposta dalla Corte territoriale andrebbe infatti a discriminare i lavoratori disabili rispetto agli altri lavoratori in quanto sarebbero privati della possibilità di far valere in giudizio la circostanza di essere stati assunti in assenza di giustificazioni circa l’assunzione a termine da parte del datore di lavoro, che potrebbe potenzialmente disporre, all’interno del proprio ciclo produttivo, alcuni posti di lavoro riservati stabilmente a lavoratori disabili godendo delle robuste facilitazioni previste dagli organi pubblici ed inibendo al contempo l’accesso a posizioni stabili e durature, finendo per snaturare la ratio legis che ispira il sistema di assunzioni a favore dei lavoratori disabili. In conclusione, i Giudici di legittimità accolgono il ricorso e cassano la sentenza con rinvio al giudice di merito che dovrà attenersi al principio per cui in caso di assunzione a tempo determinato di un lavoratore disabile ex art. 11 l. n. 68/1999 è richiesta l’indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine come previsto dal regime generale di cui al d.lgs. n. 368/2001 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 maggio – 9 settembre 2016, n. 17867 Presidente Nobile – Relatore Bronzini Svolgimento del processo La Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 6.6.2013 rigettava l’appello proposto da D.N.C. avverso la sentenza di primo grado che aveva a sua volta rigettato la domanda di declaratoria di nullità di apposizione del termine al contratto stipulato per 12 mesi con la Honeywell Garrett s.p.a. a seguito di convenzione stipulata dalla società con la Provincia di Chieti ex art. 11 della legge n. 68/1999. La Corte territoriale osservava che la legge del 99 prevedeva una serie di facilitazioni per l’inserimento di disabili nel mondo del lavoro e che la sottoscrizione di contratti a termine era uno degli strumenti per adempiere alla finalità della legge come previsto all’art. 11. Pertanto la legge del 99, trattandosi di legge speciale rispetto alla normativa dei 2001, non rientrava nell’ambito di applicazione di quest’ultima come stabilito anche dalla Suprema corte Cass. n. 13285/2010 . Non occorreva quindi indicare le ragioni che giustificavano l’assunzione a termine la durata di 12 mesi era conseguente all’assunzione attraverso convenzione stipulata con il Comune di Chieti di cui sin dall’origine il lavoratore era a conoscenza e il lavoratore aveva prestato di fatto consenso alla stipula a termine del rapporto. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D.N. con tre motivi resiste controparte con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione ed errata applicazione della premessa di cui all’art. 1 D.Lgs n. 368/2001 nel combinato disposto con il successivo art. 1 primo e secondo comma. Nel contratto di assunzione non erano state specificate le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che sole potevano giustificare il legittimo ricorso a tempo determinato. Non era applicabile alle fattispecie il precedente di cui alla sentenza n. 13285/2010 della Corte di cassazione che si riferiva ad un disabile psichico, situazione ben diversa da quella dell’attuale ricorrente che era un metalmeccanico adibibile anche alla catena di montaggio di un normale ciclo produttivo. Con il secondo motivo si allega l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Il lavoratore non aveva prestato il suo consenso all’assunzione a tempo determinato, come previsto dalla legge del 1999. Con il terzo motivo si allega l’omessa, Insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Dovevano esservi ai sensi della Convenzione 7 assunzioni a tempo determinato e tali assunzioni dovevano essere effettive non derivanti dal previo e contestuale mancato rinnovo del contratto già siglato con l’assunzione di altro lavoratore disabile diversamente opinando risulterebbe violato il principio di non discriminazione per ragioni di disabilità dl cui alla direttiva 78/2000/Ce, anche alla luce da quanto stabilito anche in relazione alla legge n. 68/99 dalla Corte di giustizia con sentenza del 4.7.2013, C-312/11. Il primo ed il terzo motivo del ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, appaiono fondati. La Corte di appello ha ritenuto non applicabile alla fattispecie il D. Lgs n. 368/01, segnatamente per l’obbligo di indicare nel contratto di assunzione le ragioni di natura tecnica, organizzativa,produttiva o sostitutiva che potevano giustificare l’assunzione a termine, In quanto la legge del 99 perseguirebbe, attraverso una normativa speciale, obiettivi di integrazione e di reinserimento delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso specifiche convenzioni tra gli organi pubblici deputati e le imprese come normativa speciale questa si sottrarrebbe a quella di ordine generale di cui al D.Lgs. n. 368/2001. Tale tesi non può essere condivisa infatti la direttiva n. 99/70/CE prevede alla clausola n. 2 lettera b che si sottraggono all’applicazione delle norme della direttiva i rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici, il che non può dirsi sia avvenuto in concreto nella fattispecie in esame posto che risulta solo che il ricorrente, che era un metalmeccanico, sia stato assunto a termine in relazione alla convenzione stipulata tra il Comune di Chieti e la società resistente, ma non emerge né dalla sentenza impugnata né dalla difesa della società in questa sede che sia stato sottoposto ad alcun programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale che possa connotare in qualche modo la mera assunzione per un certo periodo, circostanza quest’ultima pacifica . Peraltro va anche osservato come nel D. Lgs n. 368/2001, come afferma anche la sentenza impugnata, non è prevista alcuna esclusione per i rapporti come quelli in esame sottoscritti attraverso convenzioni tra organi pubblici deputati ed imprese in favore di disabili. Non vi è, peraltro, alcun elemento di natura letterale per ritenere che il legislatore abbia inteso con la legge del 1999 derogare ai principi in materia di assunzione a termine posto che ci si limita al secondo comma dell’art. art. 11 della legge n. 68/99 a prevedere che l’assunzione dei soggetti disabili possa avvenire anche con contratti a termine, che quindi rientra tra gli strumenti che le convenzioni possono utilizzare per il reclutamento dei lavoratori disabili. Non sussistono ragioni di sorta per ritenere che il legislatore nel 1999 abbia voluto esentare l’assunzione tramite convenzione a termine dal rispetto delle regole di ordine generale di reclutamento attraverso contratti a tempo, che all’epoca erano più stringenti di quelle adottate poi nel 2001 e non, come pare più coerente con il sibillino riferimento ai contratti a termine, che si sia voluto autorizzare la stipula di contratti a termine nel rispetto dei principi e della disciplina vigente pro tempore che nel corso del tempo è divenuta addirittura più favorevole, prevedendo anche per questa forma di reclutamento incentivi di natura fiscale. Va,infatti, sottolineato che il sistema di assunzioni attraverso convenzioni prevede robusti incentivi al reclutamento di personale disabile cfr. art. 13 e che pertanto non sussistono motivi per ritenere che a tali agevolazioni, di per sé idonee a promuovere l’occupazione dei disabili, si debba anche aggiungere la sterilizzazione della normativa che disciplina il ricorso con il contratto a termine. Tale opzione normativa appare peraltro doverosa per evitare effetti discriminatori che porrebbe il sistema delle assunzioni ex legge n. 68/99 in contrasto con la direttiva 2000/78/Ce e dell’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che vieta ogni forma di discriminazione in relazione all’handicap , certamente applicabile alla fattispecie -alla luce dell’art. 51 della stessa Carta nella quale è certo il collegamento con il diritto dell’Unione, vertendosi in materia di contratti a termine. La direttiva citata del 2000 esclude ogni discriminazione in riferimento alle condizioni di accesso all’occupazione art. 3 e le soluzioni ragionevoli per i disabili di cui parla l’art. 5 si riferiscono ai provvedimenti che i datori di lavoro devono adottare per rispettare il principio di parità di trattamento e, quindi, certamente, non possono legittimare l’esclusione di tali lavoratori dal far valere in via giudiziaria i criteri generali di legge per l’assunzione a termine. I lavoratori disabili, infatti, se si dovesse seguire la strada tratteggiata dalla sentenza impugnata, verrebbero ad essere discriminati rispetto agli altri lavoratori non potendo far valere in giudizio la circostanza di essere stati assunti senza l’allegazione da parte del datore di lavoro delle ragioni che sole giustificano l’assunzione a termine in virtù del D. Lgs. n. 368/2001 attuativo della direttiva del 1999. Si consentirebbe quindi al datore di lavoro di predisporre all’interno del ciclo produttivo ordinario alcuni posti di lavoro riservati in via stabile ai disabili, godendo anche di robuste facilitazioni da parte degli organi pubblici, ed inibendo agli stessi di fatto l’accesso a posti di lavoro stabili e duraturi, come sembra emergere proprio dal caso qui in esame nel quale la società intimata ha dedotto, senza infingimenti, che il mancato rinnovo del contratto a termine del ricorrente era dovuto alla necessità di assumere altro personale disabile, sempre attraverso convenzione, facendo così immaginare una situazione nella quale, per determinati posti di lavoro, si scelgono sistematicamente lavoratori disabili assunti a termine che vengono sostituiti da altri lavoratori sempre disabili e sempre a termine Il meccanismo legale di agevolazione finisce così, in una perversa forma di eterogenesi dei fini, non per inserire stabilmente questi soggetti deboli nel mondo del lavoro ma per perpetrarne la precarietà, per giunta finanziata con denaro pubblico. Tale soluzione appare inoltre l’unica coerente con il diritto internazionale e cioè con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che proibisce ogni forma di discriminazione al suo art. 5, Convenzione ratificata dall’Italia con legge n. 18/2009 questa Corte ha già sottolineato che l’importanza della Convenzione N.U. del 2006 ha peraltro indotto l’Unione a ratificarla con decisione 2010/48/CE con la conseguenza che per la Corte di giustizia sentenza del 18.12.2014, C 354/13 le stesse direttive normative antidiscriminatorie vanno interpretate alla luce della Convenzione, si da confermare il particolare valore che la tutela delle persone portatrici di handicap assume nell’ordinamento sovranazionale cfr. Cass. n. 2210/2016 . Pertanto l’opzione interpretativa qui accolta appare coerente con la ratifica della Convenzione ONU del 2006 ed anche con la più recente giurisprudenza della Corte di giustizia non risulta invece pertinente la sentenza richiamata dalla parte ricorrente della Corte di giustizia che ha solo giudicato, su ricorso della Commissione Europea, carente la normativa italiana sulla disabilità . Questo Collegio non condivide pertanto il precedente di questa Corte di cui alla sentenza n. 13285/2010 che ha ritenuto che la normativa del 1999 avesse carattere di specialità rispetto al D.Lgs. n. 368/2001 e che quindi il datore di lavoro non fosse onerato di indicare le ragioni tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, decisione che ha risolto la questione senza inquadrarla nel diritto dell’Unione direttiva antidiscriminatoria 78/2000/CE, nonché art. 21 della Carta dei diritti divenuto obbligatoria il 1.12.2009 con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona ed anche nel diritto internazionale già peraltro recepito dall’Italia le connessioni con il diritto sovranazionale e con quello internazionale inducono a diverse conclusioni, così come una ricostruzione anche delle fonti di disciplina alla luce del tenore letterale delle norme invocate. Si devono quindi accogliere il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo con il quale si allega che sarebbero stati in realtà violati anche gli obblighi assunti in convezione dall’impresa resistente. Si deve conseguentemente cassare la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila che si atterrà al seguente principio di diritto in caso di assunzione a tempo determinato di un lavoratore disabile ex art. 11 L. n. 68/1999 è richiesta l’indicazione nel contratto di lavoro delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano l’apposizione del termine come previsto dal regime generale di cui al D. Lgs. n. 368/2001 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila anche in ordine alle spese.