L’onere della prova del rispetto della percentuale di lavoratori a termine è a carico del datore

Nel regime di cui alla l. 28 febbraio 1987 n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall'art. 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti. L'onere della prova dell'osservanza di detto rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui all'art. 3 l. 18 aprile 1962 n. 230, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l'obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro.

Così stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione lavoro con la sentenza n. 22641, pubblicata il 5 novembre 2015. La vicenda. Domanda di declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato nella vigenza della legge n. 56 del 1987. Un lavoratore assunto da Poste Italiane con contratto a termine in data 19 ottobre 2001 agiva in giudizio per ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro. il Tribunale rigettava la domanda. Analogamente la Corte d’Appello, decidendo il gravame proposto dal lavoratore confermava la decisione di primo grado, rigettando la domanda. Ricorreva allora in Cassazione il lavoratore per la riforma della decisione della Corte d’appello. L’apposizione del termine secondo la legge n. 56 del 1987. La vicenda in esame riguarda la legittimità del termine apposto ad un contratto di lavoro stipulato nella vigenza della legge n. 56/87. L’articolo 23 della citata legge disponeva che L'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè all'art. 8- bis del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato . Necessario individuare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a tempo determinato La Corte di merito, nella sentenza impugnata, ha correttamente ritenuto provata l’osservanza della procedura sindacale richiesta per la valida stipulazione di contratti a termine. Tuttavia ha ritenuto gravato il lavoratore dell’onere della prova circa il rispetto della percentuale stabilita di lavoratori assunti con contratto a termine. E di conseguenza, ritenendo non fornita la prova del superamento della percentuale fissata, ha respinto la domanda proposta dal prestatore. ma l’onere della prova è carico del datore di lavoro. La Suprema Corte ritiene fondato il motivo di censura proposto dal lavoratore, riguardante il superamento del dato percentuale tra contratti a termine e a tempo indeterminato. Osserva infatti il Supremo Collegio che nel regime di cui alla l. 28 febbraio 1987 n. 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall'art. 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti pertanto, non è sufficiente l'indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell'apposizione del termine nei contratti stipulati in base all'ipotesi individuata ex art. 23 citato, l'indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, sì da potersi verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine. L'onere della prova dell'osservanza di detto rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui all'art. 3 l. n. 230/62, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l'obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro. Peraltro il principio di diritto affermato appare conforme ad altre precedenti pronunce della Suprema Corte. La sentenza impugnata appare pertanto in contrasto con i principi di diritto sopra richiamati e dunque è stata cassata, in accoglimento del ricorso proposto, con rinvio per una nuova decisione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 settembre – 5 novembre 2015, numero 22641 Presidente Di Cerbo – Relatore Lorito Svolgimento del processo Con sentenza resa pubblica in data 17/11/09 la Corte d'appello di Roma confermava la pronuncia emessa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta la domanda proposta da C.R. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane intesa a conseguire la declaratoria di nullità del termine apposto al contratto stipulato dal 19 ottobre 2001 al 31 gennaio 2002 ai sensi dell'articolo 25 del C.C.N.L. del 2001 per esigenze di carattere straordinario conseguenti ai processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all'introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi . Nel pervenire a tali conclusioni la Corte territoriale rimarcava che non risultava fornita dal lavoratore - su cui incombeva il relativo onere probatorio in virtù della disposizione di cui all'articolo 2697 c.c. - la dimostrazione delle ragioni di violazione della cd. clausola di contingentamento di cui all'articolo 25 c.c.numero l. del 2001 oggetto di specifica allegazione. Ulteriormente argomentava in ordine alla genericità della doglianza inerente al mancato rispetto della procedura di confronto sindacale prevista dall'articolo 25 comma secondo del c.c.numero l. 2001, che reputava altresì infondata, alla stregua di consolidato orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità. Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione il C. formulando cinque motivi ulteriormente illustrati con memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Resiste con controricorso la società Poste Italiane. Motivi della decisione 1. Con i primi due motivi, sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. e dell'articolo 3 1.230/62 si stigmatizza la pronuncia impugnata per aver ritenuto gravante a carico del lavoratore l'onus probandi inerente alla violazione delle quote numeriche di assunzione del personale con contratto a tempo determinato, sancite dall'articolo 25 c.c.numero l. 11 gennaio 2001. I motivi sono fondati. l.2 Con riferimento al rispetto della clausola di contingentamento è stato, infatti, ripetutamente affermato da questa Corte il principio secondo cui nel regime di cui alla L. 28 febbraio 1987, numero 56, la facoltà delle organizzazioni sindacali di individuare ulteriori ipotesi di legittima apposizione del termine al contratto di lavoro è subordinata dall'articolo 23 alla determinazione delle percentuali di lavoratori che possono essere assunti con contratto a termine sul totale dei dipendenti pertanto, non è sufficiente l'indicazione del numero massimo di contratti a termine, occorrendo altresì, a garanzia di trasparenza ed a pena di invalidità dell'apposizione del termine nei contratti stipulati in base all'ipotesi individuata ex articolo 23 citato, l'indicazione del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, si da potersi verificare il rapporto percentuale tra lavoratori stabili e a termine. L'onere della prova dell'osservanza di detto rapporto è a carico del datore di lavoro, in base alle regole di cui alla L. 18 aprile 1962, numero 230, articolo 3, secondo cui incombe al datore di lavoro dimostrare l'obiettiva esistenza delle condizioni che giustificano l'apposizione di un termine al contratto di lavoro v. fra le altre, Cass. 10-8-15 numero 16672, Cass. 12-6-13 numero 14760, Cass. 19-1-2010 numero 839 . 1.3 Orbene, nella fattispecie la sentenza impugnata, mentre correttamente ha ritenuto dimostrata l'osse.rvanza della procedura di confronto sindacale, per quanto riguarda il rispetto della clausola di contingentamento, ha invertito l'onere probatorio addossando sul lavoratore l'onere di indicare elementi concreti dai quali presumere il superamento della percentuale del 5% del numero dei lavoratori in servizio alla data del 31 dicembre dell'anno precedente, e ritenendo non allegati sufficienti elementi da cui desumere il superamento da parte della società Poste Italiane, del limite numerico fissato dal c.c.numero l Detta statuizione si pone, dunque, in violazione dei principi innanzi enunciati, e consolidati nella giurisprudenza di questa Corte. In tal senso, vanno quindi accolti i primi due motivi. 2. Con il terzo mezzo di impugnazione, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 primo comma numero 4 c.p.c. Si deduce di aver fondato il gravame anche sul fatto che il primo giudice non si fosse pronunciato sulla questione relativa alla nullità del termine stante il mancato rispetto della clausola di contingentamento prevista dall'articolo 25 c.c.numero l. di settore. Si lamenta, quindi, che la Corte distrettuale, a propria volta non si sia pronunciata su tale ragione di gravame. 3. Con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 345 c.p.c in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. Si argomenta, in particolare, sulla novità dell'eccezione sollevata dalla società Poste Italiane in ordine alla questione del rispetto della procedura di convocazione delle OO.SS. atteso che il richiamo all'accordo del 18/1/01 che avrebbe dovuto integrare prova dell'espletamento della procedura di consultazione delle OO.SS. era stato oggetto di un'allegazione proposta per la prima volta in grado di appello. 3.1 1 motivi, che possono essere congiuntamente trattati per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono infondati. Invero, dal tenore del ricorso e della memoria di costituzione in grado di appello, nonché della memoria di costituzione di primo grado della società -- riportati per il principio di autosufficienza - si desume che nella materia del contendere sono compresi tutti i profili di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro inter partes, sicchè da un canto, la sentenza impugnata non è incorsa in vizio di omessa pronuncia, rimanendo centrata nel thema decidendum dall'altro, non ha statuito in ordine ad eccezioni nuove, giacchè la deduzione in ordine al rispetto della procedura di confronto sindacale, deve ritenersi già contenuta nelle difese articolate dalla società in primo grado. 4. Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 25 c.c.numero l. 11/1/01 . Si stigmatizza la pronuncia impugnata per aver ritenuto rispettata la cd.clausola di contingentamento, sulla scorta di dati concernenti l'accordo sindacale del 18/1/01, ed attestanti l'adempimento della procedura sindacale, tardivamente introdotti dalla società nella dinamica processuale, solo in grado di appello. 4.1 La censura è priva di pregio. Al di là di ogni considerazione in merito alla statuizione con cui si è qualificata in termini di genericità l'eccezione sollevata dal ricorrente, che non è stata oggetto di specifica impugnazione, va rimarcato che la questione del rispetto della procedura sancita dalla citata disposizione contrattuale collettiva - come già dedotto in relazione al quarto mezzo di impugnazione - risulta tempestivamente allegata dalla società sin dal primo grado di giudizio, e sorretta da documentazione ritualmente prodotta. 4.2 In tale prospettiva, gli approdi ai quali è pervenuta la Corte distrettuale si presentano in linea con la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento alla prevista condizione articolo 25, comma 2, del citato c.c.numero l. della attivazione del previo confronto sindacale , ha, invero, più volte ritenuto integrata tale condizione con l'accordo del 18-1-2001, in base all' evidente e univoco significato letterale delle espressioni usate dalle parti collettive v. fra le altre Cass. 1-10-2007 numero 20608, Cass. 11-12-2012 numero 22679, Cass. 15-7-2014 numero 16147, Cass. cit. numero 16672 del 2015 . E' stato, infatti affermato che l'accordo del 18 gennaio 2001 costituisce espletamento della procedura di confronto sindacale prevista dallo stesso articolo 25 del contratto collettivo - a norma del quale, Prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto a a livello nazionale, qualora risultino interessate più regioni b a livello regionale, qualora risulti interessata una sola regione . Nel testo del suddetto accordo è altresì sancito che le OO.SS. . convengono ancora che i citati processi, tuttora in corso, saranno fronteggiati in futuro anche con il ricorso a contratti a tempo determinato, stipulati nel rispetto della nuova disciplina pattizia delineata dal c.c.numero l. 11.1.2001 . Il significato letterale delle espressioni usate è così evidente ed univoco che non necessita di un più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle parti, con conseguente preclusione del ricorso a ulteriori criteri interpretativi dovendo pertanto ritenersi integrata, sulla base di tale accordo, anche la condizione prevista dal citato articolo 25. In tal senso la pronuncia impugnata si sottrae alla formulata censura. In definitiva, vanno accolti il primo e il secondo motivo, respinti gli ulteriori. L'impugnata sentenza va, pertanto cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione la quale, statuendo anche sulle spese del presente giudizio di cassazione, provvederà attenendosi ai principi sopra richiamati. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi, rigettati gli altri cassa in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.