L’audizione del lavoratore in presenza di due membri dell’ufficio procedimenti disciplinari non pregiudica la validità dell’iter procedimentale

In ambito di organi collegiali, ad eccezione di quelli giurisdizionali, un collegio deve intendersi perfetto solo quando la legge lo disponga. In un collegio perfetto la presenza di tutti i suoi componenti è necessaria soltanto per le attività decisorie e non anche per quelle preparatorie, istruttorie e strumentali verificabili a posteriori dall’intero Consesso.

Consegue che non si verifica violazione del procedimento disciplinare a danno del lavoratore ove l’audizione di questi sia avvenuta in presenza di due membri dell’ufficio procedimenti disciplinari anziché tre, posto che ciò non inficia la possibilità di difesa del lavoratore incolpato. A condizione che la successiva decisione finale sia adottata dall’ufficio nella sua competa composizione. Lo afferma la Corte di Cassazione, sezione lavoro con la sentenza n. 8245 pubblicata il 26 aprile 2016. Impugnazione di licenziamento disciplinare irrogato all’esito di un procedimento disciplinare ritenuto viziato per avere l’ufficio competente provveduto all’audizione del lavoratore con 2 componenti il Collegio anziché 3. Un lavoratore pubblico era stato licenziato all’esito di procedimento disciplinare previsto dall’articolo 55 bis del d.lgs. n. 165/2001. Il Tribunale del lavoro chiamato a decidere sull’impugnazione del licenziamento rigettava l’impugnazione. Proposto appello da parte del lavoratore, la Corte riformava la sentenza di primo grado, annullando il licenziamento, ordinando la reintegrazione del lavoratore e condannando l’ente al risarcimento derivante. Proponeva ricorso per cassazione il Ministero. Il modello di Collegio perfetto negli organi collegiali. La vicenda prende spunto dalla ritenuta violazione dell’iter procedimentale, in quanto l’audizione del lavoratore incolpato, avvenne in presenza di due membri dell’ufficio procedimenti disciplinari, anziché tre. Con ciò dando luogo, a giudizio della Corte territoriale, ad un vizio di procedura tale da inficiare l’intero procedimento ed il conseguente provvedimento espulsivo adottato. La Suprema Corte, nella decisione qui esaminata, ribadisce prima di tutto principi di diritto già in precedenza enunciati in materia composizione dei collegi. Si è affermato che soltanto ove un organo collegiale sia esplicitamente qualificato come perfetto” dalla legge, potrà essere così definita la sua natura. Ed anche in presenza di un collegio perfetto, proseguono i giudici di legittimità, la necessaria presenza di tutti i componenti del collegio concerne unicamente le attività di valutazione e di deliberazione vere e proprie, nelle quali è richiesto l’apporto di tutti i componenti ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale. Ma non è viceversa richiesta la presenza di tutti i componenti nelle fasi preparatorie, istruttorie e strumentali precedenti la deliberazione vera e propria. Con l’unico limite che l’organo collegiale non si trasformi in organo monocratico. Concetti peraltro più volte affermati anche dalla giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato. L’audizione avanti due soli membri dell’ufficio procedimenti non determina la nullità del procedimento e della sanzione. Alla stregua dei richiamati principi di diritto deriva che il motivo di censura proposto dal Ministero ricorrente appare fondato. E’ pacifico che l’audizione dell’incolpato sia attività istruttoria che ben può essere verificata a posteriori da parte di tutti i componenti del collegio. Né può ipotizzarsi la violazione del diritto di difesa nel fatto che ad ascoltare e verbalizzare le ragioni a discolpa siano due anziché tre persone. E’ consentito infatti ad un organo collegiale, una volta che sia stato regolarmente costituito, legittimamente deliberare purchè il numero dei suoi componenti non scenda al di sotto del quorum necessario e quindi anche in presenza di due su tre componenti e purchè la legge non disponga in senso contrario. Cosa del tutto diversa è invece l’esigenza, secondo il Supremo Collegio, che l’atto terminale del procedimento sia adottato dall’ufficio nella sua completezza dei membri. Circostanza, nel caso in esame, che è avvenuta effettivamente. Il provvedimento finale di licenziamento è stato adottato dall’ufficio procedimenti disciplinari con la presenza di tutti e tre i suoi componenti. La Corte di Cassazione ha così accolto il ricorso proposto, rinviando ad altra corte di merito per la decisione in conformità ai principi di diritto enunciati e al fine di valutare nel merito la fondatezza o meno degli addebiti disciplinari mossi al lavoratore e la congruità della sanzione espulsiva irrogata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 febbraio – 26 aprile 2016, n. 8245 Presidente Venuti – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 18.2.13 la Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza di rigetto emessa in prime cure dal Tribunale della stessa sede, dichiarava la nullità del licenziamento disciplinare intimato il 16.5.11 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nei confronti di A.M. , per l’effetto ordinandone la reintegrazione nel posto di lavoro e condannando l’amministrazione a pagargli il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del recesso all’effettiva reintegra, con i conseguenti versamenti contributivi e con rigetto, invece, delle ulteriori pretese risarcitorie avanzate dal lavoratore. Per la cassazione della sentenza ricorre il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca affidandosi ad un solo motivo. A.M. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1- Con unico motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 55 bis d.lgs. n. 165/01 e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la sentenza impugnata dichiarato nullo il licenziamento in quanto adottato all’esito d’un procedimento disciplinare viziato dal fatto che l’Ufficio per esso competente ha provveduto all’audizione del lavoratore solo con due dei tre componenti dell’ufficio medesimo, ritenendo la Corte territoriale trattarsi di collegio perfetto obietta invece il ricorrente che l’ufficio in questione non è un collegio perfetto non essendo previsto nulla del genere dal cit. art. 55 bis, che si limita a disporre che ciascuna amministrazione individui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari , sicché ben può operare anche senza la contemporanea presenza di tutti i suoi componenti e senza che la mancanza di uno di essi importi - contrariamente a quanto supposto dai giudici d’appello una lesione del diritto di difesa del lavoratore incolpato che, nel caso di specie, ha ammesso gli addebiti rivoltigli, pur ascrivendoli a mere distrazioni, così ad ogni modo sanando anche ogni ipotetico vizio procedimentale pertanto prosegue il ricorso - il diritto di difesa del dipendente è stato rispettato anche in concreto inoltre l’audizione personale dell’interessato costituisce un mero atto endoprocedimentale sprovvisto di efficacia decisoria, in quanto tale inidoneo ad incidere negativamente sulle prerogative difensive del lavoratore che, infatti, può anche rinunciare all’audizione personale infine - conclude il ricorso – un eventuale vizio di composizione del collegio competente in materia disciplinare non sarebbe bastato a provocare l’annullabilità del provvedimento finale e ciò in virtù dell’art. 21 octies co. 2, secondo periodo, della legge n. 241/90, secondo il quale deve sempre essere effettuata la prova di resistenza al fine di stabilire se e in quale misura la violazione delle garanzie procedimentali abbia privato l’amministrazione di elementi istruttori in grado di far ipotizzare una decisione diversa. 2- Il ricorso è fondato. Si premetta che la questione se sia sempre necessaria la partecipazione di tutti i componenti d’un organo collegiale per la validità delle relative deliberazioni va risolto caso per caso in base al diritto positivo, non potendosi al riguardo trarre dall’ordinamento un principio generale né richiamare semplicemente l’antico brocardo secondo cui duo non faciunt collegium , principio generale che può invece essere riconosciuto solo per la fase relativa alla costituzione dell’organo collegiale, non essendo dubitabile che esso non possa legittimamente operare se non si sia costituito mediante la nomina di tutti i suoi componenti cfr. Cass. n. 1421/2000, richiamata, in seguito, da Cass. n. 8969/2000 e da Cass. n. 15056/2000 . Anche la giurisprudenza amministrativa è consolidata nello statuire che il collegio perfetto non è un modello indispensabile per gli organi collegiali amministrativi, dovendosi avere riguardo alle peculiarità della relativa disciplina Cons. Stato n. 2500/14 Cons. Stato n. 3363/11 . Né questa Corte Suprema cfr. Cass. S.U. n. 603/99 Cass. S.U. n. 39/99 ha mai ritenuto necessario, a fini di rispetto dell’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che organi con attribuzioni disciplinari - come quello di cui si discute nella presente controversia - siano collegi perfetti. Neppure rileva il richiamo - operato dalla difesa del controricorrente - a Corte cost. n. 128/95 avente ad oggetto lo scrutinio di legittimità costituzionale dell’art. 61 co. 4 d.P.R. n. 3/57, sentenza che, anzi, in motivazione afferma che la configurazione di una commissione disciplinare come collegio perfetto non costituisce un principio generale, comune a tutti i rapporti di pubblico impiego. Ad esempio - prosegue il giudice delle leggi - per alcune categorie nell’ambito del pubblico impiego sono previste commissioni di disciplina che deliberano con la partecipazione della maggioranza qualificata e non della totalità dei componenti si vedano, ad esempio, l’art. 21 della legge 3 aprile 1979, n. 103 e l’art. 12 della legge 27 aprile 1982, n. 186 , anche in casi nei quali il procedimento disciplinare si svolge in forme giurisdizionali art. 1 della legge 30 dicembre 1988, n. 561 . Continua la citata sentenza n. 128/95 con il puntualizzare che la configurazione delle commissioni di disciplina come collegi perfetti non è neppure coessenziale alla funzione di valutazione e di giudizio propria di questi organi, tanto più che la variabilità numerica dei componenti è prevista talvolta anche per i collegi giurisdizionali cfr. Corte cost. n. 284/86 . Quanto al diritto di difesa dell’incolpato art. 24 Cost. , esso non si estende oltre la sfera della giurisdizione sino a coprire ogni procedimento contenzioso di natura amministrativa, ma rispecchia un valore inerente ai diritti inviolabili della persona e contribuisce a dare concreto spessore anche all’imparzialità dell’amministrazione art. 97 Cost. , che nell’esercizio della potestà sanzionatoria deve porre l’incolpato in grado di far ascoltare e far valutare le proprie ragioni da chi è chiamato a decidere il che è avvenuto nel caso di specie . Ciò premesso, nella vicenda in discorso non si rinvengono precetti da cui ricavare che l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari abbia la natura di collegio perfetto. L’art. 55 bis co. 4 d.lgs. n. 165/01 si limita a stabilire che ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individui l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2. Sia le parti che la gravata pronuncia danno per pacifico che l’Ufficio per i procedimenti disciplinari costituito presso l’amministrazione ricorrente ha una composizione collegiale di tre membri e che soltanto l’audizione dell’odierno controricorrente è avvenuta da parte di due soli componenti dell’Ufficio medesimo, mentre l’atto terminale del procedimento vale a dire l’irrogazione della sanzione espulsiva è stata adottata dal collegio composto nella sua interezza. Ritiene la gravata pronuncia trattarsi di collegio perfetto perché il provvedimento n. 27 del 25.1.11 dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia, nel riorganizzare l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, aveva previsto che esso operasse nella composizione sotto indicata seguivano i nomi dei tre componenti pertanto - sempre secondo la Corte territoriale - visto il tenore letterale del citato provvedimento, l’incompletezza del collegio anche soltanto in sede di audizione del lavoratore incolpato, menomandone le possibilità di difesa, importerebbe nullità dell’atto terminale vale a dire del licenziamento disciplinare per cui è causa . L’assunto non può condividersi, a tal fine apparendo neutro il dato letterale del citato provvedimento n. 27 del 25.1.11 dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia valorizzato dalla gravata pronuncia. Infatti, stabilire che l’ufficio opererà nella composizione sotto indicata non vuol dire che esso debba necessariamente farlo, ma solo che la sua composizione è normalmente collegiale e che i nominativi dei suoi componenti sono specificamente individuati, il che lascia impregiudicata la questione del suo carattere perfetto o imperfetto. Uno dei criteri più sicuri per individuare il carattere perfetto d’un collegio operante presso una pubblica amministrazione è dato dalla previsione di componenti supplenti accanto a quelli effettivi, essendo lo scopo della supplenza quello di garantire la continuità e la tempestività di funzionamento del collegio medesimo, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall’impedimento di taluno dei suoi componenti. Significativa in proposito è la costanza della giurisprudenza amministrativa cfr. Cons. Stato n. 324/06 Cons. Stato n. 543/06 Cons. Stato n. 5359/05 . Altro criterio identificativo d’un collegio perfetto si ricava dal riflettere la sua composizione professionalità complementari tra loro, sicché ogni componente è infungibile rispetto agli altri cfr. Cons. Stato n. 524/07 Cons. Stato n. 400/07 Cons. Stato n. 543/06 Cons. Stato n. 5139/02 . Nulla di tutto ciò emerge dalla sentenza impugnata. Neppure qualificare l’Ufficio de quo come collegio perfetto gioverebbe all’odierno controricorrente. Infatti, il principio del collegio perfetto - e, dunque, della necessaria presenza di tutti i membri della commissione - concerne solo le attività valutative e deliberative vere e proprie rispetto alle quali sussiste l’esigenza che tutti i suoi componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà collegiale e non anche quelle preparatorie, istruttorie o strumentali, verificabili a posteriori dall’intero consesso cfr., nella giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato n. 5187/15 Cons. Stato n. 40/15 . E nel caso in esame è indubbio che l’audizione dell’incolpato è attività istruttoria che ben può essere, poi, oggetto di verifica a posteriori da parte del plenum del collegio, non applicandosi nella specie un principio analogo a quello previsto - in differente contesto - dall’art. 525 co. 2 c.p.p. che, per altro, va inteso con le precisazioni che ne circoscrivono i limiti anche all’interno del processo penale cfr. Cass. pen. n. 19074/11 . Non diversa è la giurisprudenza di questa Corte Suprema là dove statuisce che anche un organo collegiale composto da tre persone, una volta che sia stato regolarmente costituito, può legittimamente deliberare purché il numero dei componenti non scenda al di sotto del quorum, con la conseguenza che esso può funzionare anche con la sola presenza di due, sempre che la legge che ne disciplina il funzionamento non preveda diversamente conf. Cass. n. 15129/04 Cass. n. 12107/04 . Infine, se è vero che il funzionamento d’un organo collegiale deve necessariamente essere pluripersonale, non potendosi trasformare in organo monocratico in quanto la monocraticità elude le ragioni stesse di efficienza amministrativa e imparzialità che hanno suggerito la composizione collegiale cfr., in motivazione, Cass. n. 24157/15 , nondimeno nel caso in oggetto il carattere pluripersonale dell’ufficio competente per i procedimenti disciplinari è stato rispettato all’audizione del lavoratore incolpato erano presenti due dei tre componenti l’ufficio . Né vi è stata violazione alcuna del diritto di difesa dell’odierno controricorrente, che si riferisce alle possibilità di esplicitare ogni ragione a discolpa e di provare l’infondatezza dell’addebito disponendo di termini adeguati per farlo non è questa la censura accolta dalla Corte territoriale e, quindi, non presenta connessione alcuna con il numero di persone che in concreto ascoltino e verbalizzino le giustificazioni offerte. Cosa diversa è, invece, la necessità o meno che l’atto terminale del procedimento venga adottato dall’ufficio nella sua completa composizione, ma è questione che non viene in rilievo nella presente sede, pacifico essendo che il licenziamento è stato deliberato dall’ufficio composto da tutti e tre i suoi membri. 3- In conclusione, il ricorso è da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che dovrà attenersi ai seguenti principi a tranne che in caso di organi giurisdizionali un collegio deve intendersi come perfetto solo quando la legge, esplicitamente o implicitamente, lo disponga b in un collegio perfetto la presenza di tutti i suoi componenti è necessaria soltanto per le attività decisorie e non anche per quelle preparatorie, istruttorie o strumentali verificabili a posteriori dall’intero consesso c in nessun caso un collegio può operare in composizione monopersonale. Sempre il giudice di rinvio dovrà verificare nel merito la fondatezza o meno degli addebiti disciplinari mossi all’odierno controricorrente e, in caso di esito affermativo, accertare se risulti ad essi proporzionata la sanzione espulsiva. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.