Il debitore paga le spese processuali? Niente precetto

Allorché il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel titolo esecutivo, comprensiva delle spese processuali ivi liquidate, il creditore non può, successivamente a tale pagamento, intimare il precetto.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione – Sez. Lavoro, con la sentenza n. 9908, depositata il 14 maggio 2015. Il caso. La pronuncia trae origine dal giudizio promosso dall’opposizione proposta dall'INPS al precetto notificatogli dall’avvocato distrattario in relazione al pagamento delle competenze giudiziali portate in sentenza relativa a procedimento di natura assistenziale e successive all'emissione del titolo azionato. Ritenuta la propria competenza, essendo stato il titolo in relazione al quale era stato intimato il precetto pronunciato dal giudice del lavoro, la pronuncia di merito ha rilevato che, essendo stato corrisposto per intero l'importo di cui al titolo esecutivo di riferimento, non era possibile intimare precetto per eventuali spese successive, cosicché solo tramite un nuovo eventuale giudizio di cognizione sarebbe stato possibile accertare la debenza di tali somme e la necessarietà o meno delle stesse per il perseguimento del diritto di cui era portatore il ricorrente nel giudizio di cognizione. Avverso la decisione di merito, il difensore distrattario ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo che le spese successive, costituendo un accessorio di legge a quelle processuali, possono essere richieste con l'atto di precetto, siccome consequenziali al titolo posto in executivis e, come tali, tutelate dal medesimo titolo fino al loro integrale pagamento. Se il debitore paga, il precetto per le spese successive non s’ha da fare. La pronuncia in commento ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, allorché il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel titolo esecutivo, comprensiva delle spese processuali ivi liquidate, il creditore non può, successivamente a tale pagamento, intimare precetto, sulla base dello stesso titolo, per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo l'emissione di quest'ultimo e necessarie per la sua notificazione, dovendo, per tali spese, esperire l'azione di cognizione ordinaria cfr, Cass., n. 5159/1995 . Ed infatti, una volta che l'obbligazione derivante dal titolo sia stata adempiuta, il titolo medesimo perde la propria efficacia esecutiva, con conseguente impossibilità giuridica della notifica del precetto. Il difensore distrattario ha un diritto autonomo? Il risultato non cambia. Secondo la Suprema Corte, a conseguenze sostanzialmente analoghe dovrebbe pervenirsi anche qualora, come pure affermato da alcune pronunce di legittimità ex plurimis , Cass., n. 24691/2010 , debba ritenersi che il credito azionato in executivis dal difensore nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorché consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivida la natura dell'eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma abbia natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente. In tal senso opinando, infatti, il diritto del difensore distrattario non potrebbe essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di quel solo provvedimento, si fonderebbe, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente Cass., n. 11804/2007 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 25 febbraio – 14 maggio 2015, n. 9908 Presidente De Cesare – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con sentenza del 7.3.2008 il Tribunale di Trani - Giudice del lavoro accolse l'opposizione proposta dall'Inps al precetto notificatogli dall'avv. N.M. , in qualità di distrattario, relativamente al pagamento delle competenze giudiziali portate in sentenza relativa a procedimento di natura assistenziale concernente tale Z.R. e successive all'emissione del titolo azionato. Ritenuta la propria competenza, essendo stato il titolo in relazione al quale era stato intimato il precetto pronunciato dal Giudice del lavoro, osservò il Giudicante che, essendo stato corrisposto per intero l'importo di cui al titolo esecutivo di riferimento, non era possibile intimare precetto per eventuali spese successive, cosicché solo tramite un nuovo eventuale giudizio di cognizione sarebbe stato possibile accertare la debenza di tali somme e la necessarietà o meno delle stesse per il perseguimento del diritto di cui era portatore il ricorrente nel giudizio di cognizione. Avverso la suddetta sentenza, l'avv. N.M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo e illustrato con memoria. L'intimato Inps ha resistito con controricorso, assumendo che il ricorrente aveva agito con colpa grave ed instando per la sua condanna ai sensi dell'art. 385, comma 4, cpc. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo il ricorrente, denunciando violazione dell'art. 480, comma 1, n. 3, cpc, con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3, cpc, deduce che le spese successive, costituendo un accessorio di legge a quelle processuali, possono essere richieste con l'atto di precetto, siccome consequenziali al titolo posto in executivis e, come tali, tutelate dal medesimo titolo fino al loro integrale pagamento. A conclusione del motivo è stato formulato il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis cpc applicabile ratione temporis nel presente giudizio dica la Corte se l'avvenuto pagamento integrale dei crediti risultanti dal titolo esecutivo effettuato successivamente alla notifica di esso, legittimi a richiedere sulla base dello stesso titolo il pagamento dei diritti endoprocessuali conseguenti all'attività professionale effettuata successivamente all'emissione del titolo, senza dover far ricorso ad un ulteriore giudizio di cognizione per l'aggiudicazione . 1.1 Osserva la Corte che la censura svolta, quale cristallizzata nel ricordato quesito di diritto, non involge la questione dell'eventuale avvenuto pagamento delle somme portate dal titolo esecutivo in epoca successiva alla consegna del precetto opposto all'Ufficiale giudiziario per la notifica. Un tanto premesso, deve rilevarsi che, secondo il condiviso orientamento di questa Corte, seguito nella sentenza impugnata, allorché il debitore abbia pagato per intero la somma indicata nel titolo esecutivo, comprensiva delle spese processuali ivi liquidate, il creditore non può, successivamente a tale pagamento, intimare precetto, sulla base dello stesso titolo, per il pagamento delle spese processuali sostenute dopo l'emissione di quest'ultimo e necessarie per la sua notificazione, dovendo, per tali spese, esperire l'azione di cognizione ordinaria cfr, Cass., n. 5159/1995 ed invero, una volta che l'obbligazione derivante dal titolo sia stata adempiuta, il titolo medesimo perde la propria efficacia esecutiva, con conseguente impossibilità giuridica della notifica del precetto. A conseguenze sostanzialmente analoghe dovrebbe peraltro pervenirsi anche qualora, come pure affermato da taluni arresti di questa Corte cfr, ex plurimis , Cass., 24691/2010 , debba ritenersi che il credito azionato in executivis dal difensore nella sua veste di distrattario delle spese di lite, ancorché consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivida la natura dell'eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma abbia natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente in tal senso opinando, infatti, il diritto del difensore distrattario non potrebbe essere azionato sulla base del solo dispositivo della sentenza emessa dal giudice del lavoro e, se esercitato sulla scorta di quel solo provvedimento, si fonderebbe, in effetti, su un titolo esecutivo inesistente cfr, Cass., n. 11804/2007 . Il motivo svolto non può trovare quindi accoglimento. 2. L'art. 385, comma 4, cpc, su cui si fonda la richiesta di condanna del ricorrente svolta dall'Inps, è stato abrogato dall’art. 46, comma 20, legge n. 69/09. Peraltro deve escludersi che la proposizione di un ricorso fondato su una giuridicamente non condivisibile, ma astrattamente non implausibile, opzione ermeneutica, configuri colpa grave della parte ricorrente. 3. In definitiva il ricorso va rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 500,00 cinquecento , di cui Euro 400,00 quattrocento per compenso, oltre accessori come per legge.