Il datore deve specificare le modalità di coordinamento tra i criteri di scelta concorrenti

Il datore di lavoro deve indicare puntualmente le modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori, evidenziando tutti gli elementi che hanno portato all’identificazione dei dipendenti prescelti per la mobilità in caso di applicazione in concorso dei tre criteri di legge, il datore deve anche specificare le modalità con cui gli stessi sono stati fatti interagire.

Lo ha confermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 7490, depositata il 14 aprile 2015. Il caso. La pronuncia trae origine dal giudizio promosso da alcuni lavoratori perché venisse dichiarata l’inefficacia dei licenziamenti collettivi intimati ex artt. 4 e 24 l. n. 223/1991. A sostegno delle proprie domande, i ricorrenti adducevano che la comunicazione di avvio della procedura non avrebbe contenuto tutte le indicazioni prescritte dalla legge al fine di permettere alle parti sindacali un effettivo controllo della riduzione di personale programmata. I ricorrenti lamentavano, inoltre, che la comunicazione di chiusura della procedura, intervenuta all’esito della firma di un accordo sindacale – pur dando atto che la scelta dei lavoratori da mettere in mobilità sarebbe intervenuta in via prioritaria su coloro che avessero dichiarato di non opporsi al licenziamento ed, in via residuale, su quelli individuati attraverso i criteri indicati dall’art. 5 l. n. 223/1991 in concorso tra loro – non avrebbe specificato il peso assegnato a ciascuno dei criteri concorrenti. All’esito del giudizio di merito, le domande dei lavoratori sono state respinte. La comunicazione di avvio della procedura deve permettere un effettivo controllo dei sindacati. Con riferimento alla denuncia inadeguatezza della comunicazione di apertura della procedura di licenziamento collettivo di cui all’art. 4, comma 3, l. n. 223/1991, la pronuncia in commento ribadisce che tale comunicazione deve contenere tutte le informazioni prescritte dalla legge allo scopo di consentire all’interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero. L’inadeguatezza delle informazioni determina l’inefficacia dei licenziamenti per irregolarità della procedura cfr., ex plurimis , Cass., n. 5034/2009 . Al giudice di merito spetta il compito di verificare – con valutazione non censurabile nel giudizio di legittimità ove assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria – l’adeguatezza dell’originaria comunicazione di avvio della procedura v., ad es., Cass., n. 15479/2007 . La comunicazione in questione deve ritenersi in contrasto con l’obbligo normativo di trasparenza quando a i dati comunicati dal datore di lavoro siano incompleti o inesatti b la funzione sindacale di controllo e valutazione sia stata limitata c sussista un rapporto causale fra l’indicata carenza e la limitazione della funzione sindacale cfr., da ultimo, Cass. n. 880/2013 . L’accordo sindacale non sana retroattivamente una comunicazione insufficiente, ma è un sintomo” della sua adeguatezza. Poiché la sufficienza della comunicazione di avvio della procedura deve essere valutata, in primis , in relazione alla finalità di corretta informazione delle organizzazioni sindacali, il fatto che tale fine in concreto sia stato raggiunto mediante un accordo può essere certamente rilevante per valutare la completezza” della previa comunicazione Cass., n. 5582/2012 . Non si tratta di una sanatoria” dei vizi della procedura, bensì di rilevanza del successivo accordo al fine di apprezzare l’adeguatezza della comunicazione e di evitare una valutazione astratta della sufficienza del contenuto della stessa. Se la parte sindacale è stata in grado di negoziare l’accordo in questione, è perché ha avuto la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 4 cit. è lo stesso accordo raggiunto che getta luce – retrospettivamente – sul contenuto e, quindi, sulla sufficienza dell’iniziale comunicazione di avvio della procedura. Ciò non toglie però che, pur a fronte di tale raggiunta intesa tra le parti, il giudice di merito debba comunque verificare l’adeguatezza dell’originaria comunicazione, non potendo escludersi che questa possa risultare insufficiente ove il sindacato, in realtà, non sia stato posto in condizione di partecipare alla trattativa con piena consapevolezza di ogni rilevante dato fattuale per l’obiettiva insufficienza o reticenza di tale iniziale comunicazione e che quindi la trattativa sindacale, pur sfociata nell’accordo, abbia sofferto di un originario deficit informativo. In altre parole, un’iniziale comunicazione di avvio della procedura, che sia in ipotesi assolutamente generica e vuota di contenuto, non è, per così dire, sanata” automaticamente dal successivo accordo sindacale se così fosse, risulterebbe del tutto frustrata l’esigenza di trasparenza del processo decisionale datoriale. In applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha ritenuto la sentenza impugnata, sul punto, esente da censure. I criteri di scelta devono essere verificabili. Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 4, comma 9, l. n. 223/1991 nella parte in cui prescrive l’onere del datore di lavoro di una puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta , la pronuncia in commento ribadisce che il criterio o i criteri prescelti devono essere oggettivi e non possono essere applicati con modalità discrezionali un criterio basato sulla discrezionalità non è verificabile, mentre la legge impone il rispetto dei criteri e quindi dà per presupposto che la loro applicazione sia verificabile, al fine di evitare che il datore di lavoro possa scegliere a sua discrezione quali lavoratori in concreto licenziare in occasione di una riduzione di personale Cass., n. 10424/2012 . Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini dell’individuazione dei lavoratori da collocare in cassa integrazione o da porre in mobilità, i criteri di scelta devono consentire di formare una graduatoria rigida che consenta di essere controllata, non potendo sussistere un margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro cfr., ex plurimis , Cass., n. 5582/2012 . Ne deriva che il datore di lavoro deve indicare puntualmente, nella prevista comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali dell’elenco dei lavoratori destinatari del provvedimento, le modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori, indicazione che presuppone l’evidenziazione di tutti gli elementi criteri generali e dati specifici che hanno portato all’identificazione dei dipendenti prescelti per la mobilità, con specificazione quindi, in caso di applicazione in concorso dei tre criteri di legge, anche dei criteri con cui gli stessi sono stati fatti interagire così Cass., n. 880/2005 . Nella specie è incontestato tra le parti che, nella comunicazione inoltrata dalla società datrice, i lavoratori da licenziare vengono individuati prioritariamente tra coloro che avevano dichiarato di non opporsi alla procedura di mobilità e, per la residuale selezione, secondo i criteri legali di cui all’art. 5 della legge citata, applicati in concorso tra loro, senz’altra specificazione. È, quindi, pacifico che non è stata predisposta alcuna graduatoria per tale secondo canone di selezione e che non sono stati indicati i criteri, oggettivi e predeterminati, sulla base dei quali le regole del concorso tra carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed organizzative dovessero operare. Ciò si traduce nell’esercizio di un potere datoriale discrezionale, incompatibile con le finalità della procedura. Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dai lavoratori.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 gennaio – 14 aprile 2015, n. 7490 Presidente Macioce – Relatore Amendola Svolgimento del processo 1.- Con sentenza del 10 giugno 2008, la Corte di Appello di Torino, in totale riforma della pronuncia del primo giudice, ha respinto le domande proposte da B.F. , Bi.An. , Bu.An. e E.R. nei confronti della INFIL Spa volte ad accertare l'invalidità dei licenziamenti loro intimati all'esito di una procedura ex lege n. 223 del 1991, con le pronunce reintegratorie e patrimoniali consequenziali. La Corte territoriale, avuto riguardo alla comunicazione di avvio della procedura inoltrata ai sensi dell'art. 4, co. 3, della l. n. 223 del 1991, ha ritenuto che quella di cui alla lettera della società del 16 novembre 2005 contenesse tutte le indicazioni richieste dalla legge, in modo da permettere alle parti sindacali un effettivo controllo della programmata riduzione di personale, considerando altresì che su tale comunicazione si era giunti all'accordo sindacale del 25 gennaio 2006 con cui le parti avevano concordato sul ricorso alla mobilità per 11 lavoratori. Per quanto riguarda, poi, la comunicazione di chiusura della procedura del 28 febbraio 2006, formulata a mente dell'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, i giudici d'appello, contrariamente alla sentenza di primo grado, hanno ritenuto che nella stessa, in relazione alle mansioni da sopprimere di cui alla comunicazione di avvio della procedura, sia stata effettuata una corretta comparazione, tenendo conto dei criteri indicati nell'accordo sindacale del 25.1.2006 in tale accordo si concordava che la scelta degli 11 dipendenti sarebbe caduta in via prioritaria su coloro che dichiarassero di non opporsi al licenziamento e, in via residuale, su quelli individuati attraverso l'applicazione dei criteri indicati dall'art. 5 l. n. 223/91 in concorso tra loro . 2.- I quattro lavoratori hanno proposto ricorso per cassazione affidato a dieci motivi, illustrati da memoria. La INFIL Spa ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 3.- I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati con il primo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul se la comunicazione di avvio della procedura contenga o meno una illustrazione compiuta circa l'esistenza di una crisi di carattere strutturale circa l'entità degli esuberi e il motivo della loro quantificazione circa l'inesistenza di strumenti alternativi ai licenziamenti la contraddittorietà della motivazione risulterebbe dall'aver qualificato la crisi come congiunturale e aver nel contempo ignorato l'assenza di indicazioni nella comunicazione in parola circa l'insufficienza degli strumenti alternativi con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, co. 3, della l. n. 223 del 1991, interrogando la Corte sul se possa dirsi sufficiente una comunicazione di avvio della procedura di mobilità qualora non contenga una illustrazione dei motivi per i quali la società ritenga ottimale una determinata dimensione aziendale diversa da quella affermata 11 mesi addietro, e dei motivi per i quali una crisi congiunturale non possa essere superata con strumenti alternativi ai licenziamenti, analizzando tutti gli strumenti in questione con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione di legge invitando la Corte a dire che l'accordo raggiunto all'esito della procedura ex art. 4, co. 5, l. n. 223/91 costituisce solo una delle circostanze concrete da prendere in considerazione al fine di valutare l'adeguatezza della comunicazione di avvio della procedura e, come tale, non esenta il giudice di merito dal potere di valutare l'adeguatezza della comunicazione stessa con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, nella parte in cui prescrive l'onere della datrice di lavoro di puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta , mentre si eccepisce che nella specie la comunicazione del 28 febbraio 2006 si limiterebbe ad affermare che gli stessi sono stati applicati in concorso tra loro , senza fornire alcun chiarimento in ordine al peso assegnato a ciascuno dei criteri concorrenti, né in ordine alla natura, nel caso concreto, delle pretese esigenze tecnico organizzative e/o produttive con il quinto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dello stesso parametro normativo in quanto la comunicazione finale della procedura, comprendendo solo un elenco con i dati dei dipendenti licenziati, non avrebbe effettuato una comparazione delle posizioni di questi con quelle di tutti i dipendenti rimasti in servizio con il sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 5, co. 1, l. n. 223/91, in relazione all'ambito nel quale deve essere effettuata, in base ai criteri di legge o a quelli diversi concordati con i sindacati, la comparazione tra i dipendenti interessati dalla procedura di mobilità si chiede alla Corte se la valutazione comparativa dei dipendenti da collocare in mobilità deve sempre essere effettuata tra tutti i dipendenti con professionalità equivalenti e che tale professionalità deve essere valutata non considerando il solo dato formale dell'inquadramento o delle mansioni svolte nel periodo immediatamente antecedente il licenziamento, ma considerando le mansioni svolte nel corso dell'intero rapporto con il settimo motivo si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione per la mancata ammissione delle prove di parte attrice sui fatti controversi e decisivi per il giudizio concernenti le mansioni da ultimo svolte da ciascuno dei lavoratori e la loro pretesa soppressione con l'ottavo motivo si lamenta la medesima carenza motivazionale della sentenza impugnata in ordine alla difformità tra le circostanze indicate dalla società nella memoria di costituzione di primo grado e le circostanze affermate dalla stessa in sede di comunicazione ex art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991 con il nono motivo si denuncia la medesima difformità sotto il profilo della violazione di legge chiedendo alla Corte se debba ritenersi insufficiente la comunicazione ex art. 4, co. 9, l. n. 223/91, qualora non riporti il procedimento comparativo che poi la società dichiara in giudizio di aver adottato con l'ultimo mezzo di gravame si denuncia ancora omessa o insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi rappresentati da quali fossero le mansioni concretamente svolte da ciascun lavoratore nel corso del rapporto e quali quelle svolte dai colleghi rimasti in servizio dopo i licenziamenti. 4.- I primi tre motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per comportare la soluzione di questioni tra loro interdipendenti in relazione alla denunciata inadeguatezza della comunicazione di apertura della procedura di cui all'art. 4, co. 3, della l. n. 223 del 1991, sono infondati. 4.1.- La comunicazione preventiva con cui il datore di lavoro avvia la procedura di licenziamento collettivo deve compiutamente adempiere l'obbligo di fornire le informazioni specificate dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, co. 3, in maniera tale da consentire all'interlocutore sindacale di esercitare in maniera trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale, valutando anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero. L'inadeguatezza delle informazioni determina l'inefficacia dei licenziamenti per irregolarità della procedura, a norma dell'art. 4, comma 12 Cass. n. 13031 del 2002 Cass. n. 5770 del 2003 Cass. n. 15479 del 2007 Cass. n. 5034 del 2009 . Al giudice dell'impugnazione del licenziamento collettivo o del collocamento in mobilità compete verificare - con valutazione di merito non censurabile nel giudizio di legittimità ove assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria - l'adeguatezza della originaria comunicazione di avvio della procedura ex aliis, Cass. n. 15479 del 2007 . La comunicazione prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, è in contrasto con l'obbligo normativo di trasparenza quando a i dati comunicati dal datore di lavoro siano incompleti o inesatti b la funzione sindacale di controllo e valutazione sia stata limitata c sussista un rapporto causale fra l'indicata carenza e la limitazione della funzione sindacale Cass. n. 6225 del 2007 più di recente, Cass. n. 880 del 2013 . Poiché la sufficienza ed adeguatezza della comunicazione di avvio della procedura vanno valutate in primis in relazione alla finalità di corretta informazione delle organizzazioni sindacali, per la giurisprudenza di questa Corte il fatto che tale fine in concreto sia stato raggiunto mediante un accordo può essere certamente rilevante per valutare la completezza della previa comunicazione di cui all'art. 4, co. 3 Cass. n. 9015 del 2003 più di recente Cass. n. 5582 del 2012 . Non si tratta di sanatoria dei vizi della procedura, bensì di rilevanza del successivo accordo al fine di apprezzare l'adeguatezza della precedente comunicazione di avvio della procedura e di evitare una valutazione astratta e sbilanciata della sufficienza del contenuto della stessa. Se la parte sindacale è stata in grado di negoziare l'accordo in questione, è perché ha avuto la comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 4 cit. è lo stesso accordo raggiunto che getta luce - retrospettivamente - sul contenuto, e quindi sulla sufficienza, della iniziale comunicazione di avvio della procedura. Ciò non toglie però che, pur a fronte di tale raggiunta intesa tra le parti, il Giudice dell'impugnazione del licenziamento collettivo o del collocamento in mobilità debba comunque verificare - con valutazione di merito a lui devoluta - l'adeguatezza dell'originaria comunicazione di avvio della procedura, non potendo escludersi che questa possa risultare non di meno insufficiente ove il sindacato in realtà non sia stato posto in condizione di partecipare alla trattativa con piena consapevolezza di ogni rilevante dato fattuale per l'obiettiva insufficienza o reticenza di tale iniziale comunicazione e che quindi la trattativa sindacale, pur sfociata nell'accordo, abbia sofferto di un originario deficit informativo che ridonderebbe anche in lesione di quell'esigenza di oggettiva trasparenza del processo decisionale del datore di lavoro. In altre parole un'iniziale comunicazione di avvio della procedura, che sia in ipotesi assolutamente generica e vuota di contenuto, non è, per così dire, sanata ex se dal successivo accordo sindacale perché risulterebbe del tutto frustrata l'esigenza di trasparenza del processo decisionale datoriale alla quale sono interessati i lavoratori potenzialmente destinati ad essere estromessi dall'azienda ma il raggiungimento dell'accordo sindacale all'esito del confronto prescritto dall'art. 4 cit. consente di norma una valutazione sostanziale della sufficienza ed adeguatezza della comunicazione di apertura, disancorata da un rigido ed astratto formalismo secondo un apprezzamento che è pur sempre riservato al giudice di merito. 4.2.- Alla stregua degli esposti principi la sentenza impugnata non merita le censure che sul punto le vengono mosse. La Corte territoriale ha analiticamente considerato i contenuti della comunicazione di avvio della procedura di cui alla lettera del 16 novembre 2005, riscontrando presenti in essa, succintamente ma chiaramente, tutte le indicazioni prescritte dalla legge i motivi che determinavano le eccedenze, il mancato risultato delle già adottate misure alternative, l'indicazione delle misure organizzative individuate quali atte a superare il periodo congiunturale, l'entità degli esuberi e la loro collocazione in relazione alle misure che si intendevano adottare. Ne ha dunque tratto il convincimento che la ratio della comunicazione e cioè il permettere alle parti sindacali un effettivo controllo della programmata riduzione di personale fosse stata assolta, anche considerando che, in seguito a tale comunicazione, si era giunti all'accordo sindacale ove le parti concordavano sul ricorso alla mobilità per 11 lavoratori. Si tratta di motivazione congrua, coerente e rispettosa della disciplina applicabile, nel cui percorso argomentativo l'accordo sindacale non ha efficacia sanante di incolmabili lacune della comunicazione di apertura della procedura, bensì il ruolo di elemento sintomatico circa l'adeguatezza e la sufficienza delle informazioni in essa contenute, secondo criteri di valutazione conformi alla giurisprudenza innanzi richiamata. 5.- Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, nella parte in cui prescrive l'onere della datrice di lavoro di puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta . Si eccepisce che nella specie la comunicazione del 28 febbraio 2006 si limita ad affermare che gli stessi sono stati applicati in concorso tra loro , senza fornire alcun chiarimento in ordine al peso assegnato a ciascuno dei criteri concorrenti, né in ordine alla natura, nel caso concreto, delle pretese esigenze tecnico organizzative e/o produttive . Con quesito conclusivo si interroga la Corte sul se l'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, imponga di esplicitare nella comunicazione ivi prevista il meccanismo con il quale i vari criteri di scelta adottati sono stati tra loro ponderati e raccordati, con indicazione del peso relativo attribuito a ciascun criterio rispetto agli altri e del risultato di tale ponderazione rispetto ad ogni singolo lavoratore . Il Collegio giudica la doglianza fondata. 5.1.- L'art. 5, co. 1, della l. n. 223 del 1991 stabilisce che l'individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri previsti da contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all'art. 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro a carichi di famiglia b anzianità c esigenze tecnico-produttive ed organizzative . A mente del comma 9, art. 4, della stessa legge, l'impresa deve comunicare per iscritto agli organi competenti, tra l'altro, la puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all'art. 5 comma 1 . Dalla lettura di tali disposizioni emerge che, per garantire la trasparenza della procedura, il criterio o i criteri prescelti devono essere oggettivi e non possono essere applicati con modalità discrezionali. Un criterio basato sulla discrezionalità non è verificabile, mentre la legge impone il rispetto dei criteri e quindi da per presupposto che la loro applicazione sia verificabile. Un criterio non verificabile, in realtà, non è un criterio di scelta, è un diverso modo di fondare il potere di scelta, che prescinde dal rispetto di un criterio oggettivo cfr. Cass. n. 12544 del 2011 . Non vi può essere un'area residua di discrezionalità di scelta da parte del datore di lavoro nella quale non risulti operante nessun criterio predeterminato, al fine di evitare che egli possa scegliere a sua discrezione quali lavoratori in concreto licenziare in occasione di una riduzione di personale Cass. n. 10424 del 2012 . Nella giurisprudenza di questa Corte si è specificato dunque che, ai fini della individuazione dei lavoratori da collocare in cassa integrazione o da porre in mobilità, i criteri di scelta devono consentire di formare una graduatoria rigida che consenta di essere controllata, non potendo sussistere un margine di discrezionalità da parte del datore di lavoro cfr. Cass. n. 6765 del 2002 Cass. n. 14728 del 2006 Cass. n. 6841 del 2010 Cass. n. 5582 del 2012 . Persino nel caso in cui sia stato individuato un unico criterio di scelta, di per sé oggettivo, costituito dalla presenza in capo ai lavoratori dei requisiti per il collocamento in pensione, si è ritenuto che tale criterio diviene illegittimo, quando, applicato nella situazione concreta, risulti insufficiente ad individuare in maniera univoca i dipendenti da licenziare, perché coloro che si trovano in questa situazione risultano più numerosi dei lavoratori licenziati così Cass. n. 1938 del 2011 Cass. n. 9866 del 2007 Cass. n. 21541 del 2006 Cass. n. 12781 del 2003 , rilevando che in tutti i casi in cui la scelta contiene un elemento di discrezionalità la procedura regolata dalla L. n. 223 del 1991 viene vanificata. Ne deriva in particolare che il datore di lavoro deve indicare puntualmente, nella prevista comunicazione ai competenti uffici del lavoro e alle organizzazioni sindacali dell'elenco dei lavoratori destinatari del provvedimento, le modalità di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori, indicazione che presuppone l'evidenziazione di tutti gli elementi criteri generali e dati specifici che hanno portato all'identificazione dei dipendenti prescelti per la mobilità, con specificazione quindi, in caso di applicazione in concorso dei tre criteri di legge, anche dei criteri con cui gli stessi sono stati fatti interagire in termini, Cass. n. 880 del 2005 . 5.2.- Nella specie è incontestato tra le parti che, nella comunicazione del 28 febbraio 2006 inoltrata dalla società a mente dell'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, i lavoratori da licenziare vengono individuati prioritariamente tra coloro che avevano dichiarato di non opporsi alla procedura di mobilità, e, per la residuale selezione, secondo i criteri legali di cui all'art. 5 della legge citata, applicati in concorso tra loro, senz'altra specificazione. È dunque pacifico che, oltre a non essere predisposta alcuna graduatoria per tale secondo canone di selezione, non sono neanche indicati i criteri, oggettivi e predeterminati, sulla base dei quali le regole del concorso tra carichi di famiglia, anzianità ed esigenze tecnico-produttive ed organizzative dovessero operare. In mancanza della esplicitazione di un criterio oggettivo di ponderazione tra criteri eterogenei, l'indicazione astratta del loro contestuale operare non è sufficiente a dar conto di come gli stessi debbano essere applicati con modalità trasparenti e verificabili. Sicché la successiva elencazione, contenuta nella comunicazione del 28 febbraio 2006, della posizione dei quattro lavoratori licenziati in rapporto ai criteri legali di selezione, svincolata da una predeterminata individuazione delle regole del concorso, si traduce nell'esercizio di un potere datoriale discrezionale incompatibile, per quanto innanzi detto, con le finalità della procedura. 6.- Conclusivamente, respinti i primi tre motivi di ricorso, deve essere accolto il quarto e, in relazione ad esso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, anche per la regolazione delle spese. Considerato il rilievo preliminare della censura accolta, gli altri motivi di ricorso, che attengono anch'essi alla comunicazione di cui all'art. 4, co. 9, l. n. 223 del 1991, vanno dichiarati assorbiti. P.Q.M. La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto e, in relazione ad esso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese dichiara assorbiti gli altri motivi di ricorso.