L’azione di accertamento della legittimità della sanzione disciplinare: termini di decadenza

Anche se è vero che il datore di lavoro, destinatario della richiesta di decisione arbitrale ex art. 7, comma 7, S.L., ha l’onere di ricorrere al Giudice ordinario entro 10 giorni, non v’è dubbio che tale onere sia soddisfatto con la sola richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c., non occorrendo, peraltro, che nello stesso lasso di tempo essa pervenga alla commissione.

Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 14352, depositata il 9 luglio 2015. La questione giuridica. La Suprema Corte si è trovata ad affrontare il peculiare tema dell’azione di accertamento della legittimità di una sanzione disciplinare, con particolare riferimento al caso in cui il datore di lavoro decida di esperire, nelle more dei dieci giorni per la nomina del rappresentante in seno alla commissione di conciliazione ed arbitrato, il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 410 c.p.c. Si tratta all’evidenza di un caso specifico, che può essere così riassunto un lavoratore decide di impugnare una sanzione disciplinare avanti l’u.p.l.m.o, il datore di lavoro decide di non accettare l’arbitrato e per tale motivo non nomina il proprio arbitro tuttavia, il datore di lavoro intraprende l’azione di accertamento della legittimità della sanzione disciplinare, facendolo precedere dalla richiesta di esperire la procedura ex art. 410 c.p.c. Vediamo come si combinano le due norme, con particolare riferimento alla sospensione dei termini di decadenza. La decadenza dall’azione giudiziaria. La Corte territoriale aveva escluso che il termine di dieci giorni sancito dall’art. 7 S.L. per la nomina, da parte datoriale, del proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione ed arbitrato, ovvero per la proposizione dell’azione giudiziaria – la cui violazione determina l’inefficacia della sanzione – potesse ritenersi rispettato col mero esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c., poiché tale sostituzione non era prevista da alcuna norma. Invero, la Suprema Corte ha riformato tale sentenza, sul presupposto dell’impianto normativo applicabile ratione temporis . È noto che la richiesta del collegio arbitrale determina la sospensione dell’efficacia della sanzione e che la scadenza del termine di dieci giorni per la nomina del rappresentante datoriale in seno al Collegio arbitrale determina l’inefficacia della sanzione. È peraltro pacifico che la sospensione dell’efficacia si protrae se, quando l’efficacia è ancora sospesa, il datore promuove l’azione giudiziaria e che l’art. 410 c.p.c. prevede che la comunicazione della richiesta di tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione. Alla luce di tali norme, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’art. 7 S.L. imponga al datore che intende declinare la competenza arbitrale ricorrendo al giudice ordinario, di promuovere entro lo stesso termine di dieci giorni il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c., comminando una decadenza che viene impedita con la tempestiva consegna della lettera all’ufficio postale, restando irrilevante la data di ricezione.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 aprile – 9 luglio 2015, numero 14352 Presidente Stile – Relatore Lorito Svolgimento del processo La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza di primo grado con cui era stata respinta la domanda proposta dalla s.p.a. Poste Italiane nei confronti di G.G., intesa a conseguire l'accertamento della legittimità della sanzione disciplinare della multa di quattro ore di retribuzione, per effetto della intervenuta decadenza dall'impugnazione, ex articolo 7 camma 7 legge numero 300/70. A base del decisum la Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, poneva il preliminare rilievo della perdurante operatività di detta disposizione, anche a seguito dell'entrata in vigore della disciplina del tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 c.p.c. Escludeva, quindi, che il termine di 10 giorni sancito dal citato articolo 7 per la nomina, da parte datoriale, del proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione ed arbitra 5, ovvero per la proposizione dell'azione giudiziaria la cui violazione determina l'inefficacia della sanzione - potesse ritenersi rispettato col mero esperimento del tentativo di conciliazione ex articolo 410 c.p.c., tale sostituzione non essendo prevista da alcuna norma. In via di subordine, deduceva che il termine decadenziale poteva ritenersi sospeso per il tempo di esperimento pari a sessanta giorni dalla presentazione della istanza della procedura conciliativa obbligatoria, e, pertanto per un periodo di settanta giorni, nel caso quale quello di specie di mancato esperimento nel termine massimo previsto, del tentativo di conciliazione, ovvero dì novanta giorni, nel caso di effettivo suo svolgimento, tenuto conto dei termini di sospensione di venti giorni sancito dal comma 2 dell'articolo 410 C.P.C. Sulla scorta di tali premesse, deduceva che la società Poste Italiane, che aveva promosso il tentativo di conciliazione ex articolo 410 c.p.c. già con lettera 2/1/04 ricevuta dall'Ufficio del Lavoro il 12/1/04, ancor prima di ricevere l'invito ex articolo 7 comma 7 l. 300/740 del 19/2/04, era decaduta dall'azione, avendo depositato il ricorso giudiziario in data 31/3/04. Avverso questa sentenza la società Poste Italiane ricorre in cassazione sulla base di un unico motivo. G.G. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con unico motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 comma 7 l. 300/70 in relazione agli artt. 410-410bis e 412 c.p.c. Muovendo dall'assunto che a seguito della novella apportata all'articolo 410 c.p.c. dall'articolo 36 d.l. numero 80/98, l'introduzione di una controversia di lavoro è subordinata al previo esperimento del tentativo di conciliazione, la società accredita una interpretazione della nuova disciplina processuale in coordinamento con la previsione di cui all'articolo 7 comma 7 l. 300/70, nel senso che il rispetto del termine di dieci giorni previsto a pena di inefficacia della sanzione disciplinare, non è più correlato al deposito del ricorso giudiziario, bensì alla richiesta di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione. Corollario delle esposte premesse, è che il dies a quo del termine di dieci giorni deve ritenersi fissato ex lege, nella ricezione dell'invito da parte dell'UPLMO di nomina del proprio rappresentate inviata al datore di lavoro, mentre il termine finale, in precedenza costituito dal deposito del ricorso giudiziale, è ora rappresentato dalla richiesta del tentativo di conciliazione. Il ricorso è fondato. Per un ordinato iter motivazionale, è opportuno delineare, attraverso la lettura dell'articolo 7, comma 7, il rapporto fra richiesta del Collegio di Conciliazione ed Arbitrato ed inizio dell'azione giudiziaria. La disposizione testualmente prevede Quando il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio . La richiesta del Collegio arbitrale determina, dunque, la sospensione dell'efficacia della sanzione. La scadenza del termine di dieci giorni, fissato dall'indicata disposizione per la nomina del rappresentante datorile in seno al Collegio arbitrale, determina l'inefficacia della sanzione. La sospensione dell'efficacia si protrae se, quando l'efficacia è ancora sospesa vedi ex plurimzs, Cass. 11 ottobre 2006 numero 21760, Cass 21 dicembre 2000 numero 16050 , il datore promuove razione giudiziaria articolo 7 . Va, ancora, rimarcato, che l'articolo 410 cod. proc. civ. - nella versione di testo applicabile razione temporis come modificata ex articolo 36 d.lgsl. numero 80/98 e successivamente ex articolo 19 d.lgsl. 387/98 - al comma 1 prevede che chi intende proporre in giudizio una domanda deve promuovere il tentativo di conciliazione presso la Commissione di conciliazione . La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza . I1 tentativo di conciliazione, anche se nelle forme previste dai contratti e accordi collettivi, deve essere espletato entro sessanta giorni dalla presentazione della richiesta articolo 410 bis cod. proc. civ. . Tale essendo il quadro normativo di riferimento, appare condivisibile l'orientamento già espresso da questa Corte, al quale si intende dare continuità, secondo cui, seppure è vero, cfr. C. Cost. numero 586 del 1989, che ha ritenuto infondata la questione di legittimità dell'articolo 7 nella parte in cui non prevede alcun termine di decadenza per l'impugnazione in sede giurisdizionale delle sanzioni disciplinari, interpretandolo nel senso che il datore di lavoro ha l'onere di ricorrere al giudice ordinario entro 10 giorni dall'invito dell'u.p.l.m.o. a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione ed arbitrato , che il datore di lavoro destinatario della richiesta di decisione arbitrale ex articolo 7 ha l'onere di ricorrere al giudice ordinario entro i detti 10 giorni, non v'è dubbio che tale onere sia soddisfatto con la sola richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione ex articolo 410 c.p.c. non occorrendo, peraltro, che nello stesso lasso di tempo essa pervenga alla commissione vedi ex plurimis, Cass. 11 ottobre 2006 numero 21760 . Diversamente da quanto argomentato dalla Corte distrettuale, secondo cui non sussisterebbe alcun impedimento giuridico o materiale, alla proposizione diretta del ricorso giudiziario da parte datoriale, ex articolo 7, comma 7 L. numero 300 del 1970, va ritenuto, quindi, che la disposizione - nel prescrivere al datore che abbia inflitto al prestatore di lavoro una sanzione disciplinare, di nominare un proprio rappresentante in seno al collegio di conciliazione ed arbitrato entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro - impone al medesimo datore di lavoro che intenda declinare la competenza arbitrale ricorrendo al giudice ordinario, di promuovere entro lo stesso termine di dieci giorni il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 c.p.c., comminando una decadenza che viene impedita con la tempestiva consegna della lettera all'ufficio postale, restando irrilevante la data di ricezione vedi, in tali sensi Cass. 8 giugno 2011 numero 12457 . Alla luce degli esposti principi, deve ritenersi che, richiesto dal datore di lavoro il tentativo obbligatorio di conciliazione che l'articolo 410 bis assume come espletato trascorsi sessanta giorni dalla richiesta , durante il suo esperimento e nei venti giorni successivi alla sua conclusione, è impedita ogni decadenza. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio, anche per le spese, ad altro giudice, in dispositivo indicato, il quale procederà all'ulteriore esame della controversia alla stregua degli enunciati principi. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.