‘Portatelefono’ sottratto dal dipendente del centro commerciale: eccessivo il licenziamento

Follia del lavoratore che mette a rischio il proprio impiego per un oggetto di valore ridicolo, neanche 3 euro. Discutibile, però, la sanzione decisa dall’azienda valutando con attenzione l’episodio e la ‘carriera’ del dipendente, difatti, appare assolutamente sproporzionato il licenziamento.

Piccolo oggetto portato via illegittimamente dal dipendente del centro commerciale. Follia che rischia di costare carissima al lavoratore, nonostante il valore ridicolo della merce. Però, alla fine, l’uomo salva il posto esagerato il licenziamento deciso dall’azienda Cassazione, sentenza numero 24530, sezione lavoro, depositata oggi . Prelievo. Ricostruita nei minimi dettagli la vicenda. L’uomo, addetto al ‘reparto mobili’ del centro commerciale, preleva un portatelefono magnetico dalla merce esposta al pubblico . Obiettivo è portare a casa l’oggetto, peraltro di valore ridicolo, neanche 3 euro. A mettere in crisi il piano, però, è l’allarme del dispositivo antitaccheggio . Poi, una volta uscito dal centro commerciale con il portatelefono in tasca, l’uomo viene pedinato dal suo capoturno e viene beccato mentre prova a disfarsi dell’oggetto . Impossibile, quindi, negare il fatto. Così, il lavoratore torna sui suoi passi e riconsegna la merce. Nonostante questo pentimento, però, l’azienda adotta la linea dura e opta per il licenziamento del dipendente. E tale provvedimento viene condiviso dai giudici di merito significativo il comportamento del lavoratore che aveva continuato a escludere la sua responsabilità e a cercare di eliminare le prove . Sanzione. Evidente sia per l’azienda che per i giudici la rottura insanabile del rapporto fiduciario . Ma tale certezza viene demolita ora dai magistrati della Cassazione. Secondo i giudici, l’ episodio contestato al lavoratore non ha quel carattere di particolare gravità tale da poter determinare la rottura del vincolo fiduciario e da legittimare la sanzione massima di carattere espulsivo . E anche il comportamento tenuto una volta scattato l’ allarme antitaccheggio , spiegano i giudici, è spiegabile alla luce della preoccupazione per le conseguenze di un gesto commesso probabilmente senza premeditazione . Così, tenendo presenti l’ unicità dell’episodio , l’ anzianità del lavoratore sedici anni alle dipendenze della società, senza contestazioni disciplinari e anche la modestia del prodotto sottratto nel centro commerciale, la sanzione disciplinare espulsiva è, sanciscono i giudici, obiettivamente sproporzionata . Nullo, quindi, il licenziamento . E consequenziale reintegra per il lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 settembre – 2 dicembre 2015, n. 24530 Presidente Roselli – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Al sig. P.D., dipendente della Auchan s.p.a ed addetto al reparto mobili, veniva contestata il 25.3.2006 una violazione disciplinare consistita nell'aver prelevato dalla merce esposta al pubblico un articolo porta telefono magnetico con il proposito di appropriarsene. La datrice di lavoro intimava il licenziamento per giusta causa il ricorso del C. con il quale si contestava la legittimità del recesso veniva respinto dal Tribunale del lavoro di Palermo e l'appello veniva anche rigettato dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 23.3.3012. Circa la fondatezza della contestazione la Corte territoriale osservava che i fatti non erano controversi posta la deposizione del capo turno sicurezza e degli altri testimoni sentiti. Il D. era stato invitato una prima volta dopo l'allarme del dispositivo antitaccheggio a svuotare le tasche ma aveva esibito alcuni oggetti e non anche quello sottratto poi era stato pedinato dal capo turno che l'aveva visto intento nel tentativo di disfarsi dell'oggetto che poi l'appellante aveva riconsegnato. L'archiviazione in sede penale non escludeva la sussistenza del fatto posto che era dovuta al difetto di querela. II rapporto fiduciario doveva intendersi irreversibilmente minato posto il comportamento tenuto dal dipendente anche dopo la scoperta del fatto che aveva continuato a escludere la sua responsabilità ed a cercare di eliminarne le prove la tenuità del valore dell'oggetto non appariva sufficiente ad escludere l'avvenuta rottura dell'elemento fiduciario. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il D. con tre motivi resiste controparte con controricorso. Le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c. Motivi della decisione Con il primo motivo si allega l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio con riferimento alla sussistenza del fatto, presupposto dell'irrogazione della sanzione. Non esisteva la prova circa la commissione del fatto addebitato le dichiarazioni del teste F. dipendente della datrice di lavoro erano prive di riscontri. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata riferisce di un pieno accertamento dei fatti così come contestati alla luce delle dichiarazioni rese dai testi F. e R. e dei sostanziale riscontro offerto dalle stesse dichiarazioni del D La motivazione della sentenza impugnata peraltro confermativa di quella di primo grado appare congrua e logicamente coerente mentre le censure appaiono da un lato di merito, dirette ad una rivalutazione del fatto , come tale inammissibile in questa sede, dall'altro del tutto generiche in quanto non offrono alcuna puntuale ed organica ricostruzione delle emergenze processuali. Con il secondo motivo si allega la violazione dell'art. 2697 c.c. , nonché l'omessa motivazione sul punto dell'idoneità dei fatto contestato a rompere il vincolo fiduciario. Il comportamento tenuto dal dipendente non era così grave da impedire la prosecuzione, anche provvisoria, dei rapporto di lavoro. Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 2106 c.c. e dell'art. 7 L. n. 300/1970, l' nonché insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto. La sanzione non era proporzionata all'obiettiva entità dei fatti commessi, tenuto anche conto dei 16 anni di anzianità lavorativa senza precedenti disciplinari. La datrice di lavoro, inoltre non aveva subito alcun danno. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, appaiono fondati e pertanto vanno accolti. La motivazione della sentenza impugnata, pur dando atto dei valore trascurabile dell'articolo sottratto pari ad euro 2,90, sottolinea il comportamento tenuto dal dipendente che, pur scoperto, lo avrebbe nascosto ad una prima verifica e lo avrebbe consegnato solo successivamente dopo che era stato pedinato inoltre avrebbe continuato a sostenere che si trattava di un bene di sua proprietà. Tuttavia queste circostanze non conferiscono all'episodio di cui è causa quel carattere di particolare gravità tale da poter determinare la rottura del vincolo fiduciario e da legittimare la sanzione massima di carattere espulsivo. Si tratta di un comportamento facilmente spiegabile in relazione alla preoccupazione dei dipendente delle conseguenze dei gesto probabilmente commesso per il bene sottratto senza alcuna premeditazione, il che spiega anche il panico dei lavoratore una volta scoperto la Corte territoriale ha infatti parlato di una condotta connotata di riprovevolezzione e di pervicacia nel proposito antigiuridico , termini che mal ricostruiscono una vicenda come quella in esame in quanto ne ingigantiscono abnormemente le proporzioni . Pertanto tenuto conto dell'unicità dell'episodio, della particolare modestia del prodotto sottratto, dell'anzianità dei lavoratore 16 anni senza sanzioni disciplinari la sanzione disciplinare espulsiva appare obiettivamente sproporzionata e non può essere giustificata sulla sola base della condotta dopo la sottrazione del bene che comprova solo lo stato di agitazione dei lavoratore. Il fatto ben poteva essere idoneamente sanzionato con una misura diversa dall'extrema ratio del recesso per giusta causa. Accolti i due ultimi motivi di ricorso va conseguentemente cassata la sentenza impugnata non necessitando la questione della legittimità del recesso di ulteriori approfondimenti istruttori la controversia sul punto può essere decisa nel merito con la dichiarazione di illegittimità del licenziamento ed il conseguentemente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 L. n. 300/1070 la cui applicabilità non emerge essere stata contestata , mentre va disposto il rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione per la determinazione del danno ed il regolamento delle spese ivi comprese quelle del giudizio di legittimità . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decisione nel merito dichiara l’illegittimità del licenziamento ordina la reintegrazione dei ricorrente nel posto di lavoro. Rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione per la determinazione dei danno ed il regolamento delle spese.