L’INAIL ha 3 anni per esercitare l’azione di regresso

In tema di infortunio sul lavoro per il quale sia stata esercitata l’azione penale, ove il relativo processo si sia concluso con sentenza di non doversi procedere, il termine triennale di decadenza previsto per l’esercizio dell’azione di regresso da parte dell’INAIL decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla sua mera emanazione.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 4225, depositata il 3 marzo 2016. Il caso. La Corte di Appello di Napoli, riformando la pronuncia di primo grado, respingeva l’azione di regresso avanzata dall’INAIL nei confronti di un datore di lavoro, per il recupero di quanto corrisposto ad un dipendente di quest’ultimo vittima di un infortunio sul lavoro. Ad avviso dei Giudici di merito il termine triennale per l’esercizio di tale azione, previsto dall’art. 112, comma 5, d.P.R. n. 1124/1965 a mente del quale l’azione di regresso non può istituirsi dopo trascorsi tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere [ ]. L'azione di regresso [ ] si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile , nel caso di mancato accertamento della responsabilità penale decorreva dal momento in cui è stata emessa la sentenza di proscioglimento nella specie per prescrizione del reato e che solo nel caso di sentenza di condanna bisognasse attendere, ai fini del decorso del termine, l’irrevocabilità dell’accertamento. Nel caso di specie, pertanto, al momento del deposito dell’atto introduttivo i.e. 28 febbraio 2003 la prescrizione risultava ormai decorsa, poiché il dies a quo doveva essere individuato nella data di emissione della sentenza che accertava l’avvenuta prescrizione del reato i.e. 4 febbraio 2000 e non nella data di irrevocabilità della sentenza i.e. 10 marzo 2000 . Contro tale sentenza l’Istituto ricorreva alla Corte di Cassazione, affidandosi ad unico articolato motivo. L’emissione della sentenza è irrilevante. In particolare, l’INAIL lamentava come il summenzionato comma 5 dell’art. 112, d.P.R. n. 1124/1965 prevedesse due diverse fattispecie i la prima, caratterizzata dal mancato accertamento di un fatto-reato da parte del Giudice penale e ii la seconda, caratterizzata dall’esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna. Alle due ipotesi corrispondevano, nella ricostruzione dell’Istituto, altrettanti limiti all’esercizio dell’azione di regresso i nel primo caso ai sensi della prima parte della norma in commento , vi era un termine triennale di decadenza decorrente dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale di non doversi procedere ii nel secondo caso ai sensi dell’ultima parte della stessa norma , vi era invece un termine triennale di prescrizione decorrente dal giorno nel quale la sentenza penale di condanna è divenuta irrevocabile. Interpretazione che viene condivisa dalla Cassazione la quale, ribadendo il principio esposto in massima in precedenza già affermato da Cass. n. 5947/2008 , accoglie il ricorso. Ed infatti, ad avviso della Corte, nel caso di specie l’azione penale era stata in concreto esercitata e si era conclusa con una sentenza di proscioglimento per essere il reato estinto per prescrizione ragion per cui il dies a quo del termine triennale per l’esercizio dell’azione di regresso dell’INAIL [ ] non poteva che decorrere dal momento della irrevocabilità di tale pronuncia . Regole parzialmente diverse si applicano all’archiviazione del reato. Richiamando diversi suoi precedenti Cass. nn. 1061/2012 11722/2000 , la Cassazione rileva inoltre come la nozione di passaggio in giudicato muti in funzione del provvedimento esaminato. In particolare, nella sola particolare ipotesi in cui il Giudice penale emetta un decreto di archiviazione - assistito da una, pur limitata, efficacia preclusiva dell’azione penale - il dies a quo per l’azione di regresso esperibile dall’INAIL decorre dalla data della relativa emissione, trattandosi di atto la cui rimozione deve essere autorizzata dal giudice . E se l’azione penale non viene esercitata? Sotto altro profilo, richiamando il precedente delle SS.UU. n. 5160 del 2015, la Cassazione chiarisce infine che nella diversa ipotesi di mancato esercizio dell’azione penale [ ] l’azione di regresso dell’INAIL nei confronti del datore di lavoro può essere esercitata nel termine triennale previsto dall’art. 112, d.P.R. n. 1124/1965 che, stante la il principio di stretta interpretazione delle norme in tema di decadenza, ha natura di prescrizione e [ ] decorre dal momento di liquidazione dell’indennizzo al danneggiato ovvero, in caso di rendita, dalla data di costituzione della stessa , il quale costituisce il fatto certo e costitutivo del diritto sorto dal rapporto assicurativo .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2015 – 3 marzo 2016, numero 4225 Presidente Macioce – Relatore Blasutto Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il 28 febbraio 2003 l'INAIL agiva in regresso nei confronti di P.T., amministratore della Sidit s.r.l., per il recupero di quanto corrisposto all'assicurato M.P., dipendente della società, infortunatosi durante l'esecuzione della prestazione lavorativa. Rappresentava che, all'esito del processo penale, il T. era stato prosciolto per prescrizione del reato con sentenza dibattimentale pubblicata il 4 febbraio 2000 e divenuta irrevocabile il 10 marzo 2000. 2. Si costituiva il T. che eccepiva la prescrizione del diritto dell'INAIL di agire in via di regresso. L'eccezione veniva respinta dal Tribunale di Napoli, il quale riteneva che il termine triennale per l'esercizio dell'azione di regresso dell'INAIL nei confronti del datore di lavoro di cui all'articolo 112 d.P.R. numero 1124 del 1965 decorre dal giorno in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile, e poiché la sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato era divenuta irrevocabile il 10 marzo 2000, il ricorso proposto dall'INAIL era tempestivo, essendo stato depositato il 28 febbraio 2003. 3. Tale sentenza veniva riformata dalla Corte di appello di Napoli che, con sentenza depositata il 23 giugno 2010, in accoglimento dell'appello proposto dal T., riteneva, diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice, che il termine di cui all'articolo 112, comma 5, d.P.R. numero 1124/1965 decorresse, nel caso di mancato accertamento della responsabilità penale, dal momento in cui viene emessa la sentenza di proscioglimento nel caso di specie per prescrizione del reato e che solo nel caso di sentenza di condanna occorresse attendere, ai fini del decorso del termine, il momento della irrevocabilità dell'accertamento della responsabilità penale. Nella specie, il termine di prescrizione era completamente decorso al momento del deposito dell'atto introduttivo 28 febbraio 2003 , poiché il dies a quo del termine doveva ravvisarsi nella data di emissione della declaratoria di improcedibilità per essere il reato estinto per prescrizione 4 febbraio 2000 e non nella data di irrevocabilità della sentenza 10 marzo 2000 . 4. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INAIL con unico motivo. Il T. è rimasto intimato. Motivi della decisione 1. Con unico motivo l'INAIL, denunciando violazione degli artt. 10, 11 e 112 d.P.R. numero 1124/65 articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. , richiama la sentenza numero 3288 del 1997 delle Sezioni Unite della Corte, secondo cui l'ultimo comma dell'articolo 112 del d.P.R. 30 giugno 1965 numero 1124 contempla, nelle norme contenute nelle due parti del comma, due fattispecie diverse, previste allorché esisteva la pregiudizialità penale, delle quali la prima è caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto-reato da parte del giudice penale, e la seconda, invece, dall'esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna, pronunciata nei confronti del datore di lavoro o dei suoi dipendenti o dello stesso infortunato correlativamente l'azione di regresso dell'I.N.A.I.L. soggiace, nella prima ipotesi ai sensi della prima parte dell'ultimo comma dell'articolo 112 su richiamato al termine triennale di decadenza che insuscettibile di interruzione decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale di non doversi procedere e, nella seconda ipotesi ai sensi dell'ultima parte dell'ultima parte dello stesso articolo 112 , al termine triennale di prescrizione, che decorre dal giorno nel quale è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna. 2. II motivo è meritevole di accoglimento. 3. Ai sensi dell'ultimo comma dell'articolo 112, d.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124, il giudizio civile di cui al precedente articolo 11 non può istituirsi dopo trascorsi tre anni dalla sentenza penale che ha dichiarato di non doversi procedere per le cause indicate dallo stesso articolo, quali la morte dell'imputato o l'intervenuta amnistia del reato, e l'azione di regresso di cui all'articolo 11 si prescrive in ogni caso nel termine di tre anni dal giorno nel quale la sentenza penale è divenuta irrevocabile. 3.1. La norma contempla, nelle disposizioni anzidette, due fattispecie diverse, delle quali la prima è caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto - reato da parte dei giudice penale e la seconda, invece, dall'esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna pronunciata nei confronti del datore di lavoro o di suoi dipendenti o dello stesso infortunato . 4. La Corte di appello ha ritenuto che, trattandosi di ipotesi ricadente nell'alveo applicativo della prima fattispecie, ossia di sentenza di non doversi procedere per prescrizione del reato che, al pari del proscioglimento per amnistia o per morte del reo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 22 del 1967 e della sentenza numero 6428 del 1990 delle Sezioni Unite, attribuisce ai giudice civile il potere di accertamento, con la conseguenza che anche in tale ipotesi l'azione di regresso dell'INAIL deve essere proposta entro tre anni dalla data della sentenza penale , occorresse fare riferimento alla data di emissione della sentenza penale di non doversi procedere e non alla data del suo passaggio in giudicato. 5. Tuttavia, come evidenziato da Cass. numero 5947 del 2008, la sentenza delle Sezioni Unite numero 3288 dei 1997, interpretata alla stregua dei tenore della motivazione ed in particolare del suo paragrafo e , aveva dato rilievo al momento della irrevocabilità della pronuncia e non al momento della sua emissione, affermando che l'ultimo comma dell'articolo 112 dei d.P.R. 30 giugno 1965 numero 1124 contempla, nelle norme contenute nelle due parti dei comma, due fattispecie diverse, previste allorché esisteva la pregiudizialità penale, delle quali la prima è caratterizzata dalla mancanza di un accertamento del fatto-reato da parte del giudice penale, e la seconda, invece, dall'esistenza di tale accertamento con sentenza penale di condanna pronunciata nei confronti del datore di lavoro o dei suoi dipendenti o dello stesso infortunato correlativamente l'azione di regresso dell'I.N.A.I.L. soggiace , nella prima ipotesi ai sensi della prima parte dell'ultimo comma dell'articolo 112 su richiamato al termine triennale di decadenza che insuscettibile di interruzione decorre dalla data della sentenza penale di non doversi procedere id est dal momento del suo passaggio in giudicato , e, nella seconda ipotesi ai sensi dell'ultima parte dell'ultima parte dello stesso articolo 112 , al termine triennale di prescrizione, che decorre dal giorno nel quale è divenuta irrevocabile la sentenza penale di condanna . 6. Ritiene il Collegio condivisibile il principio di diritto espresso da Cass. numero 5947 del 2008, in sintonia con S.U. numero 3288 del 1997 vedi pure Cass. numero 5812 del 1996 e numero 10097 del 1998 secondo cui, in tema di infortunio sul lavoro per il quale sia stata esercitata l'azione penale, ove il relativo processo si sia concluso con sentenza di non doversi procedere, il termine triennale di decadenza previsto per l'esercizio dell'azione di regresso dell'INAIL, di cui all'articolo 112 del d.P.R. numero 1124 del 1965, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza penale e non dalla mera emanazione della sentenza, non essendovi stato un accertamento dei fatti-reato da parte del giudice penale. 6.1. Premesso che nella fattispecie in esame è stata esercitata l'azione penale e il giudizio si è concluso in sede dibattimentale con sentenza di proscioglimento per essere il reato estinto per prescrizione, il dies a quo del termine triennale per l'esercizio dell'azione di regresso dell'INAIL non poteva che decorrere dal momento della irrevocabilità di tale pronuncia. 7. Né rispetto a tale soluzione contrasta la recente pronuncia di questa Corte numero 1061 del 2012, la quale, come può evincersi dalla sua motivazione, essendo chiamata a decidere circa il decorso del termine in fattispecie in cui era stato emesso decreto di archiviazione, ha richiamato e condiviso l'orientamento espresso da Cass. numero 11722 del 2000. Questa aveva rilevato che, potendo intervenire il provvedimento liberatorio del giudice penale non solo nella fase dibattimentale ma anche nel momento della chiusura delle indagini preliminari, occorreva definire il concetto di passaggio in giudicato , esclusivo della sentenza dibattimentale, non potendo a questa limitarsi l'ambito di operatività della disposizione in esame. 7.1. La Corte ha dunque precisato che, per sentenza passata in giudicato deve necessariamente intendersi, qualora si tratti di provvedimento adottato nella fase precedente al dibattimento, quel provvedimento che preclude, se non nella presenza di una diversa situazione fattuale, la possibilità dell'avvio di nuove indagini, il che certamente è per la sentenza di non luogo a procedere, essendo subordinata la sua revoca al sopravvenire o alla successiva scoperta di nuove fonti di prova articolo 434 del codice di procedura penale . Ma ciò vale anche per il decreto di archiviazione emesso ai sensi dell'articolo 409 dello stesso codice, essendo anche esso assistito, diversamente da quanto era previsto per il provvedimento di cui all'articolo 74 del codice del 1930, da una - sia pure più limitata efficacia preclusiva, essendo la sua rimozione subordinata a una autorizzazione del giudice articolo 414 , la cui mancanza determina non solo l'impossibilità per il pubblico ministero di dare nuovo inizio alle indagini preliminari ma anche impedisce l'esercizio della azione penale che abbia per oggetto quei medesimi fatti e sia rivolta nei confronti della medesima persona Corte cost., sent. numero 27 del 1995 Cass.penumero 6 luglio 1999, numero 4717 . In tal caso, dunque, l'azione di regresso esperibile dall'INAIL contro il datore di lavoro, civilmente responsabile dell'infortunio sul lavoro di un suo dipendente, prevista l'articolo 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124, è assoggettata al termine triennale di decadenza insuscettibile d'interruzione , decorrente dalla data di emissione del provvedimento che, ancorché adottato nella fase precedente al dibattimento, precluda, se non in presenza di una diversa situazione fattuale, la possibilità dell'avvio di nuove indagini e l'esercizio dell'azione penale nei confronti della medesima persona. Con la conseguenza che, ove sia stato emesso, ai sensi dell'articolo 409 cod. proc. penumero , decreto di archiviazione, il termine decadenziale decorre dalle relative date di emissione, trattandosi di atto la cui rimozione deve essere autorizzate dal giudice . 7.2. Tali regole non rilevano nella fattispecie in esame, alla quale resta applicabile il principio espresso da S.U. numero 3288 del 1997 pronuncia che, peraltro, è stata espressamente richiamata e condivisa anche dalla sopra citata sentenza numero 1061 del 2012 8. Alla luce di ciò, deve concludersi che, in relazione alla prima delle due ipotesi previste dall'ultimo comma dell'articolo 112 del d.P.R. numero 1124 del 1965, essendosi dato inizio al procedimento penale per l'accertamento delle responsabilità a carico del datore di lavoro per l'evento occorso al lavoratore ed essendo stata emessa sentenza dibattimentale di proscioglimento per essere il reato estinto per prescrizione, il dies a quo del termine triennale per l'esercizio dell'azione di regresso da parte dell'INAIL decorre dalla data in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile. 8.1. Incidentalmente va notato che una sentenza di primo grado di proscioglimento per prescrizione ben potrebbe essere impugnata dal P.M., atteso che con sentenza in data 6 febbraio 2007 numero 26 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. numero 46 del 2006, nella parte in cui, sostituendo l'articolo 593 cod. proc. penumero , escludeva che il pubblico ministero potesse appellare contro le sentenze di proscioglimento, e dell'articolo 10, comma 2 della medesima legge nella parte in cui prevedeva che l'appello proposto dal P.M. contro una sentenza di proscioglimento prima della entrata in vigore dell'indicata legge fosse dichiarato inammissibile Cass. pen, numero 8080 e 8081 dei 2007, numero 12695 del 2007 . 9. Conclusivamente, la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi e va dunque cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione. 10. Per completezza, va segnalata la recente decisione numero 5160 dei 2015 delle Sezioni Unite di questa Corte, che, investite in merito al contrasto sorto in ordine alla individuazione dei dies a quo dei termine previsto dall'articolo 112 ult. comma T.U. 1124/1965 nell'ipotesi - diversa da quella in esame - di mancato esercizio dell'azione penale e alla necessità di un chiarimento anche circa la natura del termine, hanno precisato che in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, l'azione di regresso dell'INAIL nei confronti del datore di lavoro può essere esercitata nel termine triennale previsto dall'articolo 112 del d.P.R. 30 giugno 1965, numero 1124, che, stante il principio di stretta interpretazione delle norme in tema di decadenza, ha natura di prescrizione e, ove non sia stato iniziato alcun procedimento penale, decorre dal momento di liquidazione dell'indennizzo al danneggiato ovvero, in caso di rendita, dalla data di costituzione della stessa , il quale costituisce il fatto certo e costitutivo dei diritto sorto dal rapporto assicurativo, dovendosi ritenere che detta azione, con la quale l'Istituto fa valere in giudizio un proprio credito in rivalsa, sia assimilabile a quella di risarcimento danni promossa dall'infortunato, atteso che il diritto viene esercitato nei limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionale a sanzionare il datore di lavoro, consentendo, al contempo, di recuperare quanto corrisposto al danneggiato . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese.