L’indennità di vacanza contrattuale è provvisoria e non cumulabile

L’indennità di vacanza contrattuale è un elemento provvisorio della retribuzione la cui finalità è tutelare i lavoratori nei confronti delle dinamiche inflazionistiche che possono verificarsi nelle more del rinnovo del contratto collettivo, essa pertanto cessa con il rinnovo del contratto medesimo.

Questa la precisazione espressa dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 8253/2016, depositata il 26.4.2016. Il ritardo nel rinnovo del contratto collettivo. Tra un rinnovo e l’altro di un contratto collettivo possono passare anche molti mesi, pertanto il legislatore ha coniato la c.d. indennità di vacanza contrattuale”, emolumento provvisorio di natura retributiva che spetta ai lavoratori nelle more del rinnovo del contratto collettivo e che ha lo scopo di colmare gli eventuali miglioramenti retributivi che verranno disposti con il nuovo contratto. L’importo dell’indennità di vacanza varia a seconda del tasso di inflazione e del periodo di vacanza medesimo. I giudici di merito avevano negato al lavoratore ricorrente l’indennità di vacanza contrattuale, poiché il contratto collettivo rinnovato aveva disposto l’adeguamento salariale in melius con effetto retroattivo. Di fatto, quindi, il lavoratore aveva beneficiato di un emolumento cuscinetto”, sebbene in un momento successivo. Dello stesso parere è la Corte di Cassazione, che, quindi, rigetta il ricorso depositato dal lavoratore. Finalità e natura dell’indennità di vacanza contrattuale. La Suprema Corte ribadisce il suo orientamento sul tema, precisando come l’indennità di vacanza contrattuale sia un rimedio di natura eccezionale che consente alla parte più debole di non rimanere vittima dell’incremento del costo della vita nelle more dei rinnovi dei contratti collettivi. Essa, però, è una misura provvisoria, un’anticipazione dei futuri miglioramenti adeguamenti salariali in melius . Pertanto, trattandosi di anticipazione non può essere comparata con la successiva disciplina del trattamento economico, poiché è solo questa che si salda a quella precedente. In altri termini, l’indennità di vacanza è un’anticipazione dei miglioramenti salariali che potrebbero essere disposti dal nuovo contratto collettivo qualora quest’ultimo disponga adeguamenti salariali in melius , questi vanno automaticamente ad aumentare la retribuzione prevista precedentemente, senza comportare un cumulo tra il trattamento migliorativo e l’indennità di vacanza. Tale principio vale a maggior ragione nel caso di specie, ove l’adeguamento salariale migliorativo ha avuto effetti retroattivi ciò significa che al lavoratore ricorrente non è stata versata l’indennità di vacanza contrattale, ma si è visto – in un secondo momento – versare un adeguamento salariale anche per le retribuzioni maturate e percepite nelle more del rinnovo del contratto collettivo. In tal senso, quindi, non è possibile il cumulo. La bontà di tale principio è evidente per ragioni pragmatiche, ma è altresì confermata dalla lettera delle disposizioni contrattuali e legislative in materia. L’Accordo sul costo del lavoro del 1993, richiamato dall’art. 5 del CCNL comparto scuola applicabile al caso di specie definisce l’indennità di vacanza contrattuale come elemento provvisorio della retribuzione”, che cessa di essere erogato dalla decorrenza del contratto collettivo di rinnovo. Deve quindi, concludersi che l’indennità di vacanza contrattuale ha la funzione di anticipare i presumibili e prossimi miglioramenti retributivi e pertanto, una volta che il lavoratore abbia percepito gli incrementi retributivi comunque denominati destinati a coprire l’aumento del costo della vita, non può più percepire – per lo stesso periodo l’indennità di vacanza. Questo è proprio il caso di specie, ove il rinnovato contratto collettivo disponeva che i miglioramenti salariali si applicassero anche alle retribuzioni maturate e percepite nelle more del rinnovo, da qui l’infondatezza della pretesa del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 1 marzo – 26 aprile 2016, numero 8253 Presidente Macioce – Relatore Riverso Svolgimento del processo Con sentenza numero 2579/2011, pubblicata il 13.5.2011, la Corte d’Appello di Napoli, rigettava l’appello proposto da C.L. , dipendente del Ministero dell’Istruzione, contro la sentenza resa in primo grado dal giudice del lavoro del tribunale di Napoli che aveva respinto la sua domanda intesa ad ottenere, stante il tardivo rinnovo del contratto collettivo, l’indennità di vacanza contrattuale in relazione al periodo 1.4.2002-24.7.2003. La Corte osservava a fondamento della propria pronuncia che l’indennità di vacanza contrattuale era definita come elemento provvisorio della retribuzione e che la volontà delle parti collettive era stata, sin dal 1999, quella di garantire una saldatura ed una sostanziale continuità giuridica nella successione degli accordi, risultando così giustificata anche la retroattività delle disposizioni contenute nella parte economica del nuovo CCNL. Il CCNL di rinnovo per la parte relativa al periodo 2002-2003 era stato stipulato successivamente alla scadenza prefissata, ma aveva previsto un meccanismo di liquidazione degli arretrati in modo da saldare per la parte economica il contratto scaduto con quello nuovo. Avendo il primo contratto previsto che le proprie disposizioni restano in vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto collettivo, la nuova fonte collettiva CCNL 24.7.2003 per il quadriennio 2002/2005 ed il biennio economico 2002-2003 ha effetto dall’1.1.2002 per la parte economica, così che i miglioramenti economici sono stati riconosciuti ai dipendenti del comparto con effetto retroattivo da tale ultima data. Non era perciò ipotizzabile un periodo di vacanza contrattuale. Per la cassazione di questa sentenza, ricorre il lavoratore con un motivo. Il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca resiste con controricorso. Motivi della decisione 1.- Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del CCNL comparto scuola, quadriennio normativo 1998/2001 del 3 maggio 1999, 1, punti 4 e 5 del CCNL comparto scuola, quadriennio normativo 2002/2005 e biennio economico 2002/2003 del 24.07.2003, articolo 1 punto 2, in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. posto che, essendo pacifico che il contratto collettivo fosse stato stipulato in ritardo rispetto alla prevista data di rinnovo, la spettanza dell’indennità di vacanza contrattuale derivava direttamente dall’applicazione del punto 5 del CCNL comparto scuola 1998/2001. 2.- Il motivo è infondato. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte v. Cass.187/2016, 188/2016, 24179/2014, 14150/2014, 8803/2014 , le disposizioni che regolano la materia sono il punto 2.5. dell’Accordo sul costo del lavoro del 23.7.1993 recante il titoletto Indennità di vacanza contrattuale e l’articolo 1 punto 5 del CCNL 19982001 che richiama la prima. 3.- L’articolo 1, punto 5, del CCNL del comparto scuola recita dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza della parte economica del presente contratto, ai dipendenti del comparto sarà corrisposta la relativa indennità seconde le scadenze previste dall’Accordo sul costo del lavoro del 23.7.1993. Per l’erogazione di detta indennità si applica la procedura del D.Lgs. numero 29 del 1993, articolo 52 commi 1 e 2 . Nella norma dell’Accordo del 23.7.1993 si legge Dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione della piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio delle retribuzione. L’importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi vigenti, esclusa la ex indennità di contingenza. Dopo sei mesi di vacanza contrattuale detto importo sarà al 50% dell’inflazione programmata. Dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo del contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere erogata. Tale meccanismo sarà uguale per tutti i lavoratori . 4.- La Corte di appello ha pertanto correttamente interpretato la disciplina contrattuale che regola la fattispecie rilevando come l’istituto di cui trattasi era stato introdotto dall’Accordo interconfederale del 23 luglio 1993, con il dichiarato scopo di incanalare la dinamica salariale nei parametri dell’inflazione programmata e di cadenzare i periodici rinnovi della fonti collettive prevedendo un periodo di vacanza contrattuale di tre mesi dalla data di scadenza del CCNL e la corresponsione di un elemento provvisorio della retribuzione commisurato ad una percentuale del tasso di inflazione programmata. 5.- La qualificazione dell’indennità nei termini di cui al Protocollo del 1993 consente di identificare la natura dell’istituto. Come affermato da questa Corte, la norma dell’Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio 1993 costituisce la fonte di orientamento sul punto per i contratti di settore trattandosi di un Accordo interconfederale Cass. numero 8803 del 15 aprile 2014, numero 9066 del 18 aprile 2014, numero 9188 e numero 9189 del 23 aprile 2014, numero 9581 del 5 maggio 2014, numero 11236 del 21 maggio 2014 e numero 14356 del 25 giugno 2014 . Emerge testualmente da quest’ultima disposizione che l’indennità di parola è stata espressamente definita elemento provvisorio della retribuzione , la cui finalità è quella di tutelare i lavoratori nei confronti delle dinamiche inflazionistiche nelle more del rinnovo del contratto. Ma è proprio la natura provvisoria - a titolo di acconto - di questa attribuzione patrimoniale che esclude che essa si consolidi nella forma di un diritto quesito e resista alla regolamentazione che la rinnovata contrattazione collettiva faccia in un quadro più ampio di nuova disciplina del trattamento economico cfr. Cass. numero 14356 del 2014, cit. . 6.- L’indennità di vacanza costituisce un rimedio di natura eccezionale per consentire alla parte più debole di non rimanere vittima dell’incremento del costo della vita nelle more dei rinnovi contrattuali, ma solo in via provvisoria come anticipazione dei futuri miglioramenti in tal senso, Cass. sent. numero 8803/14 . Se si tratta di un’ anticipazione , non è possibile neppure porre una comparazione con la successiva disciplina del trattamento economico prevista dal rinnovato contratto collettivo perché questa è l’unica che si salda a quella del precedente contratto collettivo schermando la regolamentazione provvisoria dell’indennità di vacanza contrattuale così, Cass. sent. numero 14356/14 . 7.- Una corretta interpretazione dei dati testuali forniti dal richiamato accordo del 1993, che definisce l’indennità come elemento provvisorio della retribuzione , nonché dalla specifica previsione secondo cui la stessa cessa di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo, in correlazione con la decorrenza del nuovo contratto, con effetti retroattivi per la parte economica che comporta l’applicazione degli incrementi ivi previsti fin dalla data stabilita , conduce ad escludere la cumulabilità di detti aumenti con l’indennità di vacanza contrattuale, perché al compenso deve essere riconosciuta la funzione di un immediato anticipo sui presumibili e prossimi miglioramenti retributivi conseguibili in sede di rinnovo in tal senso, Cass. numero 9188/14 . 8.- Deve quindi concludersi che, una volta che il lavoratore abbia percepito gli incrementi retributivi destinati, secondo il negoziato tra le stesse parti, a coprire anche l’effettivo aumento del costo della vita, non possa più riconoscersi per lo stesso periodo l’indennità di vacanza contrattuale, posto che il rinnovo del contratto, avvenuto nel caso in esame il 24 luglio 2003, ma con adeguamento retroattivo delle retribuzioni tabellari e conseguente corresponsione degli arretrati con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di scadenza del precedente contratto e quindi con effetto retroattivo dal 1 gennaio 2002 per il biennio economico 2002/2003 aveva già coperto, attraverso l’erogazione dei miglioramenti salariali, gli effetti delle dinamiche inflazionistiche nelle more intervenuti. 9.- Quanto alla tesi, secondo cui con l’istituzione dell’indennità di vacanza contrattuale si sarebbe introdotta una forma sanzionatoria o anche di risarcimento presunto in relazione all’ipotesi di tempi troppo lunghi nei rinnovi contrattuali, questa Corte ha osservato che trattasi di tesi che non trova alcun riscontro testuale o sistematico nella disciplina considerata Cass. sent. nn 8803, 9066, 9188, 9189, 9581, 11236 e 14356 del 2014 . È stato pure osservato che, accedendo alla tesi contraria, vi sarebbe un’attribuzione patrimoniale doppia ai lavoratori in relazione al medesimo evento aumento del costo della vita ed inoltre si porrebbe necessariamente solo a carico di una parte lungaggini negoziali che invece possono dipendere da entrambe. Il fatto che il sindacato abbia per tempo presentato la propria piattaforma non è elemento idoneo a far ricadere sulla sola controparte la responsabilità per la mancata sollecita firma del nuovo contratto, posto che la piattaforma può essere anche del tutto irragionevole e che comunque il processo negoziale è lasciato alla libera valutazione delle parti ed ai loro rapporti di forza. 10.- In conclusione, la norma del CCNL deriva, dall’Accordo del 1993, la regola della provvisorietà della erogazione e dell’effetto retroattivo dell’accordo di rinnovo, dalla cui decorrenza cessa l’erogazione dell’indennità. Da tale regola discende che se la decorrenza dell’accordo di rinnovo coincide con il primo giorno successivo alla scadenza del contratto precedente, non vi sono soluzioni di continuità riguardanti la disciplina del trattamento economico e l’indennità già erogata resta riassorbita negli arretrati contrattuali riconosciuti. Certamente sarebbe spettata la chiesta indennità ove il successivo contratto avesse avuto una decorrenza retroattiva in modo da lasciare periodi scoperti dalla tutela contro l’incremento del costo della vita tale situazione tuttavia non ricorre nel caso in esame. 11.- Si deve conclusivamente osservare che non sussistono le denunciate violazioni normative e contrattuali. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. 12.- Le spese del giudizio vanno compensate tra le parti, poiché l’indirizzo giurisprudenziale, il cui orientamento è stato qui recepito e confermato, si è formato in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione esaminato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.