‘Comporto’ esaurito, ma l’azienda le concede l'aspettativa: licenziata per l’ulteriore assenza

A conclusione prossima del periodo di aspettativa l’invito a riprendere servizio nella nuova sede. La mancata risposta positiva della dipendente spinge la datrice di lavoro ad optare per il provvedimento più duro il licenziamento per superamento del periodo di comporto. Operazione regolare, sanciscono ora i Magistrati.

Esaurito il periodo di comporto”. Sfruttata in pieno la aspettativa” concessa successivamente dall’azienda. La dipendente decide di rimanere ancora a casa, nonostante l’invito a riprendere di nuovo servizio. Tutto ciò conduce, in maniera inevitabile, al licenziamento. Regge la motivazione utilizzata dalla datrice di lavoro, ossia superamento del periodo di comporto Cassazione, sentenza n. 6697/2016, sezione Lavoro, depositata oggi . Assenze. Ricostruita nei dettagli, e calendario alla mano, la vicenda. La donna, dipendente di un istituto di credito, è assente per malattia da aprile a dicembre del 2006. Una volta scaduto il periodo di comporto , però, ella vede accogliere la domanda di aspettativa . All’avvicinarsi della scadenza del periodo di aspettativa , ossia fine agosto 2007, l’azienda la invita a riprendere servizio nella sede di lavoro dove è stata ufficialmente trasferita, come da regolare comunicazione avvenuta a inizio agosto 2007. E, a fronte della nuova assenza della donna, i vertici dell’istituto di credito optano per il licenziamento. Operazione, questa, illegittima, però, secondo i giudici di merito. Accolta, di conseguenza, la richiesta di reintegra presentata dalla donna. Decisiva, per i giudici, la constatazione che il licenziamento è stato intimato dopo nove mesi dal superamento del periodo di comporto . Recesso. Errore clamoroso, secondo i giudici di merito, da parte dell’azienda. A loro dire emerge dai fatti, ossia dalla condotta dell’azienda, la rinuncia ad esercitare il diritto di recesso nei confronti della lavoratrice. Tale visione, duramente contestata dai legali che rappresentano in aula la banca, viene però demolita dai Magistrati della Cassazione. Ciò alla luce di una semplice considerazione nel caso di concessione di un periodo di aspettativa, successivo a quello di malattia, i limiti temporali per procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto devono essere ulteriormente dilatati, in modo da comprendere anche la durata dell’aspettativa . E irrilevante è il fatto che l’aspettativa sia stata concessa dopo l’esaurimento del periodo di comporto , anche perché l’azienda ha ritenuto prioritaria la situazione personale della lavoratrice . Di conseguenza, per i Giudici non si può affatto parlare di rinuncia tacita al recesso per superamento del periodo di comporto , soprattutto tenendo presente che la banca ha invitato la dipendente a riprendere servizio appena scaduto il periodo di aspettativa . Assolutamente legittimo, quindi, il licenziamento deciso dai vertici dell’istituto di credito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 gennaio – 6 aprile 2016, numero 6697 Presidente Di Cerbo – Relatore Balestrieri Svolgimento dei processo Con ricorso al Tribunale di Cosenza, F.C., già dipendente dei Banco di Roma e quindi di UNICREDIT s.p.a., esponeva di essere stata oggetto di comportamenti vessatori da parte della Banca sin dal 2005 che a causa di ciò si era assentata per malattia dall'aprile 2006 che in data 27.12.06 il suo periodo di comporto era scaduto che a seguito di nota della Banca 26.1.07 presentava domanda di aspettativa che veniva accolta che nel corso dell'aspettativa, in data 1.8.07, veniva trasferita in Bari che in data 31.8.07 la Banca le comunicava che anche il periodo di aspettativa si era esaurito il 28.8.07, sicché veniva invitata a riprendere servizio presso la sede di Bari che in data 4.9.07 veniva licenziata per superamento del comporto. La ricorrente contestava il licenziamento, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro con le conseguenze di cui all'art. 18 L. numero 300\1970, oltre al risarcimento dei danno biologico. Il Tribunale accoglieva la domanda, ad eccezione di quella risarcitoria. Proponevano appello sia la UNICREDIT s.p.a. che la lavoratrice. Con sentenza depositata il 15 maggio 2012, la Corte d'appello di Catanzaro, riuniti i gravami, li rigettava entrambi, ritenendo in particolare che il licenziamento era stato intimato dopo nove mesi dal superamento dei periodo di comporto. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la UNICREDIT s.p.a., affidato a due motivi, poi illustrati con memoria. Resiste la C. con controricorso. Motivi della decisione 1.-Con il primo motivo la Banca ricorrente denuncia una omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. in ordine alla pretesa rinuncia da parte della Banca a esercitare il diritto di recesso. Lamenta che, a differenza del licenziamento disciplinare, nel licenziamento per superamento del periodo di comporto non vi è un principio di immediatezza dei recesso, sussistendo all'opposto un ragionevole spatium deiiberandi da parte del datore di lavoro al fine di valutare l'utilità ed opportunità della cessazione del rapporto di lavoro nel contesto dato. In ogni caso solo dal momento dell'effettivo rientro in servizio del lavoratore assente per malattia poteva valutarsi una effettiva e prolungata inerzia dei datore di lavoro contrattualmente significativa. Evidenzia che nella specie dopo la fruizione del periodo di comporto la lavoratrice aveva richiesto il periodo di aspettativa previsto dal c.c.numero l., che le era stato riconosciuto, sicché non poteva parlarsi di inerzia della datrice di lavoro o di tacita rinuncia al diritto di recesso. Né poteva concordarsi con l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l'aspettativa venne concessa al di fuori dei limiti temporali previsti dal c.c.numero i., avendo la C. richiesto l'ulteriore periodo di assenza a decorrere dal giorno di esaurimento del periodo di comporto che comunque non poteva sanzionarsi la Banca per aver concesso l'aspettativa richiesta al solo fine di consentire alla lavoratrice di recuperare appieno le sue energie psicofisiche e di riprendere il servizio. Parimenti non era condivisibile il rilievo dato dalla sentenza impugnata al trasferimento in Bari del 1.8.07, non trattandosi di atto di gestione del rapporto lavorativo, avendo la Banca solo dato seguito, durante il concesso periodo di aspettativa, ad una esplicita richiesta della lavoratrice in tal senso per ragioni familiari. Al termine dell'aspettativa la Banca aveva poi invitato la lavoratrice a riprendere il servizio, pena la risoluzione del rapporto. 1.1-II motivo è fondato ed assorbe l'intero ricorso. Deve premettersi che nella specie non è applicabile il nuovo testo del numero 5 dei comma 1 dell'art. 360 c.p.c. e che il denunciato vizio di motivazione emerge direttamente dalla sentenza e non dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità cfr. sul punto Cass. numero 17977\2011 . ! La sentenza impugnata, infatti, ha ritenuto fondamentalmente cfr. pag. 6 che l'azienda avesse atteso 'ben nove mesi dal superamento dei periodo di comporto per licenziare la lavoratrice, senza considerare che in concomitanza dello scadere dei comporto stesso 27.12.06 la lavoratrice aveva richiesto di usufruire dell'aspettativa prevista dal c.c.numero i. di categoria, scaduta alla fine di agosto 2007, con invito della Banca a riprendere servizio 31.8.07 , pena il recesso, che in effetti intervenne in data 4.9.07. Deve dunque notarsi che nel caso di concessione di un periodo di aspettativa, successivo a quello di malattia, i limiti temporali per poter procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto devono essere ulteriormente dilatati, in modo da comprendere anche la durata dell'aspettativa ex aliis, Cass. numero 12233\2013 . Non rileva al riguardo quanto accennato nella sentenza impugnata e cioè che l'aspettativa sarebbe stata concessa dopo l'esaurimento dei periodo di comporto, in difformità di quanto previsto dall'art. 50 del c.c.numero l. di categoria, rilevando piuttosto, per i fini che qui interessano eventuale rinuncia tacita al recesso che la dipendente abbia richiesto l'aspettativa prevista dal c.c.numero l. e che la Banca, considerata la situazione personale della lavoratrice, l'abbia concessa. In sostanza in tal caso, al pari dei trasferimento in Bari a valere dal momento della ripresa dei servizio 29.8.07 , non può parlarsi in alcun modo di rinuncia tacita al recesso per superamento del periodo di comporto avendo peraltro il datore di lavoro invitato la lavoratrice a riprendere servizio appena scaduto il periodo di aspettativa , essendo a tal fine necessario valutare il comportamento del datore di lavoro dal momento della ripresa del servizio a seguito della fruizione dei comporto e di aspettativa comunque concessa e sempre connessa allo stato di malattia che si traduca in una prolungata inerzia datoriale, sintomatica della volontà di rinuncia al potere di licenziamento e tale da ingenerare un corrispondente incolpevole affidamento da parte dei dipendente Cass. numero 24899\2011, Cass. numero 19400\2014 , gravando peraltro su quest'ultimo l'onere di provare tale circostanza Cass. numero 19400\2014 . Resta poi fermo il principio, più volte enunciato da questa Corte, secondo cui nel licenziamento per superamento dei periodo di comporto per malattia ivi compresa l'eventuale aspettativa concessa l'interesse del lavoratore alla certezza della vicenda contrattuale va contemperato con un ragionevole spatium deliberandi che va riconosciuto al datore di lavoro perchè egli possa valutare nel complesso la convenienza ed utilità della prosecuzione del rapporto in relazione agli interessi aziendali cfr. ex aliis, Cass. numero 7037\2011 . Nella specie il recesso segue di pochi giorni la cessazione del periodo di aspettativa. Deve dunque affermarsi il seguente principio in caso di malattia dei dipendente, la concessione, di fatto, da parte del datore di lavoro, del periodo di aspettativa previsto dal c.c.numero l. di categoria, ancorché richiesto allorquando il periodo di comporto sia già esaurito, non elimina l'effetto di giustificare l'assenza sino allo scadere del periodo di aspettativa, restando escluso che il licenziamento intimato pochi giorni dopo l'esaurimento della detta aspettativa, possa considerarsi illegittimo, sia sotto il profilo della rinuncia tacita al recesso per superamento dei comporto, sia sotto il profilo dell'affidamento del dipendente circa la prosecuzione dei rapporto. 3.- II motivo deve pertanto accogliersi, restando assorbita la seconda censura inerente la violazione dell'art. 50 del c.c.numero l. in materia di aspettativa in relazione al potere di licenziamento del datore di lavoro. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, e non essendo stata ricorsa la sentenza d'appello quanto al rigetto delle domande inerenti il dedotto danno biologico da demansionamento, la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda inerente l'illegittimità del licenziamento. Le alterne vicende della lite in ordine alla valutazione dei fatti di causa, giustificano la compensazione delle spese dell'intero processo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, dei d.P.R. numero 115\02, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 numero 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda inerente l'illegittimità del licenziamento proposta dalla C Compensa tra le parti dell'intero processo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, dei d.P.R. numero 115\02, la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13.