Seduto lontano dal macchinario a lui affidato: a rischio il posto dell’operaio

Linea dura, quella dell’azienda la condotta attribuita all’uomo è sanzionata col licenziamento. Tale provvedimento, però, viene messo ancora in discussione. Necessaria una ricostruzione più precisa della vicenda. E allo stesso tempo va valutata anche la prassi presente nello stabilimento.

Distante, troppo distante, dal macchinario a lui affidato. Per questo motivo la società mette alle porte l’operaio. Ma una prassi aziendale può mettere in discussione il licenziamento Cassazione, sentenza n. 2328/16, sezione Lavoro, depositata il 5 febbraio . Posto di controllo. Posizione indifendibile, almeno in apparenza, quella dell’operaio. L’uomo, secondo quanto sostenuto dall’azienda, è stato sorpreso addormentato sul posto di lavoro nonostante avesse un macchinario da monitorare lungo la catena di montaggio. A rendere la sua condotta ancora più grave, poi, il fatto che non si sia adeguato ai richiami e agli ordini ricevuti dal suo superiore gerarchico . Per i vertici dell’impresa il licenziamento è l’unica soluzione possibile. E tale valutazione è condivisa dai giudici di merito, che ritengono evidente la gravità del comportamento tenuto dall’operaio nello stabilimento. Prassi. Ma la lettura della vicenda non è poi così semplice A esprimere non pochi dubbi sono i Giudici della Cassazione. E ciò dà forza alle obiezioni mosse dal lavoratore. Nodo gordiano è la ricostruzione dei due episodi attribuiti all’operaio. Su questo fronte i giudici di merito hanno utilizzato le dichiarazioni del direttore dello stabilimento e di un dipendente quelle parole son state ritenute sufficienti per prendere atto della violazione compiuta dall’operaio. Ma non possono essere ignorati, ribattono i magistrati, i resoconti fatti da altri testimoni . Le differenti, opposte versioni rendono non certi i comportamenti attribuiti all’operaio. Davvero, ci si domanda ancora, egli era stato trovato la mattina a dormire su una sedia, senza operare alcun controllo sul macchinario a lui affidato? Ancora, davvero l’uomo era stato beccato seduto su uno sgabello a circa 7-8 metri dalla macchina ? E, va aggiunto, merita di essere presa in considerazione la tesi difensiva proposta dal lavoratore, secondo cui per prassi veniva tollerato che si sedesse a breve distanza dalla macchina , anche tenendo presente la elevata temperatura . E ciò, sempre secondo l’operaio, non ha mai fatto perdere il controllo sul macchinario . Tutto ciò spinge i Magistrati della Cassazione a mettere in discussione il licenziamento . Di conseguenza, ai giudici d’Appello viene chiesto un approfondimento sulla vicenda per verificare la tesi del lavoratore e per valutare la proporzionalità della sanzione decisa dall’azienda.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 novembre 2015 – 5 febbraio 2016, n. 2328 Presidente Stile – Relatore Bronzini Svolgimento del processo La Corte di appello di Ancona con sentenza del 22.10.2012 rigettava l'appello proposto da D.A.G. nei confronti della Soc. Prysmiam Cavi e Sistemi Energia Italia s.r.l. avverso la sentenza dei tribunale di Ascoli Piceno del 18.10.2011. La Corte di appello dava atto che si trattava dell'impugnazione di un licenziamento disciplinare da parte di un dipendente operaio sorpreso addormentato sul posto di lavoro con macchinario da monitorare nonché renitente, sebbene recidivo, ad adeguarsi ai richiami ed agli ordini dei suo superiore gerarchico, licenziamento ritenuto legittimo dal Giudice di prime cure. Circa la doglianza in ordine alla tardività del recesso la Corte osservava che il termine di dieci giorni fissati dal CCNL era stato rispettato in quanto la lettera di recesso era stata timbrata il 2 Agosto a fronte delle giustificazioni che erano pervenute il 23 Luglio in ogni caso la norma contrattuale si riferiva solo alla sanzioni non espulsive. La contestazione doveva ritenersi provata alla luce delle dichiarazioni rese dal teste B. circa il secondo episodio che aveva riferito di aver trovato il lavoratore seduto su di uno sgabello a circa 7/8 metri dalla macchina awolgitrice e di aver sentito la reazione offensiva del lavoratore al rimprovero verbale del direttore. Tale dichiarazione riscontrava la deposizione del direttore V. circa il primo episodio che aveva trovato la mattina il D.A. a dormire su una sedia senza operare alcun controllo sul macchinario. La sanzione irrogata era legittima anche alla luce dell'articolo 53 del CCNL considerata anche la reiterazione dell'abbandono nella stessa giornata da parte di un lavoratore già recidivo per infrazioni plurime, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D.A. con tre motivi resiste controparte con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione dell'articolo 53 comma sesto CCNL applicabile, nonché dell'articolo 7 L. n. 300/70 e degli artt. 1334 e 1135 c.c. e degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. II provvedimento di recesso era tardivo perché era stato ricevuto dopo il termine di 10 giorni stabilito dal CCNL. II motivo appare inammissibile in quanto non censura le due rationes decidendi poste a fondamento dei capo della sentenza impugnata sul punto della tardività del recesso. Si assume che il recesso sarebbe stato comunicato oltre il decimo giorno, ma la Corte di appello ha anche ritenuto con una intera pagina di motivazione che la norma contrattuale si applicasse solo alla sanzioni non espulsive, il che non viene in nulla contestato. In ogni caso dalla stessa formulazione dell'articolo 53 CCNL riportata al motivo risulta che il provvedimento di applicazione della sanzione deve essere emanato entro i 10 giorni dalle giustificazioni non comunicato . Con il secondo motivo si allega l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nonché la violazione dell'articolo 2797 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. II ricorrente si trovava solo a tre metri dalla macchina sia nel primo che nel secondo episodio ed aveva risposto educatamente alle contestazioni del direttore come confermato da numerosi testi era una prassi consentita quella di sedersi a breve distanza dalla macchina anche per la temperatura e non era stato procurato alcun danno all'azienda. La ricostruzione degli episodi fatta in sentenza non corrispondeva al reale andamento dei fatti. Con il terzo motivo si allega la violazione dell'articolo 2106 c.c. e dell'articolo 7 L. n. 300/70, e degli artt. 2697 c.c. e 115 e 116 c.p.c. Non era stata dimostrata o sufficientemente argomentata la proporzione tra i fatti commessi e la sanzione applicata. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, appaiono fondati e pertanto vanno accolti. La sentenza impugnata non offre una ricostruisce organica e puntuale dei due episodi contestati. La sentenza parla di precise, coerenti e concordanti deposizione dei testimoni pag. 4 , ma di tali dichiarazioni sono state riportate poche frasi del teste B. che costruirebbero secondo la Corte un riscontro logico alla deposizione del direttore V., le cui dichiarazioni non sono neppure sintetizzate. Emerge invece che furono sentiti numerosi altri testi la cui versione non viene menzionata così come non viene neppure esaminata la tesi dei lavoratore per cui per prassi veniva tollerato che il lavoratore sedesse a breve distanza dalla macchina per la temperatura elevata e che una breve distanza non faceva perdere il controllo sul macchinario. Questa carenza motivazionale e ricostruttiva è peraltro replicata in ordine alla gravità del fatto in relazione al quale, a parte la citazione di massime della Corte di cassazione, si richiama la disposizione dell'articolo 55 CCNL che si riferisce però all' abbandono dei posto di lavoro , circostanza che non sembra essersi verificata né nei primo che nel secondo episodio. Pertanto si impone l'accoglimento dei secondo e dei terzo motivo ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche in ordine alle spese, alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione che provvederà ad esaminare compiutamente l'istruttoria espletata con riferimento a tutti i testi esaminati e con verifica della tesi difensiva del lavoratore e provvederà, una volta ricostruiti i fatti, a valutare la proporzionalità tra gli stessi e la sanzione espulsiva irrogata. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione anche in ordine alle spese.