Tassativa l’elencazione degli emolumenti utili per definire la retribuzione contributiva

La retribuzione contributiva, alla quale, per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma dell'art. 4 l. n. 152/1968, l'indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 11, comma 5, della legge medesima, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione stipendio o salario richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici di anzianità, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura. Ne consegue che non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, gli incrementi dell'indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, in quanto detta indennità non fa parte degli emolumenti specificamente indicati dalla norma e i relativi incrementi non possono considerarsi come componente dello stipendio.

Così è stato affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18043 pubblicata il 14 settembre 2015. La vicenda decisa. Alcuni lavoratori pubblici del comparto sanità avevano richiesto al tribunale del lavoro la condanna dell’INPDAP alla riliquidazione dell'indennità premio di servizio, con il computo nella base contributiva degli incrementi della c.d. indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, previsti dall'art. 45, commi 3, 4 e 5 del CCNL per il Comparto Sanità. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda. Proponeva appello l’INPDAP, ma la corte d’appello rigettava il gravame. L’ente previdenziale ricorreva allora in Cassazione. Le norme esaminate l. n. 152 del 1968. La controversia esaminata dalla Suprema Corte si fonda sull’interpretazione della l. n. 152/1968, artt. 4 e 11. I lavoratori ricorrenti avevano richiesto il riconoscimento del diritto alla riliquidazione dell'indennità premio di servizio, con il computo nella base contributiva degli incrementi della c.d. indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, previsti dall'art. 45, commi 3, 4 e 5 del CCNL per il Comparto Sanità. I giudici di merito avevano ritenuto che l'assoggettamento a contribuzione degli incrementi dell'indennità di qualificazione professionale confermava la loro inclusione tra gli elementi stipendiali in base ai quali doveva essere calcolata l'indennità premio di servizio. In materia tuttavia, la Suprema Corte aveva avuto modo di esprimersi con precedenti pronunce, con cui aveva affermato un principio di diritto contrario. I giudici di legittimità muovono dalla considerazione che l’articolo 4 della l. n. 152/1968 dispone che l'indennità premio di servizio è pari a un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi, considerata in ragione dell'80% ai sensi del successivo art. 11, per ogni anno di iscrizione all'Istituto il successivo art. 11, rubricato misura del contributo previdenziale , dispone, al comma 1, che il contributo dovuto per ogni iscritto ai fini del trattamento di previdenza è stabilito a decorrere dal primo marzo 1966, nella misura del 5% della retribuzione contributiva annua considerata in ragione dell'80% la determinazione della retribuzione contributiva è fissata dal quinto comma dello stesso art. 11, ove si stabilisce che la retribuzione contributiva è costituita dallo stipendio o salario comprensivo degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura, spettanti per legge o regolamento e formanti parte integrante ed essenziale dello stipendio stesso. L’elencazione del quinto comma è tassativa. Dal quadro normativo di riferimento la Corte di Cassazione rileva la sostanziale incompatibilità con una nozione omnicomprensiva di retribuzione utile ai fini della liquidazione dell'indennità in questione. Secondo l’orientamento consolidato della Corte in materia di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro, non esiste un principio generale e inderogabile di omnicomprensività, sancito, invece, dal legislatore solo con riguardo ad alcuni emolumenti come, ad esempio, l'indennità di anzianità e il trattamento di fine rapporto, a riguardo del quale è, peraltro, consentita deroga da parte della contrattazione collettiva . Come già affermato in altre pronunce di legittimità, se la norma di cui all’art. 11 l. n. 152/1968, non fosse improntata ad una ratio negativa dell'omnicomprensività, ossia se con la menzione di stipendio e salario si fosse inteso designare il complessivo trattamento retributivo del lavoratore, ingiustificata ed incoerente risulterebbe la specifica menzione degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura come elementi dello stipendio o del salario da ricondurre nell'ambito della retribuzione contributiva. E dunque, proseguono i Supremi Giudici, la circostanza che il legislatore del 1968 abbia avvertito l'esigenza di includere nello stipendio o nel salario, da valere quale retribuzione contributiva utile al computo dell'indennità premio di servizio, soltanto gli aumenti periodici, la tredicesima mensilità e gli assegni in natura, e non anche altri emolumenti seppure aventi carattere indubbiamente retributivo, significa esclusione dallo stipendio o salario, ai fini anzidetti ossia dalla retribuzione contributiva , di ogni altra voce del trattamento retributivo globale del lavoratore non espressamente menzionata. L'indennità di qualificazione professionale non va ricompresa nella retribuzione contributiva utile al computo dell'indennità premio di servizio. Il CCNL Comparto Sanità 1994 - 1997, all'art. 40, prevede che la struttura della retribuzione si compone del trattamento fondamentale stipendio tabellare retribuzione individuale di anzianità, ove acquisita indennità integrativa speciale e del trattamento economico collegato alla posizione di lavoro ed alla produttività, comprendente varie voci retributive fra cui anche l'indennità prevista dall'art. 45. Ne discende, alla luce dei principi sopra ricordati, che l'indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, prevista dall'art. 45 CCNL per il Comparto Sanità, non va ricompresa nella retribuzione contributiva utile al computo dell'indennità premio di servizio. La questione di diritto, osserva il Supremo Collegio, è già stata decisa in analoghe fattispecie, conformemente ai principi sopra enunciati si richiama nello specifico la pronuncia della Corte di Cassazione n. 176/2013, a cui sono seguite altre di analogo tenore. E dunque il ricorso proposto dall’INPDAP è stato accolto, con conseguente rigetto delle originarie domande.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 giugno – 14 settembre 2015, n. 18043 Presidente Macioce – Relatore Amendola Del processo La Corte d'Appello di Milano, con sentenza depositata il 7 novembre 2008, ha confermato la pronuncia di primo grado, che aveva condannato l'Inpdap alla riliquidazione, in favore di A.G. ed altri litisconsorti, dell'indennità premio di servizio con il computo degli incrementi della cosiddetta Indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità , di cui all'art. 45, commi 3, 4 e 5 del CCNL per il Comparto Sanità. A fondamento del decisum , la Corte distrettuale ha svolto le seguenti considerazioni l'incremento dell'indennità di qualificazione professionale rientra nel concetto di retribuzione contributiva , utile per la determinazione dell'i.p.s nell'indennità di cui al primo comma dell'art. 45 erano state assorbite una serie di indennità già riconosciute utili ai fini previdenziali per il calcolo dell'indennità premio servizio il terzo comma dell'art. 45 prevede che le indennità sono incrementate in sede aziendale qualora ricorrano determinati presupposti di professionalità in relazione ai singoli modelli organizzativi una volta che tale emolumento diviene costante comma quarto , oltre che fissato per ciascuna posizione funzionale comma quinto , non subendo più variazioni, esso viene a far parte del patrimonio stipendiale del lavoratore. Per la cassazione di tale sentenza l'INPDAP propone ricorso sulla base di un motivo. Gli intimati resistono con controricorso. Motivi della decisione Preliminarmente, si da atto che il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata. Con l'unico motivo l'Istituto ricorrente denuncia vizio di violazione di legge e di CCNL, deducendo che la tassatività della retribuzione contributiva, prevista dalla L. n. 152 del 1968, non consente di includere nella base di calcolo dell'indennità premio di servizio anche gli emolumenti non espressamente contemplati. Il ricorso è fondato. La questione che pone il ricorso è se l'incremento dell'indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità, previsto dall'art. 45, quinto comma, del CCNL Comparto Sanità 1994/1997, possa essere incluso nella base di calcolo dell'indennità premio di servizio. Tale questione è stata decisa da Cass. n. 176 del 2013, che ha affermato il seguente principio La retribuzione contributiva, alla quale, per i dipendenti degli enti locali, si commisura, a norma dell'art. 4 legge 8 marzo 1968 n. 152, l'indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dall'art. 11, comma 5, della legge medesima, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione stipendio o salario richiede un'interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici di anzianità, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura ne consegue che non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, gli incrementi dell'indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità art. 45 c.c.n.l. Comparto Sanità 1994 - 1997 , in quanto detta indennità non fa parte degli emolumenti specificamente indicati dalla norma e i relativi incrementi non possono considerarsi come componente dello stipendio . A tale pronuncia ne hanno fatto seguito altre, tutte dello stesso tenore Cass. nn. 4469, 4604, 4673, 5427 del 2015 . In conclusione, in accoglimento del ricorso, deve essere cassata la sentenza impugnata. Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ., secondo comma, con il rigetto della domanda originaria. Considerato che la giurisprudenza di legittimità in argomento si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione ora esaminato, ricorrono le condizioni per la compensazione tra le parti delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda compensa le spese dell'intero processo.