Legittimazione del sindacato: è sufficiente un’effettiva azione sindacale su gran parte del territorio nazionale

In tema di repressione della condotta antisindacale, la legittimazione ad agire è riconosciuta alle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, essendo richiesto il solo requisito della diffusione del sindacato sul territorio nazionale pertanto, si deve ritenere sufficiente lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale, non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione – Sez. Lav., con la sentenza n. 22617, depositata il 5 novembre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da un’associazione sindacale lo S.L.A.I. Cobas al fine di far accertare la condotta antisindacale della società datrice che, in occasione di uno sciopero della durata di trenta minuti, aveva sospeso per alcune ore l’attività lavorativa nel reparto montaggio dello stabilimento sospensione che era ritenuta di carattere intimidatorio. Nel costituirsi in giudizio, la società datrice si era difesa eccependo, tra l’altro, il difetto di legittimazione dell’organizzazione sindacale. L’eccezione, dopo essere stata accolta in primo grado, è stata rigettata nel giudizio di appello, avendo la Corte territoriale ritenuto sussistenti gli indici della nazionalità del sindacato esistenza di coordinamenti provinciali, partecipazione ad iniziative referendarie, statuto interno e n. 2 accordi sindacali aziendali . Il sindacato è legittimato ad agire se svolge un’effettiva attività sindacale sul territorio nazionale. La pronuncia in commento ritiene che la decisione dei giudici di appello sia conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di legittimazione processuale delle organizzazioni sindacali. Ed infatti, le Sezioni Unite hanno da tempo chiarito che, in materia di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori, la legittimazione ad agire è riconosciuta alle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, essendo richiesto il solo requisito della diffusione del sindacato sul territorio nazionale pertanto, si deve ritenere sufficiente – e, al tempo stesso, necessario – lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale, non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, senza esigere che l’associazione faccia parte di una confederazione né che sia maggiormente rappresentativa così Cass., Sez. Un., n. 28269/05 cfr., altresì, Cass., n. 2375/15 . In particolare, qualora dispongano di tali requisiti, sono legittimate anche le associazioni sindacali intercategoriali, in riferimento alle quali, però, i limiti minimi di presenza sul territorio nazionale ai fini della rappresentatività devono ritenersi, in termini assoluti, più elevati di quelli richiesti ad un’associazione di categoria. La prova della nazionalità” può essere fornita dallo statuto e dagli accordi sottoscritti. Sempre sull’argomento della legittimazione dei sindacati, la Cassazione ha avuto modo di chiarire che l’individuazione degli organismi locali delle associazioni sindacali legittimati ad agire deve desumersi dagli statuti interni delle associazioni stesse, dovendosi far riferimento alle strutture che tali statuti ritengono maggiormente idonee alla tutela degli interessi locali cfr. Cass., n. 29257/2008, n. 13240/2009 e n. 5209/2010 . Con riferimento alla fattispecie dedotta in giudizio, ad avviso dei giudici di legittimità, la Corte territoriale ha chiaramente indicato i presupposti nel momento in cui, con motivazione adeguata, priva di elementi di contraddittorietà ed esente da vizi di carattere logico-giuridico, ha posto in evidenza che, riguardo alla diffusione sul territorio nazionale del predetto sindacato, era emerso dall’art. 9 dello statuto dell’associazione che erano stati costituiti comitati provinciali in 57 province e 13 regioni, sedi delle più rilevanti realtà di fabbriche su circa la metà del territorio nazionale. Inoltre, era risultato che i verbali di accordi aziendali conclusi tra il predetto sindacato con altre società datrici attestavano un’attività del sindacato effettiva e presente nei maggiori distretti produttivi del paese. Sciopero di 30 minuti illegittima la sospensione datoriale dell’attività lavorativa per alcune ore. La pronuncia in commento ritiene, altresì, esente da censure la decisione di merito nella parte in cui ha accertato l’antisindacalità della condotta posta in essere dalla società datrice, consistente nella sospensione dell’attività lavorativa nel reparto montaggio per alcune ore in occasione dello sciopero indetto, nello stesso giorno, per appena trenta minuti. In particolare, il datore non ha provato né la sopravvenuta obiettiva impossibilità di offrire il lavoro ex art. 1256 cod. civ., né la protrazione dello sciopero al momento della comunicazione ai lavoratori del provvedimento aziendale, né la circostanza della non prevedibilità della fine dello sciopero tale da giustificare la sospensione del lavoro. La condotta datoriale, pertanto, finiva per avere portata intimidatoria.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 luglio – 5 novembre 2015, n. 22617 Presidente Bandini – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 18.7 - 16.8.2013 la Corte d'appello di Napoli, accogliendo il gravame proposto dal sindacato S.L.A.I. COBAS avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Nola, che aveva dichiarato il difetto di legittimazione di tale organizzazione in seno al giudizio di opposizione al decreto col quale era stata accertata l'antisindacalità della condotta della società Fiat Group Automobiles s.p.a., ha rigettato l'opposizione proposta da quest'ultima ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300/70, condannandola alle spese del doppio grado di giudizio. La Corte ha spiegato che doveva ritenersi dimostrato il carattere nazionale del sindacato, situazione, questa, che lo legittimava all'azione di repressione della lamentata condotta antisindacale della società automobilistica Fiat. Questa era consistita nella sospensione dell'attività lavorativa nel reparto montaggio Alfa 147 dello stabilimento di omissis dalle ore 6,30 alle ore 14,00 del 6/4/2004 in occasione dello sciopero indetto nello stesso giorno dalle ore 6,00 alle ore 6,30, sospensione ritenuta di carattere intimidatorio. Né era stata provata, secondo la Corte, la sopravvenuta impossibilità da parte dell'impresa di offrire lavoro ex art. 1256 cod. civ., così come la prevedibilità della durata dello sciopero non legittimava il rifiuto dell'appellata società di ricevere la prestazione lavorativa. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Fiat Group Automobiles s.p.a. con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Resiste con controricorso il sindacato S.L.A.I COBAS. Motivi della decisione 1. Col primo motivo, dedotto per violazione dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, la ricorrente contesta la decisione della Corte d'appello di Napoli di aver ritenuto ammissibile l'azione esercitata da un sindacato privo dei requisiti necessari, ricondotti erroneamente ad una mera dimensione territoriale statica , ovvero ad estratti dallo statuto interno dell'associazione o, ancora, ad elementi insuscettibili di concreta dimostrazione dell'effettività di una tutela collettiva di livello nazionale. Sostiene al riguardo la ricorrente che il riscontro della nazionalità del sindacato avrebbe dovuto essere ricavato dalla tipica manifestazione dell'attività sindacale, vale a dire la stipulazione di un contratto collettivo di livello nazionale. 2. Col secondo motivo, riproposto per violazione dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970, la ricorrente sostiene che la Corte d'appello, pur affermando la legittimazione ad agire di un'organizzazione intercategoriale, non ha ritenuto di operare alcuna verifica in concreto della nazionalità dell'organizzazione sindacale S.L.A.I. Cobas all'interno del settore produttivo della categoria dei metalmeccanici, al quale essa apparteneva all'epoca dei fatti quale datrice di lavoro. 3. Col terzo motivo, formulato per vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello, dopo aver indicato quelli che a suo giudizio rappresentavano degli indici della nazionalità del sindacato esistenza di coordinamenti provinciali, partecipazione ad iniziative referendarie, statuto interno e n. 2 accordi sindacali aziendali , ha omesso di motivare in ordine alla sufficienza di tali elementi di fatto ai fini della sussistenza della legittimazione ad agire. Per ragioni di connessione i tre motivi possono essere trattati unitariamente. Tali motivi sono infondati. Invero, nell'individuare il carattere nazionale del sindacato S.L.A.I. Cobas ai fini della verifica della sua legittimazione ad agire, la Corte partenopea ha dimostrato di non essersi affatto discostata dall'indirizzo di legittimità consolidatosi in siffatta materia e di non essersi, pertanto, resa responsabile della violazione della norma sopra richiamata. Infatti, le sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 28269 del 21/12/2005, hanno statuito che in tema di repressione della condotta antisindacale, di cui all'art. 28 dello statuto dei lavoratori, la legittimazione ad agire è riconosciuta dalla citata norma alle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, richiedendo pertanto solo il requisito della diffusione del sindacato sul territorio nazionale, con ciò dovendosi intendere che sia sufficiente - e al tempo stesso necessario - lo svolgimento di una effettiva azione sindacale non su tutto ma su gran parte del territorio nazionale, senza esigere che l'associazione faccia parte di una confederazione né che sia maggiormente rappresentativa. In particolare, qualora dispongano dei requisiti sopra indicati, sono legittimate anche le associazioni sindacali intercategoriali, in riferimento alle quali però i limiti minimi di presenza sul territorio nazionale ai fini della rappresentatività devono ritenersi, in termini assoluti, più elevati di quelli richiesti ad un'associazione di categoria. L'individuazione degli organismi locali delle associazioni sindacali legittimati ad agire deve desumersi dagli statuti interni delle associazioni stesse, dovendosi far riferimento alle strutture che tali statuti ritengono maggiormente idonee alla tutela degli interessi locali. Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la legittimazione attiva del Sincobas. v. anche Cass. sez. lav. n. 29257 del 12/12/2008 e n. 5209 del 4/3/2010 oltre a Cass. n 13240/09 citata . Da ultimo, questa sezione della Corte Cass. Sez. Lav. n. 2375 del 9/2/2015 ha avuto occasione di ribadire che in tema di repressione della condotta antisindacale, la legittimazione a promuovere l'azione prevista dall'art. 28 statuto lavoratori va riconosciuta agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali , per la cui identificazione è necessario e sufficiente lo svolgimento di un'effettiva azione sindacale non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, senza che sia indispensabile che l'associazione faccia parte di una confederazione o sia maggiormente rappresentativa . Orbene, premesso che la nuova formulazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c., introdotta dall'art. 54, comma 1, lett. b del d.l. n. 83 del 22.6.2012, convertito nella legge n. 134 del 7.8.2012, applicabile ratione temporis nella fattispecie, prevede che l'omesso esame deve riguardare un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si rileva che la Corte territoriale ha chiaramente indicato i requisiti di cui ai suddetti precedenti nel momento in cui, con motivazione adeguata, priva di elementi di contraddittorietà ed esente da vizi di carattere logico-giuridico, come tale sottratta ai rilievi di legittimità, ha posto in evidenza che, riguardo alla diffusione sul territorio nazionale del predetto sindacato, era emerso dall'art. 9 dello statuto dell'associazione che erano stati costituiti comitati provinciali dello S.L.A.I. Cobas in 57 province e 13 regioni, sedi delle più rilevanti realtà di fabbriche su circa la metà del territorio nazionale. Inoltre, era risultato che i verbali di accordi aziendali conclusi tra il predetto sindacato con le società Datitalia Processing sedi di OMISSIS e Merloni Elettrodomestici s.p.a., in materia di emergenza rifiuti della Regione Campania ed altri ancora attestavano un'attività del sindacato effettiva e presente nei maggiori distretti produttivi del paese. 4. Col quarto motivo, formulato per violazione degli artt. 2697 e 1256 cod. civ., la ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello ha ritenuto fondata la denuncia di antisindacalità ed assume, invece, che il provvedimento di messa in libertà dei lavoratori fu adottato in quanto sussisteva un legittimo motivo di rifiuto a ricevere la loro prestazione lavorativa, stante il raggiungimento del numero massimo di scocche presenti sulla linea di trasferimento fra i due reparti di verniciatura e di montaggio, così come emerso dall'istruttoria. Il motivo è infondato. Infatti, con motivazione adeguata in punto di fatto ed esente da rilievi di legittimità, la Corte d'appello, nel condividere le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice all'esito dell'istruttoria, ha spiegato che l'antisindacalità della condotta datoriale era consistita nella sospensione dell'attività lavorativa nel reparto montaggio Alfa 147 dello stabilimento di omissis dalle ore 6,30 alle ore 14,00 del 6/4/2004 in occasione dello sciopero indetto nello stesso giorno dalle ore 6,00 alle ore 6,30 e che non era stata provata dalla resistente la sopravvenuta obiettiva impossibilità di offrire il lavoro ex art. 1256 cod. civ La stessa Corte ha aggiunto che a fronte della previsione della durata dello sciopero di trenta minuti non era stata dimostrata la protrazione dello stesso al momento della comunicazione ai lavoratori del suddetto provvedimento aziendale e che nemmeno sussisteva la circostanza della non prevedibilità della fine dello sciopero tale da giustificare la sospensione del lavoro, che finiva, quindi, per avere portata intimidatoria. In ogni caso la censura in esame si risolve in un tentativo di rivisitazione del merito istruttorio volta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione v. fra tante Cass. sez. lav. n. 2272 del 2/2/2007 Cass. Sez. 3 n. 9368 del 21/4/2006 Cass. sez. lav. n. 15355 del 9/8/04 . Pertanto, il ricorso va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo. Sussistono, altresì, i presupposti per il versamento del contributo unificato, come da dispositivo, da parte della soccombente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 4000,00 per compensi professionali e di Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.