Parcheggio tragi-comico del pullman. Danni a una vettura e all’autoparco. Licenziato

Addio al posto di lavoro per un autista. Fatale l’errore compiuto nella gestione del pullman aziendale a lui affidato. Legittimo il provvedimento adottato dalla società di trasporti.

Parcheggio tragi-comico per il conducente di un pullman di linea. Lascia il veicolo, col motore acceso, in sosta nel piazzale della società di trasporto, ma il ‘quattro ruote’ parte all’improvviso, centrando un’autovettura aziendale e sfondando il muro di cinta del parcheggio. Danni ingenti per la società. Ripercussioni serie per il dipendente, che perde il posto di lavoro. Cass., sentenza n. 22917/15, sez. Lavoro depositata oggi Sanzione. Sfavorevoli al lavoratore già le valutazioni compiute dai giudici di merito. Difatti, sia in Tribunale che in Corte d’appello viene ritenuto legittimo il licenziamento deciso dall’azienda, una società di trasporto extraurbano . E, nonostante le obiezioni del legale dell’uomo, i giudici considerano rispettato il requisito della proporzionalità della sanzione . Evidente la gravità della violazione compiuta dall’ autista , che aveva lasciato in sosta, col motore acceso, un bus di linea, che si era messo improvvisamente in moto, travolgendo un’autovettura aziendale e sfondando il muro di cinta dell’autoparco, provocandone il crollo sulla pubblica via . Irrilevante, sempre secondo i giudici, anche il fatto che la sanzione era stata adottata dal presidente della società e non dal Consiglio di disciplina . E tale visione viene condivisa ora dai Giudici della Cassazione, i quali, di conseguenza, confermano la legittimità del licenziamento . Improponibili le ulteriori contestazioni da parte del legale dell’oramai ex dipendente della società. Soprattutto perché mentre in primo grado era stata denunziata la illegittimità del licenziamento per l’asserita violazione di norme procedimentali proprie della disciplina speciale degli autoferrotranvieri , successivamente era stata posta la diversa questione, di carattere sostanziale, della riconducibilità della clausola disciplinare alla differente previsione del Regio Decreto n. 148/1931 nell’ottica della applicazione di una misura conservativa . Allo stesso tempo, viene anche ritenuta corretta la valutazione compiuta dai giudici di merito sulla proporzionalità della sanzione .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 luglio – 10 novembre 2015, n. 22917 Presidente Venuti - Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 3.10 -- 25.11.2013 la Corte d'appello di Palermo ha confermato la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Sciacca, impugnata da R.V., il quale si era lamentato dei rigetto della domanda tesa all'annullamento del licenziamento disciplinare intimatogli dalla società Autolinee Gallo s.r.l., società di trasporto extra-urbano alle cui dipendenze il lavoratore aveva prestato servizio con le mansioni di autista. Il licenziamento era stato intimato in quanto il R.V. aveva lasciato in sosta coi motore acceso un bus di linea che si era messo improvvisamente in moto travolgendo un'autovettura aziendale e sfondando il muro di cinta dell'autoparco, provocandone il crollo sulla pubblica via. La Corte palermitana ha ritenuto nuova la doglianza riflettente l'omessa sussunzione della fattispecie disciplinare nella previsione dell'art. 42, comma 10, dei Regio Decreto n. 148 del 1931, dal momento che in primo grado il ricorrente aveva lamentato la violazione dei relativo procedimento previsto dal citato decreto regio, nel senso che a suo giudizio era stata disapplicata tale normativa nella parte in cui la stessa riservava al Consiglio di disciplina l'adozione delle sanzioni, mentre nel caso in esame tale determinazione era stata adottata dal Presidente della società. In ogni caso, secondo la Corte di merito, il requisito della proporzionalità della sanzione era stato rispettato. Per la cassazione della sentenza propone ricorso il R.V. con un solo articolato motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Resiste con controricorso la società Autolinee Gallo s.r.l. Motivi della decisione Con un solo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 112 e 113, primo comma, c.p.c., dell'art. 12 del R.D. n. 26211942 e degli artt. da 37 a 58 del R.D. n. 14811931, con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c. I[ ricorrente assume che la Corte di merito è incorsa in errore nel ritenere inammissibile, in quanto nuova, la doglianza proposta in appello con la quale si era prospettata la riconducibilità della clausola disciplinare oggetto di causa all'ipotesi di cui all'art. 42, comma 10, del R.D. n. 148 del 1931. Secondo il ricorrente non vi era stata, invece, violazione del principio devolutivo, atteso che nel secondo grado di giudizio il diritto azionato, la disciplina di legge invocata e la pretesa avanzata erano gli stessi dei giudizio di prime cure, per cui non era stato introdotto alcun tema nuovo d'indagine. Quindi, secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe dovuto sottrarsi alla cognizione della fattispecie dedotta secondo i principi di cui all'art. 113, primo comma, c.p.c. e 12 del R.D. n. 26211942 ed avrebbe dovuto applicare la disciplina speciale che regola il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri. Il motivo è infondato. Invero, correttamente la Corte d'appello ha ravvisato la violazione del principio dell'effetto devolutivo dell'impugnazione nel momento in cui ha adeguatamente posto in evidenza che in primo grado il ricorrente aveva lamentato la disapplicazione del Regio Decreto n. 148/1931 nella parte in cui riservava l'adozione delle punizioni per le mancanze di cui agli artt. 43, 44 e 45 alla deliberazione del Consiglio di Disciplina , assumendo che tale potere era stato, invece, esercitato dal Presidente della società, mentre la doglianza formulata in sede di gravame concerneva la diversa questione della mancata riconduzione della clausola disciplinare nella previsione di cui all'art. 42, comma 10, del R.D. n. 14871931. In effetti, la correttezza del rilievo effettuato dalla Corte territoriale risiede nella giusta considerazione che attraverso quest'ultimo tipo di censura svolto in appello veniva, in realtà, ad essere introdotto un nuovo tema d'indagine, in quanto questo non era più radicato, come in primo grado, sulla denunziata illegittimità del licenziamento per l'asserita violazione di determinate norme procedimentali proprie della disciplina speciale degli autoferrotranvieri, bensì sulla doglianza riflettente la diversa questione di carattere sostanziale della riconducibilità della clausola disciplinare alla differente previsione dell'ari. 42, comma 10, del citato Regio Decreto ai fini dell'applicazione di una misura conservativa. Né ha rilievo alcuno la censura secondo cui la Corte di merito si sarebbe, in tal modo, sottratta al compito di esaminare la fattispecie, con particolare riguardo alla proporzionalità della sanzione, alla luce della disciplina speciale che regola il rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri, posto che la individuazione della normativa applicabile nel caso concreto rientra nelle prerogative del giudicante. Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. Ricorrono i presupposti per il pagamento del contributo unificato di cui in dispositivo da parte del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 3500,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.