L'eccezione al principio di totalizzazione dei contributi previdenziali nella legislazione comunitaria

In forza del principio di parità di trattamento vigente all'interno dell'Unione europea, ciascun Stato membro è obbligato ad applicare ai lavoratori degli altri Stati membri la stessa tutela previdenziale prevista per i propri cittadini. Da tale tutela è, tuttavia, da escludere il regime delle totalizzazioni multiple tra contributi versati ad enti previdenziali di Stati in parte UE e in parte extra-UE, in adempimento di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo Stato membro ed uno o più Stati terzi, che siano recepite, con legge, nell'ordinamento giuridico dello Stato membro interessato.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Cassazione n. 23366/15, depositata il 16 novembre. Il caso. Un lavoratore ha chiesto di accertare il proprio diritto alla pensione di anzianità in base alla totalizzazione dei contributi maturati in Germania, in Bosnia Herzegovina e successivamente in Italia, con condanna dell'INPS a corrispondere i relativi importi. Rigettata la domanda in primo grado, la Corte territoriale riteneva che i tre segmenti di contribuzione non potevano essere totalizzati, dato che era possibile la sommatoria dei contributi versati in Italia e Germania ai sensi del Regolamento 1048/71/CEE o in Italia e Bosnia Herzegovina ai sensi della Convenzione italo-jugoslava del 14.11.57 ma non in sommatoria dei tre distinti periodi. La deroga alla totalizzazione dei contributi previdenziali. Nel ricorso per cassazione il lavoratore richiama una pronuncia della Corte di Cassazione che ha ritenuto possibile la totalizzazione dei contributi, ai fini del conseguimento della pensione di anzianità, tutte le volte in cui o per l'esistenza di convenzioni bilaterali o per i vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Itala all'Unione europea, i contributi versati all'estero debbano essere considerati come versati in Italia, anche se tra i Paesi diversi dall'Italia non esistano accordi in tal senso, poiché quei contributi devono essere considerati come effettuati secondo la legislazione italiana e quindi cumulabili tra loro. La Suprema Corte, richiamando altra giurisprudenza a contrario, ha precisato che per l'obbligo di totalizzazione nascente dall'ordinamento comunitario è consentito il cumulo dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione dei soli Paesi membri dell'Unione europea, intendendosi per tale, secondo l'art. 1 del Regolamento CEE del Consiglio n. 1408/71, il complesso di leggi, regolamenti, disposizioni statutarie ed ogni altra misura di applicazione concernenti i regimi di sicurezza sociale, ad esclusione delle disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo Stato membro ed uno Stato terzo, anche se recepite, con legge, nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato. Dunque la corretta interpretazione del predetto art. 1 è quella data dalla Corte di Giustizia con la sentenza 2.8.93 nella causa n. 23/92, che ha stabilito che la nozione di legislazione non comprende le disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo stato membro ed uno stato terzo, non essendo detta interpretazione inficiata dal fatto che dette convenzioni siano state recepite nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato. Accolta, pertanto, tale definizione di legislazione, non possono essere cumulati – ai fini della totalizzazione come disciplinata dalle fonti comunitarie – i periodi di assicurazione compiuti in paesi terzi, ancorché siano cumulabili con periodi di assicurazione compiuti in Italia o in altro stato membro dell'Unione europea, in forza di convenzione internazionale, ratificata e resa esecutiva, atteso che tali periodi non possono ritenersi compiuti sotto la legislazione di un paese membro.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 luglio – 16 novembre 2015, n. 23366 Presidente Venuti – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Torino, M.M. chiedeva di accertare il suo diritto alla pensione di anzianità dal 1.04.08 in base alla totalizzazione dei contributi maturati in Germania periodo 10.09.69-3.01.71 per 74 settimane di retribuzione , in Bosnia Herzegovina 2.07.71-31.08.92 per 1.101 settimane e in Italia 1.01.94-31.12.07 per 645 settimane , con condanna dell'INPS a corrispondere i relativi importi. 2.- Rigettata la domanda e proposto appello dall'assicurato, la Corte d'appello di Torino con sentenza del 28.06.10 rigettava l'impugnazione. Riteneva la Corte d'appello che i tre segmenti di contribuzione non potevano essere totalizzati, dato che era possibile la sommatoria dei contributi versati o in Italia e Germania ai sensi del Regolamento 1048/71/CEE o in Italia e Bosnia ai sensi della Convenzione italo-jugoslava del 14.11.57 , ma non la sommatoria dei tre distinti periodi. 3.- Propone ricorso per cassazione il M. . Risponde l'INPS con controricorso e memoria. Motivi della decisione 4. Con unico motivo parte ricorrente lamenta violazione della normativa comunitaria e, in particolare dei regolamenti CEE 1048/71 e 574/72, nonché della Convenzione italo-jugoslava sulla sicurezza sociale del 14.11.57, ratificata dalla l. 11.06.60 n. 885, ed applicabile attualmente anche nei confronti della Bosnia Herzegovina. Avendo, con l'adesione alle dette fonti sovranazionali, lo Stato italiano riconosciuto i contributi versati negli altri due Stati, tutti i contributi avrebbero assunto la medesima natura e sarebbero passibili di totalizzazione, ai fini del riconoscimento dell'anzianità assicurativa prevista per la prestazione da erogare in Italia. 5. Il ricorso non è fondato. La tesi di parte ricorrente è basata sulla sentenza 28.06.03 n. 10305 di questa Corte, la quale ha ritenuto che per il lavoratore italiano che abbia svolto attività lavorativa in Stati diversi ed abbia quindi acquisito diverse posizioni assicurative, la totalizzazione dei contributi, ai fini del conseguimento di una prestazione previdenziale di anzianità, è possibile, in forza della legislazione italiana, tutte le volte in cui o per l'esistenza di convenzioni bilaterali o per i vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea, i contributi versati all'estero debbano essere considerati come versati in Italia, anche se tra i Paesi diversi dall'Italia non esistano accordi in tal senso, giacché quei contributi devono essere considerati come effettuati secondo la legislazione italiana e quindi cumulabili tra loro. Questa sentenza fu smentita dalla quasi coeva pronunzi 10.09.03 n. 13273 la quale precisò che per l'obbligo di totalizzazione nascente dall'ordinamento comunitario artt. 45 e 46 del Regolamento CEE del Consiglio n. 1408 del 1971, in attuazione della delega conferita dall'art. 51 del Trattato è consentito il cumulo dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione dei soli Paesi membri dell'Unione Europea, intendendosi per tale, secondo l'art. 1 del citato Regolamento, il complesso di leggi, regolamenti, disposizioni statutarie ed ogni altra misura di applicazione concernenti i regimi di sicurezza sociale. Sono escluse, alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia sent. 2.08.93, in causa n. 23/92 , le disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo Stato membro ed uno Stato terzo, anche se recepite, con legge, nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato. Tale seconda pronunzia, premessa l'eccezionalità nell'ordinamento nazionale del principio della totalizzazione, rileva che il richiamato regolamento CEE, intitolato alla applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati e non salariati nonché ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità all'art. 45, par. 1, testualmente sancisce che l'istituzione di uno stato membro, la cui legislazione subordina l'acquisizione, il mantenimento o il recupero del diritto alle prestazioni al compimento di periodi di assicurazione tiene conto, nella misura necessaria, dei periodi di assicurazione compiuti sotto la legislazione di ogni altro Stato membro, come se si trattasse di periodi compiuti sotto la legislazione che essa applica . Il successivo art. 46, prosegue la Corte, prevede che l'interessato ha diritto alla somma delle prestazioni [ rectius delle quote di prestazioni, precisa la sentenza n. 13273 del 2003] , che sono poste a carico dell'Istituto di previdenza di ciascuno stato membro proporzionalmente alla durata dei periodi di assicurazione compiuti . sotto la legislazione che essa applica, in rapporto alla durata totale dei periodi di assicurazione compiuti prima dell'avverarsi del rischio, sotto le legislazioni di tutti gli stati membri interessali par. 3 . La sentenza in esame prosegue considerando le definizioni accolte dal Regolamento rilevando che per l'art. 1, lett. J il termine legislazione sta ad indicare le leggi i regolamenti, le disposizioni statutarie e ogni altra misura di applicazione, esistenti o future, concernenti i regimi di sicurezza sociale . Lo stesso arti, lett. J, prevede che nel termine legislazione non rientrano le disposizioni contrattuali, esistenti o future, che siano state o meno oggetto di una decisione dei pubblici poteri che le renda vincolanti o estenda il loro campo d'applicazione . La corretta interpretazione di questa disposizione è quella data dalla Corte di Giustizia con la sentenza 2.08.93, in causa n. 23/92, nel senso che la nozione di legislazione non comprende le disposizioni di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo stato membro ed uno stato terzo e che detta interpretazione non è inficiata dal fatto che dette convenzioni siano state recepite nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato . La conclusione è che, accolta la prospettata definizione di legislazione , non possono essere cumulati - ai fini della totalizzazione come disciplinata dalle fonti comunitarie - i periodi di assicurazione compiuti in paesi terzi, ancorché siano cumulabili con periodi di assicurazione compiuti in Italia o in altro stato membro dell'Unione Europea, in forza di convenzione internazionale, ratificata e resa esecutiva, atteso che tali periodi non possono ritenersi compiuti sotto la legislazione di un Paese membro. 6. La tesi da ultimo sostenuta, già richiamata dalle successive pronunzie 11.05.06 n. 10860 e 30.08.10 n. 18850, è stata recentemente ripresa dalla sentenza 1.06.15 n. 11316. Questa pronunzia, anche sull'onda della sentenza della Corte di Giustizia 15.01.02 in causa 55/00, ha rilevato che in forza del principio di parità di trattamento vigente all'interno della Unione Europea, ciascuno Stato membro è obbligato ad applicare ai lavoratori degli altri Stati membri la stessa tutela previdenziale prevista per i propri cittadini. Da tale tutela è, tuttavia, da escludere il regime delle totalizzazioni multiple tra contributi versati ad enti previdenziali di Stati in parte UE e in parte extra-UE, in adempimento di convenzioni internazionali in materia previdenziale tra un solo Stato membro ed uno o più Stati terzi, che siano state recepite, con legge, nell'ordinamento giuridico nazionale dello Stato membro interessato. 7. La prospettata ricostruzione giurisprudenziale, cui l'odierno Collegio intende dare continuità, risponde ai dubbi circa l'interpretazione dell'ordinamento comunitario sollevati dal ricorrente, nonché alla velata censura di violazione dell'art. 3 della Costituzione presente nel ricorso, che qui appare inconferente, in quanto sostanzialmente diretta a sottoporre a giudizio di costituzionalità una fonte normativa non prevista dall'art. 134 Cost., quale quella comunitaria. 8. In applicazione dei suddetti principi, il ricorso è infondato e deve essere dunque rigettato. In ragione del dissonante precedente giurisprudenziale, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.