La liquidazione in via equitativa del danno da demansionamento

In tema di dequalificazione professionale, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in Cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l’esistenza del relativo danno, di natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico – giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14204/16, depositata il 12 luglio. Il caso. Il Tribunale di Perugia dichiarava l’illegittimità del trasferimento di un dipendente bancario, quadro direttivo di primo livello, dalla filiale di appartenenza ad altra nonché il suo demansionamento nella detta filiale essendovi stato adibito – dopo aver in precedenza svolto le mansioni di direttore – a svolgere mansioni di cassiere. Su tali presupposti il Tribunale di Perugia condannava l’istituto di credito al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa. La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava l’illegittimità della condotta datoriale mentre rigettava la domanda risarcitoria per difetto di allegazione. Con ricorso per cassazione il lavoratore ha lamentato che la Corte d’appello avrebbe dovuto liquidare il danno alla professionalità alla stregua di presunzioni, essendo stati ritualmente allegati tutti i fatti natura, durata del demansionamento, gravità dello stesso, conoscibilità dell’evento esterno, perdita di professionalità . La liquidazione in via equitativa del danno da demansionamento. La Suprema Corte ha accolto la domanda del lavoratore e ha rinviato alla Corte territoriale per la liquidazione del danno. La Corte d’appello di Perugia ha formato il proprio convincimento circa il difetto di allegazione sulla sentenza delle Sezioni Unite n. 6572/2006 che ha affermato il principio secondo il quale, per potersi procedere alla liquidazione del danno, anche alla professionalità, derivante dall’inadempimento datoriale, vi deve essere un’allegazione specifica da parte del danneggiato, esclusa nel caso di specie. Di contrario avviso è la Corte di Cassazione che, richiamata la sentenza Sezioni Unite n. 4063/2010 ha ricordato che nell’ipotesi di demansionamento, il danno non patrimoniale è risarcibile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti del lavoratore che siano oggetto di tutela costituzionale, in rapporto alla persistenza del comportamento lesivo, pure in assenza di intenti discriminatori o persecutori idonei a qualificarlo come mobbing, alla durata e reiterazione di situazioni di disagio professionale e personale del lavoratore, nonché all’inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del lavoratore. Pertanto, premesso che grava sul lavoratore l’indicazione degli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità dell’esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione, nel caso in esame il ricorrente ha sviluppato tali allegazioni fattuali, essendo gli stessi desumibili dall’impostazione del ricorso e dalla ricostruzione dei fatti, apparendo del tutto irrilevante che le medesime circostanze non abbiano trovato nel ricorso un’esposizione specifica sul piano della richiesta del risarcimento del danno, che il Giudice doveva liquidare in via equitativa sulla base degli elementi obiettivamente risultanti dal ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 aprile – 12 luglio 2016, n. 14204 Presidente Nobile – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Il Tribunale di Perugia dichiarava con sentenza del 4.2.2011 l'illegittimità del trasferimento disposto dalla Cassa di Risparmio di Perugia nei confronti di T.A., quadro direttivo di primo livello, presso la filiale di Tavernelle nonché il suo demansionamento nella detta filiale essendo stato adibito dopo aver svolto in precedenza le mansioni di titolare della filiale di Pozzano Umbro a cassiere con condanna al risarcimento del danno quantificato nella misura del 30% della retribuzione per il periodo di demansionamento e così complessivamente quantificato in euro 140.000,00 euro. La Corte di appello con sentenza del 18.9.2012 accoglieva in parte l'appello di Unicredit che aveva incorporato la Cassa In quanto confermava le statuizioni concernenti l'illegittimità del disposto trasferimento nonché l'avvenuto demansionamento posto che le mansioni di cassiere erano Incompatibili con quelle da ultimo svolte prima del trasferimento che implicavano le titolarità di una filiale mentre rigettava la domanda risarcitoria per difetto di allegazione. Per la cassazione dl tale decisione propone ricorso il T. con due motivi resiste controparte con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria Illustrativa ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 Cost., degli artt. 2103, 2727 ss c.c., dell'art. 1218, dell'art. 1226 c.c., degli artt. 2059, 2087, 115, 432 c.p.c. il Giudice avrebbe dovuto, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, liquidare il danno alla professionalità alla stregua di presunzioni essendo tutti i fatti stati ritualmente allegati natura, durata del demansionamento, gravità dello stesso, conoscibilità dell'evento all'esterno, perdita di professionalità. Il motivo appare fondato e pertanto va accolto. Va premesso che ormai si è formato il giudicato in ordine all'avvenuta dequalificazione dell'attuale parte ricorrente e si discute esclusivamente in ordine al denegato risarcimento del danno da demansionamento che la Corte di appello ha escluso richiamando la nota sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 6572/2006 che ha affermato il principio per cui per la liquidazione del danno, anche alla professionalità derivante dall'inadempimento datoriale vi deve essere una allegazione specifica da parte del danneggiato, esclusa nel caso di specie. Tuttavia non sembra al Collegio che i principi affermati da questa Corte nel 2006 portino al rigetto della domanda va sul punto ricordato quanto affermato da questa Corte nel 2010 sempre a sezioni Unite secondo cui nell'ipotesi di demansionamento, il danno non patrimoniale è risarcibile ogni qual volta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti del lavoratore che siano oggetto di tutela costituzionale, in rapporto alla persistenza del comportamento lesivo pure In mancanza di intenti discriminatori o persecutori idonei a qualificarlo come mobbing , alla durata e reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale del dipendente, nonché all'inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del lavoratore. Nella specie, relativa a dipendente del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale dapprima investito della reggenza ad interim di una sezione circoscrizionale dell'ufficio del lavoro e poi trasferito alla direzione provinciale con mansioni deteriori quali l'informazione al pubblico e la protocollazione della corrispondenza, la S.C., in applicazione del principio, ha cassato la decisione di merito, che aveva liquidato il danno professionale in una misura poco più che simbolica Cass. n. 4063/2010 ed ancora quanto affermato da questa Corte con sentenza n. 19778/2014 per cui In tema di dequalificazione professionale, il giudice del merito, con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato, può desumere l'esistenza del relativo danno, di natura patrimoniale e il cui onere di allegazione incombe sul lavoratore, determinandone anche l'entità in via equitativa, con processo logico giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto Nella specie, la S.C. ha qualificato in termini di demansionamento, fonte di danno risarcibile, l'assegnazione, ad un dirigente medico, del solo incarico di responsabile del progetto di informatizzazione del pronto soccorso, con esclusione dell'esercizio della professione medica cfr. anche Cass. n. 2257/2012 . Pertanto è indubbio che gravava sul lavoratore l'indicazione degli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione , ma emerge che questo tipo di allegazioni meramente fattuali il ricorrente li abbia obiettivamente sviluppate essendo desumibili dall'impostazione del ricorso e dalla ricostruzione dei fatti, apparendo del tutto irrilevante che le medesime circostanze non abbiano trovato nel ricorso una esposizione specifica sul piano della richiesta del risarcimento del danno che il Giudice doveva liquidare anche in via equitativa sulla base di elementi obiettivamente risultanti dal ricorso. Pertanto la nota decisione di questa Corte a Sezioni unite non ostava a questa determinazione in via equitativa del danno posto che, come detto, gli elementi rilevanti sul piano obiettivo per una liquidazione in via equitativa del danno emergevano dalla ricostruzione della vicenda operata in ricorso e sulla cui base peraltro i Giudici di merito hanno accertato l'esistenza di un demansionamento. Pertanto, dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso con il quale si deducono vizi motivazionali in ordine alle questioni già esaminate al primo motivo, va accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cessa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia in diversa composizione.