Le misure di assistenza per i ciechi assoluti non sono del tutto equiparate a quelle previste per gli invalidi di guerra

L’equiparazione dell’indennità di accompagnamento goduta dai ciechi civili a quella prevista per i grandi invalidi di guerra riguarda soltanto la misura dell’indennità e le relative modalità di adeguamento automatico, e non comporta l’estensione ai ciechi civili dell’intero complesso delle misure di assistenza previste per gli invalidi di guerra la pensione non reversibile per i ciechi assoluti è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite reddituale previsto per la pensione di inabilità di cui all’art. 12 l. n. 118/1971.

È quanto emerge dalla sentenza n. 15597/2015 della Cassazione, depositata lo scorso 24 luglio. Il caso. Alcune persone, riconosciute ciechi assoluti, hanno agito in giudizio nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia chiedendo che fosse accertato il loro diritto all’equiparazione dell’indennità di accompagnamento a quella goduta dai grandi invalidi di guerra, anche con riguardo ai meccanismi di adeguamento automatico previsti per questi ultimi nonché domandando la condanna dell’INPS a riconoscere agli stessi il diritto al trattamento pensionistico a prescindere dalla situazione reddituale, con la conseguente rideterminazione della pensione da corrispondere. Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, ritenendolo infondato. Anche la Corte territoriale concludeva per la non equiparabilità delle misure di assistenza previste per i ciechi assoluti a quelle previste per gli invalidi di guerra. Le misure di assistenza per i ciechi assoluti. La Suprema Corte, aderendo alla decisione dei precedenti giudicanti, ha rigettato il ricorso richiamando un principio ormai consolidato in giurisprudenza, secondo il quale La pensione non reversibile per i ciechi assoluti di cui all’art. 7, Legge n. 66/1962 è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38, comma 1, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’art. 12, Legge n. 118/1971, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l’art. 68, Legge n. 153/1969 dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia l’art. 8, comma 1 bis , d.l. n. 463/1983 convertito con modificazioni nella Legge n. 638/1983 che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38, comma 2, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica . In particolare, la Corte di Cassazione ha osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile avente funzione assistenziale è rimasto subordinato, diversamente da quello dell’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall’art. 5, Legge n. 382/1970 nella non iscrizione nei ruoli per l’imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche di un ammontare inferiore ad un certo limite.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 maggio – 24 luglio 2015, n. 15597 Presidente Stile – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con ricorso depositato il 23-10-2003 B.L. ed altri, tutti riconosciuti ciechi assoluti, adivano il Giudice del lavoro del Tribunale di Catania chiedendo che fosse accertato il loro diritto all'equiparazione dell'indennità di accompagnamento a quella goduta dai grandi invalidi di guerra anche con riguardo ai meccanismi di adeguamento automatico previsti per questi ultimi, con la conseguente condanna dell'INPS e del Ministero dell'Interno per quanto di rispettiva competenza che l'INPS fosse condannato a riconoscere ad essi ricorrenti il diritto al trattamento pensionistico a prescindere dalla situazione reddituale con la conseguente rideterminazione della pensione da corrispondere. Il Ministero dell'Interno si costituiva eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva. L'INPS si costituiva e deduceva l'inammissibilità e l'infondatezza della domanda ed in ogni caso la prescrizione parziale delle somme eventualmente dovute. Veniva integrato il contraddittorio nei confronti del Ministero dell'Economia, che si costituiva eccependo la infondatezza della domanda. Con sentenza in data 11-10-2006 il giudice adito rigettava la domanda e compensava le spese. Avverso la detta sentenza proponevano appello i soggetti indicati in sentenza chiedendo la riforma della pronuncia di primo grado con l'accoglimento delle domande introduttive. L'INPS e il Ministero dell'Economia e Finanze si costituivano e resistevano al gravame. La Corte d'Appello di Catania, con sentenza depositata il 22-7-2008, rigettava l'appello e compensava le spese. In sintesi la Corte rilevava che la equiparazione della indennità di accompagnamento goduta dai ciechi civili a quella prevista per i grandi invalidi di guerra riguarda soltanto la misura dell'indennità e le relative modalità di adeguamento automatico, e non comporta l'estensione ai ciechi civili dell'intero complesso delle misure di assistenza previste per gli invalidi di guerra. La Corte, inoltre, rilevava la infondatezza della tesi della irrilevanza del requisito reddituale per i non vedenti, sia per quanto riguarda il trattamento pensionistico, sia per quanto riguarda l'integrazione al minimo di detto trattamento. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i nominati in epigrafe con due motivi, illustrati con memoria. L'INPS ha resistito con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo, denunciando omessa motivazione in ordine al richiesto riconoscimento del diritto alla corresponsione della pensione per cecità assoluta svincolata dal requisito reddituale, i ricorrenti in sostanza lamentano che la Corte territoriale ha respinto la domanda affrontando, invece il diverso problema della cumulabilità del reddito con l'integrazione al minimo della pensione di invalidità, senza esaminare la questione sottoposta al suo esame. Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 6 e, commi 1 e 1 bis, di n. 463/1983, conv. in l. n. 638/1983, 68 della l. n. 153 del 1969, 10, comma 2, del R.D.L. n. 636 del 1939, i ricorrenti assumono che la conservazione della pensione di invalidità ai ciechi assoluti in deroga alla disciplina generale è comunque assicurata in caso di superamento dei limiti di reddito previsti, in funzione della ratio di consentire e incentivare l'inserimento del cieco nel mondo lavorativo. In sostanza, considerata la irrilevanza del requisito reddituale, i ricorrenti rilevano che la Corte territoriale al B.L. e al Conti Maurizio avrebbe dovuto ripristinare la pensione di invalidità revocata ed agli altri avrebbe dovuto riconoscere il relativo diritto. Entrambi i motivi, connessi tra loro, non meritano accoglimento, per le ragioni di seguito esposte. Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, la pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del di del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del di 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica . v. Cass. 25-10-2013 n. 24192, Cass. 15-4-2014 n. 8752, Cass. ord. nn. 24003-24011/2014, nn. 24022-24026/2014, nonché da ultimo Cass. 10-4-2015 n. 7289 . In particolare questa Corte ha osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile avente una funzione assistenziale , introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all'indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall'art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l'imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche di un ammontare inferiore a un certo limite art. 6 D.L. n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 1980 . In specie v. Cass. 24192/2013 cit. è stato evidenziato che la pensione non reversibile avente natura assistenziale per i ciechi civili assoluti di cui all'art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell'ambito di cui all'art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell'erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l'art. 68 della legge 30 aprile 1969, n. 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall'INPS, sia l'art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l'erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi avente natura previdenziale il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all'invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione aventi quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all'art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. In particolare, poi, l'indicata sentenza n. 24192 del 2013 ha, inoltre, escluso che possa essere considerato quale precedente specifico la sentenza a Sezioni Unite n. 3814 del 24 febbraio 2005 perché resa con riferimento a fattispecie concreta del tutto diversa, afferente all'integrazione al minimo di un trattamento pensionistico disciplinato dalla L. n. 153 del 1969, art. 68 e D.L. n. 463 del 1983, art. 8. Tale indirizzo, che il Collegio condivide, risulta come sopra confermato da numerose pronunce e deve ritenersi ormai consolidato v. da ultimo Cass. n. 7289/2015 cit. . Al di là, quindi, dello sviluppo argomentativo svolto nell'impugnata sentenza invero in gran parte incentrata sulla diversa questione della integrazione al minimo, ma comunque concludente nel senso che in generale deve rilevarsi che non vi è nella vigente legislazione una puntuale disposizione di legge in base alla quale possa escludersi, per i ciechi assoluti, la applicazione della norma sui requisiti reddituali ai fini del diritto al trattamento pensionistico , in base all'indirizzo consolidato sopra richiamato il ricorso va respinto. Infine, in ragione del chiarimento avvenuto nella giurisprudenza di legittimità soltanto da ultimo v. Cass. 24192/2013 e succ. e della non univocità nelle pronunce precedenti in senso diverso cfr. Cass. 18-9-2012 n. 15646 , le spese del presente giudizio di cassazione vanno compensate tra le parti tutte. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.