Più contratti collettivi applicabili: quale prendere a parametro per i contributi previdenziali e gli sgravi contributivi?

In base al principio di libertà sindacale tutelato dall’art. 39 Cost., il rilievo pubblicistico degli sgravi contributivi e della fiscalizzazione degli oneri sociali e le finalità che con essi il legislatore ha inteso perseguire consentono di disciplinare il trattamento economico e normativo dei dipendenti delle imprese, fatti salvi in ogni caso i diritti fondamentali del lavoratore di cui all’art. 36 Cost., sulla base di una contrattazione collettiva di un settore produttivo diverso da quello un base al quale va invece determinata la classificazione ai fini previdenziali ed assistenziali o ai fini del godimento di incentivi o della fiscalizzazione degli oneri sociali.

Il caso. La Suprema Corte è stata chiamata a risolvere la questione relativa alla fondatezza, o meno, della pretesa di una ditta esercente attività di confezionamento di capi di abbigliamento per conto terzi di potersi giovare del diritto ai benefici relativi agli sgravi contributivi e alla fiscalizzazione degli oneri sociali, per effetto dell’affermato diritto a calcolare i contributi previdenziali prendendo a base del relativo computo le retribuzioni stabilite per i dipendenti delle c.d. aziende faÇ oniste del relativo contratto collettivo anziché quelle indicate dal CCNL per i dipendenti delle industrie tessili. In particolar modo la Corte di Cassazione ha analizzato la questione concentrandosi sull’interpretazione dell’art. 1 d.l. n. 338/1989 che disciplina tale fattispecie, nel caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti a disciplinare la medesima categoria. Il quadro normativo. Fin dall’originaria disciplina, la fruizione del beneficio degli sgravi contributivi è stata condizionata al rispetto da parte delle imprese dell’obbligo di applicare ai propri dipendenti i contratti collettivi nazionali e gli accordi aziendali vigenti per il settore di appartenenza dell’impresa e dell’obbligo di assicurare ai dipendenti stessi trattamenti economici non inferiori a quelli minimi previsti dai CCNL di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Peraltro, l’art. 1 d.l. n. 338/1989, nel disporre che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, ha inteso rafforzare il regime precedente tale intento è confermato anche dall’art. 2, comma 25, l. n. 549/1995 che – per risolvere il problema della retribuzione/parametro da considerare ai soli fini contributivi – ha interpretato autenticamente il predetto art. 1 stabilendo che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi assistenziali e previdenziali è quella stabilità dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria. Lo stesso principio è stato espresso in materia di contratti e accordi di riallineamento retributivo, che debbono essere stipulati dalle organizzazioni e dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e ciò in considerazione del rilievo pubblicistico che tali istituti assumono in quanto destinati ad operare nell’are pubblica dell’economia.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 1 ottobre 2015, n. 19639 Presidente Amoroso – Relatore Tria Svolgimento del processo 1 La sentenza attualmente impugnata respinge l'appello proposto dall'INPS e da SCCI s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce in data 27 settembre 2006 che aveva riconosciuto a P.S. , titolare della ditta Confezioni Sport Forever di P.S. esercente attività di confezionamento di capi di abbigliamento per conto terzi il diritto sia agli sgravi contributivi ai sensi della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 3, comma 6, sia alla fiscalizzazione degli oneri sociali, in accoglimento della opposizione della P. alla cartella esattoriale contenente l'intimazione di pagamento della somma di Euro 27.815,57 per contributi e somme aggiuntive, dovuti per il periodo maggio2001-giugno 2003. La Corte d'appello di Lecce, per quel che qui interessa, precisa che a nel giudizio di opposizione è l'opposto ad assumere la posizione sostanziale di attore, con quel che ne consegue anche per l'onere della prova b nella specie, come correttamente rilevato dal primo giudice, l'INPS non ha fornito alcuna prova sulla propria pretesa contributiva c l'Istituto, infatti, si è limitato ad affermare che il proprio credito era relativo a note di rettifica emesse a seguito del disconoscimento di sgravi contributivi, senza produrre alcuna documentazione né le denunce della ditta, né le note di rettifica e non ha neppure specificato gli importi relativi agli sgravi riconosciuti d inoltre, le agevolazioni di cui si discute previste dall'art. 3, comma 5 e 6, della legge n. 448 del 1998 cit. sono attribuibili purché siano osservati i contratti nazionali per i soggetti assunti e l'INPS non ha mai contestato che contratto collettivo CNAI-ANIFIL-MCM CNAI e CISAL, FAILT e FEDERCALZATURE, stipulato il 18 agosto 2000 e invocato dalla P. , avesse il carattere di contratto collettivo nazionale di lavoro, né che la ditta avesse esercitato realmente lavorazioni per conto terzi e avesse rispettato le previsioni del suddetto contratto f pertanto si deve ritenere che la ditta abbia correttamente applicato tale contratto ai propri dipendenti e, in assenza di indicazioni normative, non vi sono ragioni per non dare rilievo al suddetto contratto e fare, invece, riferimento a quello stipulato dalle OO.SS. più rappresentative sul piano nazionale, visto che la normativa rinvia soltanto ai contratti collettivi nazionali per i soggetti assunti . 2. Il ricorso dell'INPS in proprio e quale mandatario di SCCI s.p.a. domanda la cassazione della sentenza per tre motivi P.S. , titolare della ditta Confezioni Sport Forever di P.S. ed EQUITALIA Lecce non svolgono attività difensiva in questa sede. Motivi della decisione I Sintesi dei motivi di ricorso. 1. Il ricorso è articolato in tre motivi. 1.1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., in riferimento all'art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998. Si rileva che la Corte d'appello, con riguardo alla distribuzione dell'onere della prova, non si è discostata dal pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, anche nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale emessa nei confronti della impresa datrice di lavoro per omissione contributiva derivante dalla insussistenza del diritto a pretesi sgravi, è onere dell'impresa opponente fornire la prova della sussistenza del diritto al beneficio contributivo richiesto, essendo irrilevanti le ragioni in base alle quali, in sede amministrativa, l'INPS, nell'irrogare la sanzione, ha negato il diritto agli sgravi medesimi. 1.2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., n violazione e falsa applicazione dell'art. 1 del d.l. 9 ottobre 1989, n. 338 del 1989, convertito dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389. L'Istituto rileva che, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, l'art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998 deve essere letto in coordinamento con l'art. 1, primo comma, del d.l. n. 338 del 1989, convertito dalla legge n. 389 del 1989, il che comporta che l'espressione siano osservati i contratti collettivi nazionali per i soggetti assunti , contenuta nell'art. 3 cit., debba essere riferita ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e che quindi sia da esclude che i contratti collettivi menzionati nella disposizione stessa vadano identificati a prescindere dal requisito della maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali stipulanti. 1.3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., ulteriore violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., in riferimento all'art. 1, primo comma, del d.l. n. 338 del 1989, convertito dalla legge n. 389 del 1989, all'art. 3, commi 5 e 6, della legge n. 448 del 1998, l'art. 2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Si sottolinea che l'art. 2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 ha stabilito che l'art. 1, primo comma, del d.l. n. 338 del 1989 cit. vada interpretato nel senso che in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria . Ne consegue che, la ditta della P. che pacificamente è una impresa faconista, che svolge, per conto terzi, attività di confezionamento di capi di abbigliamento, limitata ad alcune fasi della lavorazione, ma pur sempre rientrante nel settore tessile avrebbe dovuto dimostrare, nell'ambito dell'onere probatorio a suo carico, la maggiore rappresentatività sul piano nazionale rispetto ai sindacati confederali ai fini pubblicistici che qui rilevano dei sindacati che stipularono il CCNL CNAI-ANIFIL-MCM CNAI e CISAL, FAILT e FEDERCALZATURE stipulato il 18 agosto 2000, al quale la ditta P. pretende di fare riferimento per la determinazione della retribuzione da assumere come parametro per la commisurazione dei contributi previdenziali. La Corte leccese, nel ritenere sufficiente l'accertamento relativo alla avvenuta reale applicazione del richiamato CCNL da parte della ditta P. , ha dimostrato di non aver verificato se la ditta stessa avesse correttamente fornito la prova della maggiore rappresentatività nel settore tessile, su base nazionale, delle OO.SS. firmatarie del contratto applicato. III Esame delle censure. 2. Il ricorso è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte. 3. Il primo motivo è fondato. 3.1. Diversamente da quanto affermato dall'attuale ricorrente, è jus receptum che, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., grava sull'impresa, che in deroga all'ordinario obbligo contributivo invoca il diritto al riconoscimento di benefici come gli sgravi etc. , la prova dell'inesistenza dei fatti negativi e il relativo onere può essere soddisfatto con la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario ovvero mediante presunzioni da cui possa desumersi il fatto negativo vedi Cass. 16 aprile 2015, n. 7781 Cass. 16 dicembre 2003, n. 19262 Cass. 7 luglio 2004, n. 12530 Cass. 27 luglio 2007, n. 16351 Cass. 26 ottobre 2010, n. 21898 Cass. 22 luglio 2014, n. 16639 Cass. 23 novembre 2004, n. 22064 Cass. 7 aprile 2008, n. 8988 Cass. 9 giugno 2008, n. 15162 Cass. 10 novembre 2010, n. 22872 . Pertanto, doveva essere la P. ad offrire la prova della maggiore rappresentatività rispetto ai sindacati confederali ai fini pubblicistici che qui rilevano dei sindacati che stipularono il CCNL il 18 agosto 2000, invocato dalla ditta stessa per la determinazione della retribuzione da assumere come parametro per la commisurazione dei contributi previdenziali. 3.2. Mentre, nella specie, non solo non risulta che tale prova sia stata data, ma la Corte salentina, erroneamente, ha affermato che avrebbe dovuto esse l'INPS a dare la dimostrazione della maggiore rappresentatività dei sindacati che stipularono il CCNL ritenuto applicabile, con ciò discostandosi dal suindicato orientamento della giurisprudenza di questa Corte. 4. Anche il secondo e il terzo motivo da esaminare insieme, data la loro intima connessione sono fondati, secondo quanto affermato da questa Corte nella recente sentenza 16 aprile 2015, n. 7781, relativa ad una analoga controversia nella quale la Corte d'appello di Lecce diversamente da quel che si verifica nel presente giudizio aveva accolto l'appello proposto dall'INPS e da SCCI s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce di accoglimento della opposizione a cartella esattoriale contenente l'intimazione di pagamento di contributi e somme aggiuntive proposta da una ditta faconista esercente attività di confezionamento di capi di abbigliamento per conto terzi. 5. Invero, così come nella suddetta precedente occasione, anche nel presente giudizio dalla narrativa dei fatti processuali si desume la questione principale da risolvere è quella relativa alla fondatezza, o meno, della pretesa rivendicata P.S. , titolare della ditta Confezioni Sport Forever di P.S. esercente attività di confezionamento di capi di abbigliamento per conto terzi di potersi giovare del diritto ai benefici relativi agli sgravi contributivi e alla fiscalizzazione degli oneri sociali, per effetto dell'affermato diritto a calcolare i contributi previdenziali, prendendo a base del relativo computo le retribuzioni stabilite per i dipendenti delle c.d. aziende faconiste dal contratto collettivo CNAI-ANIFIL-MCM CNAI e CISAL, FAILT e FEDERCALZATURE, stipulato il 18 agosto 2000 anziché quelle indicate nel CCNL riguardante i dipendenti delle industrie tessili, dell'abbigliamento e della moda, concluso dalle 00.SS. maggiormente rappresentative a livello nazionale cui ha fatto riferimento l'INPS per il calcolo effettuato per l'emissione della cartella di pagamento opposta . 6. Ebbene, per una migliore comprensione della erroneità della soluzione adottata con motivazione incompleta e poco plausibile dalla Corte d'appello è bene sottolineare che gli sgravi contributivi, previsti in favore delle imprese operanti nel Mezzogiorno, sono finalizzati a favorire l'aumento dell'occupazione in un determinato territorio, mentre la fiscalizzazione degli oneri sociali, quale beneficio di carattere generale, non è attribuito su base territoriale vedi, per tutte Cass. 29 luglio 2014, n. 17179 . Si tratta, pertanto di istituti che, pur operando con meccanismo analogo, sono tra loro diversi in quanto mentre gli sgravi contributivi sono concessi secondo un criterio di territorialità, consistono in sgravi soprattutto della contribuzione invalidità, vecchiaia e superstiti, e sono diretti ad ottenere un aumento dell'occupazione, la fiscalizzazione degli oneri sociali opera secondo un criterio di appartenenza a determinati settori di attività economica, è diretta a ridurre il costo del lavoro, e si realizza prevalentemente attraverso una riduzione dei contributi di malattia. 7. Peraltro, fin dalla originaria disciplina dei suddetti istituti vedi legge 8 agosto 1977, n. 573 se ne è condizionata la fruizione al rispetto dell'obbligo per le imprese di applicare nei confronti dei propri dipendenti i contratti collettivi nazionali e gli accordi aziendali vigenti per il settore di appartenenza dell'impresa successivamente l'art. 4 legge 5 agosto 1978, n. 502 e, poi, l'art. 1 legge 28 novembre 1980, n. 782 li hanno condizionati al rispetto dell'obbligo di assicurare ai dipendenti stessi trattamenti economici non inferiori a quelli minimi previsti dai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative o presenti in seno al CNEL inoltre l'art. 3 d.l. 3 luglio 1986, n. 328, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 1986, n. 440, li ha subordinati al rispetto della condizione che i lavoratori siano denunciati con retribuzioni non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali e provinciali con una apertura alla contrattazione collettiva in sede locale . E l'art. 1 d.l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, nel disporre che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, ha inteso rafforzare il regime precedente, come risulta confermato anche dal successivo art. 2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 che per risolvere il problema della individuazione della retribuzione-parametro da considerare ai soli fini contributivi in caso di coesistenza di vari CCNL ha interpretato autenticamente il suddetto art. 1, stabilendo che esso si deve intendere nel senso che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente” più rappresentative nella categoria . 8. Alla stessa logica risponde anche la disciplina dei contratti e accordi di riallineamento retributivo, istituiti con l'art. 5 del d.l. n. 510 del 1996, convertito dalla legge n. 608 del 1996, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e di consentire la regolarizzazione retributiva e contributiva per le imprese operanti nei territori di cui alle zone di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a , del Trattato istitutivo della Comunità Europea art. 5, comma 1, cit., come modificato dall'art. 75 della legge n. 448 del 1998 , cioè nelle regioni ove il tenore di vita sia normalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione come si legge nell'art. 87 TUE, in cui è confluito l'art. 92 TCE , originariamente individuati nei territori meridionali di cui all'art. 1 legge n. 64 del 1986, articolo abrogato, con decorrenza 1 maggio 1993, dall'art. 4 della legge 19 dicembre 1992, n. 488, mentre tutta la legge n. 64 del 1986 è stata abrogata, con decorrenza 20 ottobre 2012, dall'art. 23 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 vedi, per tutte Cass. 13 agosto 2012, n. 14450 Cass. 5 settembre 2013, n. 20413 Cass. 24 aprile 2014, n. 9291 Cass. 29 luglio 2014, n. 17179 . Infatti, anche in questa materia si è stabilito che gli accordi provinciali di riallineamento retributivo, abilitati a fissare la retribuzione-parametro utile per consentire ai datori di lavoro di approfittare della possibilità loro offerta di regolarizzare i propri dipendenti e quindi farli emergere dal sommerso debbano essere stipulati dalle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di riferimento art. 5 del d.l. 1° ottobre 1996, n. 510 cit. ovvero, nel testo modificato dall'art. 45, comma 20, della legge 17 maggio 1999, n. 144, dalle stesse aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale Cass. 10 luglio 2014, n. 15846 . 9. Dal quadro di riferimento sinteticamente delineato deriva che, in materia di sgravi contributivi, di fiscalizzazione di oneri sociali, di contratti di riallineamento e similari l'aspetto prevalente delle diverse vicende è rappresentato dal rilievo pubblicistico che tali istituti assumono in quanto destinati ad operare nell'area pubblica dell'economia, con effetti di tutela anche diritti fondamentali dei lavoratori. Per tale ragione, in base al principio della libertà sindacale tutelato non soltanto dall'art. 39 Cost., ma anche dal precedente art. 2 poiché il sindacato rientra fra le formazioni sociali ivi previste va dato seguito all'indirizzo già espresso da questa Corte secondo cui il rilievo pubblicistico dei suddetti benefici e le finalità che con essi il legislatore ha inteso perseguire, consentono di disciplinare il trattamento economico e normativo dei dipendenti delle imprese, fatti salvi in ogni caso i diritti fondamentali del lavoratore di cui all'art. 36 Cost., sulla base di una contrattazione collettiva di un settore produttivo diverso da quello in base al quale va invece determinata la classificazione ai fini previdenziali ed assistenziali o ai fini del godimento di incentivi o della fiscalizzazione degli oneri sociali, settori questi nei quali la classificazione delle imprese, proprio per gli anzidetti profili pubblicistici, deve avvenire sulla base di criteri oggettivi e predeterminati anche per evitare possa trovare spazio quella libertà e quella flessibilità di regolamentazione che caratterizza, in linea generale, il trattamento normativo ed economico dei lavoratori e che consente alle parti sociali di scegliere seppure entri certi limiti la contrattazione collettiva destinata a meglio regolare il rapporto di lavoro tra la impresa ed i propri dipendenti vedi, per tutte Cass. 7 agosto 2000, n. 10374 . 10. In applicazione dei suddetti principi alla presente fattispecie si rileva che l'attività svolta dalle imprese faconiste non si presta ai fini pubblicistici che qui interessano, da collegare, in ultima analisi, al raggiungimento dell'obiettivo di contrastare i fenomeni del lavoro nero e delle evasioni contributive, particolarmente diffusi nelle aziende faconiste, come è noto ad essere inquadrata in un settore produttivo diverso da quello tessile, solo perché limitata ad alcune fasi della lavorazione dei capi di abbigliamento per conto di soggetti terzi, visto che comunque l'organizzazione produttiva è destinata alla produzione di capi di abbigliamento. Pertanto, come correttamente rilevato dall'INPS ricorrente, in presenza di una pluralità di contratti collettivi, deve essere negata validità, ai fini del riconoscimento dei benefici di cui si tratta, al CCNL stipulato da CNAI-ANIFIL-MCM CNAI e CISAL, FAILT e FEDERCALZATURE al quale la ditta P. ha fatto riferimento per la determinazione della retribuzione da assumere come parametro per la commisurazione dei contributi previdenziali anche se relativo alla specifica attività svolta dalla azienda , perché comparativamente meno rappresentativo di quello concluso per tutte le aziende tessili dalle OO.SS. più rappresentative a livello nazionale CGIL, CSIL e UIL . Ne consegue che l'Istituto, nel fare riferimento a tale ultimo CCNL per la individuazione ai soli fini contributivi della retribuzione-parametro, ha applicato in modo corretto l'art. 2, comma 25, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 cit. IL Viceversa, la sentenza attualmente impugnata nella quale non si tiene conto dell'indicata ricostruzione del quadro normativo di riferimento e, fra l'altro, si rileva la assenza di indicazioni normative in ordine al contratto collettivo cui fare riferimento per le agevolazioni di cui si discute previste dall'art. 3, comma 5 e 6, della legge n. 448 del 1998 cit. risulta non in linea con i suddetti principi, affermati nella citata sentenza di questa Corte n. 7781 del 2015, ma presi in considerazione anche in altre sentenze della stessa Corte salentina, come si è detto. Di qui l'accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso. IV – Conclusioni. 12. Il ricorso, in sintesi, va accolto e l'impugnata sentenza deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della opposizione proposta da P.S. , titolare della ditta Confezioni Sport Forever di P.S. alla cartella esattoriale n. notificata il 10 maggio 2004 , contenente l'intimazione di pagamento della somma di Euro 27.815,57 per contributi e somme aggiuntive, dovuti per il periodo maggio2001-giugno 2003. Ricorrono giustificate ragioni per compensare, tra le parti, le spese dell'intero processo, in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel contesto del progressivo assetto del diritto vivente. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione proposta da P.S. alla cartella esattoriale n. , notificata il 10 maggio 2004. Compensa, tra le parti, le spese dell'intero processo.