Ramo d’azienda autonomo e preesistente alla cessione

E’ elemento costitutivo della cessione di ramo d’azienda prevista ex art 2112 c.c., l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero, la capacità di quest’ultimo – già al momento dello scorporo – di provvedere ad uno scopo produttivo con propri mezzi, autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario.

Questa la definizione fornita dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10243/16, depositata il 18 maggio. Si cede il pacchetto completo Una lavoratrice lamentava l’inefficacia nei suoi confronti di un contratto di cessione di ramo d’azienda, reclamando il ripristino del rapporto di lavoro in seno alla cedente. I giudici di secondo grado accoglievano le doglianze della lavoratrice ritenendo che il ramo ceduto – cui faceva parte la lavoratrice ricorrente – non fosse funzionalmente autonomo. In particolare, nel caso di specie, la cedente trasferiva il ramo di back office” della sua attività principale, composto da lavoratori pertinenti al ramo, i contratti ad esso inerenti, le immobilizzazioni materiali, i mobili d’ufficio, le migliorie ed il saldo cassa conto corrente. Non venivano invece ceduti i programmi ed i sistemi informatici utilizzati dai lavoratori addetti al ramo. Tale mancanza, secondo i giudici di merito, faceva venire meno l’autonomia funzionale del ramo ceduto, con conseguente inefficacia del contratto. Inoltre, sempre secondo i giudici di merito, non era decisivo il fatto che fosse stato trasferito tutto il personale addetto ai servizi ceduti con il proprio, complessivo, know how , poiché, senza i sistemi informatici, veniva di fatto ceduto qualcosa di diverso da quello che era prima, ossia un’articolazione costituita da dipendenti, beni mobili e beni immateriali peraltro indispensabili all’esercizio dell’attività. La Corte di Cassazione è, quindi, chiamata a specificare il significato di preesistenza ed autonomia funzionale del ramo d’azienda, ai fini della determinazione del sistema ex art. 2112 c.c Autonomia funzionale e preesistenza un concetto unico. Per individuare quando ricorra la fattispecie di cessione di ramo d’azienda, è opportuno considerare la Direttiva 2001/23/CE e la rispettiva giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, unico organo giurisdizionale deputato all’interpretazione delle fonti del diritto dell’Unione Europea. Ebbene, secondo la Corte del Lussemburgo, il ramo d’azienda è il complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obiettivo e sia sufficientemente strutturata ed autonoma. Il fatto che l’art 6 della citata Direttiva reciti il ramoconservi autonomia , significa, inevitabilmente, che l’autonomia dell’entità ceduta debba preesistere alla cessione medesima. Ratio della definizione. L’obiettivo della Direttiva è garantire il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, consentendo loro di rimanere al servizio del nuovo imprenditore alle stesse condizioni – di lavoro – pattuite con il cedente. E’ chiaro che, per mantenere le stesse modalità operative, il ramo debba avere una certa autonomia funzionale, che tale autonomia sia già collaudata e, quindi, preesistente alla cessione. L’intervento normativo operato con l’art. 32 d.lgs n. 276/2003, in modifica dell’art. 2112 c.c., è in linea con la ratio europea” poiché ribadisce come l’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto sia elemento costitutivo della cessione, da intendersi come capacità del ramo di provvedere allo scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi già al momento dello scorporo dal complesso cedente. Ciò significa che, il ramo ceduto, una volta approdato presso il cessionario, non deve necessitare di interventi importanti di ristrutturazione, né di integrazioni di rilievo. Ne consegue che, può ben essere configurata una cessione di ramo dematerializzato” o leggero”, dove, quindi, il fattore umano sia preponderante rispetto ai beni ceduti, ciò, però, è configurabile quando il complesso dei lavoratori ceduti abbia un bagaglio professionale know how tale che sia possibile fornire lo stesso servizio della cedente presso il cessionario. In tal senso, l’esperienza professionale e le capacità tecniche dei lavoratori ceduti costituiscono un bene oggetto della cessione. Come accertare la preesistenza e l’autonomia funzionale del ramo ceduto? Con un accertamento di fatto che consideri l’organizzazione preesistente alla cessione e l’organizzazione successiva alla cessione. Tale ultima organizzazione non deve essere connotata da integrazioni rilevanti o da integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto , per sopperire alle eventuali carenze della cessione. Questo è il principio a cui si dovrà attenere il giudice di rinvio per districare la questione della cessione di specie i sistemi informatici non ceduti erano elemento determinante per l’autonomia del ramo? Sono stati rimpiazzati” dal cessionario, oppure il know how dei lavoratori ceduti ha sopperito a tale mancanza, consentendo comunque una genuina cessione?

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 febbraio – 18 maggio 2016, n. 10243 Presidente Nobile – Relatore Ghinoy svolgimento del processo La Corte d’appello di Roma con la sentenza n. 7692 del 2013, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva dichiarato l’inefficacia nei confronti di U.G. del contratto di cessione di ramo d’azienda intervenuto il 5.11.2007 tra Vodafone Omnitel N.V. e Comdata Care s.p.a., già Comdata Care s.r.l., e, per l’effetto, aveva disposto il ripristino del rapporto di lavoro alle dipendenze di Vodafone Omnitel. La Corte riferiva in fatto che con il suddetto contratto di cessione di ramo d’azienda Vodafone aveva ceduto a Comdata care s.p.a. il ramo d’azienda che svolge i servizi di back office consumer dealer support, supporto tecnico unificato, reclami, variazioni e subentri , back office corporate sales support, variazioni, subentri, attivazioni, standard/network/fisso, customer relationship management, amministrazione vendite e gestione credito phone collection, verifica del credito, gestione non telefonico, gestione inbound con proprio personale presso le sedi di OMISSIS . Con il suddetto contratto venivano ceduti i dipendenti pertinenti al ramo d’azienda, i contratti ad esso inerenti, le immobilizzazioni materiali e mobili d’ufficio, migliorie e saldo cassa conto corrente . La Corte territoriale premetteva che, pur dopo la modifica dell’art. 2112 c.c., operata dall’art. 32 del D.lgs n. 276 del 2003 operante ratione temporis , il trasferimento del ramo d’azienda richiede la conservazione dell’identità funzionale del ramo preesistente alla cessione, e che esso devi essere già in tale momento in grado di esercitare autonomamente un’attività economica organizzata. Con riferimento al caso di specie, argomentava che secondo l’art. 2 del contratto di cessione venivano cedute le attività e passività come risultanti dalla situazione contabile, i dipendenti ed i contratti inerenti il ramo di azienda. L’allegato i indicava poi tra i beni ceduti le Immobilizzazioni materiali e mobili d’ufficio migliorie e saldo cassa conto corrente . Ha rilevato che non risultavano dunque trasferiti i programmi e sistemi informatici, rimasti di proprietà di Vodafone, che i dipendenti ceduti dovevano utilizzare per esplicare i servizi ceduti come risultante dall’allegato A del contratto di appalto . Il mancato trasferimento dei programmi e dei sistemi informatici determinava secondo la Corte territoriale la mancanza dell’autonomia e dell’autosufficienza dell’articolazione aziendale trasferita nella gestione del supporto tecnico, variazioni ecc., dei contratti e degli aspetti economici del servizio telefonico. La Corte aggiungeva poi che non era decisivo il fatto che fosse stato trasferito tutto il personale addetto ai servizi ceduti, in quanto in difetto di cessione degli strumenti informatici prima utilizzati veniva meno il requisito della preesistenza del ramo ceduto essendo ceduto qualcosa di diverso da quello che era prima, ossia un’articolazione costituita da dipendenti, beni mobili e beni immateriali per l’esercizio dell’attività . Inoltre, non si era dedotto e dimostrato che il gruppo di lavoratori trasferiti fosse dotato di un particolare know how , e cioè di un comune bagaglio di conoscenze tale che solo con esso fosse possibile fornire lo stesso od altro servizio, mentre il fatto che fosse stata garantita l’organizzazione in capo a Comdata della funzionalità del servizio atteneva ad un momento successivo a quello della realizzazione della cessione di ramo d’azienda, al quale occorre avere riguardo. Per la cassazione della sentenza Vodafone Omnitel B.V., già Vodafone Omnitel N.V., ha proposto ricorso, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso U.G. Comdata s.p.a. già Comdata Care s.p.a. si è costituita con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la lavoratrice. Tutte le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Il ricorso principale di Vodafone Omnitel B.V., e quello incidentale di Comdata s.p.a. sono stati riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 2. U.G. nel controricorso a ricorso incidentale di Comdata s.p.a. ne ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità, sostenendo che la parte, avendo la medesima posizione processuale del ricorrente principale, avrebbe dovuto proporre ricorso autonomo, per il quale tuttavia il termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c., applicabile ratione temporis , era ormai scaduto. 2.1. L’eccezione è fondata. Occorre premettere che la notifica del ricorso incidentale è stata richiesta da Comdata s.p.a. in data 26.5.2014, quando già il termine per l’impugnazione ex art. 327 I c.p.c. era decorso, considerato che la sentenza gravata era stata depositata in data 30.10.2013. La sostanziale sovrapponibilità dei motivi del ricorso principale e di quello incidentale fa però ritenere che l’impugnazione di Comdata non possa configurarsi come incidentale in senso stretto, in quanto meramente adesiva all’impugnazione principale e non presidiata da un autonomo interesse ad impugnare da essa originato. Come rilevato da Cass. n. 6444 del 17/03/2009 in relazione ad una fattispecie di cessione di azienda come quella che ci occupa, il litisconsorzio tra cedente e cessionario e l’inscindibilità delle cause, comportano infatti che l’impugnazione proposta dal primo impedisca anche nei confronti del secondo il passaggio in giudicato della sentenza sui punti comuni, cessando perciò di aver rilievo il fatto che questi non abbia proposto la medesima impugnazione cfr. anche Cass. 25 giugno 2003, n. 10125, ed altre conformi , sicché nessun ulteriore risultato utile deriva dal ricorso incidentale. Questo Collegio ritiene allora di aderire all’indirizzo interpretativo di questa Corte che trae origine dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 7339 del 1996 e che, successivamente posto in discussione dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 24627 del 24.11.2007, pare oggi prevalente v. Cass. n. 109 del 7/1/2016, n. 21990 del 28/10/2015, n. 20040 del 07/10/2015 n. 1120 del 21/01/2014, n. 1610 del 25/1/2008, n. 6284 del 10/3/2008, ma, centra, Cass. n. 12714 del 25/54010, n. 9308 del 22/4/2011, n. 6444 del 17/3/2009 , secondo il quale tale ricorso resta soggetto ai termini ordinari di impugnazione, non potendosi applicare l’art. 334, comma 1, c.p.c Il ricorso incidentale tardivo di Comdata dev’essere pertanto dichiarato inammissibile. 3. I motivi del ricorso principale possono così essere riassunti 3.1. Come primo motivo, viene dedotta la nullità della sentenza per violazione degli articoli 24 secondo comma e 111 secondo comma della Costituzione, 101, 112, 115 c.p.c. e 2697 c.c. nonché violazione e falsa applicazione delle predette norme. La ricorrente richiama l’articolo 123 comma 5 del D.lgs. n. 196 del 2003, Codice in materia di protezione dei dati personali, che impone ai gestori del servizio pubblico di telefonia mobile la piena e diretta responsabilità dei programmi che consentono l’accesso ai data base contenenti i dati dei propri clienti, e ribadisce che in virtù di tale normativa Vodafone non avrebbe potuto cedere la titolarità della sua banca dati, né può consentire a terzi di sviluppare autonomamente un programma di accesso alla stessa. Sostiene che la distinzione tra data base e software non è mai stata allegata in giudizio da nessuna delle parti, né può ritenersi fatto notorio rientrante tra le nozioni di comune esperienza inoltre tale distinzione non troverebbe alcun fondamento nella realtà, in quanto non esiste la possibilità di gestire le pratiche di attivazione di SIM telefoniche ovvero di gestione del credito senza entrare nel data base dei clienti della società di telefonia. 3.2. Come secondo motivo, Vodafone Omnitel B.V. lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 2112 c.c Ribadisce l’irrilevanza della mancata cessione dei programmi operativi e la natura decisiva dell’elemento dell’organizzazione, colpevolmente travisato dalla Corte d’appello, nonché la non necessità del requisito della preesistenza del ramo ceduto, alla luce della novella del 2003, e comunque il suo travisamento operato dalla Corte d’appello di Roma. Argomenta che il servizio ceduto non avrebbe interdipendenza funzionale con Vodafone, ma solo forme di legittimo raccordo. Evidenzia ancora che il legislatore al VI comma dell’articolo 2112 c.c., ha espressamente disciplinato la fattispecie dell’appalto di servizi eseguito dall’appaltatore attraverso il ramo d’azienda acquisito, così ammettendo come pienamente legittima l’interconnessione operativa funzionale che il ramo ceduto continua a mantenere con l’organizzazione del cedente. 4. I due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Al fine di individuare quando ricorra la fattispecie della cessione di ramo d’azienda, secondo la Direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE, che ha sostituito la direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, come modificata dalla direttiva 29 giugno 1998, 98/50/CE, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di una entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria art. 1, n. 1, direttiva 2001/23 . La Corte di Giustizia, cui compete il monopolio interpretativo del diritto comunitario, ha ripetutamente individuato tale nozione come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l’esercizio di un’attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obbiettivo cfr. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C-13/95, Suzen, punto 13 Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C-340/2001, Abler, punto 30 Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005, C-232/04 e C233/04, Guney-Gorres e Demir, punto 32 e sia sufficientemente strutturata ed autonoma cfr. Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, Hernandez Vidal, C-127/96, C-229/96, C-74/97, punti 26 e 27 Corte di Giustizia, 13 settembre 2007, Jouini, C-458/05, punto 31 Corte di Giustizia, 6 settembre 2011, C-108/10, Scattolon, punti 51 e 60 . Tale interpretazione è stata confermata nella recente sentenza 6 marzo 2014, C-458/12, Amatori ed a., in cui la Corte UE - in particolare ai punti 30 e 32 - ha richiamato la propria precedente giurisprudenza, ed ha anzi precisato pt. 34 che l’impiego del termine conservi nell’art. 6, par. 1, commi 1 e 4 della direttiva implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento , per concludere al pt. 35 che qualora risultasse . che l’entità trasferita di cui trattasi non disponeva, anteriormente al trasferimento, di un’autonomia funzionale sufficiente - circostanza questa che spetta al giudice del rinvio verificare - tale trasferimento non ricadrebbe sotto la direttiva 2001/23 . In tale sentenza la Corte di Giustizia ha anche evidenziato, in specie al punto 51, che l’obiettivo della Direttiva è di garantire, per quanto possibile, il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di cambiamento dell’imprenditore, consentendo loro di rimanere al servizio del nuovo imprenditore alle stesse condizioni pattuite con il cedente ha così ritenuto coerente con tale finalità l’allargamento da parte della legge nazionale dell’ambito della protezione del lavoratore ceduto ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle di cessione di ramo d’azienda così come sopra individuata, e ciò prescindendo dall’indagine in ordine alla genuinità della cessione ad altri fini, eventualmente concorrenti, di tutela. 4.1. La normativa nazionale non è stata tuttavia rimodellata con il fine di allargare l’ambito della fattispecie astratta della cessione di ramo d’azienda rispetto alla nozione adottata in sede comunitaria, considerato che il legislatore al contrario ha manifestato l’esplicita volontà di adeguarvisi. La legge n. 30 del 2003 all’art. 1, comma 2 lettera p ha infatti delegato il governo a rivedere il D.lgs. 2 febbraio 2001, n. 18, che aveva già modificato l’art. 2112 c.c. , al fine dichiarato di realizzare un completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria , costituita dalla richiamata direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001, già recepita dalla L. 1 marzo 2002, n. 39, richiedendo poi in particolare al punto 2 la previsione del requisito dell’ autonomia funzionale del ramo di azienda nel momento del suo trasferimento . All’esito dell’esercizio della delega, l’art. 2112 c.c., nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 applicabile ratione temporis alla presente controversia, ha mantenuto immutata la definizione di trasferimento di parte dell’azienda nella parte in cui essa è intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata , mentre le modifiche normative hanno riguardato la soppressione dell’inciso preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità e l’aggiunta testuale identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento , che richiede che al momento della cessione venga individuato l’ambito dell’autonomia funzionale del complesso ceduto. Ha altresì introdotto al VI comma un regime di solidarietà tra appaltante ed appaltatore per il caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione. 4.2. L’intervento normativo del 2003 ha quindi ribadito e sottolineato che costituisce elemento costitutivo della fattispecie della cessione d’azienda l’autonomia funzionale del ramo d’azienda ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi così come chiarito in più occasioni da questa Corte, v. Cass. n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, n. 8759 del 2014, n. 2766 del 2013, n. 22613 del 2013, n. 21711 del 2012 . Il fatto che la nuova disposizione abbia rimesso al cedente e al cessionario di identificare l’articolazione che ne costituisce l’oggetto non significa che sia consentito di rimettere ai contraenti la qualificazione della porzione dell’azienda ceduta come ramo, così facendo dipendere dall’autonomia privata l’applicazione della speciale disciplina in questione, ma che all’esito della possibile frammentazione di un processo produttivo prima unitario, debbano essere definiti i contenuti e l’insieme dei mezzi oggetto del negozio traslativo, che realizzino nel loro insieme un complesso dotato di autonomia organizzativa e funzionale apprezzabile da un punto di vista oggettivo. Il requisito della preesistenza del ramo e dell’autonomia funzionale nella previsione si integrano quindi reciprocamente, nel senso che il ramo ceduto deve avere la capacità di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario il servizio o la funzione cui esso risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente anteriormente alla cessione. La disposizione legittima quindi anche la cessione di un ramo dematerializzato o leggero dell’impresa, ovvero nel quale il fattore personale sia preponderante rispetto ai beni, quando però il gruppo di lavoratori trasferiti sia dotato di un particolare know how , e cioè di un comune bagaglio di conoscenze, esperienze e capacità tecniche, tale che proprio in virtù di esso sia possibile fornire lo stesso servizio Cass. n. 21917/2013 e 15690/2009 . 4.3. Tale requisito, letto conformemente alla disciplina dell’Unione, consente di limitare le ipotesi di deroga al principio generale stabilito dall’art. 1406 c.c., secondo il quale la cessione del contratto richiede il consenso della parte ceduta, scongiurando operazioni di trasferimento che si traducano in una mera espulsione di personale, in quanto il ramo ceduto dev’essere dotato di effettive potenzialità commerciali che prescindano dalla struttura cedente dal quale viene estrapolato in tal senso in particolare v. Cass. n. 5425 del 2015, n. 25229 del 2015, citate ed essere in grado di offrire sul mercato ad una platea indistinta di potenziali clienti quello specifico servizio per il quale è organizzato. 4.4. L’analisi non deve quindi basarsi sull’organizzazione assunta dal cessionario successivamente alla cessione, eventualmente grazie alle integrazioni determinate da coevi o successivi contratti di appalto, ma all’organizzazione consentita già dalla frazione del preesistente complesso produttivo costituita dal ramo ceduto. Il sistema normativo è infatti ben chiaro nel distinguere l’appalto anche di servizi dalla cessione di ramo d’azienda. L’attuale VI comma dell’art. 2112 c.c., valorizzato dalla Corte territoriale ed anche dalla parte ricorrente, ha introdotto un regime di solidarietà tra appaltante ed appaltatore quello di cui all’art. 29 comma 2 del D.lgs. n. 276 del 2003, in virtù della modifica apportata dall’art. 9, comma 1, D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251 per il caso in cui il cedente stipuli con il cessionario un contratto di appalto la cui esecuzione avvenga utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, così manifestando come la consistenza del ramo d’azienda utilizzato e il contratto di appalto del servizio ceduto restino su due piani distinti. Il comma 3 del citato art. 29, poi, chiarisce che l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda, in tal modo nettamente chiarendo che, anche quando il cedente stipuli con il cessionario un contratto d’appalto per la fornitura del servizio ceduto, si può configurare, una cessione di ramo d’azienda solo quando al trasferimento del personale si accompagni quella del complesso degli altri elementi che lo rendeva autonomamente idoneo allo svolgimento del servizio. 4.5. Dal punto di vista processuale, poi, occorre rilevare che incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività grava, cioè, sulla società cedente l’onere di allegare e provare l’insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d’azienda Cass. n. 4500 del 8.3.2016 e Cass. n. 206 del 2004 . 4.6. Il principio di diritto che regola la fattispecie è dunque il seguente Costituisce elemento costitutivo della cessione di ramo d’azienda prevista dall’art. 2112 c.c., anche nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32, l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di questo, già al momento dello scorporo dal complesso cedente, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi, funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere - autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario - il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione, indipendentemente dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti. Incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c. che costituiscono eccezione al principio del necessario consenso del contraente ceduto stabilito dall’art. 1406 c.c., fornire la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l’operatività . 5. La Corte territoriale, facendo applicazione di tali principi, ha escluso che nella fattispecie sottoposta al suo vaglio fosse stata fornita la prova idonea a ritenere che nella specie fosse stata trasferita un’ attività organizzata funzionalmente autonoma , con una valutazione di merito che, in quanto espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria, sfugge al sindacato di legittimità cfr. Cass. n. 5117 del 2012, Cass. n. 20422 del 2012, Cass. n. 2151 del 2013, Cass. n. 20729 del 2013, Cass. n. 1821 del 2013, Cass. n. 24262 del 2013 . Nel valorizzare, come riportato nello storico di lite, la mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo, la Corte territoriale non ha fatto altro che esaminare il contenuto del contratto di cessione, e la sua ricostruzione fattuale non è stata censurata dalla parte ricorrente. Questa piuttosto valorizza l’incedibilità - indiscussa - dei data base di Vodafone, contenente i dati sensibili relativi ai clienti, onde farne discendere l’incedibilità anche non solo dei programmi che consentono l’accesso e la modifica di tali data base, ma anche di tutti i programmi e gli operativi informatici che venivano utilizzati prima della cessione per lo svolgimento delle diverse attività promozione commerciale, consulenza tecnica, gestione delle pratiche amministrative, gestione del credito con una soluzione che accomuna elementi distinti i data base da un lato, i programmi operativi necessari per lo svolgimento delle attività di assistenza alla clientela e gestione del credito dell’altro , la cui coincidenza ed inscindibilità avrebbe però dovuto essere dedotta e dimostrata dalla stessa cedente. 5.1. Neppure risulta utilmente smentita, al di là di un generico richiamo al livello di inquadramento impiegatizio dei lavoratori, l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale non è risultato che il gruppo di lavoratori trasferiti fosse dotato di un particolare know how o comunque di una specifica ed elevata professionalità, avente rilievo determinante nello svolgimento del servizio ceduto. 5.2. Correttamente poi la Corte d’appello ha poi rilevato che gli aspetti che anche nel giudizio di secondo grado erano stati valorizzati da Vodafone e Comdata attenevano alla funzionalità del servizio in un momento successivo al contratto di cessione di ramo d’azienda, sicché rimanevano elementi organizzativi introdotti dalla cessionaria che non valevano a dimostrare che l’oggetto della cessione fosse in grado di funzionare autonomamente al momento della cessione stessa. 5.3. Le censure alla ricostruzione fattuale si traducono quindi nella richiesta di riesame dell’intero materiale probatorio, che risulta inammissibile, considerato che neppure vengono prospettate risultanze processuali la cui valutazione, omessa dalla Corte territoriale, avrebbe determinato un diverso risultato interpretativo, tanto più considerando che al presente giudizio si applica ratione temporis la formulazione dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha ridotto al minimo costituzionale il sindacato di legittimità sulla motivazione, nel senso chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014, secondo il quale la lacunosità e la contraddittorietà della motivazione possono essere censurate solo quando il vizio sia talmente grave da ridondare in una sostanziale omissione, né può fondare il motivo in questione l’omesso esame di una risultanza probatoria, quando essa attenga ad una circostanza che è stata comunque valutata dal giudice del merito. 6. Segue il rigetto del ricorso principale, nonché la condanna delle parti ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore dichiaratosi anticipatario. Compensate le spese tra Vodafone Omnitel B.V. e Comdata s.p.a In considerazione della data di notifica dei ricorsi, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, ai fini del raddoppio del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale di Comdata s.p.a. e rigetta il ricorso principale di Vodafone Omnitel B.V. Condanna le parti ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio in favore di U.G. , che liquida in complessivi Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Panici. Compensa le spese tra Vodafone Omnitel B.V. e Comdata. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.