Dopo il trasferimento, l’azienda può cambiare

Il trasferimento d’azienda disciplinato dall’art. 2112 c.c. non presuppone necessariamente l’identità nel suo aspetto materiale dell’azienda o del ramo autonomo ceduto, poiché nulla esclude che - in concomitanza del trasferimento o subito dopo – il complesso ceduto venga aggiornato nelle sue dotazioni strumentali oppure venga altrove ubicato.

Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13646, depositata il 2 luglio. Licenziata dalla cedente, reintegrata nella cessionaria con chi me la prendo? A seguito della dichiarazione di inesistenza del licenziamento intimatole dalla società cedente, una lavoratrice veniva reintegrata presso la società cessionaria. Le due società, cedente e cessionaria, avevano così tanti elementi in comune, da far pensare ad un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro o, comunque, da far escludere che il trasferimento d’azienda fosse limpido”. Infatti, nel caso di specie, le due società avevano un oggetto sociale del tutto simile e lo stesso legale rappresentante e inoltre, tutti i dipendenti della cedente erano transitati presso la cessionaria. La Corte di Cassazione, quindi, offre alcune linee guida per distinguere il trasferimento d’azienda dalle ipotesi in cui è ravvisabile l’unicità del rapporto di lavoro, soprattutto nei casi in cui cedente e cessionaria siano particolarmente affini tra loro Il trasferimento d’azienda. Il Giudice di secondo grado aveva escluso che il caso di specie configurasse un trasferimento d’azienda in ragione del fatto che le strutture materiali delle due aziende non coincidevano, anzi, cedente e cessionaria operavano in due comuni distinti e la seconda aveva addirittura macchinari nuovi ed ulteriori rispetto a quelli ereditati” dalla cedente. Secondo la Corte di Cassazione, tali caratteristiche non rilevano affatto per qualificare un trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. non è previsto da alcuna norma che vi debba essere un’identità materiale tra l’azienda o il ramo d’azienda ceduto e l’attività della cessionaria. Niente esclude che il complesso ceduto, in concomitanza del trasferimento o subito dopo, possa essere aggiornato, migliorato potenziato dalla cessionaria. Dall’altro alto, Corte di Cassazione precisa che, ai fini della qualificazione del trasferimento d’azienda, non sia necessario che la cedente cessi definitivamente la propria attività. Infatti, il trasferimento può riguardare anche solo un ramo autonomo dell’attività della cedente, lasciando intatti gli altri. Pertanto, dopo il trasferimento, la cedente può tranquillamente proseguire la sua attività, a maggior ragione se non vi è stato un trasferimento d’azienda ma solo un trasferimento di ramo. Il fatto che la cedente avesse mantenuto viva la propria attività dopo il trasferimento, pur trasferendo tutti i propri dipendenti presso la cessionaria, aveva indotto il Giudice d’appello a ritenere che si versasse nella fattispecie della cessione di contratto di cui all’art. 1406 cod. civ. Ebbene, dalle deduzioni delle parti non emerge mai che fosse stato chiesto il consenso del contraente ceduto - elemento essenziale nella cessione di contratto – e pertanto, il caso di specie non può essere ricondotto a tale ultima ipotesi. In conclusione, quindi, la Suprema Corte lascia intendere che il caso di specie sia astrattamente riconducibile al trasferimento d’azienda, ma per completare il proprio ragionamento si chiede se si possa versare nei casi di unicità del rapporto di lavoro. L’unicità del rapporto di lavoro i casi. Per costante giurisprudenza, si ha unicità del rapporto di lavoro quando uno stesso lavoratore presta contemporaneamente servizio per due o più datori di lavoro e la sua opera è tale da non far comprendere quale parte sia svolta nell’interesse di un datore di lavoro e quale parte sia svolta nell’interesse dell’altro. Se, quindi, l’attività lavorativa è svolta contemporaneamente e promiscuamente per due datori di lavoro differenti, essi devono essere considerati responsabili in solido per le obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, e ciò ai sensi della norma generale di cui all’art. 1294 c. c Un altro caso di unicità del rapporto di lavoro può rivelarsi quando vi sia un collegamento economico – funzionale tra diverse imprese, tale da indurre i datori di lavoro ad utilizzare i dipendenti promiscuamente. E’ chiaro che tali ipotesi sono facilmente ravvisabili quando le aziende coinvolte abbiano oggetti sociali simili e magari anche lo stesso legale rappresentante come nel caso in commento. Purtroppo, la Corte di Cassazione lascia col fiato sospeso per comprendere se il caso di specie sia riconducibile ad un trasferimento d’azienda o all’ipotesi di unicità del centro di imputazione del rapporto di lavoro, è necessario un accertamento di merito, che il Giudice di legittimità, per definizione, non può affrontare.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 marzo – 2 luglio 2015, n. 13646 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza n. 2567/10 il Tribunale di Cosenza dichiarava l'inesistenza del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato il 1.1.05 ad S.E. , ordinandone la reintegra nel posto di lavoro alla Salumificio D. S.p.A., società cessionaria di azienda dalla precedente società titolare del rapporto, la Finind S.n.c. che aveva intimato il licenziamento , entrambe aventi il medesimo legale rappresentante nella persona di D.F. . Con sentenza depositata il 31.1.12 la Corte d'appello di Catanzaro, in totale riforma della pronuncia del Tribunale, rigettava la domanda della lavoratrice non ritenendo che nella vicenda ricorresse la fattispecie di cui all'art. 2112 c.c., ravvisata - invece - dal giudice di prime cure aggiungevano i giudici d'appello che, per altro, la lavoratrice aveva lavorato solo per una settimana presso lo stabilimento della Salumificio D. S.p.A. sito in omissis . Per la cassazione della decisione della Corte territoriale ricorre S.E. affidandosi a due motivi. La Salumificio D. S.p.A. resiste con controricorso. L'intimata Finind S.n.c. - anche nei cui confronti si sono celebrati i gradi di merito - non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione degli artt. 2112 e 2555 c.c. nella parte in cui l'impugnata sentenza ha negato che tra la Finind S.n.c. e la Salumificio D. S.p.A. sia intercorsa una cessione di azienda, nonostante che tutti i dipendenti della prima società, originariamente addetti allo stabilimento di omissis , fossero passati al nuovo stabilimento della seconda sito in omissis e che il legale rappresentante di entrambe le società fosse sempre la stessa persona, vale a dire D.F. , circostanze - queste - del tutto sottovalutate dalla Corte territoriale. Censura sostanzialmente analoga viene fatta valere con il secondo motivo sotto forma di violazione degli artt. 1406 c.c. e 113 c.p.c., per avere la gravata pronuncia ritenuto che nella vicenda in esame si sia verificato un caso di mera cessione dei contratti di lavoro. 2- I due motivi di ricorso - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - sono fondati nei sensi qui di seguito chiariti. La sentenza impugnata da atto che la Finind S.n.c. e la Salumificio D. S.p.A. hanno un oggetto sociale parzialmente identico macellazione suini e produzione insaccati ed hanno lo stesso legale rappresentante D.F. . Sempre la gravata pronuncia conferma che tutti i dipendenti della seconda società provengono dalla prima, ma esclude l'ipotesi di cui all'art. 2112 c.c. in base al rilievo della non coincidenza delle strutture materiali delle due aziende, operanti in due comuni distinti e con macchinari nuovi e diversi da parte della Salumificio D. S.p.A Da ciò arguisce essersi trattato d'una mera cessione - tra le due società - del contratto di lavoro dei dipendenti, con assunzione da parte della cessionaria dell'obbligo di rispettare le posizioni lavorative e i crediti dei dipendenti ceduti. Il primo errore di diritto che si rinviene nella gravata pronuncia consiste nell'aver ritenuto che il trasferimento d'azienda disciplinato dall'art. 2112 c.c. presupponga necessariamente l'identità nel suo aspetto materiale dell'azienda o del ramo autonomo ceduto, mentre nulla esclude che il complesso ceduto venga - in concomitanza del trasferimento o subito dopo - aggiornato da un punto di vista delle dotazioni strumentali e/o diversamente ubicato. Né è decisivo che la società cedente abbia continuato ad operare pur dopo la cessione, giacché il trasferimento d'azienda ex art. 2112 c.c., potendo avere ad oggetto anche soltanto un ramo autonomo e non l'intera azienda, non richiede che la cedente cessi o cessi subito ogni attività. Il secondo errore risiede nell'aver qualificato la vicenda in esame come cessione dei contratti di lavoro, tralasciando che ex art. 1406 c.c. la mera cessione del contratto non può mai avvenire senza il consenso del contraente ceduto nello specifico del contratto di lavoro v., ex aliis, Cass. n. 9361/14 nel caso in esame né la sentenza di primo grado né quella d'appello parlano di consenso alcuno al trasferimento manifestato dai lavoratori ceduti. L'astratta compatibilità del caso di specie con la fattispecie delineata nell'art. 2112 c.c. concerne soltanto un aspetto del presente contenzioso. Va ora esaminata, in particolare, la posizione della ricorrente. Secondo i giudici d'appello, ad ogni modo, ella non potrebbe avvantaggiarsi dell'applicazione dell'art. 2112 c.c. per l'assorbente rilievo che non avrebbe mai lavorato presso lo stabilimento di omissis , ossia quello della Salumificio D. S.p.A., da cui non sarebbe mai stata assunta, tanto da restare a lavorare presso lo stabilimento di omissis , cioè quello della Finind S.n.c Ma in tal modo la gravata pronuncia incorre in una petizione di principio, deducendo in ipotesi quella che - in realtà - è la tesi da dimostrare cioè l'asserito mantenimento del rapporto di lavoro di S.E. in capo alla Finind S.n.c. pur dopo il trasferimento d'azienda e, soprattutto, trascura la significatività del rilievo che la ricorrente ha lavorato per una settimana presso lo stabilimento di omissis in coincidenza con le ferie estive dei relativi addetti, rilievo riferito dalla stessa Corte territoriale. Ora, in assenza di allegazione di assunzione a termine della ricorrente per esigenze sostitutive da parte della Salumificio D. S.p.A. o di distacco o comando o di altra fattispecie normativa che consenta la anche solo temporanea scissione tra utilizzatore della prestazione lavorativa e titolare del relativo rapporto, l'impiego della ricorrente anche da parte della società cessionaria sia pure per una settimana e in sostituzione di altro personale assente per ferie può essere astrattamente letto o come dimostrazione dell'avvenuto passaggio ex art. 2112 c.c. pure di S.E. alle dipendenze della Salumificio D. S.p.A. considerato, altresì, che non è chiaro dalla lettura dell'impugnata sentenza se le mansioni della lavoratrice fossero riconducibili alle produzioni trasferite alla società cessionaria o come dimostrazione d'un suo utilizzo promiscuo da parte di entrambe le società, così dandosi luogo ad un'ipotesi di doppia titolarità nel lato datoriale del medesimo rapporto di lavoro. Invero, per costante giurisprudenza, si ha unicità del rapporto di lavoro qualora uno stesso lavoratore presti contemporaneamente servizio per due datori di lavoro e la sua opera sia tale che in essa non possa distinguersi quale parte sia svolta nell'interesse di un datore di lavoro e quale nell'interesse dell'altro, con la conseguenza che entrambi i fruitori di siffatta attività devono essere considerati solidalmente responsabili delle obbligazioni che scaturiscono da quel rapporto, ai sensi dell'art. 1294 c.c., che stabilisce una presunzione di solidarietà in caso di obbligazione con pluralità di debitori, ove dalla legge o dal titolo non risulti diversamente cfr., ex aliis, Cass. 5.3.03 n. 3249 Cass. 20.10.2000 n. 13904 Cass. 10.6.86 n. 3844 . Lo stesso dicasi qualora tra più società vi sia un collegamento economico-funzionale da non confondersi con quello di cui all'art. 2359 c.c. , tale da far ravvisare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti quando si accerti l'utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari delle distinte imprese cfr. Cass. n. 5496/06 Cass. n. 11275/2000 . Ancor più tale fattispecie è giuridicamente configurabile ove due o più società condividano il medesimo legale rappresentante e/o un assetto societario in tutto o in parte coincidente. L'alternativa suddetta avvenuto trasferimento anche del rapporto di lavoro di S.E. , ex art. 2112 c.c., alla Salumificio D. S.p.A. o doppia titolarità del relativo rapporto in capo a quest'ultima e alla Finind S.n.c , implicando un concreto accertamento di fatto idoneo ad incidere sulla configurabilità o meno del giustificato motivo oggettivo di licenziamento di cui si controverte e/o sulla legittimazione sostanziale ad intimarlo, dovrà essere sciolta dal giudice di rinvio previo nuovo esame complessivo delle risultanze probatorie e nel rispetto dei principi di diritto sopra ricordati. 3- In conclusione, il ricorso è da accogliersi, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Reggio Calabria. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Reggio Calabria.