Decisiva è la sussistenza di uno stretto legame tra il rapporto di lavoro ed il territorio dell’Unione

Colui che esercita un’attività professionale a bordo di una nave battente bandiera di uno Stato membro è soggetto alla legge di tale Stato, ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento n. 1408/1971. Tale disposizione si applica al cittadino di uno Stato membro, che svolga attività lavorativa su una nave immatricolata in uno Stato membro anche se questa operi principalmente in acque territoriali di Paesi che non siano membri dell’Unione Europea.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23261/2015, depositata il 13 novembre. Il caso. Il Tribunale di Lucca ingiungeva ad un lavoratore italiano, impiegato come personale di bordo su una nave battente bandiera inglese, il pagamento di una somma di denaro, a titolo di corrispettivo per prestazioni sanitarie fruite, ad un centro specializzato. L’ingiunto proponeva opposizione, rilevando l’infondatezza della pretesa attorea e chiedendo l’accertamento dell’obbligo della Compagnia di navigazione, sua datrice di lavoro all’epoca dei fatti, e del Ministero della Salute di rimborsargli la somma di denaro versata al centro specializzato opposto. Il Tribunale di Lucca respingeva l’opposizione e condannava il Ministero della Salute al pagamento di una somma di denaro in favore degli eredi dell’opponente, venuto a mancare nelle more del procedimento. Il suddetto Dicastero proponeva domanda di gravame avverso la decisione del giudice di prime cure, ma la Corte territoriale respingeva la domanda, rilevando che la Compagnia di navigazione non era stata parte del giudizio di primo grado, non emergendo dagli atti la rituale citazione della stessa. La Corte d’Appello reputava pacifico che la Compagnia armatrice non avesse procurato un’assicurazione sanitaria al lavoratore e riteneva applicabile il d.P.R. n. 620/1980 assistenza sanitaria al personale navigante , invece del Regolamento CEE n. 1401/1971 regimi di sicurezza sociale per i lavoratori subordinati che si spostano all’interno della Comunità Europea . La Corte territoriale rilevava come, ai sensi del d.P.R. n. 620/1980, ai lavoratori italiani imbarcati, in base a contratto, su navi, galleggianti e piattaforme battenti bandiera estera spetta l’assistenza sanitaria fornita dallo Stato italiano , anche in forma indiretta, qualora gli stessi non fruiscano di assistenza sanitaria da parte dell’armatore straniero o di servizi sanitari stranieri . Il Dicastero ricorreva per cassazione, lamentando la mancata applicazione del Regolamento CEE n. 1401/1971, essendo il lavoratore in possesso dei requisiti per l’applicazione della normativa e configurandosi la fattispecie di cui all’art. 13 del regolamento, per cui chi esercita un’attività professionale a bordo di una nave battente bandiera di uno Stato membro è soggetto alla legge di tale Stato. La ratio del Regolamento deve essere identificata nella volontà di uniformare il regime di sicurezza sociale per i cittadini degli Stati membri. La Suprema Corte ha affermato che il riferimento al d.P.R. n. 620/1980, operato dalla Corte territoriale, deve ritenersi erroneo, dal momento che l’intera materia è stata disciplinata dal Regolamento CEE n. 1408/1971, in base all’ampia portata dell’art. 2, comma 1, della medesima normativa ed alla lettera degli artt. 4 e 13. Gli Ermellini hanno precisato come la ratio delle suddette disposizioni debba essere identificata nella volontà di coordinare ed uniformare il regime di sicurezza sociale applicabile ai cittadini degli Stati membri, garantendo l’assistenza in caso di infortunio e di malattia al lavoratore. Peraltro, la Corte di legittimità ha evidenziato come in questo senso si sia orientata anche la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, nello statuire in un’ipotesi analoga al caso di specie, ha affermato che la disposizione di cui all’art. 13, comma 2, lett. c del Regolamento n. 1408/1971 si applica al cittadino di uno Stato membro, che svolga attività lavorativa su una nave immatricolata in uno Stato membro anche se questa operi principalmente in acque territoriali di Paesi che non siano membri dell’Unione Europea . La Corte di Giustizia, pronunciandosi sulla questione, aveva sottolineato come non potesse ritenersi esclusa l’applicazione della norma per il solo fatto che il lavoratore esercitasse la propria attività al di fuori del territorio dell’Unione, sussistendo comunque un legame stretto tra il rapporto di lavoro ed il territorio comunitario. La Suprema Corte ha ribadito il proprio costante orientamento giurisprudenziale secondo cui la disciplina introdotta dal Regolamento deve considerarsi prevalente rispetto alla normativa nazionale, ed applicata d’ufficio, una volta che sia stata verificata la compatibilità tra le disposizioni comunitarie e quelle di diritto interno. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 settembre – 13 novembre 2015, n. 23261 Presidente Roselli – Relatore Di Cerbo Svolgimento del processo 1. Con decreto n. 382/99 il Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, ha ingiunto a M.N. di pagare a C.C.M. Centre cardio-thoracique de Monaco - Societée Anonyme Monéegasque di seguito, C.C.M. - un importo corrispondente a 164.000,00 franchi francesi a titolo di corrispettivo per prestazioni sanitarie fruite dal 12 settembre 1996 al 25 settembre 1996. 2. II N. ha proposto opposizione avverso il citato decreto chiedendo che fosse dichiarata l'infondatezza della pretesa attorea e, in subordine, che fosse accertato l'obbligo della Compagnia di navigazione Gameline Limited, sua datrice di lavoro all'epoca dei fatti, e del Ministero della Sanità di rimborsargli la somma di 48.123,71 franchi francesi dallo stesso versati alla società opposta e all'ospedale Princesse Grace di Monaco in subordine ha chiesto l'accertamento dell'obbligo di Gameline Limited e del Ministero della Sanità di manievarlo per le somme al pagamento delle quali era stato condannato a favore di C.C.M. 3. Nel giudizio di opposizione si sono costituiti sia C.C.M., che ha chiesto il rigetto dell'opposizione ovvero la condanna in solido del N. e del Ministero della Sanità al pagamento della somma ingiunta, sia il Ministero della Sanità, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità, ovvero il rigetto, della domanda dell'opponente la Compagnia di navigazione Gameline Limited non si è costituita in giudizio. 4. II giudizio, interrotto per l'avvenuto decesso dell'opponente, è stato riassunto da J.A.O., M. N. e R. N., quali eredi di M.N 5. Con sentenza in data 17 luglio 2007 il Tribunale di Lucca ha respinto l'opposizione ed ha condannato il Ministero della Salute al pagamento, in favore degli eredi dell'opponente, della somma di Euro 31.251,79. 6. La Corte d'appello di Firenze ha respinto il gravame avverso la citata sentenza proposto dal Ministero della Salute ed ha dichiarato che la Compagnia di navigazione Gameline Limited non era stata parte nel giudizio di primo grado in quanto non risultava in atti la rituale citazione della stessa nel giudizio di primo grado. 7. La Corte territoriale, ritenuto pacifico che la compagnia armatrice non avesse procurato alcuna assicurazione sanitaria al N., ha rigettato la tesi del Ministero che sosteneva l'applicabilità al caso di specie del Regolamento CEE n. 1408/1971 concernente i regimi di sicurezza sociale per i lavoratori subordinati che si spostano all'interno della Comunità Europea ed ha ritenuto applicabile alla fattispecie il D.P.R. n. 620 dei 1980 in tema di assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell'aviazione civile a norma dei quale ai lavoratori italiani imbarcati, in base a contratto, su navi, galleggianti e piattaforme battenti bandiera estera spetta l'assistenza sanitaria fornita dallo Stato italiano , anche in forma indiretta, qualora gli stessi non fruiscano di assistenza sanitaria da parte dell'armatore straniero o di servizi sanitari stranieri. 8. Per la cassazione di tale sentenza il Ministero della Salute ha proposto ricorso affidato a due motivi. Gli eredi di M.N. hanno resistito con controricorso illustrato da memoria. C.C.M. è rimasto intimato. Motivi della decisione 9. Coi primo motivo di ricorso l'amministrazione ricorrente denuncia violazione di legge per errata applicazione del D.P.R. n. 620 del 1980 e per mancata applicazione del Regolamento CEE n. 1408 del 1971. Secondo la ricorrente la fattispecie è disciplinata dal citato Regolamento CEE. Premesso in fatto che il N., cittadino italiano residente in Italia era impiegato alle dipendenze di una società inglese su nave battente bandiera britannica, deduceva che questi, pertanto, possedeva i requisiti richiesti per l'applicazione del Regolamento sopra citato che prevede, all'art. 13, che la persona che esercita la sua attività professionale a bordo di una nave che batte bandiera di uno stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato. Invoca, a sostegno della propria tesi, la sentenza della Corte di giustizia C-106/11 Bakker. 10. Col secondo motivo l'amministrazione ricorrente denuncia, in via subordinata, la falsa applicazione del D.P.R. n. 620 del 1980 e la mancata applicazione della Convenzione generale di sicurezza sociale tra la Repubblica Italiana e il Principato di Monaco firmata a Monaco il 12 febbraio 1982. 11. II primo motivo di ricorso è fondato e deve essere pertanto accolto. 12. Secondo la Corte territoriale la norma applicabile alla fattispecie è costituita dall'art. 2, comma 1, lett. c del suddetto D.P.R. che prevede l'erogazione dell'assistenza sanitaria ai lavoratori italiani imbarcati, in base a contratto, su navi, galleggianti e piattaforme battenti bandiera estera qualora non usufruiscano di assistenza sanitaria da parte dell'armatore straniero o di servizi sanitari stranieri ovvero il livello di tali prestazioni sia palesemente inferiore a quello delle prestazioni assicurate con il presente decreto. In particolare l'obbligo di manlevare il N. è stato ricondotto dalla Corte territoriale alla previsione di cui all'art. 8 dello stesso D.P.R., ai sensi del quale l'assistenza in forma indiretta è ammessa in tutti i casi in cui l'interessato, per motivi di necessità e urgenza connessi anche alle particolari esigenze di servizio, non possa far ricorso alle strutture ed ai sanitari convenzionati. Ed infatti, si legge nella sentenza impugnata, alla fattispecie in esame non può essere applicato il Regolamento CEE n. 1408 del 1971 atteso che la norma comunitaria concerne il trattamento dei lavoratori nell'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno della Comunità, e non riguarda i lavoratori marittimi che, nello svolgimento delle proprie mansioni, siano destinati a spostarsi in altri Stati, non necessariamente comunitari come nel caso di specie . 13. Rileva il Collegio che il riferimento al citato D.P.R. deve ritenersi erroneo atteso che l'intera materia è compiutamente disciplinata dal citato Regolamento CEE n. 1408 del 1971. In particolare l'art. 2, comma 1, di tale Regolamento stabilisce Il presente regolamento si applica ai lavoratori che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini di uno degli Stati membri, oppure apolidi o profughi residenti nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai loro familiari e ai loro superstiti. A sua volta l'art. 4 che delinea il quadro di applicazione ratione materiae stabilisce comma 1 che Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti a le prestazioni di malattia e maternità Infine l'art. 13 inserito nel titolo II del Regolamento, recante la rubrica Determinazione della legislazione applicabile prevede, al comma 2, lett. c , che il lavoratore occupato a bordo di una nave che batte bandiera di uno Stato membro è soggetto alla legislazione di tale Stato. 14. Contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale la ratio della norma comunitaria in esame è quella di coordinare e uniformare il regime di sicurezza sociale applicabile ai cittadini degli Stati membri e di garantire ai lavoratori l'assistenza in caso di infortuni o malattie, indipendentemente dal luogo in cui la stessa venga fornita. Ed infatti, come correttamente sottolineato in ricorso, ove fossi accolta la tesi del giudice dell'appello, si renderebbe sostanzialmente inapplicabile la disciplina del Regolamento a tutti i lavoratori che prestano la loro attività su natanti che operano al di fuori dell'ambito delle acque territoriali degli Stati membri il che appare costituire una limitazione del tutto irragionevole. 15. La conclusione qui accolta trova conferma nella giurisprudenza della Corte di Giustizia cfr. causa C-106/11 J. Bakker contro Minister van Financien dei 2 giugno 2012 la quale, decidendo con riferimento ad una fattispecie assimilabile a quella in esame ha affermato che la disposizione di cui all'art. 13, comma 2, lett. c dei Regolamento n. 1408/1971 si applica al cittadino di uno Stato membro, che svolga attività lavorativa su una nave immatricolata in uno Stato membro anche se questa operi principalmente in acque territoriali di Paesi che non siano membri dell'Unione Europea. Ed infatti, secondo la Corte di Giustizia, il solo fatto che un lavoratore eserciti la propria attività al di fuori del territorio dell' Unione non è sufficiente ad escludere l'applicazione delle norme dell'Unione quando il rapporto di lavoro conserva un nesso abbastanza stretto con il territorio dell'Unione, il che avviene, in particolare quando l'attività lavorativa viene svolta a bordo di una nave che batte la bandiera di un Paese dell'Unione. 16. Va infine osservato che la disciplina dettata dal Regolamento suddetto è prevalente rispetto a quella nazionale ancorché successiva applicata dalla Corte territoriale e deve essere pertanto applicata d'ufficio come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità cfr., in particolare, Cass. 14 luglio 2004 n. 13054 secondo cui il giudice nazionale deve verificare la compatibilità del diritto interno con le disposizioni comunitarie vincolanti e fare applicazione delle medesime anche d'ufficio. Nello stesso senso Cass. 11 dicembre 2002 n. 17564 secondo cui, in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto interno la Corte di Cassazione, nell'esercizio della propria funzione di nomofilachia , ha il potere di accertare la diretta efficacia della norma comunitaria, e rilevare l'antinomia tra norma comunitaria direttamente efficace e norma interna con essa collidente, risolvendola, con il riconoscimento della prevalenza della prima sulla seconda. 17. Né giova alla contraria tesi, dell'applicabilità della normativa nazionale indicata dalla Corte d'appello, il rilievo che il N., cittadino italiano e residente in Italia, non era stato iscritto dalla Compagnia armatrice alla assicurazione sanitaria del Paese di appartenenza. Ed infatti, una volta stabilita l'applicabilità al caso di specie dell'art. 13, comma 2, lett. c , dei Regolamento n. 1408/1971, per cui lo stesso era soggetto alla legislazione dello Stato al quale apparteneva la nave sulla quale era imbarcato Gran Bretagna , il profilo della mancata iscrizione deve essere risolto sulla base della suddetta legislazione. Deve rilevarsi in proposito che, da parte del lavoratore, non è stata nemmeno adombrata la ricorrenza di una delle ipotesi prevista dall'art. 19 del Regolamento che potrebbe giustificare l'erogazione di prestazioni da parte dello Stato di residenza. 18. In definitiva il primo motivo del ricorso deve essere accolto con conseguente assorbimento del secondo, proposto in via subordinata. 19. La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione al motivo accolto. Poiché, in relazione all'accoglimento del primo motivo deve ritenersi applicabile al caso di specie esclusivamente la disciplina del Regolamento europeo più volte citato, e poiché, in applicazione della suddetta disciplina, deve escludersi la legittimazione passiva del Ministero della Salute rispetto alla domanda di rimborso proposta dal N., sussistono i presupposti per decidere la causa nel merito ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. atteso che non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto. 20. La domanda proposta nei confronti del Ministero della salute deve essere pertanto rigettata. 21. Rilevato che la giurisprudenza comunitaria prima ricordata, che ha avuto rilevanza decisiva ai fini della soluzione della presente controversia, è successiva alla domanda proposta dal N., si ritiene conforme a giustizia compensare tra le parti le spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa tra le parti le spese dell'intero processo.