Per l’assegno sociale non si può fare a meno del permesso di soggiorno

In tema di corresponsione dell’assegno sociale, non è irragionevole la previsione che subordina il godimento per gli stranieri legalmente residenti in Italia alla titolarità della carta di soggiorno, indicativa del radicamento sul territorio, trattandosi di emolumento che prescinde dallo stato di invalidità e, pertanto, non investe la tutela di condizioni minime di salute o gravi situazioni di urgenza.

Lo ha stabilito la Cassazione – Sez. Lav., con sentenza n. 22261, depositata il 30 ottobre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dall’iniziativa giudiziale promossa da una cittadina extracomunitaria soggiornante in Italia per ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno sociale maggiorato nonché alla pensione ed all’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, di cui all’art. 8, legge n. 66/1962 ed all’art. 3, comma 1, legge n. 508/1988. Nel giudizio di merito, è stato ritenuto ragionevole che il riconoscimento delle prestazioni assistenziali fosse subordinato alla sussistenza dei requisiti per il conseguimento della carta di soggiorno diversi dalle condizioni di reddito, quale quello della durata minima di soggiorno, indice di una stabile residenza nel territorio dello Stato. In particolare, è stato evidenziato che tale limitazione non doveva ritenersi in contrasto con il divieto di discriminazione di cui all’art. 14 CEDU, anche alla luce del c.d. margine di apprezzamento. Conseguentemente, la previsione normativa dell’art. 80, comma 19, legge n. 388/2000 non presentava profili di irragionevolezza o di sproporzione nel prevedere, quale presupposto per l’attribuzione di una serie di benefici economici, che lo straniero avesse manifestato la volontà concreta di vivere in Italia, soggiornandovi per un congruo periodo di tempo. Pensione di invalidità e indennità di accompagnamento per ciechi assoluti il permesso di soggiorno non è necessario. Radicato il giudizio di legittimità, la Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, legge n. 388/2000. Con sentenza n. 22/2015, la Consulta, pur dichiarando l’inammissibilità dell’ordinanza di rimessione della Suprema Corte, decidendo in relazione ad un’altra ordinanza di rimessione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di cui all’art. 8, legge n. 66/1962 e dell’indennità di ex art. 3, comma 1, legge n. 508/1988. Per quanto concerne la pensione e l’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, quindi, a seguito della citata pronuncia della Consulta, la Suprema Corte ritiene di dover cassare la sentenza di merito, con rinvio alla Corte territoriale, in modo che quest’ultima possa provvedere, in applicazione della disciplina risultante dall’intervento del giudice delle leggi, alla liquidazione delle suddette provvidenze in favore della ricorrente. Resta aperta la questione attinente alla rilevanza del predetto requisito con riferimento alla spettanza agli stranieri soggiornanti legalmente nel territorio dello Stato non ancora titolari di carta di soggiorno oggi permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo dell’assegno sociale di cui all’art. 3, comma 6, legge n. 335/1995, attribuito ai cittadini che abbiano compiuto il 65 anni di età e siano privi di reddito tale questione, infatti, non è stata investita dalla citata declaratoria di incostituzionalità. Il divieto di discriminazione vale soprattutto per le prestazioni che rimediano a gravi situazioni di urgenza. I parametri fondamentali in materia sono da rinvenire nei principi enunciati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo i quali la Convenzione non sancisce un obbligo per gli Stati membri di realizzare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello delle prestazioni assistenziali, ma richiede, una volta che tali prestazioni siano state istituite e concesse, che la relativa disciplina, pur con l’ampio margine di apprezzamento di cui i singoli Stati godono in materia di prestazioni sociali, non si sottragga al giudizio di compatibilità con le norme della Convenzione ed, in particolare, con l’art. 14 che vieta trattamenti discriminatori. A tale riguardo, la Consulta ha affermato che è possibile subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata Corte Cost., n. 306/2008 . Si consideri, inoltre, che la stessa Corte Costituzionale, nel dichiarare la manifesta inammissibilità dell’ordinanza di rimessione emessa dalla Cassazione, ha posto in evidenza come le diverse prestazioni sociali che ne costituivano l’oggetto assegno sociale, pensione di inabilità per ciechi civili e relativa indennità di accompagnamento apparissero immotivatamente accomunate sul versante delle garanzie di non discriminazione”, nonostante le differenze nella ratio, nella disciplina positiva e nelle finalità – in ipotesi, perfino alternative – che le caratterizzano Corte Cost., n. 22/2015 cit. . È ragionevole subordinare l’erogazione dell’assegno sociale al permesso di soggiorno. Sulla base dei suddetti approdi ermeneutici, nella fattispecie si tratta di accertare se, alla luce della configurazione normativa e della funzione sociale che la prestazione in esame è chiamata a svolgere nel sistema, la stessa integri un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento dei bisogni primari” inerenti alla sfera essenziale di tutela della persona umana, allo stesso modo delle prestazioni, quali l’assegno di invalidità o la pensione di cieco civile, riconosciute soltanto in favore di soggetti affetti da patologie fortemente invalidanti e tali da incidere in misura elevata in termini di riduzione della capacità lavorativa. Ed invero, la Corte Costituzionale sentt. n. 40/2013 e n. 187/2010 ha affermato che, ove si versi in tema di provvidenze destinate a far fronte a esigenze imprescindibili della persona, attinenti a benefici rivolti a soggetti portatori di impedimenti fortemente invalidanti e implicanti il coinvolgimento di una serie di valori di essenziale risalto e tutti di rilievo costituzionale, primi tra tutti quelli della solidarietà enunciato dall’art. 2 Cost. e della tutela della salute, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per incidere su diritti fondamentali costituenti garanzia per la stessa sopravvivenza del soggetto, in contrasto con il principio sancito dall’art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ad avviso della Cassazione, tali argomenti non si attaglino all’assegno sociale, trattandosi, infatti, di una provvidenza che prescinde dallo stato d’invalidità del soggetto e, pertanto, non investe immediatamente la sfera delle esigenze della persona correlate a condizioni minime di vita e di salute. Neppure sono ravvisabili, con riferimento alla prestazione in argomento, quelle finalità volte rimediare a gravi situazioni di urgenza, tali da imporne l’erogazione senza alcun discrimine temporale di permanenza nel paese destinato a erogare la prestazione. Pertanto, si deve ritenere ragionevole il censurato requisito della titolarità della carta di soggiorno, significativo della presenza sul territorio con carattere di stabilità. Il giudizio di ragionevolezza, peraltro, trova supporto nel fatto che l’ordinamento interviene in ogni caso a tutelare, senza limiti temporali di permanenza sul territorio, gli stranieri che, in ragione della loro condizione di particolare debolezza per particolari condizioni di salute e di invalidità, siano bisognosi di una maggiore tutela sociale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 23 giugno – 30 ottobre 2015, numero 22261 Presidente Amoroso – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Pistoia, con due distinte sentenze, riconosceva a K.N. - cittadina extracomunitaria legalmente soggiornante in Italia - il diritto all'assegno sociale maggiorato, nonché alla pensione ed all'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, di cui all'art. 8 della l. 10 febbraio 1962 numero 66 e all'art. 3 comma 1 della l. 21 novembre 1988 numero 508, con decorrenza, rispettivamente, dal giugno 2004 e dal marzo 2005 le suddette prestazioni le erano state già attribuite in via amministrativa dal dicembre 2006, ossia da quando la ricorrente aveva ottenuto la carta di soggiorno in virtù del conseguimento della cittadinanza italiana da parte del figlio . 2. La Corte d'Appello di Firenze riteneva ragionevole che il riconoscimento delle prestazioni assistenziali fosse subordinato alla sussistenza dei requisiti per il conseguimento della carta di soggiorno diversi dalle condizioni di reddito, quale quello della durata minima di soggiorno, indice di una stabile residenza nel territorio dello Stato. Evidenziava che tale limitazione non era in contrasto con il divieto di discriminazione di cui all'art. 14 CEDU, divieto che doveva trovare applicazione nell'ordinamento con il rispetto del c.d. margine di apprezzamento, talché la previsione normativa dell'art. 80 co. 19 l. 388/2000 non presentava profili di irragionevolezza o sproporzione nel prevedere, quale presupposto per l'attribuzione di una serie di benefici economici, che lo straniero avesse manifestato la volontà concreta di vivere in Italia soggiornandovi per un congruo periodo. 3. In altro giudizio la Corte d'Appello di Firenze, con sentenza del 4 marzo 2009, rigettava il gravame proposto dalla K. avverso la sentenza del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda della predetta intesa a ottenere il riconoscimento del diritto all'assegno sociale maggiorato, nonché alla pensione e all'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti con decorrenza dalla data delle domande amministrative, rispettivamente del 30 maggio e del 30 marzo 2001, fino alla data dell'avvenuto riconoscimento in via amministrativa a decorrere dal dicembre 2006. 4. Con separati ricorsi, di seguito riuniti per ragioni di connessione, entrambi affidati a due motivi, la K. ha domandato la cassazione delle due indecisioni della Corte territoriale. In entrambi i giudizi ha resistito con controricorso l’INPS. 5. Questa Corte, con ordinanza del 29 gennaio 2014, sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 80 co. 19 l. 388/2000 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione, della indennità di accompagnamento per ciechi assoluti e dell'assegno sociale. 6. Con sentenza del 27/1/2015, la Corte Costituzionale, pur dichiarando la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale sollevata da questa Corte, decidendo in relazione ad altra ordinanza di rimessione riguardante la medesima norma, dichiarava l'illegittimità costituzionale dell'art. 80 comma 19 l. 23 dicembre 2000 numero 388 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato della pensione di cui all'art. 8 della l. 10 febbraio 1962 numero 66 e dell'indennità di cui all'art. 3 comma 1 della l. 21 novembre 1988 numero 508. 7. Il ricorso, quindi, torna all'esame di questa Corte all'esito della definizione dell'incidente di costituzionalità. La ricorrente ha svolto memorie difensive ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Va premesso che entrambi i ricorsi riuniti possono essere trattati congiuntamente, essendo le relative censure sostanzialmente sovrapponibili. 2. Con il primo motivo la ricorrente deduce omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio erronea valutazione in ordine ai presupposti di fatto dell'avvenuta concessione della carta di soggiorno. Supposta rilevanza del regolare soggiorno ultraquinquennale in Italia. Avvenuto rilascio in relazione all'acquisizione della cittadinanza italiana da parte del figlio, peraltro già titolare di carta di soggiorno sin dal 2000 . Rileva che la Corte territoriale non aveva considerato che ella aveva conseguito la carta di soggiorno in ragione dell'avvenuto riconoscimento in capo al figlio della cittadinanza italiana. Ciò aveva determinato una motivazione insufficiente sia sotto il profilo della erronea valutazione dei presupposti in fatto, ma anche sotto quello della ricostruzione del quadro normativo, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che la concessione della carta di soggiorno, nella disciplina vigente ratione temporis, presupponesse necessariamente la prolungata permanenza nel nostro paese. 3. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto applicabili al caso di specie art. 80 comma 19 l. 388/2000 . Nella fattispecie ritenuta legittimità costituzionale della citata disposizione, in presenza di due distinte pronunce di illegittimità costituzionale sent. N. 306/2008 e numero 11/2009 aventi ad oggetto il diritto all'indennità di accompagnamento ed il diritto all'assegno di invalidità anche per stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, ancorché sprovvisti di carta di soggiorno. Profili di irragionevolezza manifesta che avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a una lettura costituzionalmente orientata della disposizione ovvero a sollecitare - sotto altro profilo - un nuovo intervento del Giudice delle leggi . La ricorrente richiama la pronuncia della Corte Costituzionale numero 306/2008 che, ravvisando un'irragionevole violazione del diritto fondamentale alla salute, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 80 comma 19 della l. 388/2000 e dell'art. 9 comma 1 d.lgs. numero 286/1998 e successive modificazioni e integrazioni nella parte in cui dette norme escludono che l'indennità di accompagnamento possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché non risultanti in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno. Richiama, altresì, altra sentenza della Corte Costituzionale numero 11/2009 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle citate previsioni laddove precludono agli stranieri extracomunitari sprovvisti dei requisiti di reddito e quindi della carta di soggiorno di accedere alla pensione di inabilità, censurando ancora una volta l'irragionevole disparità di trattamento tra cittadini e stranieri legalmente e non occasionalmente residenti in Italia. Ha osservato che a seguito delle suddette pronunce molti giudici di merito hanno proposto una lettura costituzionalmente orientata delle norme, riconoscendo agli stranieri titolari di permesso di soggiorno e non ancora di carta di soggiorno provvidenze economiche anche diverse da quelle oggetto degli interventi del giudice delle leggi. Ha rilevato che, ove non possa essere risolta la questione sulla base di una lettura costituzionalmente orientata delle citate disposizioni, si rende necessario sollecitare un nuovo intervento della Corte Costituzionale sul punto. 4. Il secondo motivo di ricorso va trattato preliminarmente in ragione dell'antecedenza sul piano logico. Lo stesso implica l'esame di due distinte questioni, in relazione alle diverse tipologie degli istituti coinvolti. Ed invero, per quanto concerne la pensione e l'indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, il tema è stato affrontato e risolto dalla decisione resa a seguito di rimessione della questione di legittimità costituzionale ad opera di questa Corte e della C.A. di Bologna Corte Cost. numero 22/2015 . La sentenza richiamata, decidendo in relazione all'ordinanza di rimessione della Corte territoriale, è pervenuta alla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 80 comma 19 della l. 23 dicembre 2000, numero 38 nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato delle prestazioni assistenziali in questione. Tanto vale a giustificare, in accoglimento dei motivi di ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte del merito che provvederà, in applicazione della disciplina come risultante a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, alla liquidazione delle suddette provvidenze in favore della ricorrente. 5. Resta aperta la questione attinente alla rilevanza del predetto requisito con riferimento alla spettanza agli stranieri soggiornanti legalmente nel territorio dello Stato non ancora titolari di carta di soggiorno oggi permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo a norma del decreto legislativo 8 gennaio 2007 numero 3 dell'assegno sociale di cui alla L. numero 335 del 1995, art. 3, comma 6, attribuito ai cittadini che abbiano compiuto il 65 anni di età e siano privi di reddito. Tale questione, infatti, non è stata investita dalla citata declaratoria di incostituzionalità. 5.1. È da rilevare in proposito che la Corte Costituzionale, nel dichiarare la manifesta inammissibilità dell'ordinanza di rimessione di questa Corte, ha posto in evidenza come le diverse prestazioni sociali che ne costituivano l'oggetto assegno sociale, pensione di inabilità per ciechi civili e relativa indennità di accompagnamento apparissero in essa immotivatamente accomunate sul versante delle garanzie di non discriminazione . nonostante le differenze nella ratio, nella disciplina positiva e nelle finalità - in ipotesi perfino alternative - che le caratterizzano . 6. Orbene, le numerose decisioni del giudice delle leggi in giudizi riguardanti, sotto diversi profili, la conformità alla costituzione dell'art. 80, comma 19, della legge 28 dicembre 2000 numero 388 si veda, in particolare, C. Cost. 187/2010, in tema di legittimità costituzionale della citata norma nella parte in cui la stessa subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dell'assegno mensile di invalidità previsto dall'art. 13 della legge 30 marzo 1971, numero 118, nonché Corte Cost. 40/2013, su analoga questione riferita alla indennità di accompagnamento di cui all'art. 1 l. 18/1980 ed alla pensione di inabilità di cui all'art. 12 l. 30 marzo 1971, numero 118 , hanno evidenziato che i parametri fondamentali in materia sono da rinvenire nei principi enunciati dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo. Il predetto consesso ha avuto modo di rilevare in molteplici occasioni come la Convenzione non sancisca un obbligo per gli Stati membri di realizzare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello delle prestazioni assistenziali ma richieda, una volta che tali prestazioni siano state istituite e concesse, che la relativa disciplina, pur con l'ampio margine di apprezzamento di cui i singoli Stati godono in materia di prestazioni sociali, non si sottragga al giudizio di compatibilità con le norme della Convenzione e, in particolare, con l'art. 14 che vieta trattamenti discriminatori C. Cost. numero 306 del 2008 è possibile subordinare, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata” . Ed allora la questione oggetto del giudizio si risolve nella valutazione riguardo alla ragionevolezza cui consegue l'esclusione della violazione del divieto di discriminazione , della scelta del legislatore nazionale di subordinare la corresponsione dell'assegno sociale alla titolarità della carta di soggiorno, in quanto significativa di un radicamento temporale prolungato sul territorio. 7. Sulla base dei suddetti approdi ermeneutici, nel caso che ci occupa si tratta di accertare se, alla luce della configurazione normativa e della funzione sociale che la prestazione in esame è chiamata a svolgere nel sistema, la stessa integri un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento dei bisogni primari inerenti alla sfera essenziale di tutela della persona umana, allo stesso modo delle prestazioni, quali l'assegno di invalidità o la pensione di cieco civile, riconosciute soltanto in favore di soggetti affetti da patologie fortemente invalidanti e tali da incidere in misura elevata in termini di riduzione della capacità lavorativa. Ed invero le richiamate pronunce della Corte Costituzionale 40/2013 e 187/2010 hanno affermato che, ove si versi in tema di provvidenze destinate a far fronte a esigenze imprescindibili della persona, attinenti a benefici rivolti a soggetti portatori di impedimenti fortemente invalidanti e implicanti il coinvolgimento di una serie di valori di essenziale risalto e tutti di rilievo costituzionale, primi tra tutti quelli della solidarietà enunciato dall'art. 2 della Costituzione e della tutela della salute, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per incidere su diritti fondamentali costituenti garanzia per la stessa sopravvivenza del soggetto, in contrasto con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. 8. Ritiene questa Corte che gli argomenti richiamati non si attaglino alla prestazione oggetto d'esame. Si verte, infatti, in tema di provvidenza che prescinde dallo stato d'invalidità del soggetto e, pertanto, non investe. immediatamente la sfera delle esigenze della persona correlate a condizioni minime di vita e di salute. Neppure sono ravvisabili, con riferimento alla prestazione in argomento, quelle finalità volte rimediare a gravi situazioni di urgenza, tali da imporne l'erogazione senza alcun discrimine temporale di permanenza nel paese destinato a erogare la prestazione. 8.1. È da considerare, poi, che proprio la tutela offerta dall'ordinamento, a seguito delle molteplici pronunce della Corte Costituzionale menzionate, comportante l'estensione a tutti gli individui, italiani e stranieri legalmente soggiornanti, a prescindere da qualsiasi limite temporale di permanenza, delle prestazioni assistenziali, alternative rispetto all'assegno sociale, connotate dagli enunciati caratteri di salvaguardia di imprescindibili esigenze della persona, induce ancor più a ritenere ragionevole il censurato requisito della titolarità della carta di soggiorno, significativo della presenza sul territorio con carattere di stabilità. Ed invero il giudizio di ragionevolezza trova supporto ove si consideri che l'ordinamento interviene in ogni caso a tutelare, senza limiti temporali di permanenza sul territorio, gli stranieri che, in ragione della loro condizione di particolare debolezza per particolari condizioni di salute e di invalidità, siano bisognosi di una maggiore tutela sociale. 9. In linea con le enunciate conclusioni si pone anche la decisione numero 3521/2014 di questa Corte di legittimità, in materia di revoca dell'assegno di sociale per mancanza di dimora effettiva e stabile in Italia. Occupandosi del tema in costanza di emanazione del D.L. 25 giugno 2008, numero 112, convertito in L. 6 agosto 2008, numero 133, il quale dispone all'art. 20, comma 10 che a decorrere dal 1 gennaio 2009, l'assegno sociale di cui alla L. 8 agosto 1995, numero 335, art. 3, comma 6, prevede la corresponsione agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale, questa Corte ha ritenuto non irragionevole il predetto requisito di permanenza sul territorio. In proposito non ha mancato di rilevare, come già rilevato dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza numero 197 del 2013 in relazione al citato D.L. numero 112 del 2008, art. 20, comma 10, che il nuovo e più ampio limite temporale richiesto ai fini della concessione del beneficio risulta riferito non solo ai cittadini extracomunitari ma anche a quelli dei Paesi UE ed anche - stando allo stretto tenore letterale della norma - agli stessi cittadini italiani che, dunque, da un lato, non risulterebbe evocabile alcun elemento di discriminazione tra cittadini extracomunitari, a seconda che risultino o no titolari del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, e, dall'altro lato, neppure sussisterebbe una disparità di trattamento tra cittadini stranieri e italiani, posto che il requisito temporale del soggiorno riguarderebbe tutti i potenziali fruitori del beneficio che, d'altra parte, la previsione di un limite di stabile permanenza per dieci anni sul territorio nazionale come requisito per ottenere il riconoscimento del predetto beneficio appare adottata, piuttosto che sulla base di una scelta di tipo meramente restrittivo , sul presupposto, per tutti gli aventi diritto, di un livello di radicamento più intenso e continuo rispetto alla mera presenza legale nel territorio dello Stato. 10. In definitiva va affermato i seguente principio di diritto In tema di corresponsione dell'assegno sociale di cui alla l. numero 335 del 1995, art. 3, comma 6, non è irragionevole la previsione di cui all'art. 80 comma 19 l. 28/12/2000 numero 388, applicabile ratione temporis, che subordina il godimento per gli stranieri legalmente residenti in Italia alla titolarità della carta di soggiorno, indicativa del radicamento sul territorio, trattandosi di emolumento che prescinde dallo stato di invalidità e, pertanto, non investe la tutela di condizioni minime di salute o gravi situazioni di urgenza. 11. Il secondo motivo di ricorso è da ritenere assorbito con riferimento alle prestazioni della pensione e della indennità di accompagnamento previste in favore dei ciechi, in ragione dell'accoglimento del primo motivo di ricorso con riferimento alle medesime. Lo stesso è da ritenere infondato con riferimento all'assegno sociale. Ed invero la circostanza che l'ordinamento attribuisca alla cittadinanza conseguita dal figlio il medesimo valore della protratta permanenza sul territorio ai fini del conseguimento della carta di soggiorno non può essere ritenuto un fatto rilevante trascurato, né del pari idoneo a spostare i termini della questione sottoposta all'attenzione del giudice, trattandosi di elemento comunque ritenuto dall'ordinamento sintomatico, al pari della protratta permanenza, dell'avvenuto radicamento dello straniero sul territorio, ancorché esclusivamente per motivi familiari. 12. In base alle svolte argomentazioni la sentenza va cassata limitatamente alle statuizioni relative alla pensione di cui all'art. 8 l. 10/2/1962 numero 66 e all'indennità di cui all'art. 3 comma 1 l. 21.11.1988 numero 508, con rinvio per le ulteriori determinazioni al giudice del merito, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Al contempo il ricorso va nel resto rigettato. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso quanto alla pensione di cui all'art. 8 l. 10/2/1962 numero 66 e all'indennità di cui all'art. 3 comma 1 l. 21.11.1988 numero 508 e rigetta nel resto. Cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Bologna.