Chiusura della divisione aziendale: le dimissioni del lavoratore non sono giustificate

Allorché il datore di lavoro proceda, con scelta insindacabile nella sua discrezionalità in quanto espressione della libertà di iniziativa economica, alla chiusura di un reparto ed alla soppressione delle relative posizioni di lavoro, è da escludere che la sottrazione di mansioni radicale e in via definitiva costituisca giusta causa di recesso.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione – Sez. Lav., con la sentenza n. 25384, depositata il 17 dicembre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso dal dipendente di un istituto di credito, assunto con inquadramento al livello di dirigente bancario, al quale era stato riconosciuto, oltre a vari benefit, un pacchetto di stock options per l’acquisto di azioni della società datrice. A seguito di alcune complesse vicende societarie, il settore di attività al quale era addetto il ricorrente la divisione clienti istituzionali” veniva chiuso e l’istituto avviava delle trattative con i lavoratori addetti per arrivare ad uno scioglimento consensuale incentivato dei rapporti di lavoro. Il ricorrente deduceva di aver ricevuto offerte d’incentivazione all’uscita e di averle rifiutate perché insufficienti e di essersi, quindi, dimesso per giusta causa pertanto, conveniva in giudizio la società datrice al fine di ottenere il pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno da demansionamento, bonus, indennità di preavviso, indennità supplementare, TFR, ratei ferie, festività e 13 mensilità, oltre alla conferma delle stock options concesse all’atto dell’assunzione. Nei primi due gradi di giudizio, le domande del lavoratore venivano respinte. Ed, infatti, i giudici di merito, sul presupposto dell’avvenuta cessazione della divisione aziendale cui era addetto il dipendente, con soppressione delle posizioni di lavoro afferenti e della dimostrata ricerca di una soluzione condivisa per lo scioglimento consensuale del rapporto attraverso l’erogazione di incentivi economici, ritenevano l’insussistenza della giusta causa delle dimissioni rassegnate dal dipendente, prospettata a motivo della mancata risposta da parte della società datrice alle lettere con le quali egli respingeva le offerte di scioglimento anticipato formulate e chiedeva il pagamento di somme più congrue, nonché della forzata inerzia cui era stato costretto in seguito alla cessazione dell’attività della divisione. In particolare, la Corte territoriale riteneva che la situazione descritta integrasse la nozione di licenziamento per giustificati motivi oggettivi. Le dimissioni per giusta causa del lavoratore presuppongono un grave inadempimento del datore. La pronuncia in commento ritiene esente da censure il ragionamento seguito dai giudici di merito nell’escludere che le dimissioni del lavoratore fossero assistite da giusta causa, la quale, come è noto, presuppone la sussistenza di un grave inadempimento in capo al datore di lavoro. La Corte territoriale, infatti, ha spiegato, con ragionamento congruo, che la decisione della società di far cessare l’attività della divisione clienti istituzionali” e di sopprimere le relative posizioni di lavoro, non sindacabile nella sua discrezionalità in quanto espressione della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., non configura un inadempimento, ma integra, piuttosto, la nozione di giustificatezza del licenziamento per motivi oggettivi , rispetto alla quale la tutela meramente economica dell’interesse del dirigente risulta assicurata dalla misura dell’incentivo offerto, superiore a quella dell’indennità di preavviso. Il dipendente non può contestare il merito delle scelte imprenditoriali del datore di lavoro. Tali argomenti trovano rispondenza nella giurisprudenza di legittimità, che, sia pure in tema di trasferimento, con argomentazione perfettamente aderente anche alla fattispecie in esame, ha affermato che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell’impresa, non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall’imprenditore quest’ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell’inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo cfr. Cass., n. 5099/2011 e, più di recente, n. 20469/2014 . Sulla scorta di tali rilievi, la Cassazione esclude che la sottrazione di mansioni radicale e in via definitiva costituisca giusta causa di recesso, così come che dalla descritta situazione sia derivato un danno da demansionamento al ricorrente e, altresì, l’esonero del medesimo dall’indennità sostitutiva del preavviso, della quale la Corte territoriale ha tenuto conto in relazione alle pretese globalmente vantate. Correttamente, pertanto, è stato rilevato il carattere assorbente del mancato riconoscimento della giusta causa di dimissioni, anche con riferimento alle pretese attinenti alla liquidazione del trattamento di fine rapporto, all’omesso mantenimento delle stock options ed alla connessa pretesa risarcitoria il ricorso del lavoratore, pertanto, viene integralmente rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 settembre – 17 dicembre 2015, n. 25384 Presidente Stile – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. Con ricorso al giudice del lavoro il Dott. D.R. ha esposto di essere stato assunto con decorrenza 18/2/2002 dalla Sim Bipielle Santander Central Hispano s.p.a., società partecipata dalla Banca Popolare di Lodi poi incorporata nel Banco Popolare e dal Banco Santander, con inquadramento al livello di dirigente bancario che, oltre ai vari benefit, gli veniva attribuito un pacchetto di stock options per l'acquisto di azioni del Banco Santander che era stato addetto al settore di attività Clienti Istituzionali della SIM nella quale operava che, a seguito di uno sconvolgimento avvenuto nel maggio-giugno 2003 al vertice del Banco Spagnolo, la società aveva deciso di rinunciare a tale settore di attività ed erano state avviate trattative con i lavoratori addetti per giungere a uno scioglimento consensuale incentivato dei rapporti di lavoro. Deduceva il ricorrente che aveva ricevuto offerte d'incentivazione all'uscita e di averle rifiutate perché insufficienti di essersi, quindi, dimesso per giusta causa l'I 1 settembre 2003. Conveniva in giudizio, pertanto, i predetti istituti di credito per ottenere il pagamento di somme a titolo di risarcimento del danno da demansionamento, di bonus, di indennità di preavviso, indennità supplementare, TFR, ratei ferie, festività e 13 mensilità, oltre alla conferma delle stock options concesse all'atto dell'assunzione. Il Tribunale rigettava integralmente le domande mediante due sentenze una, non definitiva, relativa alla sola questione delle stock options, l'altra concernente tutte le altre questioni. 2. A seguito di appello del R. la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 29/10/2009, sul presupposto dell'avvenuta cessazione della divisione aziendale cui era addetto il dipendente, con soppressione delle posizioni di lavoro afferenti, e della dimostrata ricerca di una soluzione condivisa per lo scioglimento consensuale del rapporto attraverso l'erogazione di incentivi economici, riteneva l'insussistenza della giusta causa delle dimissioni rassegnate dal R. , prospettata a motivo della mancata risposta da parte di SIM Bipielle Santander alle lettere con le quali egli respingeva le offerte di scioglimento anticipato formulate e chiedeva il pagamento di somme più congrue, nonché della forzata inerzia cui era stato costretto in seguito alla cessazione dell'attività della divisione. Rilevava la Corte territoriale che doveva escludersi qualsiasi valutazione discrezionale della scelta dei criteri di gestione dell'impresa, espressione della libertà d'iniziativa economica ex art. 41 Cost. e, conseguentemente, che la scelta della SIM di agevolare l'uscita dei dipendenti con incentivi economici fosse lesiva delle prerogative del dipendente o configurasse inadempimento contrattuale. Riteneva che la situazione descritta, che vede come conseguenza necessitata la cessazione dell'attività affidata al dirigente, integrasse la nozione di licenziamento per giustificati motivi oggettivi, talché la tutela economica dell'interesse del dirigente era assicurata dalla misura dell'incentivo offerto dal datore di lavoro, superiore all'indennità di preavviso. 3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il R. , affidato a cinque motivi. Banco Popolare soc. cop. e Banco Santander s.a. resistono con controricorso, quest'ultimo istituto svolgendo, altresì, ricorso incidentale condizionato. Tutte le parti hanno presentato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Si riportano di seguito in sintesi i motivi di ricorso. 1.1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2119 e 2103 c.c. Osserva il ricorrente che, una volta accertato che l'esponente non era più messo in condizione, per scelta aziendale, di esercitare il diritto al lavoro sancito dall'art. 2103 c.c., doveva ritenersi integrata la previsione di cui all'art. 2119 c.c., cioè l'impossibilità di una prosecuzione anche solo temporanea del rapporto, con conseguente diritto del R. a rassegnare le dimissioni senza effettuare il periodo di preavviso ed ottenere il pagamento di un'indennità che sarebbe stata a lui dovuta anche nel caso che il recesso fosse stato disposto dal datore di lavoro. Rileva che la mera proposta di una modalità di scioglimento consensuale del rapporto non faceva venir meno le cause legali di interruzione dello stesso. 1.2. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Rileva il ricorrente che, a fronte delle deduzioni contenute nell'atto d'appello, la Corte territoriale non avrebbe potuto astenersi dal prendere posizione circa la questione relativa al fatto che una sottrazione di mansioni radicale e in via definitiva costituisca giusta causa di recesso. 1.3. Omessa motivazione su un punto decisivo della controversia. Si deduce che nel ricorso in appello si era evidenziato come il R. avesse subito una dequalificazione professionale, consistita nella privazione totale delle mansioni e che la sentenza non aveva motivato alcunché sul danno da demanstonamento. 1.4. Omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia. Rileva il ricorrente che tra le rivendicazioni da lui avanzate vi era anche quella di ottenere le spettanze di fine rapporto, posto che non gli erano stati corrisposti all'atto della cessazione del rapporto Tfr, 13 mensilità, retribuzione di settembre, importi tutti ritenuti assorbiti nella indennità che il predetto avrebbe dovuto riconoscere alla società per mancato preavviso. Osserva che la Corte d'Appello aveva omesso di motivare sulla questione, esposta in ricorso, in forza della quale non aveva senso pretendere che il R. desse preavviso di dimissioni, quando gli era stato comunicato che la società non intendeva avvalersi della sua prestazione lavorativa. 1.5. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia. Osserva il ricorrente che la Corte ha omesso di motivare in ordine alle ragioni per le quali non gli era stato riconosciuto il mantenimento delle stock opinions, nonché il risarcimento del danno da perdita di tale diritto. 2.1 motivi di ricorso trovano tutti fondamento in un'unica matrice argomentativa, tesa a ravvisare nella fattispecie gli estremi della giusta causa di recesso in capo al ricorrente. Ritiene in proposito questa Corte che sia congruo il ragionamento con il quale i giudici del merito hanno escluso che le dimissioni del ricorrente siano assistite da giusta causa, la quale presuppone la sussistenza di un grave inadempimento in capo al datore di lavoro. La Corte territoriale, infatti, ha spiegato, con ragionamento congruo, che la decisione della società di cessare l'attività della divisione Clienti Istituzionali e di sopprimere le posizioni di lavoro afferenti, non sindacabile nella sua discrezionalità in quanto espressione della libertà di iniziativa economica, non configura inadempimento ma integra, piuttosto, la nozione di giustificatezza del licenziamento per motivi oggettivi , rispetto alla quale la tutela meramente economica dell'interesse del dirigente risulta assicurata dalla misura dell'incentivo offerto, superiore a quella dell'indennità di preavviso. 3.Le argomentazioni esposte trovano rispondenza nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che, sia pure in tema di trasferimento, con argomentazione perfettamente aderente anche alla fattispecie in esame, ha affermato che il controllo giurisdizionale delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato deve essere diretto ad accertare che vi sia corrispondenza tra il provvedimento adottato dal datore di lavoro e le finalità tipiche dell'impresa, non può essere dilatato fino a comprendere il merito della scelta operata dall'imprenditore quest'ultima, inoltre, non deve presentare necessariamente i caratteri dell'inevitabilità, essendo sufficiente che il trasferimento concreti una delle possibili scelte, tutte ragionevoli, che il datore di lavoro può adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo Sez. L, Sentenza n. 5099 del 02/03/2011, Rv. 616233 si veda, ancora, in tema di insindacabilità del merito delle scelte organizzative imprenditoriali, Sez. L, Sentenza n. 20469 del 2014 . 4. Sulla scorta di tali rilievi è da escludere che la sottrazione di mansioni radicale e in via definitiva costituisca giusta causa di recesso, così come che dalla descritta situazione sia derivato danno da demansionamento al ricorrente e, altresì, l'esonero del medesimo dall'indennità sostitutiva del preavviso, della quale la Corte territoriale ha tenuto conto in relazione alle pretese globalmente vantate. Correttamente, pertanto, è stato rilevato il carattere assorbente del mancato riconoscimento della giusta causa di dimissioni, anche con riferimento alle pretese attinenti alla liquidazione del trattamento di fine rapporto, all'omesso mantenimento delle stock options ed alla connessa pretesa risarcitoria. Tanto vale a fondare il rigetto di tutti i motivi di ricorso. 5. Resta assorbito nella statuizione di rigetto del ricorso principale il ricorso incidentale condizionato, con il quale il Banco Santander s.a. deduce omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine all'eccezione di carenza di legittimazione passiva sulle domande di condanna al pagamento degli importi risarcitori e indennitari di cui al punto 4 delle conclusioni, per non essere mai stato il ricorrente dipendente del Banco Santander ma di Bipielle Santander Central Hispano SIM s.p.a., poi incorporata nel Banco di Lodi. 6. Al rigetto del ricorso consegue a carico del ricorrente l'onere delle spese processuali liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500,00 per compensi professionali a favore, rispettivamente, di ciascuna delle parti contro ricorrenti, Euro 100,00 per esborsi a favore di ciascuna delle predette parti, oltre accessori di legge.