Il premio di fedeltà va considerato per il calcolo del trattamento di fine rapporto

In tema di trattamento di fine rapporto dei dipendenti degli enti creditizi, il premio fedeltà è computabile nella base di calcolo ai fini della determinazione del trattamento medesimo, trovando la propria fonte di riferimento sostanziale nella protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo ed essendo rigorosamente collegato allo svolgimento del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione lavorativa.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 23701 depositata il 19 novembre 2015. Il caso. Un dipendente di banca agiva in giudizio al fine di far accertare il diritto al computo del premio di fedeltà previsto dalla contrattazione collettiva applicata nel conteggio del TFR a lui spettante. Il Tribunale adito accoglieva la domanda e a sua volta la Corte d’appello, rigettando il gravame interposto dalla banca, confermava la decisione di primo grado. Ricorreva così in Cassazione l’azienda di credito. Esclusi dal conteggio del TFR solo i compensi sporadici ed occasionali. La banca ricorrente censura la sentenza impugnata sostenendo che il premio fedeltà si debba considerare quale emolumento di natura straordinaria ed occasionale e dunque non computabile nel calcolo del TFR. Oltretutto, sostiene la ricorrente, la contrattazione collettiva applicata non indica tra le voci di calcolo del TFR il predetto premio di fedeltà. La Corte di legittimità non ritiene fondati i motivi proposti. Afferma il Supremo Collegio che, in base a principio già affermato in precedenza, dopo la riforma del 1982, ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto occorre fa riferimento non tanto alla ripetitività delle erogazioni, quanto alla loro qualità, dando rilevanza al titolo delle erogazioni e ricercando se vi sia connessione tra rapporto lavorativo ed emolumento, escludendo dal calcolo solo quelle prestazioni aziendali di natura eventuale, sporadica, imprevedibile. Il premio di fedeltà è strettamente collegato al rapporto di lavoro e dunque va conteggiato. Sulla base del sopra richiamato principio di diritto, si può affermare che il ai fini del trattamento di fine rapporto dei dipendenti degli enti creditizi, il premio di fedeltà, così come altri emolumenti quali il premio di anzianità alla scadenza del venticinquesimo anno di servizio e la maggiorazione del premio di rendimento, sono da considerarsi, in mancanza di una espressa deroga pattizia, quali elementi della retribuzione da computarsi nella base di calcolo prevista dall'art. 2120 c.c. per la determinazione del trattamento di fine rapporto, in quanto compensi non sporadici né occasionali, e che, rigorosamente collegati allo svolgimento del rapporto di lavoro, trovano la loro fonte nella protrazione dell'attività lavorativa. Esclusi dal calcolo solo se il CCNL li esclude esplicitamente. Né può ritenersi fondata la censura proposta secondo la quale, poiché la contrattazione collettiva applicata al rapporto non indicava esplicitamente il premio di fedeltà tra le voci di calcolo del TFR, non poteva prendersi in considerazione tale voce retributiva. Al contrario, secondo la Suprema Corte, proprio perché il CCNL applicato nulla prevede in punto, occorre necessariamente far riferimento alle previsioni di legge in materia. Già in fattispecie analoghe, i Giudici di legittimità avevano ritenuto che occorre che nelle norme contrattuali sia chiaramente ed univocamente espressa la volontà delle parti contraenti a livello nazionale di escludere una determinata tipologia di emolumento dal computo del TFR. Conseguentemente, posto che non è previsto dalle norme contrattuali applicate al rapporto di causa l’esclusione della voce premio di fedeltà dal calcolo TFR, correttamente la Corte di merito ha fatto riferimento nella propria decisione alle norme di legge. Da ciò discende l’infondatezza del ricorso proposto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 ottobre – 19 novembre 2015, n. 23701 Presidente Stile – Relatore Napoletano Svolgimento del processo La Corte di Appello di Venezia, confermando la sentenza del Tribunale di Venezia, accoglieva la domanda del lavoratore in epigrafe proposta nei confronti della Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A. di cui era dipendente, diretta ad ottenere l'accertamento del suo diritto al computo nel TFR del premio di fedeltà previsto dalla contrattazione collettiva integrativa aziendale. A base del decisum la Corte del merito poneva il fondante rilevo secondo il quale il premio di fedeltà andava computato nella base del calcolo del TFR poiché trovava la propria fonte nella protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo ed era rigorosamente collegato allo svolgimento del rapporto di lavoro sicché aveva i requisiti di dipendenza dal rapporto stesso e di non occasionalità di cui all'articolo 2120 cod. civ Aggiungeva, poi, la predetta Corte che dalle disposizioni dei CCNL del 1994 e del 1991 non si evinceva in modo certo ed inequivoco la volontà di escludere dal TFR un compenso, quale quello del premio di fedeltà, contraddistinto da uno scopo gratificativo e nel contempo connesso alla protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo. Avverso questa sentenza la Cassa di Risparmio di Venezia S.p.A. ricorre in cassazione sulla base di tre censure. Resiste con controricorso la parte intimata. Vengono depositate note illustrative. Motivi della decisione Con la prima censura la società ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2120 cc, 12 delle disp. att. delle leggi in generale in combinato disposto con l'articolo 28 CIA Carive del 3.4.1992, sostiene che il premio fedeltà previsto dall'articolo 28 del CIA Carive 3.4.1992 avendo natura occasionale non può essere, ai sensi dell'articolo 2120 cc,computato nel TFR. Con la seconda censura la società, allegando violazione dell'articolo 112 cpc in relazione alle norme contrattuali, prospetta che la Corte del merito si è pronunciata oltre i limiti del ricorso introduttivo del giudizio ignorando che solo nelle note conclusionali il lavoratore ha preso posizione in ordine all'articolo 45 del CCNL ACRI 19.12.1994. Con il terzo motivo, la società deducendo violazione dell'articolo 45 del CCNL ACRI del 19.12.94 in relazione all'articolo 2120 cc nonché violazione degli artt. 13 62, 1363 e 1366 cc in relazione all'articolo 45 del CCNL ACRI 19.12.1994, critica la sentenza impugnata per aver i giudici di appello ritenuto che le parti sociali non abbiano inteso con la denunciata norma disciplinare anche la base di calcolo del TFR elencando quali voci computare e quindi escludendo quelle non contemplate. La seconda censura non è scrutinabile poiché la società, in violazione del principio di autosufficienza non ha trascritto, almeno nella parte che interessa, il testo del ricorso introduttivo del giudizio così impedendo a questa Corte qualsiasi sindacato di legittimità. Né risulta osservato il disposto dell'articolo 3 69 n. 4 cpc, che impone a pena d'improcedibilità, di depositare insieme al ricorso gli atti processuali sui - quali lo stesso si fonda. Le altre censure, che in quanto strettamente connesse dal punto di vista logico giuridico vanno trattate unitariamente, sono infondate. Occorre preliminarmente rilevare che, come affermato da questa Corte in plurime occasioni, l'abbandono da parte del legislatore del 1982 della nozione di continuità ravvisabile nel vecchio testo dell'articolo 2121 cc e la sostituzione del sistema di determinazione del trattamento di fine rapporto non più basato, come in passato, sull'ultima retribuzione percepita, ma sulla sommatoria di quote di retribuzione annue accantonate, ha condotto la prevalente giurisprudenza a non assegnare rilievo alla ripetibilità e/o alla frequenza delle erogazioni ma a far leva sulla qualità dell'emolumento corrisposto, dando così rilevanza al titolo della erogazione, riscontrando detta connessione ogni volta che vi sia un collegamento tra un certo evento correlato al rapporto lavorativo e l'emolumento stesso è stato dato, così, decisivo rilievo, come da ultimo annotato da Cass. 21 luglio 2014, n. 16591, alla derivazione eziologica tra erogazione della prestazione e rapporto lavorativo escludendo solo quelle prestazioni collegate a ragioni aziendali del tutto eventuali, imprevedibile e fortuite cfr. ex plurimis, Cass. 5 giugno 2000, n. 7488 si veda anche Cass. 2 agosto 2002, n. 11607 id. 5 febbraio 2003, n. 1693 9 aprile 2008, n. 9252 21 aprile 2008, n. 10303 . Tra quest'ultime non può certo essere compreso il premio di anzianità la cui derivazione eziologica, come accertato dalla Corte del merito, dal rapporto lavorativo è evidente, con la conseguente sua computabilità nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto quindi, in mancanza di esplicita - esclusione, deve ritenersi facenti parte della base di calcolo del t.f.r Né può sottacersi che questo giudice di legittimità ha già affermato che in tema di trattamento di fine rapporto, premesso che la nozione di retribuzione accolta dal secondo comma dell'articolo 2120 cod. civ. prescinde dalla ripetitività regolare e continua e dalla frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, i quali vanno esclusi dal calcolo del trattamento di fine rapporto solo in quanto sporadici ed occasionali, tali essendo le prestazioni collegate a ragioni aziendali del tutto eventuali, imprevedibili e fortuite, il premio fedeltà è computabile nella base di calcolo ai fini della determinazione del trattamento medesimo, trovando la propria fonte di riferimento sostanziale nella protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo ed essendo rigorosamente collegato allo svolgimento del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione lavorativa Cass. 9 aprile 2008, n. 9252 . Tanto premesso va evidenziato che se pure è fondata la tesi secondo la quale, ai sensi dell'articolo 2120 cod. civ., comma 2, la contrattazione collettiva è abilitata a definire liberamente la retribuzione utile ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, escludendovi o includendovi qualsiasi voce, spettando all'autonomia delle parti determinare il peso che questa forma di retribuzione differita deve assumere nell'economia del rapporto, tuttavia quando la contrattazione collettiva non disponga altrimenti si applica, pur con riferimento alle singole voci - in denaro o in natura - erogate a titolo non occasionale, la regola della onnicomprensività della retribuzione. Analogamente va ritenuto quando la contrattazione collettiva non sia chiaramente ed univocamente espressiva della volontà delle parti contraenti a livello nazionale di escludere una determinata tipologia di emolumento dal computo del t.f.r. cfr. Cass. 21 luglio 2014, n. 16591 cit. Cass. 23 marzo 2001, n. 4251 id. 5 novembre 2003, n. 16618 8 gennaio 2003, n. 96 . Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio, che l'interpretazione fornita dalla Corte territoriale delle disposizioni contrattuali invocate dalla ricorrente, e cioè gli artt. 40 del CCNL ACRI del 19.3.1987 e 45 del CCNL ACRI del 19.12.94, non contrastando affatto con il loro tenore letterale, sia corretta per quanto riguarda l'identificazione della comune intenzione delle parti trovando questa riscontro, ex articolo 1362 ult. comma cod. civ., nel successivo CCNL del 1999 articolo 65 dove le parti, a differenza della precedente contrattazione collettiva, definiscono la retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto con analitica elencazione dei singoli elementi utili. Del resto questa Corte proprio con riferimento al settore del credito ha ritenuto corretta tale interpretazione, non senza sottolineare, condivisbilmente, che l'articolo 65 CCNL del 1999, stipulato in sostituzione del precedente CCNL del 1994, nel prevedere una elencazione tassativa degli emolumenti che costituiscono la retribuzione annua di riferimento per il calcolo del TFR, stabilisce espressamente, all'ultimo comma, che nei confronti del personale destinatario del contratto collettivo del 1994 continua ad applicarsi quest'ultimo contratto Cfr. Cass. 6 marzo 2009, n. 5569 id. 15 marzo 2010, n. 6204 , sicché per detto personale è irrilevante il richiamato articolo 65 quanto al computo del premio di fedeltà nel TFR. Consegue che, muovendo dalla premessa della mancanza di un intervento derogatorio delle parti collettive, correttamente la sentenza impugnata ha fatto riferimento alle previsioni di legge, valutando la natura dei compensi in esame alla stregua del criterio di dipendenza dal rapporto e non di occasionalità. Ed infatti, in tema di trattamento di fine rapporto, premesso che la nozione di retribuzione accolta dall'articolo 2120 cod. civ., comma 2, prescinde dalla ripetitività regolare e continua e dalla frequenza delle prestazioni e dei relativi compensi, i quali vanno esclusi dal calcolo del trattamento di fine rapporto solo in quanto sporadici ed occasionali, tali essendo le prestazioni collegate a ragioni aziendali del tutto eventuali, imprevedibili e fortuite, il premio di anzianità erogato al lavoratore in occasione del 20^ anno di anzianità è computabile nella base di calcolo ai fini della determinazione del trattamento medesimo, trovando la propria fonte di riferimento sostanziale nella protrazione dell'attività lavorativa per un certo tempo ed essendo rigorosamente collegato allo svolgimento del rapporto di lavoro, anche se non alla effettiva prestazione lavorativa si vedano Cass. 21 luglio 2014, n. 16591 cit. id. 18 agosto 2004, n. 16171 id. 9 aprile 2008, n. 9252 24 febbraio 2009, n. 4418 . Il ricorso in conclusione va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese giudiziali liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi oltre accessori di legge.