Manca il preavviso lavorato? È sempre dovuta l’indennità sostitutiva

L’art. 2118 c.c. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, nemmeno nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante lasciando ferme la risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 24429/15, depositata il 1° dicembre. Il caso. La Corte d’appello rigettava l’impugnazione proposta da Enel Rete Gas avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva condannato la suddetta società a corrispondere ad un lavoratore l’indennità di mancato preavviso e la conseguente differenza sul TFR, poiché l’azienda aveva comunicato al lavoratore la cessazione del rapporto di lavoro senza rispettare il termine di preavviso previsto dal CCNL. La decisione di secondo grado veniva impugnata davanti al Supremo Collegio da Enel Rete Gas. Quando è dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso? Il Supremo Collegio ha chiarito che l’art. 2118 c.c. prevede l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l’ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un’altra occupazione lavorativa, nemmeno nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell’impresa cessante nell’appalto di servizi alle dipendenze dell’impresa subentrante lasciando ferme la risoluzione stessa da parte dell’impresa cessante. Nel caso di specie, pertanto, non è conferente, secondo gli Ermellini, il principio invocato dalla difesa della società ricorrente secondo cui l’indennità sostitutiva del preavviso non compete al lavoratore nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ex art. 1372 c.c. seguita, senza soluzione di continuità, da una nuova assunzione dello stesso lavoratore alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, dal momento che in tale ipotesi non ricorrono le finalità sottesa alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c., individuabili, da un lato, nell’esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all’improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò, versi in una imprevista situazione di disagio economico e, dall’altro, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro . Né la circostanza che al primo rapporto di lavoro con l’impresa cedente fosse seguito quello successivamente instaurato con l’impresa subentrante, secondo i Giudici del Palazzaccio, vale ad escludere l’applicazione della regola generale posta dall’art. 2118 c.c. secondo cui, in caso di recesso dal rapporto di lavoro del datore di lavoro senza giusta causa, quest’ultimo è tenuto al pagamento in favore del lavoratore licenziato dell’indennità sostitutiva del preavviso. Per tali ragioni, la Corte ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 ottobre – 1 dicembre 2015, n. 24429 Presidente Venuti – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 237 del 2010, depositata il 30 aprile 2010, rigettava l'impugnazione proposta da ENEL RETE GAS spa nei confronti di B.A. in ordine alla sentenza n. 716/08 emessa tra le parti dal Tribunale di Massa. 2. Il Tribunale aveva condannato la suddetta società a corrispondere al B. l'indennità di mancato preavviso, e la conseguente differenza sul TFR, poiché l'azienda aveva comunicato al lavoratore la cessazione del rapporto di lavoro, per cessazione del servizio fognature e depurazione della città di Massa fino ad allora da essa medesima gestito in appalto, senza il rispetto del termine di preavviso previsto dal CCNL. 3. A giudizio del Tribunale non valeva a giustificare il mancato rispetto del termine di preavviso e ad escludere, quindi, il diritto del lavoratore a percepire l'indennità sostitutiva, il fatto che il lavoratore fosse stato assunto, con passaggio diretto, dalla società subentrante nell'appalto. 4. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la società ENEL RETE GAS spa, prospettando tre motivi di impugnazione. 5. Resiste con controricorso il B. , eccependo l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso in ragione della mancata produzione del CCNL e chiedendo il rigetto del ricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso è prospettata violazione e falsa applicazione dell'art. 2118 c.c., in relazione all'art. 12 delle disp. sulla legge in generale art. 360, n. 3, cpc . La sentenza di appello, nel fare applicazione dei principi affermati da Cass. n. 7417 del 1994, secondo cui l'indennità di preavviso di cui all’art. 2118 c.c., presuppone unicamente il recesso e la mancanza del preavviso e spetta a prescindere dalla sussistenza o meno di un danno reale a carico del dipendente licenziato e quindi anche quando quest'ultimo si sia subito rioccupato, interpreta la suddetta disposizione del c.c. in modo formalistico, senza considerare la ratio del preavviso e senza fare, quindi riferimento all'intenzione del legislatore. Ed infatti la ratio dell'istituto è quella di consentire al lavoratore di trovare un'altra occupazione, circostanza che non ricorre nella fattispecie in esame in ragione di quanto previsto dal meccanismo contrattuale previsto dall'art. 6 del CCNL FISE, poiché il lavoratore è stato assunto dalla impresa neo appaltatrice senza soluzione di continuità. 2. Con il secondo motivo di impugnazione è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del CCNL 30 aprile 2003 FISE in relazione agli artt. 1362 e 1363 c.c. art. 360, n. 3, cpc . Dalla suddetta disposizione si evince solo che l'impresa cessante deve corrispondere al lavoratore, per effetto della risoluzione del rapporto di lavoro, quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa, ma non altro. Tale previsione, anche in ragione della dichiarazione congiunta in calce alla stessa, interpretata in ragione dei criteri ermeneutici delle disposizioni sopra richiamate, non può ritenersi estesa all'indennità sostitutiva del preavviso. 3. Con l'ultimo motivo di impugnazione è dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto non rilevanti fatti successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, quale, nel caso di specie, la ripresa dell'attività lavorativa. 4. Occorre premettere che la mancata produzione del CCNL di settore determina l'inammissibilità del secondo motivo di ricorso, ma non da luogo all'improcedibilità del ricorso stesso. Ed infatti, la disamina delle censure prospettate con il primo e con il terzo motivo non presuppone l'interpretazione delle disposizioni della contrattazione collettiva invocata con il secondo motivo di ricorso Cass., n. 4350 del 2015 . 5. Il primo ed il terzo motivo di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione. Gli stessi non sono fondati. 5.1. Come questa Corte ha già avuto modo di riaffermare Cass., n. 1148 del 2014 , nel trattare identica fattispecie, l'art. 2118 c.c. prevede l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere l'indennità sostitutiva del preavviso in ogni caso di licenziamento in cui non ci sia stato un preavviso lavorato senza eccettuare l'ipotesi in cui il lavoratore licenziato abbia immediatamente trovato un'altra occupazione lavorativa, neppure nell'ipotesi in cui la contrattazione collettiva preveda un procedimento per pervenire al passaggio diretto e immediato del personale dell'impresa cessante nell'appalto di servizi alle dipendenze dell'impresa subentrante lasciando ferme la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell'impresa cessante. Non conferente, pertanto, è nella fattispecie il principio affermato da Cass., n. 4553 del 1995, ed invocato dalla difesa della società ricorrente pronuncia questa che ha si ritenuto che l'indennità sostitutiva del preavviso non compete al lavoratore nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro ex art. 1372 c.c. seguita, senza soluzione di continuità, da una nuova assunzione dello stesso lavoratore alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, atteso che in tale ipotesi non ricorrono le finalità sottese alla disposizione di cui all'art. 2118 c.c., individuabili, da un lato, nell'esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all'improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò, versi in una imprevista situazione di disagio economico, e, dall'altro, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell'imminenza della cessazione del rapporto di lavoro. Ma appunto tale principio si riferisce alla diversa fattispecie della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Né la circostanza che al primo rapporto di lavoro con l'impresa cedente fosse seguito quello successivamente instaurato con l'impresa subentrante, vale ad escludere l'applicazione della regola generale posta dall'art. 2118 c.c. secondo cui, in caso di recesso dal rapporto di lavoro del datore di lavoro senza giusta causa, quest'ultimo è tenuto al pagamento in favore del lavoratore licenziato dell'indennità sostitutiva del preavviso. 5.2. In questo senso, nella stessa identica fattispecie, come ricorda la sentenza n. 1148 del 2014, si era già pronunciata questa Corte Cass., n. 9195 del 2012 su un precedente ricorso proposto dalla medesima società ENEL Rete Gas spa, avverso analoga pronuncia della Corte d'appello di Genova ricorso parimenti rigettato. Nel citato precedente questa Corte ha osservato, altresì, che le disposizioni della contrattazione collettiva - art. 6 del CCNL di settore e la dichiarazione congiunta in calce allo stesso - non introducono elementi atti a sostenere la tesi della ricorrente, come da quest'ultima prospettato. L'art. 6 in questione, richiamato nella sentenza del giudice d'appello, afferma nei casi di passaggio di gestione per scadenza del contratto di appalto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro e la corresponsione di quanto dovuto per effetto della risoluzione stessa da parte dell'impresa cessante, il datore di lavoro subentrante e la RSU e, in mancanza le RSA delle OO.SS stipulanti, congiuntamente alle strutture territoriali competenti, si incontreranno in tempo utile per avviare le procedure relative al passaggio diretto ed immediato del personale dell'impresa cessante addetto allo specifico appalto, nei limiti dei dipendenti in forza 180 giorni calendariali prima della scadenza dell'appalto”. La medesima disposizione prevede, altresì Al personale di cui al comma che precede l'azienda subentrante riconosce il trattamento economico e normativo contrattuale già corrisposto dall'impresa cessante”. Nella sentenza n. 9195 del 2012, si affermava, quindi, che come ritenuto dalla Corte d'Appello, facendo corretta applicazione delle regole dell'ermeneutica contrattuale, con congrua motivazione, la suddetta previsione della contrattazione collettiva esclude che nel passaggio di gestione si configuri continuità del rapporto di lavoro tra impresa cessante e impresa subentrante. Il rapporto che si verrà ad instaurare è nuovo rispetto a quello cessato. Le parti sociali hanno voluto sottolineare la cesura tra i due rapporti laddove, nella dichiarazione congiunta in calce all'art. 6, hanno espressamente ribadito che le parti stipulanti si danno atto che la normativa di cui al presente articolo, in caso di assunzione per passaggio diretto ed immediato, non modifica il regime connesso alla cessazione di appalto che prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con l'impresa cessante - ai sensi della legge 15 luglio 1996, n. 604, art. 3 - e la costituzione ex novo del rapporto di lavoro con l'impresa subentrante”. 6. Poiché la sentenza della Corte d'Appello di Genova ha fatto corretta e congrua applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, il ricorso deve essere rigettato. 7. Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo, con distrazione a favore dei difensori del resistente avv. Maria Cristina Nicolai e avv. Roberto Valentini, dichiaratasi antistatali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro cento per esborsi, Euro tremila per compensi professionali, oltre accessori di legge, con distrazione a favore dei difensori del resistente avv. Maria Cristina Nicolai e avv. Roberto Valentini dichiaratasi antistatari.