Azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa: responsabilità del cessionario limitata ai soli debiti risultanti dallo stato passivo

La responsabilità del cessionario è limitata ai soli debiti dell'azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo un'ipotesi di deroga alla disciplina dell'art. 2112 c.c

Mentre nell'ambito applicativo del d.lgs. n. 385/1993, l'art. 90 deroga alla disciplina di cui all'art. 2112 c.c., limitando la responsabilità del cessionario ai soli debiti dell'azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo, viceversa, in caso di cessione d'azienda assoggettata al regime generale di cui all'art. 2112 c.c., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto sia proseguito con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale, mentre il datore di lavoro cessionario è obbligato per la stessa quota solo in ragione del regime di solidarietà e resta l'unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione. È quanto emerge dalla sentenza n. 9464/15 depositata l’11 maggio dalla Cassazione. Il caso. La Corte d'Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato il Banco di Sicilia cessionario di Sicilcassa, posta in liquidazione coatta amministrativa alla riliquidazione del trattamento di fine rapporto spettante ad alcuni lavoratori, in ragione del lavoro straordinario prestato con carattere di continuità durante il periodo di lavoro antecedente al trasferimento d'azienda. La società cessionaria ha eccepito la carenza di legittimazione passiva su tale domanda, sul presupposto che nel caso di specie doveva trovare applicazione l'art. 90 d.lgs, n. 385/1993 che - in deroga alla disciplina di cui all'art. 2112 c.c. - limita la responsabilità del cessionario ai soli debiti del cedente in liquidazione coatta amministrativa che risultino dallo stato passivo. La Corte di Cassazione ha aderito a tale tesi. Evoluzione della giurisprudenza. La Suprema Corte ha ricordato che negli anni la giurisprudenza ha mutato orientamento, andando a consolidare il principio richiamato nella massima in commento. Inizialmente si era affermato un orientamento minoritario richiamato anche dalla Corte d'Appello di Messina secondo il quale anche nell'ipotesi idi liquidazione coatta amministrativa del cedente non sussisteva alcun limite alla responsabilità del cessionario per i crediti maturati dal lavoratore nella fase antecedente al trasferimento d'azienda e ciò indipendentemente dai crediti esposti nello stato passivo. Tale orientamento è stato definitivamente superato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 24098/2005 che, nel ribadire che in caso di liquidazione coatta amministrativa di un istituto di credito, il cessionario risponde, ai sensi dell'art. 90, comma 2, d.lgs., n, 385/1993, soltanto delle passività risultanti dallo stato passivo dell'istituto di credito cedente – sottoposto a detta procedura – in presenza di una qualsiasi delle tipologie di vicende circolatorie, di attività e passività, di azienda o di rami d'azienda, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, alternativamente previste ed affidate alla scelta discrezionale dei commissari, ha sottolineato che l'art. 90 è dotato di efficacia derogatoria, nel caso di cessione d'azienda o di ramo d'azienda, rispetto all'art. 2112 c.c Ciò si giustifica, anche nell'ordinamento comunitario, con la necessità di salvaguardare l'occupazione nel caso di crisi di impresa, agevolandone l'acquisto in tutto o in parte e così tutelando l'affidamento dell'acquirente, facendogli conoscere esattamente e con certezza lo stato patrimoniale attraverso il risultato di una procedura pubblica.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 gennaio – 11 maggio 2015, numero 9464 Presidente Lamorgese – Relatore Tria Svolgimento del processo 1.- La sentenza attualmente impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina numero 3355/2003 così provvede 1 dichiara il diritto di Co.Al. , +Altri alla riliquidazione del trattamento di fine rapporto, in ragione del lavoro straordinario prestato con carattere di continuità e condanna il BANCO di SICILIA s.p.a. al pagamento delle differenze tra quanto già corrisposto al suddetto titolo e quanto dovuto a ciascuno dei suddetti pensionati specificamente quantificato , oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dalla data di cessazione del rapporto fino al soddisfo 2 dichiara che, per mancanza di prove al riguardo, nulla è dovuto al suddetto titolo in favore di C.F. , D.P.N. , G.G. , P.C. , R.A. , S.G. 3 dichiara il diritto di tutti gli attuali controricorrenti alla rideterminazione dell'indennità di accompagnamento, così come calcolata in relazione agli imponibili mensili relativi agli importi percepiti anche a titolo di straordinario continuativo al lordo delle ritenute fiscali e condanna il BANCO di SICILIA al pagamento delle differenze tra quanto corrisposto e quanto dovuto a ciascuno degli interessati specificamente quantificato , oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria dalla maturazione al saldo effettivo 4 rigetta ogni altra domanda 5 compensa, tra le parti, le spese di entrambi i gradi di merito del giudizio e pone a carico dei pensionati le spese della CTU, per la metà, mentre per la restante metà pone tali spese a carico del BANCO di SICILIA. La Corte d'appello di Messina, per quel che qui interessa, precisa che a deve ritenersi ammissibile la domanda avanzata dai pensionati dinanzi al giudice ordinario e nei confronti del BANCO di SICILIA per i crediti derivanti dalla mancata considerazione dei periodi di lavoro straordinario posto in essere prima della cessione tra SICILASSA e BANCO di SICILIA e della messa in liquidazione della SICILCASSA b infatti, in tal senso si è espressa la Corte di cassazione nelle sentenze 30 gennaio 2005 numero 36 e 5 luglio 2007 numero 15161 c quanto al merito, deve essere, in primo luogo, sottolineato che, tenendo conto anche della definizione di retribuzione di cui all'art. 45 del CCNL richiamato dalle parti spec. lettera f , diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, nel calcolo della indennità di anzianità da corrispondere ai lavoratori in esodo agevolato andava incluso un TFR comprendente gli emolumenti relativi al lavoro straordinario eseguito con continuità e non in modo meramente occasionale, negli importi rispettivamente determinati, per ciascun lavoratore, nella relazione del CTU d il BANCO di SICILIA si è impegnato a versare alle persone aderenti al programma di esodo volontario per i dipendenti ex SICILCASSA una indennità di accompagnamento , pari all'importo netto del trattamento pensionistico AGO che ciascun lavoratore avrebbe percepito, con la maggiorazione dell'anzianità contributiva mancante per il diritto a pensione a carico dell'AGO medesima e pertanto, oltre alle suddette differenze sul TFR, il BANCO di SICILIA è tenuto a corrispondere le ulteriori differenze - del pari calcolate dal CTU - sui benefici tributari di cui all'art. 17, comma 4-bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917 f va precisato, sul punto, che l'accordo tra le parti in oggetto non può certamente essere inteso nel senso di riferirsi anche al prelievo fiscale e di rendere l'entità della incentivazione concordata insensibile alle vicende del prelievo medesimo e alla normativa dettata per l'incentivazione dell'esodo g ciò non esclude che le somme dovute a titolo di indennità di accompagnamento debbano essere calcolate al lordo della ritenuta IRPEF e che, quindi, sulle somme al lordo si debbano calcolare, anno per anno, le differenze dovute, ove esistenti, in rapporto all'importo dello straordinario continuativo da porre alla base del calcolo e con riferimento alla ritenuta in favore dello Stato e di esclusiva competenza dell'ex dipendente h infatti, l'indennità di accompagnamento non è stata erogata in una unica soluzione e la tassazione separata di cui all'art. 17, comma 4-bis, cit. non è definitiva ma rappresenta solo un acconto dell'imposta che viene definitivamente calcolata dall'Erario ai sensi del comma 1 dello stesso art. 17 del TUIR i il CTU, in modo esaustivo e corretto, ha provveduto alla quantificazione del dovuto solo in favore di coloro che avevano ritualmente prodotto le buste paga essendo gli altri lavoratori decaduti dalla relativa prova. 2- Il ricorso di UNICREDIT s.p.a. - quale incorporante di BANCO di SICILIA s.p.a. - domanda la cassazione della sentenza per otto motivi resistono, con controricorso, A.A. e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe. Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ., ma la memoria dei controricorrenti viene depositata oltre il termine previsto - a pena di inammissibilità - da quest'ultima norma. Motivi della decisione I - Profili preliminari. 1.- Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dai controricorrenti, sul rilievo che la copia notificata del ricorso non reca la sottoscrizione autografa del difensore di UNICREDIT s.p.a., ma solo una fotocopia della firma del difensore stesso. Tale eccezione è stata proposta, subordinatamente alla condizione che anche l'originale del ricorso depositato presso la Cancelleria di questa Corte non risultasse sottoscritto con firma autografa del suddetto difensore, mostrando i controricorrenti di conoscere il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l'inammissibilità consegue soltanto alla mancanza di sottoscrizione del difensore sull'originale del ricorso art. 365 cod. proc. civ. , mentre la mancata sottoscrizione della copia notificata non da luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta incertezza sull'identificazione della parte e del difensore vedi, per tutte Cass. S.U. 29 luglio 2003, numero 11632 Cass. 18 febbraio 2014, numero 3791 . Ebbene, dall'esame del ricorso originale risulta, appunto, che esso è sottoscritto dal difensore della società ricorrente con firma autografa. Ne consegue che la suindicata eccezione deve essere respinta. II - Sintesi dei motivi di ricorso. 2.- Il ricorso è articolato in otto motivi. 2.1.- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 90 del d.lgs. numero 385 del 1993 e deh art. 2112 cod. civ. Si rileva che la Corte d'appello ha accolto la domanda dei pensionati riguardante il trattamento di fine rapporto anche in riferimento al periodo maturato dagli interessati alle dipendenze di SICILCASSA, ritenendo inapplicabile il limite di responsabilità del cessionario - ai soli debiti della azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo - previsto dal suindicato art. 90, costituente norma speciale e prevalente rispetto all'art. 2112 cod. civ., come riconosciuto sia in ambito comunitario sia nella giurisprudenza di legittimità. 2.2.- Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2112 e 2697 cod. civ Si rileva che l'anzidetta erronea applicazione dell'art. 2120 cod. civ. è stata anche effettuata in assenza di deduzioni degli interessati sulla sussistenza di un trasferimento di azienda tra SICILCASSA e BANCO di SICILIA e di richieste istruttorie sul punto e quindi in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte nella specifica materia, secondo cui, in caso di liquidazione coatta amministrativa di un istituto bancario con cessione delle relative attività e passività, spetta al giudice di merito verificare in concreto, in base all'interpretazione della volontà negoziale desumibile dalle clausole contrattuali e da ogni altra circostanza di fatto secondo i criteri dettati dall'art. 1362 ss. cod. civ. se sia stata posta in cessione l'intera azienda oggetto dell'attività produttiva dell'impresa di credito in liquidazione coatta amministrativa, oppure se sia stata attuata una semplice liquidazione finale degli elementi patrimoniali senza alcun legame funzionale tra i medesimi Cass. 7 agosto 2004, numero 15317 e Cass. 1 febbraio 2005, numero 1888 . 2.3.- Con il terzo motivo si denunciano a in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 45 CCNL ACRI, in riferimento all'art. 1362 cod. civ. b in relazione all'art. 360, numero 5, cod. proc. civ., omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento al lavoro straordinario prestato dagli attuali intimati, nel periodo lavorativo alle dipendenze di SICILCASSA e quindi anteriore all'atto di cessione del 1997. 2.4.- Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 132 CCNL Assicredito in riferimento all'art. 1362 cod. civ Si sostiene che, per il periodo successivo al 1998, i giudici di appello non avrebbero esaminato il CCNL 19 dicembre 1994, ritualmente richiamato dalla società, che contiene una elencazione dettagliata delle voci retributive computabili nel TFR, senza contemplare alcun riferimento al lavoro straordinario. 2.5.- Con il quinto motivo si denunciano a in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ. b in relazione all'art. 360, numero 5, cod. proc. civ., contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento all'Accordo del 25 febbraio 1998, con il quale le parti sociali hanno concordato un programma di esodo volontario dei dipendenti ex SICILCASSA con riconoscimento agli aderenti di una indennità di accompagnamento , da calcolare in ragione del trattamento pensionistico futuro, ossia equiparata all'importo netto del trattamento pensionistico AGO che il lavoratore avrebbe percepito se avesse posseduto i relativi requisiti. Poiché, sia con riferimento all'obbligo di erogazione del BANCO sia con riguardo al diritto dei lavoratori di riscossione, nell'Accordo si faceva espressamente riferimento allo importo netto del trattamento è evidente che, implicitamente, si è inteso convenire che la somma da corrispondere doveva essere determinata al netto delle ritenute fiscali. Infatti, diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello, l'obbligo della erogazione di tale indennità in misura pari al trattamento pensionistico netto non poteva non comportare, implicitamente, l'effettuazione, a carico del datore di lavoro, del calcolo a ritroso dell'importo lordo onde provvedere, per conto del lavoratore, al versamento dell'aliquota fiscale. Una simile previsione non incide sugli oneri fiscali, ma sulla relativa modalità di calcolo effettuata passando dal netto al lordo anziché dal lordo al netto e finalizzata a garantire ai destinatali un sostegno al reddito equo e proporzionato alle esigenze di ciascuno, visto che, con il secondo tipo di calcolo, gli interessati avrebbero riscosso di meno. D'altra parte, la Corte territoriale è caduta in contraddizione ove v. p. 11 della sentenza impugnata , da un lato, ha riconosciuto che il BANCO era obbligato a corrispondere un assegno pari all'importo netto del trattamento pensionistico AGO e, dall'altro lato, ha affermato che tale obbligo era cosa ben diversa dal dovere di corrispondere somme al netto dell'intera aliquota fiscale applicabile . 2.6.- Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 5, cod. proc. civ., carente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla quantificazione operata in sede peritale, cui la Corte d'appello ha aderito acriticamente, senza tenere conto delle contestazioni della società basate sulla normativa fiscale, secondo cui la indennità in esame è assoggettata a tassazione separata e alla aliquota agevolata di cui all'art. 17, comma 4-bis, del TUIR d.P.R. numero 917 del 1986 . Si sottolinea che il CTU, dopo la verifica sia della avvenuta inclusione dei compensi per il lavoro straordinario nelle basi di calcolo delle indennità di accompagnamento degli attuali controricorrenti sia della conformità dei calcoli effettuati dal BANCO di SICILIA all'Accordo 25 febbraio 1998, ha tuttavia ritenuto corretta la quantificazione prospettata dai pensionati, non coincidente con quella della società, senza dare alcuna spiegazione al riguardo. La Corte d'appello non ha preso in considerazione gli specifici rilievi sul punto del BANCO di SICILIA e così non ha neppure percepito che l'erogazione dell'indennità al netto delle ritenute fiscali anziché al lordo ha rappresentato un vantaggio per gli interessati. 2.7- Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ Si sostiene che la Corte d'appello avrebbe violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato per il fatto di avere escluso l'applicazione dell'art. 17, comma 4-bis, del TUIR, cui avevano fatto riferimento anche i pensionati, in quanto la causa petendi della loro domanda sul punto era proprio rappresentata dall'asseritamente erronea applicazione dell'anzidetta disposizione. La Corte messinese ha, invece, accolto le domande escludendo l'applicazione dell'anzidetta norma e facendo applicazione di altra normativa fiscale, non meglio specificata, mentre una volta esclusa l'applicazione della disposizione su cui si fondavano le domande, la Corte territoriale non avrebbe potuto riconoscerne la fondatezza per altra via. 2.8.- Con l'ottavo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, numero 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 59, comma 3, della legge numero 449 del 1997 e dell'art. 17, comma 4-bis, del TUIR, in conseguenza della acritica adesione alle conclusioni del CTU. III - Esame delle censure. 3.- Il ricorso è fondato, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 4.- Il primo motivo di ricorso - riguardante i limiti di responsabilità e quindi di legittimazione passiva di un istituto bancario cessionario di altro istituto bancario cedente in liquidazione coatta amministrativa - è da accogliere. 4.1.- Va, infatti, osservato che la Corte territoriale, per affermare l'ammissibilità la domanda avanzata dai pensionati dinanzi al giudice ordinario e nei confronti del BANCO di SICILIA per i crediti derivanti dalla mancata considerazione dei periodi di lavoro straordinario posto in essere prima della cessione tra SICILASSA e BANCO di SICILIA e della messa in liquidazione della SICILCASSA, senza che il BANCO cessionario potesse opporre la mancata inclusione nello stato passivo degli accantonamenti del TFR anteriori alla cessione, ha fatto riferimento ad un orientamento minoritario di questa Corte espresso nelle due isolate sentenze 30 gennaio 2005 numero 36 e 5 luglio 2007 numero 15161 , che non solo non trovava riscontro nella prevalente coeva giurisprudenza di questa Corte vedi, per tutte Cass. 30 agosto 2006, numero 18713 e Cass. 2 marzo 2005, numero 4372 , ma che, quando è stata emessa la sentenza attualmente impugnata, era già stato da tempo espressamente superato, a partire da Cass. 13 novembre 2009, numero 24098 e Cass. 23 novembre 2009, numero 24635. 4.2.- Nella citata sentenza numero 24098 del 2009, in particolare, questa Corte, nel ribadire che, in caso di liquidazione coatta amministrativa di un istituto di credito, il cessionario risponde ai sensi dell'art. 90, secondo comma, del d.lgs. numero 385 del 1993 , soltanto delle passività risultanti dallo stato passivo dell'istituto di credito cedente - sottoposto a detta procedura - in presenza di una qualsiasi delle tipologie di vicende circolatorie, di attività e passività, di azienda o di rami di azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, alternativamente previste ed affidate alla scelta discrezionale dei commissari, ha sottolineato che l'art. 90 cit. è dotato di efficacia derogatoria, nel caso di cessione d'azienda o di ramo d'azienda, rispetto all'art. 2112 cod. civ. e che ciò si giustifica anche nell'ordinamento comunitario, con la necessità di salvaguardare l'occupazione nel caso di crisi dell'impresa, agevolandone l'acquisto in tutto o in parte e così tutelando l'affidamento dell'acquirente, facendogli conoscere esattamente e con certezza lo stato patrimoniale attraverso il risultato di una procedura pubblica. Nella sentenza stessa, la Corte ha, inoltre, precisato di non potere, per questa ragioni, condividere le sentenze 30 gennaio 2005 numero 36 e 5 luglio 2007 numero 15161, che, nel caso di cessione di azienda e quanto agli accantonamenti per il TFR, ritengono la prevalenza dell'art. 2112 cod. civ. sul d.lgs. numero 385 del 1993, art. 90 nell'erroneo presupposto che solo con la fine del rapporto nasca ogni diritto del lavoratore . 4.3.- Nel corso del tempo, il suddetto indirizzo, che questo Collegio condivide, si è del tutto consolidato vedi, fra le altre Cass. 16 marzo 2011, numero 6156 e Cass. 18 marzo 2010, numero 6624 , sicché può ormai considerarsi assodato che a mentre, nell'ambito applicativo del d.lgs. numero 385 del 1993, l'art. 90, per le suindicate ragioni, deroga alla disciplina di cui all'art. 2112 cod. civ., limitando la responsabilità dell'istituto di credito cessionario ai soli debiti della azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo b viceversa, in caso di cessione d'azienda assoggettata al regime generale di cui all'art. 2112 cod. civ., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto sia proseguito con il datore di lavoro cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto fino al trasferimento aziendale, mentre il datore cessionario è obbligato per la stessa quota solo in ragione del vincolo di solidarietà, e resta l'unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo successivo alla cessione Cass. 22 settembre 2011, numero 19291 Cass. 14 maggio 2013, numero 11479 Cass. 11 settembre 2013, numero 20837 . 5.- Di qui l'accoglimento del primo motivo, che comporta l'assorbimento del secondo motivo. 6.- Il terzo motivo - con il quale si contesta l'avvenuta affermazione della responsabilità del BANCO di SICILIA per il lavoro straordinario prestato dagli attuali intimati, nel periodo di attività lavorativa espletata alle dipendenze di SICILCASSA e, quindi, nel periodo lavorativo anteriore all'atto di cessione del 1997 - è fondato, per le ragioni esposte a proposito della fondatezza del primo motivo. Infatti, anche la suindicata statuizione nasce dall'erroneo mancato riconoscimento del limite della responsabilità dell'istituto di credito cessionario ai soli debiti della azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo. 7.- Il quarto motivo - con il quale si denuncia il riconoscimento del diritto dei lavoratori al computo del lavoro straordinario svolto nel periodo lavorativo successivo alla cessione del 1997 – è inammissibile per mancanza di interesse all'impugnazione vedi, tra le molte Cass. 16 marzo 2011, numero 615 Cass. 23 maggio 2008, numero 13373 Cass. 19 maggio 2006, numero 11844 Cass. 26 luglio 2005, numero 15623 . Infatti - a prescindere dal fatto che la questa Corte con sentenza 6 marzo 2009 numero 5569 nonché con sentenza 10 marzo 2009 numero 5707 pronunciando ai sensi dell'art. 420 bis cod. proc. civ. ha affermato che l'art. 45 CCNL cit., va interpretato nei senso che non contiene alcuna deroga all'art. 2120 cod. civ., secondo comma, quanto al compenso per lavoro straordinario svolto in modo non occasionale ed ai fini della sua inclusione nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto - quel che rileva, nella specie, è che i lavoratori non hanno svolto lavoro straordinario nel periodo successivo alla cessione, come specificano gli stessi interessanti in controricorso v. p. 21 . 8.- Il quinto e il sesto motivo - da esaminare insieme, data la loro intima connessione - sono fondati. 8.1.- Con tali motivi si rileva che a diversamente da quanto affermato dalla Corte d'appello, l'obbligo della erogazione di tale indennità in misura pari al trattamento pensionistico netto non poteva non comportare, implicitamente, l'effettuazione, a carico del datore di lavoro, del calcolo a ritroso dell'importo lordo onde provvedere, per conto del lavoratore, al versamento dell'aliquota fiscale b la Corte territoriale ha aderito acriticamente alla quantificazione operata in sede peritale, sul punto, senza tenere conto delle contestazioni della società basate sulla normativa fiscale, secondo cui la indennità in esame è assoggettata a tassazione separata e alla aliquota agevolata di cui all'art. 17, comma 4-bis, del TUIR d.P.R. numero 917 del 1986 . 8.2.- In merito a tali questioni è sopravvenuta la sentenza delle Sezioni Unite 8 agosto 2011, numero 17079, cui le questioni stesse sono state sottoposte, quali questioni di massima di particolare importanza ai sensi dell'art. 374, secondo comma, cod. proc. civ. , in relazione ad un contrasto di giurisprudenza manifestatosi sulle questioni in oggetto nell'ambito della Corte d'appello di Palermo e della pendenza di numerosi altri analoghi giudizi davanti alla stessa Corte. Nella suddetta sentenza le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto in tema di incentivi per l'esodo anticipato dal lavoro, l'accordo collettivo che, mediante la previsione della misura al netto di trattamenti incentivanti la risoluzione anticipata dei rapporti di lavoro destinati a sopperire per un certo periodo alla mancanza della normale retribuzione o della pensione , compensi la diversità di disciplina fiscale correlata all'età del lavoratore al momento dell'esodo non si pone in contrasto con l'art. 3 Cost. atteso che, nell'ambito dei rapporti di lavoro di diritto privato, la disciplina contrattuale non è vincolata dal principio di parità di trattamento. Tale pattuizione, inoltre, è ammissibile, trovando giustificazione, nell'interesse alla funzionalità ed economicità dell'impresa, nell'intento di favorire un più consistente esodo di lavoratori e, nell'interesse generale dei lavoratori, in quello di assicurare un trattamento economico adeguato per tutti gli interessati, senza che si ponga in contraddizione - implicando il suddetto accordo la determinazione per relationem dell'ammontare effettivo o lordo della prestazione - con la disciplina sulla misura degli oneri fiscali a carico dei lavoratori e sulle modalità della loro riscossione mediante ritenute alla fonte da parte del datore di lavoro Cass. numero 16312 del 2002, 20790 del 2010 vedi anche Cass., Sez. Unumero numero 11025 del 2003 e Cass. numero 9157 del 2000 ”. Nella motivazione della sentenza le Sezioni Unite hanno anche soggiunto che il suindicato meccanismo legale può ritenersi leso in considerazione della irrilevante circostanza della applicabilità, nel caso concreto, di un trattamento fiscale in qualche maniera derogatorio di quello di normale . 8.3.- Di qui la fondatezza del quinto e del sesto motivo del ricorso, con conseguente assorbimento del settimo e dell'ottavo motivo. IV – Conclusioni. 9.- In sintesi, devono essere accolti il primo, il terzo, il quinto e il sesto motivo di ricorso. Il quarto motivo va dichiarato inammissibile, mentre il secondo, il settimo e l'ottavo motivo vanno dichiarati assorbiti. Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione alle censure accolte, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, rigettando le domande proposte dai lavoratori nel ricorso introduttivo del giudizio. La natura delle questioni trattate, il diverso orientamento espresso dai giudici del merito nonché l'epoca solo recente dell'intervento risolutore delle Sezioni Unite sulla questione relativa alle modalità di calcolo delle ritenute fiscali sui compensi da corrispondere, nella specie, a titolo di incentivo per l'esodo anticipato dal lavoro, giustificano la compensazione integrale, tra le parti, delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, con riguardo al primo, terzo, quinto e sesto motivo. Dichiara inammissibile il quarto motivo e assorbiti tutti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e, decidendo nel merito, respinge le domande proposte nel ricorso introduttivo. Compensa integralmente, tra le parti, le spese dell'intero processo.