Buonuscita e TFR non differiscono solo per il nome

La base contributiva su cui l’indennità di buonuscita deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dall’art. 38 del d.P.R. n. 1032/1973 - la cui elencazione ha carattere tassativo - o da leggi speciali, restando pertanto esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni stipendio , paga o retribuzione nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17891, depositata il 10 settembre 2015. Il caso. La Corte di appello di Lecce, confermando la sentenza di primo grado, accertava il diritto di un docente - incaricato della presidenza di un istituto scolastico dal 1996 al 2000 - all’inclusione nel calcolo dell’indennità di buonuscita dell’indennità di funzione superiore percepita in tale periodo. Ad avviso dei giudici di merito, in particolare, l’indennità di funzione costituiva emolumento fisso e continuativo, ragion per cui, ai sensi dell’art. 3 d.P.R. n. 1032/1973 a mente del quale, ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita, doveva essere considerato l’ultimo stipendio, paga o retribuzione a carattere continuativo ex art. 2120 c.c. , doveva essere computato ai fini del calcolo della buonuscita. In questo senso peraltro, ad avviso della corte di merito, deponeva la contrattazione collettiva applicata al rapporto con il dipendente. Contro tale sentenza l’INPDAP ricorreva alla Corte di Cassazione, affidandosi ad un unico motivo. Buonuscita e TFR sono diversi. In particolare, ad avviso dell’Istituto, alla fattispecie in esame doveva essere applicato il solo d.P.R. n. 1032/1973 e non già l’art. 2120 c.c., ragion per cui l’indennità per funzioni superiori – non inclusa nell’elenco recato dal suddetto decreto ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita - non poteva avere alcun impatto su quella di buonuscita. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione, la quale, affermando il principio esposto in massima e richiamando altresì numerosi suoi precedenti, accoglie il ricorso decidendo nel merito la controversia. Ad avviso della Corte, infatti, l’art. 38 summenzionato, nell’individuare la base di calcolo dell’indennità di buonuscita, fa espresso riferimento alle retribuzioni annue, nonché a specifiche indennità ed assegni previsti da varie norme di legge, prevedendo altresì che concorrano a costituire la base di calcolo di tale indennità gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale. Conseguentemente, prosegue la Cassazione, attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale nel cui ambito rientra anche l’indennità di buonuscita e l’assenza dell’emolumento in discorso all’elencazione tassativa operata dal citato art. 38, deve escludersi che l’autonomia individuale, in assenza di specifiche disposizioni di legge in tal senso, possa interferire in ordine all’inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo Cass. nn. 17421/2013 17420/2013 27836/2009 . Nemmeno il CCNL può dare indicazione diverse. Analogo divieto sconta, secondo il condivisibile avviso della Cassazione, anche la contrattazione collettiva, alla quale non è consentito – in assenza di una norma in tal senso – derogare ad una disposizione imperativa di legge. In questo senso, in tema di trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti, la Cassazione aveva già affermato cfr. Cass. n. 709/2012 come fosse demandato alle OO.SS. soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di TFR e la nuova regolamentazione contrattuale della materia , da intendersi riferita ad un intervento complessivo di modifica del quadro normativo, non già a meri interventi specifici su taluni punti. La disciplina è comunque migliorativa rispetto al lavoro privato. Infine, la Corte chiarisce come tale trattamento sia comunque migliorativo rispetto alla disciplina del lavoro alle dipendenze di privati. Ed infatti, l’indennità di buonuscita viene calcolata moltiplicando l’ultimo stipendio per il numero di anni prestati in servizio, a differenza del TFR che viene invece calcolato sulla base di accantonamenti annuali che riproducono – non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, bensì – solo la quota di retribuzione percepita anno per anno.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 giugno – 10 settembre 2015, n. 17891 Presidente Macioce – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo La CA di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce con cui era stato accertato il diritto di D.N.G., docente incaricato della presidenza di istituto scolastico dal 1996 al 2000 , all'inclusione nel calcolo dell'indennità di buonuscita dell'indennità di funzione superiore percepita nel periodo 1996/2000. La Corte territoriale , affermata la giurisdizione del giudice adito e rigettata l'eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'Inpdap , ha affermato che l'indennità di cui si chiedeva l'inclusione costituiva un emolumento fisso e continuativo collegata alla posizione di preside che ai sensi dell'art 3, comma 3, DPR n 1032/1973 , ai fini della determinazione della base contributiva di cui all'art 38 del d.P.R.citato , doveva essere considerato l'ultimo stipendio o paga o retribuzione percepita con inclusione di tutti gli elementi retributivi a carattere continuativo ex art 2120 cc che l'indennità di funzione era stata prevista dall' art 69 della contrattazione collettiva e con accordo di interpretazione autentica dell'1/7/97 era stato chiarito che la norma di cui all'art 69 traeva origine dalle precedenti indennità di funzione e di reggenza~le quali erano computabili ai fini pensionistici che inoltre tra gli emolumenti di cui all' art 65 del contratto di comparto ai sensi dell'accordo interpretativo dovevano comprendersi indennità di funzioni superiori e di reggenza Avverso la sentenza ricorre l'Inpdap formulando un unico articolato motivo. Resiste il D.N. Motivi della decisione Deve , in primo luogo rilevarsi l'infondatezza dell'eccezione di tardività del ricorso in Cassazione sollevata dal contro ricorrente . La sentenza impugnata risulta infatti notificata all'Inpdap il 24/9/2008 e tale notifica , avvenuta alla parte e non al suo difensore , non è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare - L'Inpdap, con un unico motivo, denuncia violazione degli articolo 3 e 38 dpr 1032/1973, degli articolo 2120,2121 cc , dell'art 2, comma 5 , 1. n. 335/1995 , dell'art 69 del CCNL 1995 comparto scuola .Rileva che al ricorrente, già in servizio alla data dell' 1/1/1996 , dovevano trovare applicazione le disposizioni di cui al DPR n 1032/1973 e non già l'art 2120 cc e che l'indennità di funzioni superiori prevista dall'art 69 del CCNL del comparto scuola non era utile ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita. Il motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che, in applicazione del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, la base contributiva cui l'indennità di buonuscita deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dal medesimo D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, la cui elencazione ha carattere tassativo, o da leggi speciali, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni stipendio , paga o retribuzione nel senso generico di retribuzione onnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa cfr, ex plurimis, Cass., nn. 16596/2004 19427/2006 13201/2008 28281/2008 2783612009 17512/2014 più in particolare è stato osservato che il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, nell'individuare la base contributiva di calcolo dell'indennità di buonuscita, fa espresso riferimento alle retribuzioni annue, nonché a specifiche indennità ed assegni previsti da varie norme di legge comma 1 , prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale comma 2 con la conseguenza che, attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007 , deve escludersi che l'autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e giusta l'inequivoco tenore della norma surricordata, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale e, quindi, interferire in ordine all'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell'indennità di buonuscita cfr., Cass., n. 27836/2009, cit. . Stante la non appartenenza dell'emolumento in questione alla elencazione tassativa del ridetto D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, e non ravvisandosi ragioni per discostarsi dalla ricordata giurisprudenza di legittimità, il motivo di ricorso deve trovare accoglimento v. anche le recenti ordinanze di questa Corte, nn. 17420 e 17421 del 2013 . Giova richiamare anche Cass. sent. n. 709 del 2012, secondo cui, in tema di trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti già assunti alla data del 31 dicembre 1995, è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto art. 2, comma 7, della legge n. 335 del 1995 e la nuova regolamentazione contrattuale della materia , destinata a superare la previgente disciplina D.Lgs. n. 29 del 1993, ex art. 72, comma 3, ora trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 2, va riferita ad un intervento complessivo di modifica del quadro normativo e non a meri interventi specifici su taluni punti, quale l'inclusione di voci retributive nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita. Pertanto, attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita, in difetto di specifiche disposizioni, all'autonomia collettiva è preclusa l'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella relativa base di calcolo. Nella specie, per un dipendente in servizio alla data del 31 dicembre 1995, è stata esclusa la computabilità della retribuzione di posizione di cui al c.c.n.l. 2002/2005 del comparto università . Deve anche evidenziarsi che, in questione in parte analoga pubblico dipendente che ha svolto mansioni dirigenziali di reggenza , le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 10413 del 14 maggio 2014, hanno ribadito il principio secondo cui nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, nella base di calcolo dell'indennità va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente. È stato confermato con tale sentenza che L'indennità di buonuscita per i dipendenti civili e militari dello Stato1p evista dal D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 3 e 38, recante il testo unico delle \norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato. L'art. 3 stabilisce che gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, che cessino dal servizio, conseguono, dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo, il diritto alla indennità di buonuscita che è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all'art. 38 quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo III. Per la determinazione della base contributiva si considerano l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti a ciò si aggiungono gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva ossia i trattamenti retributivi accessori ed integrativi dei quali sia prevista l'inclusione nella suddetta base contributiva. Questo criterio è poi specificato nell'art. 38 che definisce la base contributiva come costituita dall'80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui , nonché di assegni specificamente individuati ed elencati l'indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti l'assegno perequativo per gli impiegati civili, di ruolo e non di ruolo, e per gli operai dello Stato ed altre indennità previste per particolari settori del pubblico impiego. Quindi risulta testualmente dalla lettera delle due citate disposizioni artt. 3 e 38 il carattere tassativo degli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell'indennità di anzianità e che sono quelli inquadrabili nella nozione di stipendio oppure in quella di uno degli assegni dell'elenco del cit. art. 38 . Sul carattere tassativo dell'elencazione degli emolumenti indicati dal D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, si è espressa questa Corte anche successivamente cfr. ex plurimis, Cass., sez. lav., 25 ottobre 2011, n. 22125 16 febbraio 2012 n. 2259 18 gennaio 2012 n. 709. In particolare in quest'ultima pronuncia si sottolinea come, in ogni caso, la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce comunque ad un trattamento più favorevole rispetto al trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti privati, giacché i dipendenti pubblici ai quali trova applicazione l'art. 38 cit., hanno il vantaggio di moltiplicare l'ultimo stipendio per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema del trattamento di fine rapporto, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, ma solo la quota di quelli ricevuti anno per anno conf. Cass., sez. lav., 9 maggio 2008, n. 11605 in tali termini, S.U. sent. n. 10413/14 A ciò aggiungasi che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto di non dare riai o all'affermazione dell'Inpdap secondo cui il D.N. aveva conservato la precedente qualifica ed aveva solo percepito un trattamento economico superiore collegato all'incarico temporaneo di preside di istituto scolastico In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell'originaria domanda. Sussistono giustificati motivi, in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute, per compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda di G. D.N. compensa le spese dell'intero giudizio.