Criteri di individuazione dei lavoratori non specificati: sospensione dell’attività lavorativa illegittima … e contributi dovuti

In caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dell'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi. Di conseguenza saranno dovute le differenze contributive relative ai dipendenti illegittimamente collocati in CIGS.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro con la sentenza n. 2216, depositata il 4 febbraio 2016. La vicenda. Azione di Inps rivolta ad ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento di differenze contributive relative a lavoratori collocati illegittimamente in CIGS. L’Inps agiva in giudizio al fine di ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento di differenze contributive relative a lavoratori collocati illegittimamente in CIGS. Il Tribunale rigettava la domanda. La Corte d’appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando dovute le somme rivendicate dall’ente previdenziale. Ricorreva in Cassazione l’azienda per la riforma della pronuncia d’appello. L’indicazione dei criteri scelta dei lavoratori da collocare in Cassa. I motivi di censura proposti riguardano la presunta violazione dell’articolo 1 commi 7 e 8 della l. 23 luglio 1991 n. 223. Norma che così prevede nella formulazione vigente all’epoca dei fatti di causa I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista nel comma 8 devono formare oggetto delle comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dall'articolo 5 della l. 20 maggio 1975, n. 164. Se l'impresa ritiene, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell'unità produttiva interessata dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel programma di cui al comma 2 . Secondo l’azienda ricorrente la Corte di merito avrebbe errato, per aver ritenuto non osservato l’obbligo di rotazione del personale da sospendere dal lavoro né indicato in modo specifico i criteri di scelta dei lavoratori, diversi da quello della rotazione. La Suprema Corte non condivide le censure mosse dalla ricorrente, ritenendo la decisione resa dalla Corte di merito corretta ed ispirata a costante giurisprudenza di legittimità. Già si era espresso in precedenza il Supremo Collegio sul tema specifico, affermando che in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi, così da permettere la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri stessi, in base al combinato disposto degli art. 1, comma 7, l. 23 luglio 1991 n. 223, e 5, commi 4 e 5, l. 20 maggio 1975 n. 164. Dalla accertata illegittimità consegue che questa possa essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al g.o., in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata. E, ulteriore conseguenza, saranno dovute le differenze contributive derivanti dalla accertata sospensione illegittima della attività lavorativa. Indispensabile la specifica individuazione dei criteri di scelta dei lavoratori. Il mero rinvio ad esigenze tecniche, organizzative e produttive, senza una effettiva individuazione dei criteri di rotazione del personale o dei diversi criteri di scelta dei lavoratori da collocare in CIGS esporrebbe questi ultimi alla libera iniziativa ed alla discrezionalità del datore di lavoro, con pregiudizio dell’interesse dei lavoratori ad una gestione trasparente delle procedure di sospensione. Nello specifico l’azienda si era limitata ad individuare l’ufficio o il reparto di appartenenza dei lavoratori da sospendere e la loro qualifica ma ciò non può considerarsi sufficiente, non consentendo l’individuazione dei criteri di scelta adottati, al fine di far ricadere la collocazione in CIGS su di un soggetto piuttosto che di un altro. La decisione resa dalla Corte di merito con la sentenza impugnata appare dunque corretta e conforme ai principi di diritto affermati dai Giudici di legittimità. Con conseguente rigetto del ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 novembre 2015 – 4 febbraio 2016, n. 2216 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 27.6.09 la Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza n. 419/08 del Tribunale della stessa sede, dichiarava dovute dalla Idra Casting Machines S.r.l. all'INPS le differenze contributive relative ai dipendenti S.F., L. -B. e G.F per i periodi in cui essi erano stati illegittimamente collocati in CIGS. L'illegittimità della loro sospensione era dovuta al fatto che gli accordi intercorsi ex lege n. 223/91 con le organizzazioni sindacali non contenevano alcun riferimento alla mancata attuazione dei meccanismi di rotazione del personale da collocare in CIGS, ma solo un geN.co riferimento ai criteri di scelta - dei lavoratori coinvolti nella sospensione - di cui all'art. 5 citata legge n. 223/91, in modo tale da non consentime un minimo di riconoscibilità. Per la cassazione della sentenza ricorrono con unico atto Idra Casting Machines S.r.l., ora INTEKCAPITAL S.p.A., e Idra S.r.l. cessionaria di ramo d'azienda dalla prima società , affidandosi a sette motivi. L'INPS resiste con controricorso. Le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione 1- Il primo motivo denuncia violazione degli arti. 1 co. 7° legge n. 223/91 per aver l'impugnata sentenza negato che l'indicazione contenuta nel verbale di esame congiunto con le organizzazioni sindacali e nella comunicazione di avvio della procedura di criteri quali, ad esempio, l'ufficio o reparto di appartenenza e le qualifiche dei lavoratori da sospendere fosse rispettoso della citata norma di legge, che - si obietta - in realtà prescrive soltanto che i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista nel co. 8° formi oggetto delle comunicazioni e dell'esame congiunto previsti dall'art. 5 legge n. 164/75. Il motivo 'è infondato. Si premetta che la sentenza impugnata ha accertato, con motivazione immune da vizi logico-giuridici, che gli accordi sindacali intercorsi nell'ambito della procedura di ricorso alla CIGS non contenevano alcun riferimento alla mancata attuazione dei meccanismi di rotazione del personale da sospendere, ma solo un geN.co riferimento ai criteri di scelta di cui all'art. 5 legge n. 223/91, in modo tale da non consentirne un minimo di riconoscibilità. Ne consegue che nella vicenda in oggetto trova applicazione l'ormai consolidata giurisprudenza di questa S.C. v. Cass. S.U. n. 302/2000 e successive conformi, fra le quali, da ultimo, Cass. n. 26587/11 , cui si è correttamente uniformata la gravata pronuncia, in forza della quale, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto degli art. 1 co. 7° legge n. 223/91 e 5 commi 4° e 5° legge n. 164/75. A ciò si aggiunga che la geN.cità dei meccanismi di rotazione eventualmente prescelti equivale ad omessa loro comunicazione, come statuito da Cass. n. 7459/2012, secondo cui la comunicazione di apertura del procedimento per la concessione della CIGS, ove assolutamente geN.ca in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all'individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione e in ordine all'adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi, rende impossibile qualunque valutazione in ordine alla coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, il che sostanzialmente viola l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 1 co. 7° legge n. 223/91. Né tale violazione può ritenersi sanata dall'effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare. In altre parole, non è consentito affidare la scelta dei lavoratori da sospendere o le modalità di loro rotazione in CIGS a non meglio specificate esigenze tecniche od organizzative, atteso che in tal modo l'individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali resterebbe abbandonata all'iniziativa e al mero potere discrezionale dell'imprenditore, con pregiudizio dell'interesse dei lavoratori ad una gestione trasparente delle sospensioni. Nel senso della geN.cità del mero rinvio ad esigenze tecniche, organizzative e produttive ai fini della rotazione v. anche Cass. n. 13240/09. Ed è indiscutibile che in quest'ottica menzionare, ad esempio, l'ufficio o il reparto di appartenenza e le qualifiche dei lavoratori da sospendere sia del tutto insufficiente, poiché serve a identificare, appunto, i lavoratori da collocare in CIGS, ma non anche il criterio che presiede a tale selezione. 2- Con i restanti motivi di ricorso si lamenta vizio di motivazione sui seguenti fatti controversi e decisivi per il giudizio avvenuta definizione delle modalità di applicazione della CIGS nei verbali di esame congiunto sottoscritti presso la Regione Lombardia secondo motivo avvenuta definizione dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere terzo motivo avvenuta ratifica, da parte dei lavoratori, del comportamento tenuto nella vicenda dalle organizzazioni sindacali quarto motivo dimostrazione delle modalità di scelta dei lavoratori sospesi e delle ragioni per le quali alcuni di essi erano stati esclusi dalla rotazione quinto motivo corresponsione ai lavoratori d'una somma di euro 250,00 mensili aggiuntiva al trattamento di CIGS sesto motivo contraddittoria affermazione che tutti i lavoratori illegittimamente collocati in CIGS avrebbero dovuto comunque svolgere un periodo di sospensione dal lavoro settimo motivo . Tali censure vanno disattese. Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo in realtà sollecitano soltanto una rivisitazione del materiale istruttorio affinché se ne fornisca una valutazione diversa da quella accolta dalla sentenza impugnata, operazione non consentita in sede di legittimità neppure sotto forma di denuncia di vizio di motivazione la cui verifica presupponga un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in punto di fatto, incompatibili con il giudizio innanzi a questa Corte Suprema. Ad essa spetta soltanto il sindacato sulle massime di esperienza adottate nella valutazione delle risultanze probatorie e il controllo della correttezza logico-giuridica del ragionamento seguito e delle argomentazioni sostenute, senza che ciò possa tradursi in un nuovo accertamento, ovvero nella ripetizione dell'esperienza conoscitiva propria dei gradi precedenti. Il sesto motivo ha ad oggetto una circostanza di fatto irrilevante ai fini del decidere, vertendo la controversia non sul quantum del trattamento economico percepito dai lavoratori durante la sospensione in CIGS e/o su loro pretese risarcitorie, ma - a monte - sulla legittimità della sospensione medesima e sulle conseguenti differenze contributive dovute all'INPS. Infine, quanto al settimo motivo, non si ravvisa contraddittorietà alcuna nella motivazione della gravata pronuncia, che si è limitata a segnalare - a fronte dell'obiezione che anche i dipendenti sopra menzionati avrebbero dovuto comunque effettuare dei turni di cassa integrazione - che sarebbe stato onere della società dimostrare come e in che misura tali lavoratori sarebbero stati collocati in CIGS in attuazione d'una corretta rotazione e che, ad ogni modo, l'accertata illegittimità del ricorso alla CIGS travolge definitivamente l'intero provvedimento il che rende vana ogni ulteriore supposizione . 3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi e in euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.