Interposizione fittizia: il divieto scatta solo se la delegazione dell’Automobil Club svolge attività imprenditoriale

Le disposizioni in tema di divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dalla legge n. 1369/1960 trovano applicazione anche ove il rapporto di lavoro intercorra con enti pubblici non economici, in relazione però non a tutte le attività svolte da tali enti, bensì solo a quelle che abbiano carattere imprenditoriale.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione – Sez. Lav., con la sentenza numero 20314, depositata il 9 ottobre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da alcuni dipendenti di una cooperativa, esponendo di aver sempre prestato la propria attività lavorativa presso una delegazione provinciale dell’Automobil Club, con mansioni del tutto simili ed interscambiabili con quelle dei dipendenti dell’ente, di aver osservato il loro stesso orario di lavoro, di aver sempre ricevuto direttive di lavoro dai vertici dell’ente e di aver utilizzato le attrezzature messe a disposizione dalla delegazione provinciale. All’esito del giudizio di merito, in accoglimento delle domande avanzate dai lavoratori, veniva dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la delegazione A.C Avverso la decisione della Corte territoriale, l’Automobil Club ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo di essere un ente pubblico non economico, il cui personale può essere assunto solo mediante pubblico concorso pertanto, sebbene la legge numero 1369/1960 trovasse applicazione anche con riferimento agli enti pubblici art. 1, co. 4 , la sanzione della sussistenza del rapporto di lavoro in capo all’interponente fittizio art. 1, co. 5 non era prevista per costoro a differenti conclusioni si sarebbe potuti giungere solo ove fosse stata accertata la natura di ente pubblico economico dell’A.C.I. o della sua articolazione provinciale. La Cassazione distingue tra delegazioni dirette” e delegazioni indirette”. La giurisprudenza della Suprema Corte Cass., numero 697/2012 e numero 10705/2001 ha confermato che, a termini di statuto approvato con d.P.R. numero 881/1950, modificato con d.m. 24/03/1981 , l’Automobile Club d’Italia è la federazione che associa gli Automobile Club provinciali, oltre che gli enti o le associazioni volontariamente aderenti, rappresentando e tutelando gli interessi generali dell’automobilismo italiano. Il R.D. numero 2323/1934 lo ha elevato ad ente pubblico non economico ed è stato compreso dalla legge numero 70/1975 tra gli enti preposti a servizio di pubblico interesse di cui alla 4ª tabella della stessa legge. Nell’ambito della loro autonomia, gli Automobil Club provinciali si articolano sul territorio mediante delegazioni, dirette” o indirette”, a seconda che siano gestite con personale dipendente dall’Automobile Club, ovvero da privati, legati ai medesimo Automobile Club provinciale da un rapporto di natura privatistica. In linea di diritto, le delegazioni costituiscono una forma organizzativa degli Automobile Club provinciali la delegazione c.d. indiretta ossia, composta da personale non appartenente ai ruoli dell’Automobile Club provinciale e gestita, quindi, da un soggetto privato è legata allo stesso Automobile Club provinciale da un contratto assimilabile all’appalto di servizio. Interposizione fittizia di manodopera il divieto vale anche per le attività imprenditoriale svolte dagli enti pubblici non economici. La giurisprudenza di legittimità cfr., ex plurimis, Cass., numero 6531/2013, numero 12964/2008 e numero 15783/2004 ha affermato che le disposizioni in tema di divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dalla legge numero 1369/1960 trovano applicazione anche ove il rapporto di lavoro intercorra con enti pubblici non economici, in relazione però non a tutte le attività svolte da tali enti, bensì solo a quelle che abbiano carattere imprenditoriale, giacché la legge citata – pur non ponendo limitazioni in ordine all’eventuale natura pubblicistica del datore di lavoro – si riferisce, tuttavia, solo ad attività che, per i loro contenuti sostanziali, siano espressione dell’esercizio dell’impresa cfr. Cass., numero 9107/1991 . È stato infatti affermato che l’applicabilità dei primi tre commi dell’art. 1 cioè, tutto il sistema delle garanzie previste , dettati con espresso riguardo agli imprenditori”, viene estesa dal 4° comma di tale articolo solo alle aziende di Stato e agli enti pubblici, con chiara esclusione, dunque, delle amministrazioni dello Stato non organizzate in forma di azienda, essendo costante l’orientamento della Suprema Corte di limitare l’applicabilità del divieto di interposizione alle sole attività a carattere imprenditoriale degli enti pubblici. La legge citata, quindi, pur non ponendo limitazioni in ordine all’eventuale natura pubblicistica del datore di lavoro, si riferisce, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, solo ad attività che, per i loro contenuti sostanziali, siano espressione dell’esercizio dell’impresa, dovendosi coordinare le disposizioni che stabiliscono il divieto di interposizione di manodopera e le conseguenze del divieto stesso, con le altre norme che limitano o escludono la facoltà delle amministrazioni di assumere personale senza le formali e pubbliche procedure prescritte dal legislatore ed imposte dall’art. 97 Cost Pertanto, non è possibile la costituzione di un rapporto di impiego con l’A.C., ente pubblico non economico, quanto ai rapporti di lavoro dei dipendenti di impresa privata in convenzione o delegazione indiretta , salvo il caso in cui a quest’ultima non sia stata affidata un’attività squisitamente imprenditoriale del delegante cfr. Cass. numero 6351/2013 Cass., Sez. Unumero , numero 27306/2008 . Poiché la sentenza impugnata si è limitata ad indagare se vi fosse stata un’autonoma organizzazione di impresa da parte della cooperativa formale datrice di lavoro, senza esaminare la questione dell’applicabilità nella specie della legge numero 1369/1960 alla luce dei principi esposti, la decisione di merito deve essere cassata, con rinvio ad altro giudice per l’ulteriore esame della controversia.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 28 aprile – 9 ottobre 2015, numero 20314 Presidente Amoroso – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con separati ricorsi, successivamente riuniti, M.A. , S.C. , S.P. , I.P. e C.L. esposero di essere stati formalmente alle dipendenze della società cooperativa CO.PE.S. di aver sempre prestato la loro attività lavorativa presso gli uffici dell'Automibil Club di e nelle sedi dell'ente che le loro mansioni erano state del tutto simili ed interscambiabili con quelle dei dipendenti dell'Automobil Club di presenti in ufficio che avevano sempre ricevuto direttive di lavoro dai vertici dell'ente predetto che avevano osservato il medesimo orario di lavoro di tali dipendenti fatta eccezione per l'attività di lavoro straordinario che avevano lavorato sempre a tempo pieno pur risultando inquadrati a tempo determinato che avevano ricevuto la retribuzione indicata negli allegati conteggi, del tutto inadeguata alla quantità e qualità del lavoro prestato che nessuna delle mansioni svolte era stata controllata o diretta dalla cooperativa CO.PE.S. né da suoi rappresentanti che il presidente della cooperativa si era recato presso gli uffici dell'Automobile Club non più di una o due volte al mese fino all'anno 1996 e successivamente aveva trasferito il suo ufficio in via , ma aveva continuato a disinteressarsi completamente dei ricorrenti che essi avevano sempre utilizzato materiali messi a disposizione dall'A.C. di , che in data 18 dicembre 2000 il Presidente della cooperativa intimò loro di non presentarsi più al lavoro di aver cautelativamente impugnato il provvedimento che non avevano ricevuto il t.f.r. che il rapporto di lavoro era eseguito in violazione dell'art. 1 L. numero 1369/60, con la conseguente costituzione di un rapporto di lavoro con la interponente, ricorrendo peraltro l'ipotesi di cui all'art. 1, comma 3 che il recesso intimato da un soggetto diverso dall'effettivo datore di lavoro doveva ritenersi nullo ed inefficace, con il conseguente diritto al percepimento delle retribuzioni dal 18.12.00 alla data del deposito della sentenza, oltre alle differenze retributive maturate, come da conteggi. Chiedevano pertanto dichiararsi sussistente un rapporto di lavoro subordinato con l'A.C. di , con inquadramento nel III livello del c.c.numero l. commercio e servizi”, con la condanna delle parti convenute al pagamento delle differenze retributive e di lavoro straordinario, oltre che al pagamento delle retribuzioni non percepite dal 18.1.00. Si costituiva la COPES chiedendo accertarsi l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l'A.C. di quest'ultimo eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, contestando comunque nel merito la fondatezza delle domande. Con sentenza del 21.4.08, il Tribunale di S.M. Capua Vetere, respinta l'eccezione di difetto di giurisdizione, accoglieva parzialmente le domande, dichiarando sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra i ricorrenti e l'A.C. di dalle date in sentenza indicate, condannando quest'ultimo al pagamento delle differenze retributive maturate durante l'intero periodo di lavoro, espressamente indicate per ciascun ricorrente, con interessi e rivalutazione. Avverso tale sentenza proponeva appello l'Automobil Club di . Resistevano la cooperativa COPES ed i lavoratori, proponendo appello incidentale diretto alla declaratoria di sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato con l'A.C. sin dal 18.12.2000, con condanna di quest'ultimo al pagamento delle retribuzioni non percepite, nonché alla condanna in solido della cooperativa al pagamento delle somme di cui alla sentenza del Tribunale. Con sentenza depositata il 5 febbraio 2011, la Corte d'appello di Napoli respingeva l'appello principale e, in parziale accoglimento dell'incidentale, dichiarava sussistente un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra i lavoratori appellati e l'Automobil Club di dal 2.1.94 quanto al dipendente M. , dal 3.12.91 quanto alla I. , dal 9.6.94 quanto a S.P. , dal 1.10.88 quanto a S.C. , e dal 1.12.95 quanto al C. . Confermava nel resto, compensando le spese del doppio grado. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'Automobile Club di , affidato ad unico, articolato motivo. Resistono i lavoratori con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato ad unico motivo, cui resiste l'Automobile Club con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. La società cooperativa CO.PE.S. a r.l. in liquidazione è rimasta intimata. Motivi della decisione Deve pregiudizialmente disporsi la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 1.- L'Automobile Club di denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge numero 1369/60 degli artt. 5, 25 e 29 Legge numero 70/75 degli artt. 1, 2, 3,4, 5, Legge numero 264/1991 dell'art. 31, comma 42, Legge numero 448/98 dell'art. 17, comma 10, Legge numero 449/1997 dell'art. 1 del R.D. 14.11.1926, numero 2481 del R.D. 24.11.1934, numero 2323 degli artt. 1 e 4 d.P.R. 8.9.1950 numero 881 e successive modificazioni, nonché dell'art. 97, co. 3 Cost. art. 360, comma 1, numero 3, c.p.c. omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . Dopo ampia esposizione della disciplina legale di riferimento, la ricorrente lamenta che l'A.C. è ente pubblico non economico, il cui personale può essere assunto solo mediante pubblico concorso, e che seppure la L. numero 1369/60 si applicava anche agli enti pubblici arti, comma 4 , la sanzione della sussistenza del rapporto di lavoro in capo all'interponente fittizio comma 5 , non era prevista per costoro. Evidenzia che a differenti conclusioni si sarebbe potuti giungere solo ove fosse stata accertata la natura di ente pubblico economico dell'A.C.I. o della sua articolazione provinciale , mentre in ogni caso non poteva essere confusa la c.d. Delegazione indiretta che nella specie legava l'A.C. di alla società privata COPES, sempre per lo svolgimento dei fini istituzionali dell'Ente con l'appalto vietato di manodopera. Riporta i vari contratti o convenzioni concretanti in sostanza un appalto di servizio. Contesta poi nel concreto la sussistenza di elementi di interposizione fittizia, evidenziando che la COPES gestiva autonomamente l'organizzazione del lavoro dei suoi dipendenti, era proprietaria del materiale di lavoro ad eccezione dei computers e bollettari , svolgeva la sua attività con autonomo rischio di impresa. 1.1.- Il motivo è fondato ed assorbe l’intero ricorso. In materia è intervenuta una pronuncia di questa Corte sent. numero numero 697 del 2012 , che ha confermato v. Cass. numero 10705/01 che a termini di statuto approvato con d.P.R. 8 settembre 1950, numero 881, modificato con D.M. 24 marzo 1981, in G.U. 13 aprile 1981, numero 102 , l'Automobile Club d'Italia è la federazione che associa gli Automobile Club provinciali, oltre che gli enti o le associazioni volontariamente aderenti, rappresentando e tutelando gli interessi generali dell'automobilismo italiano il R.D. 24 novembre 1934, numero 2323 lo ha elevato ad ente pubblico non economico ed è stato compreso dalla L. 20 marzo 1975, numero 70 tra gli enti preposti a servizio di pubblico interesse di cui alla tabella 4^ della stessa legge. Nell'ambito della loro autonomia, gli Automobil Club provinciali si articolano sui territorio mediante delegazioni, dirette o indirette , a seconda che siano gestite con personale dipendente dall'Automobile Club, ovvero da privati, legati ai medesimo Automobile Club provinciale da un rapporto di natura privatistica. In linea di diritto, le delegazioni costituiscono una forma organizzativa degli Automobile Club provinciali la delegazione c.d. indiretta ossia, composta da personale non appartenente ai ruoli dell'Automobile Club provinciale e gestita, quindi, da un soggetto privato è legata allo stesso Automobile Club provinciale da un contratto assimilabile all'appalto di servizio. La citata sentenza numero 697/12 non venne tuttavia direttamente investita della questione dell'applicabilità agli A.C provinciali che abbiano posto in essere, come nella specie, delegazioni indirette, della L. numero 1369/60 rispetto ai dipendenti dell'impresa delegata. Deve allora rimarcarsi che la giurisprudenza di questa Corte cfr. ex plurimis, Cass. 13 marzo 2013 numero 6531, Cass. 21 maggio 2008 numero 12964, Cass. 13 agosto 2004 numero 15783 ha ormai delineato con chiarezza la propria opzione interpretativa in relazione alle disposizioni in tema di divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dalla L. numero 1369 del 1960, affermando che esse trovano applicazione anche ove il rapporto di lavoro intercorra con enti pubblici non economici, in relazione però non a tutte le attività svolte da tali enti, bensì solo a quelle che abbiano carattere imprenditoriale, giacché la legge citata - pur non ponendo limitazioni in ordine all'eventuale natura pubblicistica del datore di lavoro - si riferisce tuttavia solo ad attività che, per i loro contenuti sostanziali, siano espressione dell'esercizio dell'impresa vedi Cass. 24 agosto 1991 numero 9107 emessa in tema di domanda di accertamento della illegittima interposizione di manodopera proposta nei confronti di una Università . È stato infatti affermato che l'applicabilità dei primi tre commi dell'art. 1 e, in buona sostanza, di tutto il sistema di garanzia di cui alla legge stessa , dettati, così come del resto i successivi articoli, con espresso riguardo agli imprenditori , viene, dal 4 comma di detto articolo estesa solo alle aziende di Stato e agli enti pubblici, con chiara esclusione, dunque delle Amministrazioni dello Stato non organizzate in forma di azienda, essendo costante l'orientamento della Corte, di limitare l'applicabilità del divieto di interposizione alle sole attività a carattere imprenditoriale degli enti pubblici. La soluzione adottata, del resto, appare in armonia con l'intero sistema che presiede allo svolgimento delle procedure di assunzione e di controllo cui la attività della pubblica amministrazione è sottoposta, risultando ben difficilmente attribuibile un diretto rapporto di impiego con una P.A. al di fuori delle specifiche procedure di reclutamento previste per i dipendenti pubblici cfr. in termini, Cass. cit. numero 9107/91 . Sulla stessa linea, si colloca, poi, la giurisprudenza dei Consiglio di Stato vedi fra le tante, Sez. 4, 26 gennaio 2010, Sez. 6, 17 marzo 2000 numero 1441, Sez. 5, 7 ottobre 1998 numero 1422 secondo cui la norma L numero 1369 del 1960, art. 1, comma 4 che estende allo Stato e agli enti pubblici la disciplina introdotta dalla stessa legge non può non essere assoggettata ad un ragionevole coordinamento con le altre norme che limitano od escludono la facoltà delle amministrazioni di assumere personale senza le formali e pubbliche procedure, prescritte dal legislatore. Alcune decisioni hanno affermato, quindi, che la sanzione di nullità comminata per violazione di specifici divieti normativi, ostando alla costituzione del rapporto di pubblico impiego, rende inapplicabile la L. numero 1369 del 1960r art. 1, che sancisce la costituzione dei rapporto di lavoro in capo all'amministrazione che abbia violato il divieto di pseudo appalto Sez. 5, sent numero 1744 del 20 dicembre 1995 . La legge citata, per quanto qui rileva, pur non ponendo limitazioni in ordine alla eventuale natura pubblicistica del datore di lavoro, si riferisce quindi, nella ferma opinione di questa Corte, solo ad attività che per i loro contenuti sostanziali siano espressione dell'esercizio dell'impresa, dovendosi coordinare le disposizioni che stabiliscono il divieto e le conseguenze del divieto stesso, con le altre norme che limitano o escludono la facoltà delle amministrazioni di assumere personale senza le formali e pubbliche procedure prescritte dal legislatore ed imposte dall'art. 97 Cost Gli approdi giurisprudenziali ai quali si è pervenuti, si inseriscono, poi, in un ampio quadro della materia le cui linee fondamentali risultano tracciate altresì dalla Corte Costituzionale che, nello scrutinare la sia pur diversa questione inerente la conversione di un contratto a termine stipulato in ambito pubblicistico, nel caso di accertata illegittimità dello stesso, in contratto a tempo indeterminato vedi sentenza numero 89 del 27 marzo 2003 , ha escluso che il divieto imposto dal D.Lgs. numero 165 del 2001, art. 36 possa realizzare una disparità di trattamento fra lavoratori del settore privato e quelli della pubblica amministrazione. Ciò in ragione del fondamentale rilievo che l'accesso all'impiego negli enti pubblici è disciplinato da procedure concorsuali secondo un principio che realizza un irrinunciabile presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost., comma 1 in tal senso, da ultimo, Cass. numero 11383/14 . Deve dunque affermarsi che non è possibile la costituzione di un rapporto di impiego con l'A.C, ente pubblico non economico, quanto ai rapporti di lavoro dei dipendenti di impresa privata in convenzione o delegazione indiretta , salvo il caso in cui a quest'ultima non sia stata affidata un'attività squisitamente imprenditoriale del delegante cfr. al riguardo Cass. numero 6351/13, Cass. sez. unumero numero 27306/2008, Cass. 15783/04 . La sentenza impugnata si è limitata ad indagare se vi fosse stata un'autonoma organizzazione di impresa da parte di COPES, senza esaminare la questione dell'applicabilità nella specie della L. numero 1369/60 alla luce dei principi esposti. Il ricorso principale deve pertanto accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice in dispositivo indicato, per l'ulteriore esame della controversia, oltre che per la regolamentazione delle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità. Il ricorso incidentale avente ad oggetto il pagamento da parte dell'A.C. di tutte le retribuzioni maturate dal 18.12.00 epoca del licenziamento in tesi inesistente da parte della COPES , resta assorbito. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.