La nullità del termine porta alla riammissione nel vecchio posto di lavoro, se non si prova la necessità del trasferimento

L’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica che il reinserimento nell’attività lavorativa deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad un’altra unità produttiva il mutamento della sede deve però essere giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, e, ove sia contestata la legittimità del trasferimento, il datore di lavoro deve allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7402, depositata il 13 aprile 2015. Il caso. La Corte d’appello di Perugia dichiarava legittimo il licenziamento irrogato da una società ad un dipendente, in quanto questo non aveva ripreso servizio presso la sede di lavoro, diversa da quella originaria, disposta dalla società a seguito della sua riammissione in servizio per nullità del termine apposto al contratto di lavoro inter partes . Il lavoratore ricorreva in Cassazione, contestando la sentenza nella parte in cui i giudici non avevano ritenuto che la parte datoriale sarebbe stata tenuta a riammetterlo nel posto di lavoro precedentemente occupato, potendo disporre solo successivamente un eventuale trasferimento ad altra sede. Inoltre, lamentava l’omessa motivazione sulla presunta indisponibilità del posto di lavoro già occupato. Riammissione per nullità del termine. La Corte di Cassazione afferma che, pur non trovando applicabilità nel caso di specie la normativa specifica in materia di licenziamento illegittimo, per differenza dei presupposti fattuali, l’ottemperanza del datore di lavoro all’ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell’apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, in quanto il rapporto contrattuale si intende come mai cessato e, di conseguenza, la continuità di questo implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede. Perciò, il reinserimento nell’attività lavorativa deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad un’altra unità produttiva in ogni caso, il mutamento della sede deve essere giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, e, ove sia contestata la legittimità del trasferimento, il datore di lavoro deve allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato. Trasferimento da giustificare. La legittimità del disposto trasferimento, se motivata dall’affermata indisponibilità del posto di lavoro originariamente occupato, in caso di contestazione deve essere sostenuta dalla prova dell’effettività di tale situazione. Nel caso di specie, i giudici di merito non avevano indicato in base a quali prove, il cui onere di allegazione era a carico della società, poteva ritenersi sussistente l’affermata indisponibilità del posto di lavoro originario, dando invece per acclarato l’eccesso nel Comune in cui veniva svolta l’attività lavorativa. La Corte d’appello di Perugia non aveva quindi verificato se tale situazione fattuale, sulla base delle prove offerte dal datore di lavoro, poteva ritenersi effettivamente sussistente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 febbraio – 13 aprile 2015, n. 7402 Presidente Stile – Relatore Bandini Svolgimento del processo Con sentenza del 5.3-24.4.2008, confermativa di quella di primo grado, la Corte d'Appello di Perugia ritenne la legittimità del licenziamento irrogato dalla Poste Italiane spa a P.S. per non avere quest'ultimo ripreso servizio presso la sede di lavoro, diversa da quella originaria, disposta dalla Società a seguito della sua riammissione in servizio per nullità del termine apposto al contratto di lavoro inter partes . La Corte territoriale, a sostegno del decisum , ritenne correttamente esercitato lo ius variandi datoriale, non trovando applicazione nella specie il disposto dell'art. 18 legge n. 300/70, e infondate le eccezioni svolte dal lavoratore in ordine al mancato rispetto dei requisiti di forma del trasferimento, all'applicabilità del principio inadimplenti non est adimplendum in relazione al non ancora avvenuto pagamento delle somme riconosciutegli dalla pronuncia giudiziale dichiarativa della nullità del termine e alla mancata considerazione della sua necessità di assistenza a favore di un congiunto handicappato. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, P.S. ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi e illustrato con memoria. L'intimata Poste Italiane spa ha resistito con controricorso, illustrato con memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime disposizioni di legge, si duole che la Corte territoriale non abbia ritenuto che, nella fattispecie di che trattasi, la parte datoriale sarebbe stata tenuta a riammetterlo nel posto di lavoro precedentemente occupato, potendo disporre solo successivamente un eventuale trasferimento ad altra sede. Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, il ricorrente lamenta l'omessa motivazione in ordine alla presunta indisponibilità del posto di lavoro già occupato. I due motivi, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente. 2. La Corte territoriale muove dal presupposto che nel caso all'esame, di declaratoria di nullità del termine, non potevano trovare applicazione le norme relative al licenziamento illegittimo e, in particolare, quelle concernenti l'obbligo di reintegra soggiunge che, comunque, anche in ipotesi di licenziamento illegittimo, la parte datoriale, in applicazione dell'art. 2103 cc, è facoltizzata a fare ricorso allo ius variandi qualora sussistano comprovate ragioni tecniche, organizzative o produttive e che, nella fattispecie, la parte datoriale aveva deciso di riammettere in servizio il lavoratore e di destinarlo poi ad un posto di lavoro diverso da quello occupato all'epoca del rapporto a termine, a distanza di tanti anni non più disponibile . Osserva la Corte che, pur non potendo trovare applicabilità, per differenza dei presupposti fattuali, la normativa specifica in tema di licenziamento illegittimo e, in particolare, l'art. 18 legge n. 300/70 , la giurisprudenza di legittimità ha tuttavia avuto modo di affermare il principio secondo cui l'ottemperanza del datore di lavoro all'ordine giudiziale di riammissione in servizio, a seguito di accertamento della nullità dell'apposizione di un termine al contratto di lavoro, implica il ripristino della posizione di lavoro del dipendente, posto che il rapporto contrattuale si intende come mai cessato e quindi la continuità dello stesso implica che la prestazione deve persistere nella medesima sede con la conseguenza che il reinserimento nell'attività lavorativa deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie, a meno che il datore di lavoro non intenda disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, e sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive, fermo restando che, ove sia contestata la legittimità del trasferimento, il datore di lavoro ha l'onere di allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato cfr, ex plurimis e fra le più recenti, Cass., nn. 19095/2013 11927/2013 . Ne consegue che la legittimità del disposto trasferimento, ove motivata dall'affermata indisponibilità del posto di lavoro originariamente occupato, in caso di contestazione deve essere sostenuta dalla prova dell'effettività di tale situazione fattuale ossia, in altri termini, dell'effettiva sussistenza delle ragioni organizzative che avevano reso necessaria la destinazione del lavoratore ad altra sede di lavoro. La Corte territoriale non indica tuttavia in base a quali prove ricadendo il relativo onere, come detto, sulla parte datoriale poteva ritenersi sussistente l'affermata indisponibilità del posto di lavoro originario, soffermandosi invece sull'applicabilità degli specifici accordi sindacali che regolamentano la materia, i quali, peraltro, pongono anch'essi, come primaria previsione, la riammissione del lavoratore nella struttura presso la quale lo stesso aveva lavorato in forza del contratto a termine la sentenza impugnata, cioè, da per presupposto della legittimità del trasferimento la dedotta eccedentarietà del Comune presso cui l'attività lavorativa era stata svolta, senza indagare se tale situazione fattuale, sulla base delle prove offerte dalla parte datoriale, potesse ritenersi, all'epoca dei fatti de quibus, effettivamente sussistente. I recenti arresti di questa Corte cfr, Cass., n. 213 e 214 del 2015 , invocati nella memoria illustrativa dalla Poste Italiane spa, pur se resi in fattispecie analoghe, non contengono affermazioni di principio contrastanti con quelli sopra enunciati, risolvendosi nella considerazione che, nei casi esaminati, la Corte territoriale aveva proceduto ad una puntuale ricostruzione di tutte le vicende del rapporto lavorativo in questione, sulla base delle risultanze testimoniali e documentali, con ciò escludendo, nei casi esaminati, la sussistenza del vizio di motivazione. I motivi all'esame, nei limiti testé indicati, appaiono dunque fondati. 3. L'accoglimento dei suddetti mezzi comporta l'assorbimento degli altri, afferenti ai requisiti formali della comunicazione di trasferimento terzo motivo , alla fondatezza della svolta eccezione di inadempimento quarto e quinto motivo e alla mancata considerazione dei diritti connessi agli obblighi di assistenza di un congiunto handicappato sesto motivo . 4. In definitiva il ricorso merita accoglimento nei limiti più sopra precisati per l'effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, assorbiti gli altri, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi agli indicati principi e provvederà altresì sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie nei termini di cui in motivazione i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione.