Perseguitato dal fascismo, nessun diritto alla contribuzione figurativa

Accolta la visione adottata dall’INPS. Confermato il no alla richiesta di un uomo, classe 1926, riconosciuto come perseguitato politico” durante il fascismo. Decisivo il fatto che egli, all’epoca, non fosse titolare di posizione assicurativa e non avesse nemmeno l’età minima per accedere al mondo del lavoro.

Perseguitato politico”. Riconosciuti ufficialmente i soprusi subiti da un uomo, vittima, da giovanissimo, a Roma del regime fascista. Ciò nonostante, egli non può pretendere il beneficio della contribuzione figurativa” prevista dalla legge 96 del 1955 a favore di persone sottoposte a persecuzioni politiche o razziali” Cassazione, sentenza n. 15633, sezione Lavoro, depositata il 27 luglio 2016 . Lavoro. Vittoria in Cassazione per l’‘Istituto nazionale di previdenza sociale’. I legali son riusciti a vedere riconosciuto il diritto dell’INPS a negare all’uomo – classe 1926 – la contribuzione figurativa prevista per i soggetti sottoposti a persecuzioni politiche o razziali . Irrilevante il fatto che l’uomo abbia ottenuto l’attestato di perseguitato politico all’epoca del regime fascista. Decisiva, invece, la constatazione che egli, nel periodo compreso tra la fine degli anni ‘30 e la metà degli anni ’40, non era titolare di posizione assicurativa, non avendo nemmeno l’età minima – 14 anni – per accedere al mondo del lavoro . I Magistrati del ‘Palazzaccio’ ricordano che la possibilità, prevista dalla normativa, di riconoscimento di una contribuzione figurativa presuppone la preesistenza di un rapporto di lavoro, e, conseguentemente, di un rapporto assicurativo, che sia stato interrotto da atti persecutori . Difatti, l’istituto della contribuzione figurativa, introdotto dalla legge 96 del 1955, persegue chiaramente lo scopo di sostituire, in termini strettamente funzionali, il mancato versamento, causato appunto dalle persecuzioni . Ciò rende non plausibile la visione proposta dall’uomo, e cioè che il beneficio previsto dalla normativa avrebbe carattere premiale e dovrebbe spettare indipendentemente dalla preesistenza di un rapporto assicurativo .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 marzo – 27 luglio 2016, n. 15633 Presidente Venuti – Relatore Berrino Svolgimento dei processo Sì controverte del diritto di A.F. al conseguimento dei benefici della contribuzione figurativa di cui alla legge n. 96/1955 a favore di soggetti sottoposti a persecuzioni politiche o razziali. Con sentenza del 3/3 - 30/12/2009 la Corte d'appello di Roma, riformando la decisione di prime cure, ha riconosciuto tale diritto all'A. dopo aver rilevato che l'attestazione di cui all'art. 2 della legge n. 932/1980, della quale il medesimo era in possesso, conteneva l'accertamento della sua condizione di cittadino italiano assoggettato a persecuzione ad opera dei regime fascista per la promulgazione in Italia di leggi razziali. Per la cassazione della sentenza propone ricorso l'Inps con un solo motivo. Resiste con controricorso A.F Motivi della decisione Con un solo motivo l'istìtuto ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 5 della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni, nonché dell'art. 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 932, sostenendo che in relazione all'epoca per la quale era stato riconosciuto il beneficio in questione l'A. non era titolare di posizione assicurativa, non avendo nemmeno l'età minima per accedere al mondo del lavoro. Al riguardo l'ente previdenziale fa osservare che l'A. era nato il 18 giugno del 1926 e che all'epoca dei fatti persecutori per i quali i giudici del merito gli avevano riconosciuto il beneficio della contribuzione figurativa, vale a dire dal 7 luglio 1938 al 25 aprile 1945, il medesimo aveva solo 12 anni e non era titolare di posizione assicurativa, né in quel periodo, né nel 1940, anno di raggiungimento dell'età lavorativa fissata a 14 anni. Nel resistere l'A. obietta, da parte sua, che a nulla rilevava la mancanza di una preesistente posizione assicurativa o di lavoro, data la natura premiale del beneficio in esame. II motivo è fondato. Invero, la possibilità, prevista dalla normativa richiamata, di riconoscimento di una contribuzione figurativa a favore dei soggetti sottoposti a persecuzioni politiche o razziali, presuppone la preesistenza di un rapporto di lavoro e, conseguentemente, di un rapporto assicurativo, che sia stato all'epoca interrotto da atti persecutori . Infatti l'istituto della contribuzione figurativa introdotto dalla legge persegue chiaramente lo scopo - come è dato desumere dal dato letterale della sua formulazione e della sua ratio - di sostituire, in termini strettamente funzionali, il mancato versamento causato appunto dalle persecuzioni e non presenta, in realtà, il carattere premiale prospettato dal controricorrente, secondo il quale il beneficio dovrebbe spettar iindipendentemente dalla preesistenza di un rapporto assicurativo. Quanto finora chiarito lo si desume, oltre che dalle finalità perseguite, anche dalla chiara formulazione dell'art. 5 della legge dei 10 marzo 1955 n. 96 in tema di provvedimenti a favore dei perseguitati politici antifascisti o razziali e dei loro familiari superstiti - come sostituito dall'art. 2 Legge 22.12.1980 n. 932 che così dispone . ai fini dei conseguimento delle prestazioni inerenti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, sono considerati utili i periodi scoperti da contribuzione a partire dal primo atto persecutorio subito nelle circostanze di cui all'art. 1 delle presente legge e fino al 25 aprile 1945, dai cittadini italiani che possono fare valere una posizione assicurativa nell'assicurazione predetta o periodi di lavoro assoggettabili a contribuzione dell'assicurazione stessa, ai sensi delle vigenti norme di legge . . Non senza ricordare il testo originario dell'art. 5 della legge citata n. 96/1955 che faceva esplicito riferimento ai . versamenti contributivi effettuati . anteriormente all'imputazione o alla condanna - ai fini del riconoscimento dell'utilità del periodo di persecuzione politica o razziale. In tal senso si è già espressa in passato questa Corte Cass. Sez. Lav. n. 3690 del 25/3/1992 affermando che il beneficio dell'accredito dei contributi figurativi, previsto dall'art. 5 della legge n. 96 del 1955 e successive modificazioni a favore dei perseguitati politici antifascisti e razziali e dei loro superstiti, postula la preesistenza di un rapporto assicurativo che sia stato interrotto all'epoca dagli atti persecutori. Si è, altresì, precisato Cass. Sez. Lav. n. 12227 del 29/12/1990 che il beneficio dell'accredito dei contributi figurativi previsto dall'art. 5 della legge n. 96 del 1955 e successive modificazioni in particolare, art. 2 legge 22 dicembre 1980 n. 932 non è applicabile ai lavoratori autonomi ma soltanto ai lavoratori subordinati come ritenuto anche dalla Corte costituzionale, che, con ordinanza n. 357 del 1988, ha dichiarato manifestamente infondata la questione d'incostituzionalità per disparità di trattamento , tenuto conto che al momento dell'entrata in vigore della legge n. 96 dei 1955 l'Assicurazione generale obbligatoria i.V.S. era prevista solo per i lavoratori subordinati e che la successiva formulazione del citato art. 5 non ha comportato l'ampliamento dell'originaria portata dei predetto beneficio, la cui limitazione ai lavoratori subordinati si desume anche dalla previsione - ad opera della legge n. 1424 dei 1965 interpretativa dell'art. 3 della legge n. 284 del 1961 - della commisurazione dei contributi figurativi accreditabili alla retribuzione della categoria e della qualifica professionale dei lavoratori perseguitati. Pertanto, il ricorso va accolto, non essendo utile, ai fini dei conseguimento del beneficio in esame, il possesso da parte dell'A. dei solo attestato di perseguitato politico e non rivestendo lo stesso beneficio semplice carattere premiale, come infondatamente sostenuto dal controricorrente, per le ragioni in precedenza esposte. Conseguentemente l'impugnata sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2°, cod. proc. civ., col rigetto della domanda di A.F Motivi di equità dovuti al diverso esito dei giudizi di merito ed alla particolarità della questione trattata inducono questa Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le spese dei primi due gradi di giudizio. Le spese dei presente giudizio seguono, invece, la soccombenza del controricorrente e vanno liquidate come da dispositivo a suo carico. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dei doppio grado del giudizio di merito e condanna A.F. al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 3100,00, di cui € 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.