L’espletamento dell’attività informativa con il cliente si presume iuris tantum

In tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’espletamento dell’attività di corrispondenza informativa con il cliente, nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro, è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum , in ragione della natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all’udienza di discussione.

Lo ha ribadito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18533/15, depositata il 21 settembre. Il caso. Un uomo ricorreva al giudice del lavoro per veder accertato il proprio stato di invalidità e, per l’effetto, veder condannati il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’INPS all’erogazione del relativo assegno mensile. Accolta la domanda e riconosciuto il diritto all’assegno, il tribunale condannava l’INPS al pagamento dei ratei maturati e delle spese processuali liquidate, con distrazione in favore del difensore. Proposto appello dall’uomo per la violazione delle tariffe forensi, la corte d’appello territoriale riformava la sentenza di primo grado rideterminando l’importo di competenze ed onorari. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’assicurato, lamentando che il giudice, dal momento che era stato richiesto il riconoscimento della prestazione dalla data di presentazione della domanda amministrativa per tutta la durata della vita, avrebbe dovuto cumulare le annualità domandate fino ad un massimo di dieci, finendo così per far riferimento allo scaglione di valore superiore. Si segnalava, inoltre, la mancata concessione del diritto per la corrispondenza informativa con il cliente. Il criterio applicato dal giudice di merito è più favorevole. Gli Ermellini hanno ritenuto infondato il primo motivo di ricorso. La giurisprudenza delle Sezioni Unite del Supremo Collegio, infatti, ha affermato che ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’art. 13, comma 1, c.p.c., ai sensi del quale se il titolo è controverso il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni. Nel caso di specie, hanno precisato i Giudici di Piazza Cavour, la corte di merito ha liquidato gli onorari facendo applicazione del più favorevole criterio desumibile dall’art. 13, comma 2, c.p.c., riferibile alla causa in materia di rendite temporanee o vitalizie, prendendo a riferimento le somme dovute per cinque anni e sei mesi. L’espletamento dell’attività informativa del con il cliente si presume iuris tantum. Fondato risulta, invece, il secondo motivo di ricorso. Il giudice d’appello, con riferimento al giudizio di primo grado, aveva escluso la spettanza del diritto per la consultazione con il cliente, sul presupposto che al riguardo non esisteva documentazione. La giurisprudenza della sezione lavoro, tuttavia, precisano i Giudici del Palazzaccio, afferma che in tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’espletamento dell’attività di corrispondenza informativa con il cliente, nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro, è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum , in ragione della natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all’udienza di discussione . Pertanto, si deve per ciò stesso ritenere assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi, con la conseguenza che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova. L’attribuzione di ulteriori competenza per tale titolo, invece, è subordinata alla documentazione e, comunque, alla prova certa dell’effettività della prestazione professionale specificamente indirizzata a tenere informato il cliente di eventi processuali rilevanti. Nel caso di specie, tuttavia, l’assicurato aveva fatto richiesta della sola voce generale e non anche di altre competenze aggiuntive. Per questi motivi, la Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso esaminato e accolto il secondo.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 giugno – 21 settembre 2015, n. 18533 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Mammone Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al giudice del lavoro di Roma, M.D. chiese di accertare il suo stato di invalidità e di condannare il Ministero dell'Economia e Finanze e l'INPS all'erogazione dell'assegno mensile previsto dall'art. 13 della l. 30.03.71 n. 118. 2.- Accolta la domanda e riconosciuto il diritto all'assegno con decorrenza 1.01.00, il Tribunale condannava l'INPS al pagamento dei ratei maturati ed alle spese processuali liquidate in complessivi Euro 900 di cui Euro 50 per esborsi , con distrazione in favore del difensore antistatario. 3.- Proposto appello dal M. per la violazione delle tariffe forensi, la Corte d'appello di Roma con sentenza del 3.12.09 riformava la prima sentenza rideterminando l'importo di competenze ed onorari in complessivi Euro 985,27, di cui Euro 420 per onorari, oltre Iva, Cpa e spese generali. La Corte non concedeva alcune delle competenze richieste dall'appellante e determinava gli onorari con riferimento allo scaglione di valore della controversia fino a Euro 25.900, considerando l'importo dei ratei tra il momento di decorrenza della prestazione 1.1.00 e la data della sentenza 3.06.05 . 4.- Ricorre per cassazione l'assicurato. L'INPS ha depositato procura. Il Ministero delle Finanze e dell'Economia non svolge attività difensiva. Motivi della decisione 5.- Con il primo motivo di ricorso l'assicurato deduce violazione dell'art. 13, comma 2, c.p.comma e degli artt. 60 e 64 del r.d.l. 27.11.33 n. 578, nonché della tariffa professionale approvata con d.m. 8.04.04 n. 127, contestando la liquidazione degli onorari Euro 420 in luogo dei 1.200 richiesti . Il giudice, facendo applicazione dell'art. 13, comma 2, c.p.c, che determina il valore delle cause relative a rendite temporanee o vitalizie , cumulando le annualità domandate fino ad un massimo di dieci, preso atto che l'importo complessivo dei ratei maturali è di Euro 15.599,87, ha fatto riferimento allo scaglione tariffario Euro 5.200,01 - 25.900,00 previsto dal d.m. n. 127 del 2004. Invece, il giudice avrebbe dovuto cumulare le annualità nella misura massima di dieci, atteso che la domanda era stata proposta in termini di indeterminatezza, chiedendo il riconoscimento della prestazione dalla data 7.12.99 della presentazione della domanda amministrativa per tutta la durata della sua vita. Sarebbe stato, pertanto, più congruo applicare lo scaglione superiore, compreso tra Euro 25.900,01 e 51.700,00, il che, tenendo conto delle stesse voci liquidate dalla Corte d'appello, avrebbe portato alla liquidazione degli onorari in Euro 1.200, come già richiesto in appello. 6.- Con il secondo motivo lo stesso deduce la violazione della voce n. 21 della tabella B approvata con il d.m. 5.10.95 n. 585, contestando la mancata concessione del diritto per la corrispondenza informativa con il cliente Euro 61,98 . 7.- Il primo motivo è infondato. Le Sezioni unite con la sentenza 21.05.15 n. 10455 hanno affermato che ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall'art. 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all'ammontare delle somme dovute per due anni . Nel caso di specie, in cui si verte circa una prestazione assistenziale avente ad oggetto l'assegno mensile previsto dall'art. 13 della l. 30.03.71 n. 118, secondo l'analitica ricostruzione effettuata dalla parte ricorrente il giudice di merito ha liquidato gli onorari facendo applicazione del più favorevole criterio desumibile dall'art. 13, comma 2, c.p.c., riferibile alla cause in materia di rendite temporanee o vitalizie, prendendo a riferimento le somme dovute per cinque anni e sei mesi. Non avendo l'INPS impugnato la sentenza sul punto e non essendo, quindi, possibile al riguardo la reformatio in peius della pronunzia, facendo applicazione del criterio enunziato dalle Sezioni unite, deve rigettarsi il primo motivo, ora in esame. 8.- È, invece, fondato il secondo motivo di ricorso. Il giudice di appello, con riferimento al giudizio di primo grado, ha escluso la spettanza del diritto per la consultazione con il cliente, rilevando che al riguardo non esiste documentazione. La giurisprudenza della sezione lavoro, tuttavia, afferma che in tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l'espletamento dell'attività di corrispondenza informativa con il cliente, nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro, è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum, in ragione della natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all'udienza di discussione. È quindi da ritenere per ciò stesso assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi, con la conseguenza che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova. L'attribuzione di ulteriori competenze per tale titolo è subordinata, invece, alla documentazione e, comunque, alla prova certa dell'effettività della prestazione professionale come specificamente indirizzata a tenere informato il cliente di eventi processuali rilevanti v. tra le altre Cass. 17.10.07 n. 8152 . Facendo applicazione di questo principio, avendo l'assicurato fatto richiesta della sola voce generale corrispondenza informativa con il cliente e non anche di ulteriori competenze, deve ritenersi che il diritto corrispondente, pari ad Euro 61,98, fosse effettivamente dovuto. 9.- Accolto il secondo motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all'accoglimento. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384, comma 2, c.p.comma può provvedersi nel merito disponendo che l'importo liquidato dalla Corte d'appello per le spese del giudizio di primo grado sia maggiorato della somma di Euro 61,98. 10.- Le spese del giudizio di legittimità debbono essere compensate tra le parti costituite. Nulla deve statuirsi per le spese nei confronti del Ministero dell'Economia e Finanza, che non ha svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte così provvede - rigetta il primo motivo di ricorso ed accoglie il secondo, cassando la sentenza impugnata in relazione all'accoglimento - provvedendo nel merito dispone che l'importo liquidato per le spese del giudizio di primo grado dalla Corte d'appello sia maggiorato della somma di Euro 61,98 - compensa le spese del giudizio di legittimità tra la parte ricorrente e l'INPS, nulla disponendo per le spese nei confronti del Ministero dell'Economia e Finanze.