Il Giudice di Pace non è dipendente del Ministero

La categoria dei funzionari onorari, alla quale appartiene il Giudice di Pace, ricorre quando esiste un rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzione pubbliche, ma senza la presenza degli elementi che caratterizzano l’impiego pubblico.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17862/16, depositata il 9 settembre. Giudice di pace figura ibrida. Il ricorrente in Cassazione aveva già chiesto ai giudici di merito di accertare il suo diritto di fruire di assistenza e previdenza in relazione all’attività di Giudice di Pace, attività, che, sempre secondo il ricorrente, era equiparabile a quella prestata dal lavoratore subordinato o, quantomeno, parasubordinato. I giudici dei primi due gradi di giudizio avevano rigettato le istanze del Giudice di Pace, ritenendo tale attività prestata in qualità di magistrato onorario e, quindi, non sovrapponibile a quella svolta da un lavoratore subordinato o da un magistrato ordinario. Dipendenti pubblici e funzionari onorari trova le differenze. La Corte di Cassazione conferma l’orientamento dei giudici di merito il Giudice di Pace non può essere considerato lavoratore subordinato o parasubordinato, poiché è un funzionario onorario. In particolare, la categoria dei funzionari onorari prevede l’esercizio volontario di una funzione pubblica, senza gli elementi che caratterizzano il pubblico impiego. Proprio l’assenza di elementi che caratterizzano l’impiego pubblico sarebbe, secondo il ricorrente, il grave vulnus subito dalla categoria. Invero la Suprema Corte specifica puntualmente le differenze tra i funzionari propriamente pubblici ed i funzionari onorari che esercitano volontariamente funzioni pubbliche. - Nell’impiego pubblico, la scelta del funzionario avviene per concorso pubblico ed è, pertanto, una decisione di carattere tecnico-amministrativo diversamente per le funzioni onorarie la scelta del funzionario ha natura politico-discrezionale. - L’inserimento nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione del funzionario pubblico è un inserimento strutturale e professionale, mentre per il funzionario onorario è meramente funzionale. - Nel pubblico impiego, lo svolgimento del rapporto è regolato da apposito statuto, mentre l’esercizio delle funzioni onorarie è privo di una specifica disciplina, che, solitamente, è indicata e limitata nell’atto di conferimento e nella natura dell’incarico. - Nell’impiego pubblico, il compenso consiste in una vera e propria retribuzione, inerente al rapporto sinallagmatico tra le parti, mentre nel caso del funzionario onorario ha carattere meramente indennitario, strutturato in un’ottica di ristoro gli oneri sostenuti. - La durata del rapporto di lavoro è tendenzialmente a tempo indeterminato per i funzionari pubblici, mentre può essere facilmente temporanea per i funzionari onorari. Secondo la Corte di Cassazione, l’elencate differenze giustificherebbero la diversità di trattamento ed inquadramento tra il funzionario pubblico e nello specifico, il magistrato ordinario ed il funzionario onorario tra i quali, il Giudice di Pace . Ne consegue che sia manifestamente infondata la questione di costituzionalità, sollevata dal ricorrente in relazione agli artt. 3 e 38 Cost. l’attività del Giudice di Pace non è in alcun modo equiparabile a quella di un pubblico dipendente o a quella di un lavoratore parasubordinato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 maggio – 9 settembre 2016, numero 17862 Presidente Macioce – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Ancona, confermando la sentenza dei Tribunale di Ancona, rigettava la domanda di L.B., proposta nei confronti dei Ministero della Giustizia, che chiedeva l'accertamento dei suo diritto o fruire di assistenza e previdenza in relazione all'attività di giudice di pace dallo stesso svolto sul presupposto delle equiparabilità di siffatta attività a quella prestata dal lavoratore subordinato o quantomeno para subordinato. A base dei decisum la Corte territoriale poneva il fondante rilievo secondo il quale l'attività dedotta in giudizio era attività prestata nella qualità di magistrato onorario e, quindi, non sovrapponibile a quella svolta da un lavoratore subordinato o da un magistrato ordinario. Del resto, sottolineava la predetta Corte la magistratura onoraria era prevista direttamente dalla Costituzione. Avverso questa sentenza il L. ricorre in cassazione sulla base di tre censure, illustrate da memoria, cui resiste con controricorso il Ministero intimato che propone a sua volta impugnazione incidentale assistita da un'unica censura. Motivi della decisione Con il primo motivo dei ricorso principale il L., denunciando vizio di motivazione, sostiene che la Corte territoriale non ha sufficientemente considerato che l'oggetto della sua pretesa era basato sulla incongruità che la sua attività di giudice di pace, ancorché qualificabile quale quella prestata da un lavoratore subordinato, non aveva copertura previdenziale assicurativa. Con la seconda censura del ricorso principale il L., denunciando violazione dell'articolo 112 cpc, assume che la Corte territoriale non si è pronunciata sulla sollevata questione di legittimità costituzionale delle norme istitutive dei giudice di pace. Con la terza critica dei ricorso principale il L., prospettando violazione di legge ex articolo 360 numero 3 cpc, deduce contrasto tra le norme di legge che disciplinano la posizione del giudice di pace e gli artt. 3 e 38 della Costituzione sul presupposto della piena equiparabilità dell'attività svolta nell'esercizio delle funzioni di giudice di pace a quella di un lavoratore subordinato. I motivi che in quanto strettamente connessi dal punto di vista logico giuridico vanno trattati unitariamente, non possono trovare accoglimento. Mette conto rilevare` innanzitutto, sotto il profilo dei dedotto vizio di motivazione che la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 dei d.l. 22 giugno 2012, numero 83, cony. in legge 7 agosto 2012, numero 134, applicabile nella specie, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale dei sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, come sottolineato dalle Sezioni Unite nella sentenza numero 8053 del 2014, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza dei semplice difetto di sufficienza della motivazione. Nella specie non è dedotta una anamolia motivazionale nel senso sopra indicato, bensì una non soddisfacente considerazione delle ragioni giuridiche poste a base del reclamato diritto alla copertura previdenziale ed assistenziale. Quanto alla allegata violazione dell'articolo 112 cpc in ragione dell'omessa pronuncia da parte della Corte del merito relativamente all'eccezione d'illegittimità costituzionale delle norme istitutive del giudice di pace in relazione agli artt. 3 e 38 della Cost., va sottolineato che costituisce principio di questa Corte -- che trova riscontro nella giurisprudenza della Corte costituzionale - quello secondo cui, poiché il vigente sistema di sindacato incidentale di costituzionalità attribuisce a qualunque autorità giurisdizionale , innanzi a cui sia sollevata la relativa eccezione, il potere di respingerla per manifesta irrilevanza o infondatezza , è inammissibile il ricorso per cassazione avverso una sentenza che sia diretto esclusivamente a censurare il concreto esercizio di un siffatto potere da parte del Giudice preso in considerazione vedi, per tutte Cass. SU 29 marzo 2013 numero 7929 Corte cost. sentenza numero 263 del 1994 e , da ultimo, sentenza numero 1 del 2014 . Né può sottacersi che ai sensi dell'articolo 24, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 numero 87, l'eccezione di incostituzionalità può essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo, l'eventuale erroneità della valutazione del giudice che, nel provvedimento impugnato, la abbia ritenuta manifestamente irrilevante o infondata, è dei tutto ininfluente m alla luce della possibilità che il giudice del gravame - ivi compresa la Corte di cassazione - sia sollecitato a compiere una nuova autonoma delibazione della questione, in ipotesi difforme da quella effettuata dal giudice dei precedente grado. Non è, infine, fondata la sollevata questione di legittimità costituzionalità. La giurisprudenza di questa Corte, invero, ha da tempo chiarito che nei confronti dei giudici di pace s'instaura un rapporto di servizio non coincidente con quello di pubblico impiego. In particolare si è osservato che la categoria dei funzionari onorari, della quale fa parte il giudice di pace v., al riguardo, l'articolo 1, secondo comma, della legge istitutrice 21 novembre 1991 numero 374, che parla di magistrato onorario ricorre quando esiste un r rapporto di servizio volontario, con attribuzione di funzioni pubbliche, ma senza la presenza degli elementi che caratterizzano l'impiego pubblico v., per l'enunciazione di tali concetti e come espressione di un indirizzo risalente nel tempo, Cass. Sez. Unumero 8 gennaio 1975 numero 27, Cass. Sez. Unumero 7 ottobre 1982 numero 5129, Cass. Sez. Unumero 20 marzo 1985 numero 2033, Cass. Sez. Unumero 14 gennaio 1992 numero 363 e Cass. Sez. Unumero 17 febbraio 1994 numero 1556, tutte in motivazione e i due rapporti si distinguono,come rimarcato da Cass. Sez. Unumero 9 novembre 1998 numero 11272, in base ai seguenti elementi 1 la scelta del funzionario, che nell'impiego pubblico viene effettuata mediante procedure concorsuali ed è, quindi, di carattere tecnico amministrativo, mentre per le funzioni onorarie è di natura politico-discrezionale 2 l'inserimento nell'apparato organizzativo della pubblica amministrazione, che è strutturale e professionale per il pubblico impiegato e meramente funzionale per il funzionario onorario 3 lo svolgimento dei rapporto, che nel pubblico impiego è regolato da un apposito statuto, mentre nell'esercizio di funzioni onorarie è privo di una specifica disciplina, quest'ultima potendo essere individuata unicamente nell'atto di conferimento dell'incarico e nella natura di tale incarico 4 il compenso, che consiste in una vera e propria retribuzione, inerente al rapporto sinallagmatico costituito fra le parti, con riferimento al pubblico impiegato e che invece, riguardo al funzionario onorario, ha carattere meramente indennitario e, in senso lato, di ristoro degli oneri sostenuti 5 la durata del rapporto che, di norma, è a tempo indeterminato nel pubblico impiego e a termine anche se vi è la possibilità dei rinnovo dell'incarico quanto al funzionario onorario V. per ulteriori riferimenti Cass. 3 maggio 2005 numero 9155 e Cass.4 novembre 2015 numero 22569 che hanno escluso l' inquadrabilita della figura giuridica dei giudice di pace in quella della parasubordinazione, delineata dall'articolo 409, numero 3, cDc Tanto comporta che gli elementi di fatto e di diritto dedotti non sono idonei a far ritenere che nei confronti dei giudici di pace si instauri un rapporto di servizio coincidente con quello di pubblico impiego ovvero di parasubordinazione. Conseguentemente è da ritenersi manifestamente infondata la sollevata questione di costituzionalità in relazione agli articolo 3 e 38 della Cost. per non essere in alcun modo equiparabile l'attività svolta dal giudice di pace a quella di un pubblico dipendente ovvero a quella svolta da un lavoratore parasubordinato. II ricorso incidentale con il quale si deduce violazione degli artt. 91 e 92 cpc per tautologica motivazione in ordine alla compensazione delle spese del giudizio di appello è fondato. Invero la Corte del merito si è limitata, sul punto,a rilevare la buona fede del ricorrente e la sussistenza di gravi e rilevanti motivi per la compensazione senza null'altro specificare nonostante la norma di cui all'articolo 91 cpc, nella formulazione applicabile ratione temporís, richieda una esplicita motivazione che nella specie non è deducibile neanche dal contesto della complessiva motivazione. Pertanto la sentenza impugnata va sul punto cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatte va decisa nel merito con la condanna di L.B. al pagamento delle spese del giudizio di appello liquidate in E. 2000.00 per compensi oltre spese prenotate a debito. In conclusione il ricorso principale va rigettato e quello incidentale va accolto. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei ricorrente principale per il I principio della soccombenza. Si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'articolo 13, comma 1 quater, del DPR numero 115 del 2002 introdotto dail'articolo 1, comma 17, della L. numero 228 dei 2012 per il versamento da parte dei ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale, cassa in relazione all'accoglimento del ricorso incidentale la sentenza impugnata e decidendo nel merito condanna L.B. al pagamento delle spese del giudizio di appello liquidate in E. 2000.00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese dei giudizio di legittimità liquidate in E. 3000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del DPR numero 115 del 2002 introdotto dall'articolo 1, comma 17, della L. numero 228 dei 2012 si dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.