Il preponente non ha l’obbligo di tutelare gli interessi dell’agente

Nel rapporto di agenzia il preponente ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 1749 c.c., di agire con correttezza e buonafede nei confronti dell’agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell’art. 2119 c.c

Lo ha confermato la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19300, depositata il 29 settembre 2015. Rapporto di agenzia per la giusta causa di recesso è sufficiente un fatto di minore gravità La pronuncia in commento richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, comma 1, c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta che, in quest’ultimo ambito, il rapporto di fiducia in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali assuma una maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue, ai fini della legittimità del recesso, la sufficienza di un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata cfr. Cass., n. 11728/2014 . ma il proponente deve agire con correttezza. Al contempo, nel rapporto di agenzia grava sul preponente, ai sensi dell’art. 1749 c.c., l’obbligo di agire con correttezza e buona fede nei confronti dell’agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, una giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell’art. 2119 c.c., con il consequenziale diritto dell’agente recedente all’indennità prevista dall’art. 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto cfr. Cass., n. 21445/2007 . Tuttavia, mentre nel rapporto di lavoro subordinato, è assistito da un obbligo datoriale di protezione della professionalità del lavoratore dipendente la cui tutela è prevalente rispetto alle esigenze organizzative del datore di lavoro, nel rapporto di agenzia sul preponente non grava un analogo obbligo di tutela” degli interessi del procacciatore-agente attraverso l’imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell’interesse e dell’immagine di colui che abbia concorso a procurarli. Nella fattispecie che ha originato la pronuncia della Suprema Corte risulta soltanto l’esercizio dal preponente della facoltà di recesso ad nutum , ritenuto legittimo dalla Corte territoriale. Nessun elemento concreto di specifica violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede a carico del preponente è stato, invece, dedotto dall’agente, al di là della tautologica affermazione della lesione della sua immagine professionale. Legittimo il recesso dell’agente se il preponente è scorretto, ma senza esagerare. Sulla base di tali principi, la pronuncia in commento ribadisce che la violazione, da parte del preponente, dell’obbligo di agire con correttezza e buonafede nei confronti dell’agente ex art. 1749 c.c., oltre a poter configurare, in base alla gravità delle circostanze, giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, fa sorgere il consequenziale diritto dell’agente recedente all’indennità prevista dall’art. 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto ciò alla condizione della specifica allegazione e deduzione di una concreta violazione di tale obbligo, senza tuttavia che sul preponente gravi un obbligo di tutela” degli interessi dell’agente attraverso l’imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell’interesse e dell’immagine di colui che abbia concorso a procurarli, non sussistendo, a differenza che nel rapporto di lavoro subordinato, un suo obbligo, analogo a quello del datore di lavoro, di protezione della professionalità del lavoratore dipendente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 29 settembre 2015, n. 19300 Presidente Macioce – Relatore Patti Svolgimento del processo Con sentenza 20 agosto 2008, la Corte d'appello di Salerno respingeva l'appello principale di Credito Emiliano s.p.a. e incidentale di V.G. avverso la sentenza di primo grado, che aveva a respinto le domande della banca di accertamento del recesso del secondo, proprio agente cui conferito mandato il 6 agosto 2001, in via anticipata il 21 gennaio 2003 rispetto ai sessanta mesi pattuiti e pertanto in violazione dell'impegno assunto e di condanna al pagamento della somma di Euro 61.440,12 per ripetizione di indebito conseguente a ricalcolo provvigionale a norma dell'art. 7 all. C al mandato di agenzia e indennità di mancato preavviso b compensato interamente tra le parti le indennità sostitutive di mancato preavviso, spettante alla banca preponente in virtù della clausola pattizia di divieto di anticipato recesso siccome né vessatoria né nulla e all'agente per la ravvisata giusta causa del suo recesso per immotivato rifiuto della prima di conclusione di due cospicui affari con le banche di credito cooperativo di Battipaglia e di Roscigno, andati a buon fine per il loro avvenuto rispettivo acquisto di Euro 10 milioni e di Euro 4,1 milioni di valori mobiliari e servizi finanziari offerti dalla banca preponente, con evidente ricaduta pregiudizievole della sua immagine professionale in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale di V.G. , in favore del quale condannava pure la banca al pagamento della somma di Euro 146.353,56 oltre accessori, per indennità di cessazione del rapporto ai sensi dell'art. 1751 c.c. e bonus maturato a norma dell'art. 5 all. C al mandato, con esclusione tuttavia dell'indennità suppletiva, assorbita dal calcolo più favorevole della prima indennità e non provata la domanda risarcitoria per danno all'immagine. A motivo della decisione, la Corte territoriale ribadiva la correttezza dell'impostazione argomentativa del Tribunale, pure condividendone le valutazioni in ordine tanto alla ricorrenza di una giusta causa la cui nozione desumibile in via analogica da quella propria del lavoro subordinato nel recesso dell'agente dal rapporto per la violazione dalla banca preponente dei doveri di correttezza e buona fede, con la conseguente maturazione del diritto del primo all'indennità di mancato preavviso, peraltro compensabile con quella spettante alla seconda in virtù del patto di stabilità ravvisabile nella previsione del recesso anticipato a titolo oneroso tra le parti, non integrante clausola vessatoria tanto all'esclusione del carattere indebito delle somme versate dalla banca a titolo di bonus trimestrale, siccome dovute per l'attività svolta e correttamente calcolate tanto alla corretta valutazione di spettanza all'agente dell'indennità di risoluzione ai sensi dell'art. 1751 c.c. siccome in concreto più favorevole dell'indennità suppletiva di clientela prevista dall'A.E.C., in corretta applicazione dei principi del diritto dell'U.E. come interpretati dalla Corte di Giustizia e del bonus ai sensi dell'art. 5 all. C, da corrispondere in unica soluzione alla scadenza del diciottesimo mese da intendere quale termine di versamento e non condizione di spettanza tanto, infine, alla reiezione delle domande risarcitorie dell'agente per danno patrimoniale e non patrimoniale, siccome non adeguatamente provate. Con atto notificato il 30 luglio 2009, Credito Emiliano s.p.a. ricorre per cassazione con unico motivo, cui V.G. resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale su quattro motivi, cui replica la banca con controricorso entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con unico motivo, la banca ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2119 c.c. e vizio di motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per erronea individuazione di una giusta causa nell'anticipato recesso dell'agente, obbligatosi ad un patto di stabilità di sessanta mesi in base al contratto di agenzia 6 agosto 2001, sull'esclusivo presupposto della risoluzione di due contratti di gestione di portafoglio con le banche di credito cooperativo di Battipaglia e di Roscigno, pure nella facoltà riconosciutale ad nutum , in supposta violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nei confronti dell'agente promotore finanziario , con motivazione anche contraddittoria, per il riconoscimento dalla Corte territoriale del legittimo esercizio della risoluzione ad nutum della preponente intermediaria finanziaria dei contratti con le suddette banche. Con il primo motivo, V.G. a propria volta deduce, in via incidentale, violazione e falsa applicazione dell'art. 1341, secondo comma c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per non espressa sottoscrizione della clausola di stabilità quinquennale, siccome vessatoria per l'imposizione all'agente della restituzione di importi ricevuti non conguagliati, in caso di esercizio di recesso entro sessanta mesi dalla costituzione del rapporto. Con il secondo, il predetto deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 1325 n. 2 c.c. e vizio di motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per difetto di causa della clausola di stabilità, in quanto impegno unilaterale dell'agente allo svolgimento di attività per sessanta mesi, senza corrispettivo specifico, né vantaggio di altro genere. Con il terzo, il predetto deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, primo comma, 1363 c.c. e vizio di motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per insussistenza nella suddetta clausola di un obbligo inderogabile di preavviso, per la finalità dell'art. 7 in parte qua di previsione dell'operazione di ricalcolo provvigionale, in caso di recesso anticipato dell'agente, durante il periodo di preavviso, diversamente contraddicendo l'art. 23 del contratto di agenzia di previsione di libera reciproca recedibilità dal rapporto, salvo preavviso, anche decorso il quinquennio , con la conseguenza dell'erronea compensazione della relativa indennità, ritenuta reciprocamente dovuta, operata dai giudici di merito. Con il quarto, il predetto deduce travisamento dei dati istruttori ed insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., nell'erronea reiezione, per supposta carenza probatoria, nonostante le contrarie emergenze istruttorie, della domanda risarcitoria per danno patrimoniale di mancata sponsorizzazione dalla federazione delle B.C.C, di nuove iniziative, per effetto dell'inaffidabilità di Credem s.p.a. e non patrimoniale lesione alla credibilità e reputazione commerciale dell'agente . L'unico motivo di ricorso principale, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2119 c.c. e vizio di motivazione, per erronea individuazione di una giusta causa nell'anticipato recesso dell'agente, è fondato. La Corte territoriale non ha infatti individuato, nel processo di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta della norma denunciata, la specifica violazione dell'obbligo di correttezza e buona fede, tale da integrare l'ipotesi di giusta causa di recesso, sia pure con valutazione di gravità calibrata sul contratto di agenzia, cui anche applicabile. È noto che l'istituto del recesso per giusta causa, previsto dall'art. 2119, primo comma c.c. in relazione al contratto di lavoro subordinato, sia applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest'ultimo ambito il rapporto di fiducia in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell'attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali assuma una maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato con la conseguenza, ai fini della legittimità del recesso, della sufficienza di un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata Cass. 26 maggio 2014, n. 11728 . Pur nel ribadito obbligo del preponente, nel rapporto di agenzia ai sensi dell'art. 1749 c.c. non soltanto nella vigente formulazione, ma anche in quella antecedente alla novella recata dall'art. 4 d.lg. 65/1999 , di agire con correttezza e buona fede nei confronti dell'agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, una giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell'art. 2119 c.c., con il consequenziale diritto dell'agente recedente all'indennità prevista dall'art. 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto Cass. 12 ottobre 2007, n. 21445 , nel caso di specie risulta soltanto l'esercizio dalla preponente Credito Emiliano s.p.a. della facoltà di recesso ad nutum nei contratti di gestione con gli investitori. Ed essa è stata ritenuta legittima dalla Corte territoriale, in base all'art. 14 del contratto e delle norme regolanti il servizio di gestione del portafoglio al primo capoverso di pg. 14 della sentenza . Nessun elemento concreto di specifica violazione del suddetto obbligo di correttezza e buona fede è stato dedotto da V.G. , al di là della tautologica affermazione della lesione della sua immagine professionale ancora al primo capoverso di pg. 14 della sentenza , pure contraddetta dall'accertata consapevolezza degli stessi investitori, nei cui confronti si sarebbe verificata detta lesione, della mancanza di un coinvolgimento dei promotori nel recesso ingiustificato della banca, secondo la riferita dichiarazione del direttore generale di B.C.C., di Roscigno in tale recesso ingiustificato i promotori non ebbero alcun coinvolgimento così al primo capoverso di pg. 19 sentenza . Né, a differenza che nel rapporto di lavoro subordinato assistito da un obbligo datoriale di protezione della professionalità del lavoratore dipendente Cass. 30 novembre 2010, n. 24231 e la cui tutela è prevalente rispetto alle esigenze organizzative del datore di lavoro Cass. 12 marzo 2004, n. 5161 , sul preponente grava un obbligo analogo di tutela degli interessi del procacciatore-agente con un'indebita commistione tra due contratti mai collegati attraverso la imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell'interesse e dell'immagine di colui che abbia concorso a procurarli. Per tali ragioni esso deve essere pertanto accolto. Il primo motivo dell’incidentale violazione e falsa applicazione dell'art. 1341, secondo comma c.c., per non espressa sottoscrizione della clausola di stabilità quinquennale può essere esaminato congiuntamente con il secondo violazione e falsa applicazione dell'art. 1325 n. 2 c.c. e vizio di motivazione, per difetto di causa della clausola di stabilità e con il terzo violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, primo comma, 1363 c.c. e vizio di motivazione, per insussistenza nella suddetta clausola di un obbligo inderogabile di preavviso , per la loro stretta connessione. Essi sono infondati. Deve, infatti, essere esclusa la denunciata natura vessatoria della clausola di stabilità quinquennale, non rientrando in alcuna delle ipotesi previste dall'art. 1341, secondo comma c.c. non, in particolare, nelle restrizioni alla libertà contrattuale nei confronti dei terzi, per la previsione di un periodo di dodici mesi di preavviso ai soli fini della possibilità per la preponente di riliquidazione delle provvigioni in ragione del recesso anticipato dell'agente rispetto al patto di stabilità in tale senso rettificando la motivazione della sentenza impugnata, secondo la prospettazione del terzo motivo , così da computarle su quanto effettivamente spettante sulla base del trattamento economico scelto dall'agente di erogazione provvisionale anticipata condizionata al raggiungimento degli obiettivi prefissati e concordati tra le parti, secondo l'allegato C come indicato a pgg. 1 e 2 del ricorso, 6 e 7 del controricorso al ricorso incidentale . Neppure, tanto meno, ricorre un'ipotesi di nullità per difetto di causa, pienamente integrata dalla corrispettività delle prestazioni rese dall'agente in correlata ragione del trattamento economico liberamente convenuto. Infine, il quarto motivo, relativo a travisamento dei dati istruttori ed insufficiente motivazione nell'erronea reiezione della domanda risarcitoria dell'agente per danno patrimoniale, è inammissibile. Esso viola, infatti, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, prescritto dall'art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c., per omessa integrale trascrizione delle deposizioni testimoniali richiamate, di cui è onerato il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare e quindi delle prove stesse, che, per il richiamato principio, la Corte di Cassazione deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative 30 luglio 2010, n. 17915 Cass. 3 gennaio 2014, n. 48 . Il motivo difetta pure di una chiara sintesi finale, omologa alla formulazione di quesito a norma dell'art. 366bis c.p.c., applicabile ratione temporis . La deduzione nel ricorso per cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso comporta infatti l'onere, imposto dalla suindicata norma, di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per cui la motivazione sia insufficiente ed esso deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulandone al termine una sintesi riassuntiva, che costituisca un quid pluris rispetto alla sua illustrazione e che consenta al giudice di valutare immediatamente l'ammissibilità del ricorso Cass. 7 aprile 2008, n. 8897 . E tale sintesi non si identifica con il requisito di specificità del motivo, ai sensi dell'art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., ma assume l'autonoma funzione volta alla immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente Cass. 28 dicembre 2013, n. 28242 Cass. 8 marzo 2013, n. 5858 . Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso incidentale e l'accoglimento del principale, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione, sulla base del seguente principio di diritto Nel rapporto di agenzia il preponente ha l'obbligo, ai sensi dell'art. 1749 c.c., di agire con correttezza e buonafede nei confronti dell'agente, potendo la violazione di detti obblighi contrattuali configurare, in base alla gravità delle circostanze, giusta causa di scioglimento dello stesso rapporto di agenzia, in applicazione analogica dell'art. 2119 c.c., con il consequenziale diritto dell'agente recedente all'indennità prevista dall'arte 1751 c.c. in caso di cessazione del rapporto alla condizione della specifica allegazione e deduzione di una concreta violazione di tale obbligo, senza tuttavia che sul preponente gravi un obbligo di tutela degli interessi dell'agente attraverso l'imposizione di regole di conservazione dei contratti procurati a garanzia dell'interesse e dell'immagine di colui che abbia concorso a procurarli non sussistendo, a differenza che nel rapporto di lavoro subordinato, un suo obbligo, analogo a quello del datore di lavoro, di protezione della professionalità del lavoratore dipendente . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale rigetta il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Salerno in diversa composizione.